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CPN 5 - 6 luglio 2025

Ezio Locatelli

Francamente non so nascondere lo sbigottimento per come è stata introdotta questa riunione di Cpn da Acerbo. Dopo il vuoto politico di discussione, di iniziativa, non di giorni o settimane ma di cinque mesi e più, mesi in cui è successo di tutto e non si è discusso di niente, abbiamo assistito a una introduzione per lo più incentrata sulle manifestazioni promosse in quest'ultimo periodo da vari soggetti politici e associativi. Pochi cenni al passaggio di portata storica che stiamo vivendo, un passaggio contrassegnato da una sequenza impressionante di avvenimenti con al centro la spinta alla guerra, la corsa al riarmo, al genocidio cui hanno fatto seguito scelte politiche antitetiche ai diritti sociali, del lavoro, delle libertà democratiche. Io credo che vada detto chiaro e tondo che questo passaggio rende ingiustificabile ogni superficialità, ogni forma di immobilismo, ogni ritardo di discussione, rende inammissibile la politica dei fatti compiuti.

Siamo arrivati, ultima cosa in ordine di tempo, alla manifestazione del 21 giugno senza costruire un percorso partecipativo, senza discussione interna, senza svolgere alcun ruolo ma anzi manifestando contrarietà alla costruzione di un'unica grande manifestazione contro il riarmo e la guerra. Nella relazione solo autocompiacimento per qualche citazione di stampa, per qualche presa di posizione. Chiedo se questa cosa possa considerarsi normale. Intanto penso che un partito comunista non possa funzionare in questi termini, come un comitato elettorale che fa della propaganda spicciola. Un partito comunista funziona come intellettuale collettivo organizzato che è la sola maniera per stare sul terreno pratico dell'azione politica, per costruire movimento di massa, per reggere una situazione in cui prenderà sempre più piede uno scontro.

Il contrasto tra economia di guerra e aspettative di benessere sociale da qui in avanti diverrà sempre più insanabile. Su questo contrasto possiamo fondare la ripresa possibile, di un movimento ampio, popolare. Un movimento unitario che non può essere in balia a giochi preordinati di schieramento politico. Un movimento capace di oltrepassare il limite delle manifestazioni simboliche e di intervenire sulle materiali condizioni di vita delle persone, ponendosi in alternativa alla melassa di quei partiti di destra e cosiddetto centrosinistra che hanno deciso di fare dell'Europa interventista e liberista la loro trincea in una divisione che non riguarda il loro essere rappresentanti degli interessi del capitale ma semmai, in maniera più effimera, di cultura politica. Al massimo la divisione tra questi partiti è se il riarmo debba essere su scala nazionale o su scala europea.

Fare una discussione ignorando gli elementi di fondo dello scontro politico e sociale per dire, come fa Acerbo, che bisogna fare fronte comune col Pd della Schlein, far parte del campo largo per sconfiggere la destra è un errore madornale, non è solo lo snaturamento del nostro partito. Certo che la destra va combattuta ma l'errore è la rimozione di ogni linea di demarcazione: forze pacifiste/forze della guerra, forze liberiste/forze antiliberiste). L'errore è il non tener conto che la destra è cresciuta e continua a crescere grazie alle politiche economiche, sociali, di guerra devastanti perseguite dalle forze cosiddette democratiche e progressiste.

Il frontismo contro le destre non ha pagato nemmeno in materia di referendum. Certo che la lotta referendaria era giusta ma detto ciò era impensabile vincere il referendum in un clima di disillusione, dopo anni in cui è stato fatto di tutto per colpire i lavoratori, anni in cui gran parte del lavoro negato è stato incorporato in due diversi populismi di destra, affrontando il referendum, come ha fatto la cattiva coscienza del Pd, in termini di contrapposizione di schieramenti politici invece che di contrapposizione sociale, di contenuti. Una manifestazione di stupidità politica che si è ripetuta anche dopo il pronunciamento referendario nel momento in cui si è parlato del risultato come base di una rivincita elettorale invece che dire della necessità di una ripresa delle lotte sociali, di una opposizione reale, nel paese, alle politiche liberiste, di guerra, di attacco alle condizioni di vita e di lavoro. Io penso che dobbiamo ripartire da qui, da questo piano, perché questo è anche il solo modo per trarre linfa e ricostruire una nuova prospettiva politica.

 

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