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CPN 5 - 6 luglio 2025

Ordine del Giorno

Ordine del giorno: la questione sociale come linea di demarcazione tra Stato democratico e degenerazione autoritaria

Gli esiti negativi del referendum dell'8 e 9 giugno devono spingere Rifondazione Comunista, nel suo ruolo di partito difensore della Costituzione democratica, nel rimettere al centro della propria politica la questione sociale che, nonostante la drammatica sconfitta referendaria, deve essere al vertice della nostra proposta politica e della nostra compatibilità con altre forze di orientamento diverso.

L'Italia è l'unico Paese europeo i cui salari non solo non aumentano ma sono in caduta libera dal 1991, dalla fine della guerra fredda e dalla successiva stagione di privatizzazioni e riforme reazionarie che hanno devastato il tessuto sociale.

Tale questione va a braccetto con il tema della pace. L'innalzamento, imposto dalla NATO, al 5% delle spese per la difesa, provocherà un ulteriore tracollo dei fondi destinati a servizi essenziali come pensioni, sanità, scuola. Servizi che potranno vedere una nuova stagione di privatizzazioni o un aumento di ticket e tariffe che impatteranno direttamente sulla capacità di risparmio delle famiglie, su un aumento dell'indebitamento, sulla definitiva riduzione in povertà di chi già adesso è schiacciato dal carovita.

Ci troviamo dunque in un contesto in cui il lavoratore è stretto tra la tenaglia dell'economia di guerra, che ne distrugge potere d'acquisto e capacità di risparmio, e un lavoro che continua ad essere precario e in cui spesso il padrone non è più italiano ma straniero, legato a norme extraeuropee e spesso a fondi speculativi senza alcun interesse alle società e alla loro funzione sociale prevista dall'art. 42 della nostra Costituzione. A titolo esemplificativo, nel 2021 il Fondo BlackRock possedeva da solo il 5% del sistema bancario italiano, con una elevatissima capacità di influire notevolmente nel panorama economico tramite la speculazione sui debiti pubblici nazionali.

Non è sufficiente, pertanto, né il pacifismo fine a sé stesso né la lotta per contratti e salari migliori se non camminano di pari passo. Il tema deve essere posto al centro del dibattito interno ai sindacati, nei comitati e movimenti che lottano per la pace oltreché come perno per aprire contraddizioni nelle forze politiche complici dell'attuale situazione di guerra e dell'espansionismo della NATO.

A fronte di ciò il CPN propone:
-l'avvio di una vasta inchiesta nazionale sulla contrattazione nazionale nei vari settori e sullo stato dei salari in Italia;
-il rilancio della campagna sul salario minimo;
-l'elaborazione di una campagna contro il carovita legata e parallela a una campagna di denuncia dei costi della spesa militare, proponendone la riduzione e razionalizzazione delle stesse;
-l'elaborazione di programmi d'azione ed elettorali che tengano conto dell'impatto locale dei rincari e di possibili soluzioni per mitigare gli aumenti e i costi, a partire dalla reinternalizzazione dei servizi essenziali e la riduzione del ricorso al lavoro in appalto.

Riccardo Gandini, Marisa Chiaretta, Christian Iannone

 

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