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CPN 5 - 6 luglio 2025

Claudia Rancati

La relazione del segretario segnala a mio avviso un passo importante verso la tendenza al cambiamento di linea, già introdotto nei fatti, ma mai esplicitato chiaramente, un passo di cui occorre valutare tutta la portata ed i rischi per il futuro del nostro partito. Ci sarebbero fatti nuovi che mostrano come il campo largo sia cambiato, perché il PD sarebbe cambiato, e i buoni risultati elettorali di AVS e le recenti posizioni del Movimento 5 stelle, sarebbero dati che aprono alla possibilità di fronti comuni. E' evidente che l'orizzonte proposto è quello delle prossime elezioni politiche e sembra quasi di riascoltare lo slogan della recente campagna referendaria della cgil "il voto è la nostra rivolta".
Una visione solo elettoralista non aiuta a comprendere, nè ad intervenire in questa fase di cambiamento epocale. Manca una analisi di quelle che sono le vere cause della guerra e dell'impoverimento di larghe fasce della popolazione oltre che della devastazione ambientale, le ragioni della debolezza e della frammentazione della classe, la cui larga parte non va a votare, mentre un'altra parte vota contro i propri interessi per i partiti della destra.
La maggioranza della popolazione non va a votare neanche alle elezioni comunali che dovrebbero essere sentite come le più vicine. L'astensionismo da un lato e lo schiacciamento sui due poli principali, sono i segnali di una crisi della democrazia sempre più grave.
Bisogna uscire dalla gabbia del bipolarismo e dalla logica dell'alternanza che serve solo a mantenere la continuità del sistema di potere, e per farlo bisogna guardare ai dati strutturali della società e non alle rappresentazioni sovrastrutturali.
Essi mostrano come la crescita dell'economia di guerra, delle spese militari, della produzione di armi e della militarizzazione della società siano fenomeni in atto portati avanti in modo bipartisan.
Lo sappiamo bene a La Spezia, città militarizzata da sempre, sede di Leonardo, Fincantieri, i cui dirigenti sono nell'ambito del centro sinistra, ora sede anche del Polo nazionale della subacquea la cui presidente è Roberta Pinotti. Le presenze militari nel territorio sono molte ed in evoluzione visto lo scenario internazionale. Ne sono esempi il progetto del centro di addestramento per i piloti da guerra affidato alla azienda israeliana Elbit system presso l'eliporto di Luni, o il progetto "Basi blu" per l'adeguamento dell'Arsenale militare agli standards Nato. Ogni due anni, inoltre, si svolge all'interno dell'Arsenale, la mostra "Sea Future", una mostra navale militare alla quale partecipano le marine militari di 140 Paesi, tra cui Israele, Egitto, Arabia Saudita ed i cui sponsor sono le aziende del comparto militare. Il movimento per la pace locale da tempo denuncia tale presenza per il regime di guerra che essa rappresenta ed interpreta, anche attraverso il coinvolgimento delle scolaresche portate in visita o con progetti PCTO che impegnano gli studenti delle superiori. Contro questa fiera delle armi, che si svolgerà dal 29 settembre al 2 ottobre, sono in programma iniziative e manifestazioni che quest'anno devono assumere un rilievo ancora maggiore.
Negli ultimi periodi il movimento contro la guerra in città è cresciuto. Il 31 maggio è stato in grado di costruire una manifestazione che esprimeva non solo una generica solidarietà al popolo palestinese ma anche la volontà di non essere complici del genocidio perpetrato da Israele, con la consapevolezza che esso si realizza anche con le armi prodotte nella nostra città. A quella manifestazione non hanno ritenuto di aderire le forze del campo largo, e purtroppo neanche la Cgil, che ha molti iscritti tra i lavoratori dell'industria bellica.
Al di là delle contraddizioni della Cgil sulle quali dobbiamo continuare a lavorare come partito e come movimento, ponendo sempre più insistentemente il tema della riconversione dell'industria bellica al civile, dobbiamo avere la consapevolezza che il problema per le forze del campo largo è differente.
Se è vero che noi dobbiamo dialogare con tutti e non chiuderci in un recinto, è altrettanto vero che come partito dobbiamo avere una analisi ed una strategia adeguata alla realtà dei fatti.
Dobbiamo saper collegare la lotta contro la guerra alla questione sociale, denunciare i tagli alla sanità, al sociale ed ai salari che l'economia di guerra comporta e lavorare all'unità della classe contro le mistificazioni bipartisan che puntano alla sua divisione, alla "guerra tra poveri" ed alla pericolosa escalation bellica verso cui ci stanno portando le classi dominanti al servizio dell'imperialismo statunitense.
Per fare questo abbiamo bisogno di un partito organizzato in modo democratico, che convochi nei giusti tempi i propri organismi sia nazionali che locali, che sappia valorizzare il contributo di tutti i compagni a partire dalla realtà dei circoli, che sono statutariamente gli organismi fondamentali del partito.

 

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