Riunione Direzione del 25 settembre 2003 Il documento approvato Siamo in una nuova fase politica. Le contraddizioni del governo delle destre mostrano sempre più i caratteri di una difficoltà strategica e mostrano il determinarsi di una incrinatura del rapporto con interi settori sociali che può portare a una vera e propria caduta di consenso e, quindi, a una crisi. Vogliamo lavorare alla caduta anticipata del governo, indicando la strada di un rafforzamento dell'opposizione politica e sociale al governo. Per questo, abbiamo proposto l'indizione di una manifestazione nazionale delle opposizioni dentro un percorso di rilancio di una mobilitazione centrale e territoriale contro i provvedimenti del governo. Pensiamo che il congiungersi di una ripresa dell'iniziativa di massa nel Paese, con un decisa battaglia parlamentare e con un'altrettanto forte iniziativa sociale, possa portare, a medio termine, alla caduta del governo delle destre, a nuove elezioni politiche e, quindi, alla formazione di una nuova maggioranza e a un nuovo governo alternativi a quelli attuali. Il governo Berlusconi è, infatti, un pericolo per gli interessi delle classi subalterne e per la stessa tenuta democratica del Paese. La risposta che fornisce alla crisi, crisi economica e sociale innanzitutto, è infatti una coazione a ripetere estremizzata delle medesime politiche di precarizzazione del lavoro, di smantellamento dello stato sociale, di privatizzazione selvaggia. Una politica che non solo peggiora le condizioni di vita dei lavoratori e dei pensionati ma è fattore medesimo di ulteriore arretramento delle medesime basi produttive. Una politica economica e sociale che si congiunge a una volontà manifesta di modificare nella sostanza la Costituzione, di rompere l'unitarietà sociale e civile del Paese, di restringere ancora di più nelle mani dell'esecutivo le leve di comando, di colpire l'autonomia e l'indipendenza di poteri costituzionalmente garantiti. Non è un caso che tutto ciò si congiunga alla messa in discussione del carattere fondante della repubblica democratica, l'antifascismo. Crisi e instabilità sono il prodotto delle politiche neoliberiste sia nel campo delle relazioni internazionali e del governo del mondo che nella dimensione delle politiche economiche e sociali. Questa crisi, che prende la fisionomia di un vero e proprio fallimento, non determina, però, di per sé l'avviarsi di un nuovo corso e l'affermarsi di un'alternativa a quelle politiche. Anzi, anche i movimenti e le realtà vive del conflitto politico e sociale che sempre più si orientano verso la prospettiva dell'alternativa, faticano a consolidare risultati concreti di avanzamento sul terreno della pace, di nuove relazioni internazionali, di difesa delle tutele sociali, di conquista di nuovi spazi da sottrarre al mercato e al profitto. In questa contraddizione dobbiamo lavorare per contribuire alla crescita del movimento per la pace, di contestazione del neoliberismo, del conflitto sociale, della costruzione della sinistra di alternativa in Italia e in Europa. La dottrina Bush della "guerra infinita e indefinita" continua a produrre instabilità e insicurezza. La guerra in Iraq, lungi dall'esaurirsi, si trasforma in conflitto endemico, nuove minacce di guerra si addensano contro nuovi nemici, di volta in volta individuati in una spirale senza soluzione di continuità. Già esplicitamente, gli strateghi militari della dottrina Bush preparano nuovi interventi, per esempio, in Iran. Guerra e terrorismo si inseguono tra loro, trascinando il mondo verso una vera e propria guerra di civiltà. Nessun problema viene risolto e tutti i conflitti, al contrario, tendono a inasprirsi, a partire da quello mediorientale. Il caso palestinese è emblematico. La guerra non ferma il terrorismo, anzi lo alimenta. Il terrorismo non ferma la guerra, anzi gli offre una giustificazione. Guerra e terrorismo si alimentano e giustificano a vicenda in una spirale perversa di morte e distruzione. Il rifiuto del governo israeliano di ottemperare alle risoluzioni dell'Onu, la repressione militare dei territori occupati, la costruzione del muro dell'apartheid, l'avvitarsi del terrorismo contro le popolazioni civili, la scelta del governo Sharon di delegittimazione della leadership palestinese, il ricorso sistematico agli assassini politici mirati, le minacce di espulsione e addirittura di morte nei confronti del presidente Arafat da parte dei massimi dirigenti del governo israeliano, rappresentano rischi gravissimi di ulteriore espansione del conflitto. Una grande mobilitazione internazionale, dei governi, dei parlamenti, dei popoli, al fianco del legittimo governo palestinese e per la salvaguardia e l'agibilità politica e personale del presidente Arafat non solo è utile alla causa palestinese, è indispensabile nell'interesse della pace. La non delegittimazione e il riconoscimento dell'avversario, infatti, sono le condizioni per poter affermare un processo che porti al cessate il fuoco e alla riapertura di un dialogo. Il Prc parteciperà, quindi, attivamente alla promozione di iniziative che si propongono la fine dell'occupazione dell'Iraq, il ritiro dei contingenti militari stranieri, tra cui quello italiano, la cessazione della preparazione di nuovi capitoli della "guerra infinita", la difesa dell'incolumità fisica e dell'agibilità personale e politica del presidente dell'Autorità nazionale Palestinese, Arafat, la cancellazione del muto eretto da Israele nei territori illegalmente occupati e per la sospensione dell'accordo di associazione tra Unione Europea e Israele. Per questi motivi, il Prc, come negli anni precedenti, aderisce e partecipa alla marcia Perugia Assisi che si svolgerà il prossimo 12 ottobre. Il fallimento del vertice del Wto a Cancun rappresenta un'ulteriore prova della crisi del neoliberismo e degli organismi di regolazione del governo neoliberista del mondo. E' emersa con nettezza l'incapacità di mantenere il dominio del governo unipolare e, allo stesso tempo, la difficoltà delle multinazionali di imporre il proprio schema di intervento in ogni angolo del pianeta. Il Wto è fallito perché quel modello di relazioni tra i Paesi e di imposizione di politiche economiche e sociali è in crisi. A questo fallimento hanno contribuito in maniera determinante le lotte al neoliberismo e alla guerra promosse in questi anni dal movimento dei movimenti. E la presenza a Cancun dei diversi soggetti che alimentano nel mondo la critica al neoliberismo, a partire da "Via Campesina", alle altre formazioni contadine, ai movimenti europei, alle forze della sinistra di alternativa (tra cui Rifondazione Comunista che ha partecipato al controvertice di Cancun con una propria autorevole delegazione), attraverso le azioni di contestazione diretta, le manifestazioni e le altre iniziative, ha dimostrato la vitalità e la forza crescente della contestazione mondiale dell'ordine neoliberista. Il medesimo manifestarsi di un nuovo protagonismo dei Paesi del Sud del mondo, attraverso quello che è stato chiamato il G21, anche dall'insieme del movimento, ha tratto la forza per proporsi come soggetto autonomo dai grandi poteri e dalle grandi potenze. Non c'è contraddizione tra il segnalare con soddisfazione il fallimento del Wto e sentire, contemporaneamente, ancora, l'insufficienza della costruzione di un'alternativa. Il pericolo, infatti, è che a quel fallimento si risponda da destra, ovvero con ulteriori chiusure e maggiori preclusioni verso i Paesi del sud del mondo invece che con nuove politiche di cooperazione e di introduzione di clausole sociali per la difesa delle condizioni sociali dei lavoratori e della qualità dei prodotti. Anzi, il vero pericolo è che un nuovo protezionismo si coniughi con politiche di dominio e di imposizione del modello neoliberale, che gli Usa intendono perseguire attivamente con accordi bilaterali. In Europa, il progetto di costituzione, messa in cantiere dai governi e dalle burocrazie, segna una regressione gravissima dalle conquiste democratiche e sociali della cultura e della storia dei Paesi europei. Una costituzione, che è il patto fondamentale che determina l'unitarietà sociale e politica, richiede un processo democratico che deriva direttamente dai popoli, non una mediazione tra governi, istituzioni economiche e finanziarie, lobbies di potere. La Convenzione europea ha messo in discussione il fondamentale diritto dei popoli, che aveva segnato tutta la storia delle costituzioni del dopoguerra. Siamo al primo esempio di regressione verso un modello liberale di questo fondamentale diritto nel nostro Continente. Il modello di costituzione europea non contiene il ripudio della guerra, non afferma contenuti sociali, non contempla diritti del lavoro, di protezione e tutela dei diritti fondamentali nel campo sociale e dei diritti di cittadinanza (a partire dall'assecondare una tendenza di chiusura verso i migranti degli attuali governi europei), è assolutamente lontano da una proposta di riconversione ambientale della società e dell'economia europea. Si tratta, quindi, di un modello che costituzionalizza i trattati economici su cui si è costruita finora l'Unione e quindi è disegnato per il mercato, per gli istituti di governo ademocratico dell'economia e della finanza, un modello, quindi, funzionale all'impianto neoliberista. Anche qui, segnali di difficoltà e di resistenza sono evidenti. Il successo del no al referendum in Svezia sull'ingresso nell'area dell'euro non segnala solo o principalmente vecchie tendenze isolazioniste ma la diffidenza verso politiche di privatizzazione e liberalizzazione che mettono in pericolo i livelli di protezione e di tutela sociale. La critica radicale e la contestazione del progetto di costituzione europea, quindi, sta dentro un percorso per la costruzione di un'altra Europa, dei diritti sociali, della solidarietà, della cooperazione con il Sud del mondo, che opera per la pace, il disarmo, la cooperazione internazionale. Anche per questo, il Prc è fortemente impegnato, assieme ad altre forze comuniste e della sinistra in Europa, per la nascita del Partito europeo, come momento di una più larga iniziativa per la costruzione della sinistra di alternativa in Europa. Sull'insieme di questi temi che riguardano l'Europa e l'opposizione al progetto di costituzione, Rifondazione Comunista parteciperà in maniera forte e convinta, assieme alle associazioni e alle varie e plurali realtà di movimento, alla mobilitazione indetta per il 4 ottobre a Roma, che contesta i contenuti della Conferenza intergovernativa che riunisce i capi di governo dell'Ue. Continua da pagina III a condizione economica e sociale del Paese precipita in una crisi che assume, anche tecnicamente, la forma di una vera e propria recessione. I dati forniti dal governo sui principali indicatori economici (aumento del prodotto interno lordo, incremento dell’inflazione, andamento della produzione) sono tutti smentiti dalla realtà. Il prodotto interno lordo è fermo (addirittura in diminuzione per i primi due trimestri del 2003), l’inflazione viaggia a più del doppio di quanto previsto nei documenti di programmazione economica e finanziaria, la produzione crolla. Le magnifiche sorti dello sviluppo senza crisi vengono così clamorosamente smentite. Contemporaneamente, crolla il potere di acquisto di salari e pensioni. Siamo di fronte al più grave fenomeno di impoverimento di massa dal secondo dopoguerra. Si tratta di quel fenomeno che abbiamo definito con una formula sintetica, che rende l’immagine di quanto accade, “salari e pensioni riscossi in lire, prezzi e tariffe pagati in euro”. Ma questo impoverimento di massa non è neutro socialmente o territorialmente. Arretrano ancora di più le aree svantaggiate, il meridione in particolare, si aggrava la condizione di interi settori sociali, degli anziani, dei giovani in cerca di occupazione, delle donne. La precarietà, da condizione specifica, anche se tendente ad allargarsi, si fa condizione generale delle condizioni di lavoro e di vita. L’attacco al salario e al potere di acquisto delle retribuzioni si congiunge alle politiche del lavoro, orientate, con l’approvazione della legge 30 e dei decreti attuativi, alla più sfrenata precarizzazione. Una nuova politica sociale, che si fondi su una nuova politica di redistribuzione del reddito in senso largo (dalla questione dell’incremento dei salari e delle pensioni, a quello dell’abolizione della finzione chiamata “inflazione programmata”, all’introduzione di un meccanismo di adeguamento automatico all’inflazione reale, alla conquista del salario sociale, all’introduzione di nuovi meccanismi di determinazione delle tariffe pubbliche che salvaguardino i consumi sociali e così via) può divenire l’asse strategico di una nuova politica economica che tenda ad allargare la domanda interna. Assieme a questa, vanno sviluppati la ripresa di una grande mobilitazione per contrastare la precarizzazione del lavoro a partire dalla contestazione, anche attraverso il ruolo degli enti locali e con vertenze speci- L fiche, della legge 30, la battaglia contro i progetti di smantellamento della sanità e della previdenza pubblica, contro l’aumento dell’età pensionabile, l’apertura di una vertenza generale contro la politica di devastazione ambientale e del territorio del governo delle destre (in primo luogo il condono edilizio, la cosiddetta politica delle grandi opere e i processi di dismissione dei beni ambientali e immobiliari pubblici), l’apertura di vertenze contro la privatizzazione dei beni essenziali (come l’acqua) e dei servizi strategici, l’opposizione radicale alla riforma dell’istruzione del ministro Moratti e il contrasto deciso della legge Gasparri sul riassetto radiotelevisivo. Su questi terreni, il partito, assieme a tutte le forze disponibili, politiche, sociali, sindacali, di movimento, promuoverà un campagna di mobilitazione nazionale (una vera e propria campagna di autunno) per i prossimi mesi che si intrecci con la battaglia parlamentare contro la legge finanziaria e gli altri provvedimenti del governo in materia economica (primi fra tutti il decreto annunciato sul condono edilizio e la delega sulle materie previdenziali). In questo quadro, il primo appuntamento è quello della manifestazione conclusiva della Festa di Liberazione, il 28 settembre a Roma, a cui interverranno esponenti della sinistra italiana ed europea e di movimento. Un appuntamento di massa, rispetto al quale la mobilitazione del partito, di tutte le sue strutture centrali e periferiche deve essere massima, e che sta dentro un percorso di ripresa del conflitto sociale del Paese. La seconda scadenza, che viviamo come un appuntamento centrale cui va tutto il nostro impegno, riguarda lo sciopero e la manifestazione dei lavoratori metalmeccanici del 17 ottobre. Abbiamo, inoltre, avanzato la proposta di una manifestazione nazionale delle opposizioni per elevare il livello dell’opposizione sociale e politica al governo delle destre e preparare, come obiettivo a medio termine, la caduta del governo Berlusconi. uesto è un governo pericoloso, anche sul terreno della tenuta democratica. I continui attacchi all’autonomia e all’indipendenza della magistratura, l’attacco ai diritti di civiltà (come è il caso dei migranti), l’affermarsi di una idea ossessiva di repressione (come nel caso delle droghe), il medesimo tentativo di imbavagliare il sistema dell’informazione pubblica e di ridurre il pluralismo nell’intero settore delle comunicazioni ne rappresentano esempi concreti. Le esternazioni del presidente del Consiglio sui magistrati e su Mussolini non sono, quindi, soltanto il frutto di una ignoranza sull’equilibrio e l’indipendenza dei poteri o sulla storia della Repubblica democratica. C’è qualcosa di più e di peggio, ovvero il tentativo di riportare nell’alveo della politica quanto ne era stato espulso dalla coscienza democratica del Paese. La rivalutazione del fascismo, effettuata dalla più alta carica di governo del Paese, rappresenta il tentativo di cambiare la natura della democrazia, nata dalla Resistenza. Non è un caso che, anche Q temporalmente, queste esternazioni sono coincidenti con la presentazione di proposte di modifiche costituzionali, tutte nel senso di rafforzamento dei poteri dell’esecutivo e, in particolare, del presidente del Consiglio. Cancellare il valore fondativo della lotta al nazifascismo e della Resistenza, vuol dire cancellare il carattere peculiare della nostra democrazia, dell’unica “religione civile” fondante l’unità della Repubblica. Questo attacco, quindi, non va sottovalutato perché mina le basi essenziali della unità e del carattere democratico e progressivo della Costituzione. Per questo, proponiamo alle organizzazioni partigiane di indire una giornata nazionale in cui si producano migliaia di iniziative in tutto il Paese per ricordare i luoghi della resistenza, come occasione esprimere la coscienza democratica fondamento della Repubblica nata dalla Resistenza. obbiamo lavorare, quindi, per la caduta del governo delle destre e per creare le condizioni per l’avvio di una nuova stagione nel governo del Paese. Su questo tema, abbiamo aperto un confronto con il centro sinistra. Noi vogliamo un confronto largo, non chiuso nel rapporto tra Rifondazione Comunista e l’Ulivo nelle sue componenti prevalenti, ma un confronto a tutto campo con l’insieme dell’opposizione sociale e civile, con i movimenti e le diverse realtà del tessuto democratico e partecipativo. Un confronto alla luce del sole per individuare le discriminanti programmatiche di un nuovo governo. Un confronto che D non sostituisce, anzi si alimenta del conflitto sociale, sindacale, dalla forza propulsiva dei movimenti, delle vertenze territoriali. Un confronto che riesca ad entrare in sintonia con le novità introdotte dall’espandersi del movimento e del nuovo conflitto sociale. Anche per questo, abbiamo proposto l’indizione di una grande manifestazione popolare delle opposizioni. Questa opposizione deve vivere nei territori, articolarsi nelle vertenze locali, intrecciarsi con la battaglia contro i più odiosi provvedimenti del governo e contro la sua manovra economica e finanziaria. Noi indichiamo un percorso, l’avvio di un confronto programmatico aperto e alimentato dai conflitti, e un obiettivo, la caduta del governo Berlusconi e la realizzazione di un’alleanza programmatica che si candidi al governo del Paese. Non ci nascondiamo quanto sia arduo questo cammino ma come questo dipenda dalla volontà comune di misurarsi non solo sull’esigenza dell’unità delle opposizioni per sconfiggere le destre ma anche sull’esigenza, altrettanto decisiva, di dare una svolta vera, in primo luogo, agli indirizzi fondamentali di politica economica e sociale. Un nuova fase si è aperta e in questa noi interveniamo proponendo uno sbocco sociale e politico. E l’attenzione che la nostra proposta ha incontrato, il dibattito che ha sollevato, il consenso e le aspettative che ha suscitato in gran parte del popolo delle sinistre e democratico ci fornisce un indubbio incoraggiamento. uesta sfida per la realizzazione di un’alternativa programmatica al governo delle destre non è in contraddizione con la costruzione della sinistra di alternativa ma deve intrecciarsi con essa. La pace, l’Europa e l’opposizione al modello di costituzione europea, le nuove contraddizioni sociali e di classe rappresentano i terreni concreti sui quali costruire un impianto critico e una identità politica e programmatica della sinistra di alternativa. Nel momento in cui la sinistra moderata è impegnata in un dibattito che vede l’obiettivo di una ridislocazione delle forze interne al centrosinistra per la nascita del partito riformista, l’obiettivo della costruzione di una sinistra di alternativa, scelta che autonomamente abbiamo fatto a partire dal Q congresso, diviene più impellente. Non si tratta, come abbiamo più volte detto, di costruire a tavolino organigrammi né di fare precipitazioni organizzative. Non chiediamo a nessuno di confluire in Rifondazione comunista né vogliamo scioglierci in una nuova formazione. Pensiamo che, tutti coloro che si ritrovano nelle discriminanti dell’opposizione alla guerra e alle politiche neoliberiste, ognuno mantenendo la propria identità e la propria autonomia, possano incontrarsi e intrecciare relazioni stabili. Esperienze concrete e percorsi comuni, dal nuovo movimento per la pace alla battaglia per i referendum sociali, per fare solo i due esempi principali, sono già stati fatti. Si tratta, ora di compiere nuovi passi, a livello centrale e periferico, dare vita a forum, comitati e quanto altro possa permettere la crescita di questo processo. Gli appuntamenti del conflitto sociale, le scadenze delle battaglie parlamentari, a partire da quella cruciale sulla Finanziaria e sugli altri provvedimenti del governo (per esempio il condono e la delega previdenziale) possono permetterci ulteriori avanzamenti. Le scadenze di lotta e le iniziative centrali nazionali e internazionali (in particolare il Forum sociale europeo di Saint Denis) debbono intrecciarsi e collegarsi con le vertenze territoriali, con la ripresa del conflitto nei luoghi di lavoro, con la creazione di punti di resistenza sociale, la costruzione di spazi aperti all’autorganizzazione (come possono essere le moderne case del popolo che intendiamo costruire), di elaborazione di un nuovo protagonismo politico. Il partito tutto, a livello centrale e periferico, sarà impegnato in una grande mobilitazione, scadenzata dagli appuntamenti di lotta centrali e da quelli locali, da un rinnovato e forte impulso al tesseramento al partito, da uno sforzo ulteriore per la diffusione di “Liberazione”. Una modifica della dialettica interna nel senso di favorire una maggiore partecipazione degli iscritti al dibattito politico e un abbassamento dei livelli di litigiosità che pure permangono in aree non limitate del Partito, la costruzione dell’innovazione debbono vedere, in questa fase, un nuovo sforzo che chiama alla corresponsabilità tutti i gruppi dirigenti centrali e periferici, anche al fine di porre tutto il partito nelle condizioni di poter adeguatamente intervenire nella nuova fase politica, nel conflitto sociale, nel promuovere nei territori iniziative per l’opposizione al governo. Il grande successo delle feste di “Liberazione”, in tutto il Paese, rappresenta, in questa prospettiva, un incoraggiamento importante. Voti a favore 18 contrari 4 astenuti 4 |