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CPN 22 - 23 ottobre 2025

Daniela Alessandri

Il movimento contro il genocidio del popolo palestinese è la più grande scossa sociale e morale che l'Italia e l'Europa abbiano visto da anni: un movimento fatto di volti giovani e di voci nuove, fuori dalla politica istituzionale, fuori da un sistema che non offre più nulla se non precarietà, disuguaglianza e guerra.
È un movimento radicale e politico nel senso più alto: difende il diritto di tutte e tutti a vivere, a non essere massacrati, e mette i corpi in campo per affermare questo diritto. Dopo anni di stallo si è rotto il senso di impotenza: generazioni che sembravano spente sono tornate in piazza, a pensare in termini collettivi. È un fatto gigantesco!
E noi, il PRC, dov'eravamo?

Siamo stati presenti, ma non protagonisti. Abbiamo partecipato ovunque, ma senza linea, senza confronto, senza direzione. Quando è andata bene, abbiamo avuto un ruolo di testimonianza; troppo spesso, siamo passati inosservati.
È un fatto grave. Un partito comunista non può essere irrilevante quando un movimento di massa si solleva. Se lo è, significa che la sua linea politica è sbagliata.
Da mesi gli organismi dirigenti non discutono più di nulla. Questo è il primo CPN da luglio, mentre nel frattempo il paese intero si è mosso: porti, stazioni e città sono stati bloccati, il movimento "Blocchiamo tutto" è cresciuto oltre ogni previsione. E noi siamo rimasti fermi, a colpi di comunicati e circolari.
Un partito non può funzionare così. Serve direzione collettiva, capacità di elaborazione, motivazione del corpo militante.
Abbiamo una linea moderata, opportunista, orientata al cosiddetto "campo largo", a un frontismo democratico che non ha nulla di alternativo. E il segretario lo ha di nuovo esplicitato nel suo intervento. Se pensiamo di battere la destra ignorando che oggi le destre sono due — quella fascista al governo e quella neoliberista del centrosinistra, che sostiene riarmo, Fornero, banche, ecc — allora abbiamo già perso.

Questa linea non parla alle energie nuove che nella società si stanno muovendo. Non coglie la profondità del momento: la guerra si estende, la NATO si riarma, l'Unione Europea si trasforma in un blocco militare, un genocidio in corso, la crisi degli equilibri internazionali come li abbiamo conosciuti, e noi continuiamo a inseguire un centrosinistra complice che continua a sostenere invio armi e l'aumento delle spese militari
Il risultato è un partito che oscilla: in alcune regioni è subalterno al campo largo, in altre autonomo. Un partito che dice una cosa da una parte e dall'altra parte ne fa un'altra, perdendo credibilità e radicamento. Generando confusione fra i propri stessi iscritti. Le esperienze elettorali in Calabria, Marche, Puglia e Veneto sono la misura della nostra subalternità.
Eppure, dove abbiamo scelto autonomia e coerenza — Toscana, Valle d'Aosta, e presto Campania — abbiamo visto che un'altra strada è possibile. Quando il partito si presenta con una linea chiara, la gente lo ascolta, i militanti si rianimano, la credibilità torna.
Non si può dire di essere alternativi al PD e poi entrare nelle sue coalizioni: è una contraddizione che ci logora ogni giorno di più. Serve una linea politica netta, capace di costruire una forza dell'alternativa sociale e politica, che tenga insieme i movimenti, la sinistra di classe e chi non si rassegna al neoliberismo di guerra in Italia e in Europa.

Dobbiamo tornare a essere una forza comunista autonoma, radicata nei territori, nelle scuole, nei luoghi di lavoro.
Di fronte al movimento per Gaza dobbiamo sostenere la sua crescita, costruendo comitati ovunque, trasformando la rabbia in organizzazione e la solidarietà in soggettività politica.
Per farlo serve un partito vivo, non una segreteria che decide tutto da sola. Un partito comunista organizza, discute, forma, si confronta. Oggi questo non avviene.
La linea moderata ci porta all'irrilevanza. La mancanza di dibattito ci svuota. La subalternità ci dissolve.
È tempo di cambiare radicalmente linea politica e metodo di direzione.
Tornare a essere un partito autonomo, internazionalista, radicato nei movimenti, capace di parlare alle nuove generazioni e di criticare apertamente il modello neoliberale e imperialista dell'Unione Europea e dell'Occidente.
Il mondo si muove. Il movimento cresce. O Rifondazione cambia, o verrà superata.
Invertire la rotta è ancora possibile, ma serve coraggio, una scelta netta, un cambio di linea. E serve adesso.

Oggi si vota per la sostituzione di Chiara Marzocchi negli organismi dirigenti di questo partito.
Significa che anche formalmente Chiara non c'è più. Chiara, invece, rimane nei nostri cuori e nelle lotte del partito come un esempio di lealtà, di impegno e di coerenza anche quando essere coerenti ha significato essere marginalizzati. Lei è stata coerente fino alla fine.
Allora voglio dire che, se oggi votiamo 2 sostituzioni al CPN, la sostituzione di Chiara non è uguale alla sostituzione di chi ha lasciato il partito per andare in Sinistra Italiana. Le sostituzioni si votano assieme, ma non devo stare insieme nel nostro cuore e nel nostro pensiero. Sono due stature politiche e morali molto diverse.

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