ORDINE DEL GIORNO APPROVATO DALLA DIREZIONE NAZIONALE
DI RIFONDAZIONE COMUNISTA DEL 17 GIUGNO 2003
Pubblichiamo
di seguito l’ordine del giorno approvato a maggioranza dalla direzione
nazionale di Rifondazione comunista e presentato da Fausto Bertinotti,
Paolo Ferrero, Loredana Fraleone e Patrizia Sentinelli della Segreteria
nazionale e da Stefano Zuccherini presidente del Comitato Politico Nazionale.
La
direzione esprime il proprio ringraziamento per lo sforzo eccezionale
profuso dal Partito in questi mesi: la raccolta delle firme per i referendum
, la costituzione dei comitati per il SI nelle realtà territoriali
e nei posti di lavoro per giungere fino alla tornata elettorale delle
amministrative e alla campagna per i referendum condotta in una condizione
difficilissima di oscuramento;
Bilancio politico del referendum sull’articolo 18: Il referendum
ha perso. Non ha sfondato nel profondo della condizione sociale del Paese
e su questo occorre interrogarsi a fondo. Per questo, anche in vista del
Comitato Politico Nazionale del 28 giugno, invitiamo i circoli tutte le
strutture del partito a tenere riunioni per la valutazione dell’esito
del referendum. Questo è il dato saliente del voto del 15 e 16
giugno che non dobbiamo oscurare. Sul voto del referendum ha, inoltre,
pesato duramente la scelta del governo di osteggiare in tutti i modi lo
svolgimento della consultazione con l’indicazione di una data al
termine di varie tornate elettorali amministrative e regionali e a ridosso
dell’estate, nonché l’oscuramento scientifico operato
dal servizio pubblico e dalla gran parte del sistema informativo, nonché
la campagna astensionistica senza precedenti condotta da un fronte di
oltre il 90% delle forze politiche, tutte le organizzazioni del padronato
e il maggior numero delle organizzazioni sindacali. In questo contesto,
particolarmente grave risulta l’orientamento assunto dai gruppi
dirigenti dei Democratici di Sinistra e della Margherita. Malgrado tutto
ciò, oltre 10 milioni di SI , testimoniano l’esistenza di
una base materiale forte di resistenza e di proposizione di una nuova
politica economica e sociale. Ricordiamo che oltre 10 milioni di SI, rappresentano
i due terzi dell’insieme dei voti dell’Ulivo e Rifondazione
Comunista alle elezioni politiche del 2001. Essi rappresentano, assieme
al complesso delle forze che hanno dato vita e aderito al referendum,
una risorsa fondamentale per combattere le nuove battaglie sociali che
ci aspettano, prime fra tutte l’annunciato attacco alla Previdenza
pubblica, rispetto alla quale dobbiamo lavorare per una risposta articolata
ed unitaria a livello europeo, l’opposizione ai progetti di estremizzazione
della precarizzazione del lavoro e l’attacco all’articolo
18 dello Statuto dei lavoratori contenuto nel progetto di legge 848 bis.
Contestiamo radicalmente, infatti, la valutazione, avanzata in particolare
dal padronato e dalle destre, secondo la quale il dato delle urne affermerebbe
il consenso del popolo italiano alle misure del governo. Non è
vero in quanto loro stessi hanno rifiutato il confronto democratico, hanno
rinunciato a contrapporre il NO a SI, sapendo che il raggiungimento del
quorum avrebbe portato certamente la vittoria del fronte referendario.
In questo quadro complessivo, senza nascondere il dato della sconfitta,
riteniamo che la scelta del referendum sia stata giusta: ha tentato di
proporre uno sbocco politico a un grande movimento di lotta, ha riproposto,
dopo oltre 20 anni, il capitolo delle conquiste sociali, ha riproposto,
anche criticamente, il tema cruciale dell’efficacia dell’opposizione
alle destre e alla loro politica, tema che è comunque squadernato
drammaticamente, anche di fronte più tradizionali forme dell’azione
sindacale e politica e quindi interroga criticamente tutte le opposizioni
politiche e sociali.
Bilancio delle elezioni amministrative: il dato più evidente consiste
nell’erosione del consenso delle destre e nel successo delle opposizioni.
In questo quadro, posiamo valutare positivo agli effetti dei processi
politici il risultato del Partito perché di incoraggiante tenuta
del suo livello di consenso, con alcune elementi particolarmente incoraggianti
(il voto nelle grandi città) e alcune zone d’ombra (la difficoltà
più marcata nelle periferie, la difficoltà di rompere il
meccanismo del voto utile allorché ci siamo presentati da soli,
il permanere di situazioni di conflittualità interna in alcune
realtà territoriali);
Apertura di una nuova fase politica: c’è una spinta all’unità
delle forze di opposizione alle destre che va assunta non acriticamente.
Convive, infatti, con un’altra spinta che va nella direzione di
una politica di alternativa alle destre sul terreno proprio delle politiche
economiche e sociali. Il punto dinamico che dobbiamo mettere all’ordine
del giorno della nostra iniziativa è come connettere queste due
spinte. Dobbiamo sottolineare, il referendum ne è una esemplificazione
emblematica, le difficoltà e le divisioni che permangono (sulle
politiche strutturali che riguardano le scelte economiche, le condizioni
sociali, le politiche sul lavoro, in primo luogo). Nessuna lettura è
così lontana dalla realtà come quella che vede una precipitazione
politicista del rapporto tra Rifondazione e il centro sinistra. La prospettiva
che noi lanciamo è tutt’altra.
Qualificare l’opposizione: si deve aprire, in un dibattito aperto,
con le forze sociali ed il movimento, il tema di come qualificare e rendere
efficace l’opposizione al governo delle destre. Le scorciatoie politiciste
sono illusorie e non servono. Il toro va preso per le corna: come affrontare
il tema decisivo di prospettare un’alternativa programmatica alle
destre. Ne esistono le condizioni? Pensiamo di si, anche se l’esito
non è scontato. Il nostro punto è sviluppare un’offensiva
in questa direzione.
Le novità dello scenario:
1.C’è una crescita nei movimenti, che interviene fin dentro
il centro sinistra e rende permeabili almeno alcune sue componenti alla
sua influenza. Ma questa crescita, che è una crescita di militanza
e di partecipazione attiva importante, ancora non riesce a radicarsi nel
cuore profondo delle condizioni sociali del Paese, non si è ancora
fatta coscienza critica di massa, non ha ancora una proposta di alternativa
convincente;
2.La pace e un modello sociale di alternativa al neoliberismo, grazie
alla crescita del movimento e al riaffacciarsi del conflitto di classe,
sono i due assi su cui occorre fondare la possibilità medesima
di radicamento;
3.il combinarsi di questi fattori possono determinare una modificazione
della cultura prevalente delle opposizioni e permettere lo sviluppo del
confronto tra le opposizioni politiche e sociali;
Come
è cambiato il rapporto tra di noi e il centro sinistra: è
fallita l’ipotesi di metterci fuori gioco e di articolare una dialettica
tra centro sinistra e movimenti tutta all’interno di quello schema
di riferimento. Il centro sinistra, come realtà politica unitaria
non esiste più. A ogni contenuto programmatico forte, si disarticola
e sue parti sono attratte dall’influenza del movimento e del conflitto
sociale. Anche quello che possiamo definire il “centro sinistra
materiale”, ovvero l’insieme del mondo delle associazioni,
delle realtà sociali che vi si riferiscono, si autonomizzano e
vengono attratte dalla dinamica del movimento e del conflitto (basti pensare
alla CGIL e all’ARCI), la stessa periferia del centro sinistra,
almeno parzialmente e in particolare nel Sud, si rende più permeabile
e disponibile a una diversa assonanza con i movimenti e propone linguaggi
e accenti diversi dal passato (in particolare in alcune componenti più
avanzate del mondo cattolico). Insomma, il punto di novità è
il seguente: il rapporto non è più a due (Rifondazione /
centro sinistra) ma si dinamizza in un rapporto più ampio con il
movimento e il conflitto in cui i medesimi confini del centro sinistra
si fanno terreno friabile. E’, quindi, possibile, aprire un confronto
programmatico in campo aperto, in cui la questione dell’estensione
dei diritti sociali e del lavoro, diviene elemento centrale.
La costruzione della sinistra di alternativa: quello descritto è,
anche, il nuovo terreno per la costruzione della sinistra di alternativa.
Sulla maturità di questa prospettiva politica, sulla quale noi
scommettiamo, occorre promuovere e sviluppare un forte dibattito di confronto
e ricerca. E’ necessario, comunque, non disperdere la rete di relazioni
e di rapporti costruiti in questi mesi nel fronte referendario, nelle
relazioni di movimento, nella costruzione delle vertenze, a partire dal
rilanciare l’opposizione ai provvedimenti di precarizzazione totale
dei rapporti di lavoro e dall’attacco al sistema previdenziale.
Occorre porsi l’obiettivo, a partire dalle singole realtà
regionali e territoriali, di sperimentare forme originali di relazioni
che possono prefigurare la costruzione della sinistra di alternativa.
Lo sforzo generoso e poderoso del Partito in questi mesi, non deve oscurare
le carenze ancora esistenti sul tema decisivo dell’autoriforma e
dell’innovazione, del radicamento, della costruzione di esperienze
concrete di quello che possiamo definire “partito-società”.
Su questi temi, dedicheremo una sessione specifica del Comitato Politico
Nazionale, preceduta da una nuova riunione della Direzione del Partito.
Roma,
17 giugno 2003
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