ORDINE DEL GIORNO RESPINTO DALLA DIREZIONE NAZIONALE DI RIFONDAZIONE
COMUNISTA DEL 17 GIUGNO 2003
Pubblichiamo di seguito l’ordine del giorno respinto a maggioranza
dalla direzione nazionale di Rifondazione comunista e presentato da
Marco Ferrando, Franco Grisolia e Matteo Malerba della direzione nazionale.
“La Direzione nazionale del Prc esprime il più radicale
dissenso verso l'apertura di un negoziato di governo tra Prc e Ulivo
per la prossima legislatura.
Il referendum per l’estensione dell’art. 18 è stato
sconfitto dal fronte unico di Berlusconi, Confindustria, Rutelli, Fassino,
D’Alema, contro i diritti del lavoro e in rappresentanza degli
interessi sociali dominanti.
Tanto più ora le preziose ragioni di classe che il Prc ha sostenuto
nella campagna referendaria richiedono un investimento coerente di prospettiva:
lo sviluppo di un autonomo polo di classe anticapitalistico basato in
primo luogo sui milioni di lavoratori e lavoratrici che hanno votato
SI’ ai diritti del lavoro, e proiettato alla conquista della maggioranza
delle classi subalterne per un’alternativa di società.
Viceversa una prospettiva negoziale di governo col centro liberale dell’Ulivo
disperderebbe –essa sì- senso e ragioni della battaglia
referendaria e del voto di 11 milioni di lavoratori. Sarebbe –essa
sì- la vera sconfitta del referendum.
Più in generale, la nuova svolta è priva del benché
minimo presupposto di classe. Non solo prospetta un'impossibile alleanza
programmatica con una rappresentanza politica del grande capitale e
dei suoi interessi strategici, qual è il centro liberale dell'Ulivo.
Ma avanza paradossalmente questa prospettiva nel momento stesso in cui
il centro liberale si è schierato con Berlusconi e Confindustria
contro il referendum sull'articolo 18, apre a Berlusconi sulle pensioni
su commissione di Fazio e Bankitalia, ha votato con Berlusconi la spedizione
militare in Irak, ha negoziato con Berlusconi l'operazione del Corriere,
è disposto a negoziare con Berlusconi persino il Lodo Maccanico,
contro ogni elementare coerenza democratica.
La tesi secondo cui l'Ulivo è cambiato grazie ai movimenti e
quindi sarebbe possibile un governo comune tra Prc e liberali rovescia
esattamente la realtà. Mai come oggi è evidente che solo
una rottura col centro liberale può consentire al movimento operaio
e a tutti i movimenti un'opposizione vera a Berlusconi e il necessario
rilancio di una lotta generale unificante. Mai come oggi l'unità
di lotta tra i lavoratori è incompatibile con l'unità
con forze borghesi. Mai come oggi la necessaria cacciata del governo
reazionario di Berlusconi va perseguita nel nome di un'alternativa dei
lavoratori e delle lavoratrici, non di un governo concertativo con la
borghesia liberale.
La tesi secondo cui le contraddizioni interne al centrosinistra consentirebbero
al Prc e ai movimenti di contaminare un governo dell'Ulivo capovolge
logica e necessità di una politica di classe: proprio quelle
contraddizioni richiedono ai comunisti una proposta di rottura con i
liberali rivolta a tutte le forze del movimento operaio e dei movimenti
in una logica di egemonia alternativa tra le masse. E viceversa ogni
alleanza programmatica di governo con i borghesi liberali copre le contraddizioni
della sinistra Ds e subordina Prc e movimenti alla borghesia italiana.
Nei fatti, dopo aver rifiutato ogni battaglia alternativa al cofferatismo
nei movimenti di massa, oggi ci candidiamo a occupare il posto vacante
di Cofferati nel negoziato di governo con Prodi, Rutelli, D'Alema.
La DN considera inaccettabile questa logica e questa prospettiva.
La nuova svolta verso un negoziato di governo con l'Ulivo smentisce
infine nel modo più clamoroso il vecchio annuncio della "rottura
col governo Prodi" come avvio di una "svolta a sinistra"
del Prc quale fu espresso formalmente al V Congresso del Prc. Di fatto
la nuova svolta ripropone il ritorno del Prc su un sentiero già
battuto e già fallito: quello che vide il nostro partito votare
il "pacchetto Treu", le privatizzazioni, le leggi anti-immigrati,
le finanziarie “lacrime e sangue”, in alleanza con la borghesia
italiana.
Ed anzi si prospetta, con l'esplicita candidatura del Prc al governo,
un livello subalterno ancora più stringente di quello che segnò
l'esperienza del Prc nella maggioranza Prodi.
Nulla è più lontano di questa prospettiva dalla domanda
di un altro mondo possibile e dalle potenzialità di quella giovane
generazione che dopo tanto tempo si è affacciata alla lotta.
Nei fatti dunque questa svolta mette a rischio le ragioni sociali e
politiche del Prc e, quindi, il suo futuro e la sua esistenza.
Per tutte queste ragioni, ritenendo indispensabile un’opposizione
comunista sia al centrodestra che al centrosinistra, la Direzione nazionale
impegna la Segreteria a interrompere il cammino intrapreso, a revocare
gli atti già compiuti in tal senso (v. le commissioni programmatiche
con Treu e Mastella), ad avviare immediatamente un congresso straordinario
del Prc come sede democratica e sovrana per la definizione della prospettiva
del partito.
Roma, 17 giugno 2003