Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 15 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie CPN 5 - 6 luglio 2025 Franco Ferrari Il CPN in corso dovrebbe consentire di fare il punto dell’azione del Partito ad alcuni mesi dal Congresso. Congresso che ha sancito una svolta salutare nella politica di Rifondazione Comunista. Due gli elementi fondamentali che la caratterizzano. Il primo è la riconquista della piena autonomia del partito. Abbiamo dichiarato l’esaurimento della strategia del “soggetto plurale e unitario della sinistra d’alternativa”, la cui ultima incarnazione è stata “Unione Popolare”. Proseguire su quella strada avrebbe significato portare il nostro Partito alla distruzione definitiva. Riprendere la piena autonomia politica ci ha consentito di contribuire alla costruzione di un movimento unitario contro la guerra e il riarmo in un percorso che è partito da Piazza Barberini e ha avuto un primo importante appuntamento di massa nella manifestazione del 21 giugno. In questi passaggi il nostro Partito è tornato ad essere soggetto politico attivo e riconosciuto come tale anche all’esterno. Forza politica che torna ad essere necessaria e non più residuale. A Parma, alla manifestazione territoriale con gli obbiettivi e la piattaforma di StopRearmEurope hanno aderito o partecipato forze che non erano a Roma. Ha aderito il PD, ha aderito il PCI (Alboresi), ha partecipato, pur senza aderire formalmente, PaP (dopo il fallimento di un presidio indetto in solitudine una settimana prima). Abbiamo costruito una buona iniziativa con alcune centinaia di persone anche se siamo lontani da quella dimensione di massa che sarebbe necessaria per bloccare il folle piano di riarmo della Commissione europea e della NATO. In quel presidio, intervenendo come Rifondazione Comunista, abbiamo espresso l’adesione al movimento StopRearm Europe e il nostro sostegno alla massima unitarietà, senza porre pregiudiziali di schieramento, e contemporaneamente abbiamo affermato le nostre posizioni come la richiesta di scioglimento della NATO e la netta opposizione all’esercito europeo. Abbiamo verificato in questi mesi che la svolta emersa dal Congresso di Montecatini ha consentito di rimotivare i compagni e le compagne, di superare progressivamente ogni tendenza alla subalternità e alla passività. Cerchiamo di essere sempre più quelli che promuovono i fatti politici e che sono riconosciuti come forza necessaria alla loro costruzione. Il secondo elemento che abbiamo affermato con la svolta di Montecatini è quella che possiamo definire come politica “frontista”, ovvero la ricerca di schieramenti unitari ampi e differenziati che pongono al centro contenuti e obbiettivi politici comprensibili dalle persone comuni e non astrusi marchingegni politicisti basati sulla logica degli “intergruppi”. Meccanismi nei quali il partito ha rischiato di smarrire la propria ragione storica che è quella di innovare ed arricchire il patrimonio teorico, politico e organizzativo dei comunisti e delle diverse correnti dell’anticapitalismo di massa, al fine di ricostruire un soggetto politico di classe protagonista dei conflitti sociali, dell’alternativa politica e della lotta per il socialismo. Stiamo cercando di invertire la tendenza a diventare una setta di predicatori, agitatori di parole d’ordine tanto massimaliste quanto totalmente inefficaci nel modificare la realtà. Una linea politica non è un esercizio astratto costruito a tavolino al di fuori della situazione concreta ma deve essere sempre definita in relazione alle forze politiche e sociali che si è in grado di mettere in campo. La scommessa del Partito di costruire un movimento di massa contro la guerra e il riarmo ha trovato un primo, seppure ancora parziale, successo. L’operazione messa in piedi dai cosiddetti “pontieri”, al contrario, è invece fallita perché, oltre a basarsi su una incomprensione evidente delle ragioni che hanno spinto la Rete dei Comunisti a scegliere la strada della manifestazione autonoma, non aveva alle spalle nessuna forza reale.
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