Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 15 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie CPN 5 - 6 luglio 2025 Confesso di provare un certo fastidio nel sentire l'ennesima accusa, rivolta al segretario e a chi sta gestendo il Partito, di non voler tener conto degli organismi dirigenti. C'è chi ha parlato addirittura di gestione "teocratica". Da ateo praticante e, scusate, anche in maniera burocratica, provo a smentire tali affermazioni, sia nel merito che nel metodo. Il CPN si è convocato, l'ultima volta il 16 marzo, poi il 10 e 11 giugno per approvare bilancio consuntivo e fare il punto su questioni politiche. Come sapete, abbiamo dovuto rinunciare alla seconda parte della discussione per ricovero del segretario. Ma cosa abbiamo fatto da marzo ad oggi? Niente. Abbiamo solo, con le poche forze di cui disponiamo, svolto 15 congressi regionali (quasi tutti nei fine settimana), partecipato ad almeno 4 manifestazioni nazionali, affrontato, con impegno diffuso, la campagna referendaria, partecipato, quasi in ogni città in cui siamo presenti a iniziative prevalentemente contro guerra e riarmo. Siamo stati impegnati in numerose elezioni amministrative, quasi sempre in alternativa al centro sinistra. Ma questo non conta. Ah, dimenticavo, siamo stati presenti in iniziative della Sinistra Europea, contribuito in maniera forte alla realizzazione di Stop Rearm e ad altre campagne. Ma anche questo, per una parte del Partito, non esiste. In situazioni del genere l'organismo esecutivo ha il dovere di assumersi alcune responsabilità, applicando la linea politica risultata, anche se in maniera esigua, vincente, dall'ultimo congresso. Se tale azione non fosse risultata sufficiente, sarebbe stato legittimo sfiduciare detto organismo. Molte cose dovrebbero parlare nel funzionamento del nostro dibattito. In primis: perché invece che perderci in lunghe elucubrazioni su quanto fanno le alte forze politiche (aleggiano gli spettri del Pd e di PaP), non parliamo di quello che stiamo facendo e intendiamo fare noi? Quali sono le nostre priorità su cui interloquire con la nostra classe? E invece giù a commentare, spesso senza saperne a sufficienza, in merito al comportamento che avremmo dovuto tenere il 21 giugno. Si dice che avremmo dovuto essere quelli che provavano ad unificare due manifestazioni. Ma se uno degli interlocutori ti dice legittimamente e chiaramente che non intende unirsi, che è disponibile solo a guidare una propria soggettività politica, se arriva a ironizzare sui tentativi di quelli che sono stati chiamati "pontieri"? A che serve recriminare? Ci potranno essere future e più ampie convergenze? Mi auguro di si ma non è tutto nelle nostre mani. Da ultimo la campagna referendaria su cui dovremmo riflettere andando oltre i risultati, certamente insoddisfacenti. Un dato: 3,2 milioni di votanti hanno sostenuto i 4 quesiti proposti dalla Cgil e votato no a quello sulla riforma della cittadinanza, di cui eravamo anche promotori. Un malessere su cui è nostro compito fare inchiesta, che non si può liquidare con semplificazioni o insulti, ma che è necessario affrontare se consideriamo importante una vera ricomposizione di classe che porti a sciogliere il nodo rappresentato da una mutazione antropologica secondo cui, anche per una parte di chi lavora, il collega straniero deve continuare ad avere meno diritti e garanzie. Come partito deve essere questo il nostro compito e non la cristallizzazione in schieramenti incapace anche di comunicare al proprio interno. E deve essere nostro compito il fare politica, entrare nelle contraddizioni che attraversano sindacati, corpi intermedi, partiti. Nessuno qui dentro intende andare a coprire spazi già occupati, ma almeno si accetti una interlocuzione franca che nulla a che fare con l'ingresso nel cd campo largo ma molto invece sull'autonomia di un Partito come il nostro che deve ancora aspirare a fare egemonia. Sono finiti, per i mille cambiamenti intercorsi, gli anni in cui si partecipava a governi e ad alleanze molto più imbarazzanti. E che chi di quegli anni è stato protagonista, oggi intravveda solo ipotesi messianiche e testimoniali che inevitabilmente portano ad un settarismo escludente, sembra quasi un contrappasso. C'è spazio – in questo orrendo presente in cui la guerra è l'elemento prevalente – per navigare in mare aperto e per non avere timori, non soffrire di subalternità. Cerchiamo di fare questo come Partito tutto.
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