Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 15 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie

CPN 5 - 6 luglio 2025

Documento respinto

Contro le politiche liberiste e guerrafondaie costruiamo l'alternativa di pace, diritti, giustizia sociale e ambientale

La crisi della globalizzazione capitalista e la guerra permanente 

Stiamo vivendo, in forme acute e pericolose, uno stato di crisi permanente, di guerra infinita, di riorganizzazione della violenza repressiva.
La fuoriuscita da questo stato chiede al nostro partito un deciso cambio di passo e un radicale ripensamento nella conduzione della lotta per la pace, per la giustizia sociale e ambientale, per la costruzione dell'alternativa.
Il prosieguo del conflitto in Ucraina, il genocidio a Gaza da parte dello Stato sionista di Israele, l'allargamento del conflitto in Medioriente, la lotta feroce in più aree del pianeta per l'accesso ai mercati, alle forniture energetiche e alle risorse strategiche attestano uno sgretolamento dell'ordine internazionale, uno stato di crescente disordine e di violenza che spazza via ogni giorno la vita di milioni di persone.

Non siamo di fronte semplicemente a occasionali teatri di guerra: siamo in presenza di una crisi strutturale dei processi di accumulazione, che ha innescato una lotta brutale tra stati, istituzioni finanziarie, imprese, per scaricare i costi della crisi gli uni sugli altri, oltreché su chi vive del proprio lavoro produttivo e riproduttivo.
In particolare, una lotta fomentata dagli Usa e in via subordinata dalla Ue, per bloccare, nel pieno di una crisi economica e di egemonia, qualsiasi prospettiva di un nuovo ordine multipolare che metta in discussione i propri privilegi. Una lotta di cui la NATO è il braccio armato, che disconosce qualsiasi
forma di diritto e l'autorevolezza degli organismi internazionali.
Da questa crisi della globalizzazione capitalistica nasce una nuova spinta alla guerra, al riarmo, un nuovo attacco alle libertà democratiche, ai diritti civili e sociali, alle ricchezze naturali e ai patrimoni culturali: la fine della fase democratica del capitalismo iniziata nel 1945.

Tutto ciò avviene a livello europeo e mondiale, grazie al sostegno bipartisan di forze di destra e cosiddette democratiche. Ne sono esempio il Piano di Riarmo e la recente risoluzione europea, entrambi votati, tra gli altri, da FdI, FI, PD, che prevedono un enorme stanziamento di fondi per gli armamenti e la possibilità di dirottare i fondi Coesione verso le spese militari, a beneficio del complesso industriale militare.
Occorre avere un punto di vista che dichiari in modo netto la necessità di lavorare alla costruzione di una radicale alternativa politica e sociale rispetto a un sistema che riabilita la guerra come strumento essenziale e legittimo della politica.
Nella gravità del momento, l'opposizione a questa prospettiva è il banco di prova decisivo per i movimenti organizzati, per chiunque voglia ribellarsi o contrastare una deriva sempre meno controllabile, sempre più pericolosa per l'umanità intera.
L'attuale sistema di guerra irrompe nella nostra società, cambia l'ordine di priorità dei bilanci degli stati, impone sacrifici alle classi popolari, rende connivente la ricerca scientifica, mira a silenziare o criminalizzare ogni dissenso, sviluppa politiche securitarie – il decreto sicurezza- e forme sempre più disumanizzanti – le deportazioni - di xenofobia e razzismo istituzionale.

Contro il riarmo, la guerra, il taglio del welfare, per la giustizia sociale e ambientale

Rispetto a questo sistema di guerra, genocidario, dispotico, è necessario che la denuncia morale, l'etica della ragione, la protesta simbolica si saldino con la lotta sociale contro la distruzione del welfare: occorre fare i conti con le sue ricadute materiali.
La scelta folle intervenuta al vertice Nato di innalzare la spesa militare entro il 2035 al 5% del Pil di ogni paese, oltre ad essere un'insensata e disumana spinta alla guerra, è una scelta incompatibile con il mantenimento di standard minimi di benessere sociale e, se non contrastata, comporterà la distruzione completa dei diritti sociali e un aumento esponenziale delle povertà, della precarietà e delle disuguaglianze.

Dinanzi a questo scenario è quanto mai necessario perseguire l'obiettivo della costruzione di un movimento unitario di massa, prestando ascolto e in rapporto con i soggetti su cui ricadono i costi del riarmo e della guerra, con coloro che nella vita concreta esprimono rivendicazioni in tema di diritto al lavoro, alla salute, alla casa, all'istruzione, alla previdenza, contro un modello di sviluppo basato sull'energia fossile e sullo sfruttamento di risorse e territori.
Sotto questo punto di vista, la pace, come opposizione al riarmo e alla guerra, non può che esprimersi in forme conflittuali, di lotta contro la follia bellicista e per la giustizia sociale e ambientale.

Per un movimento unitario e popolare, il ruolo di Rifondazione Comunista

Oltre a ciò, alla necessità di fare della pace un elemento fondante di attivazione di soggetti concreti, occorre contrastare ogni separazione o dissipazione di forze.
Per fare ciò è indispensabile stabilire un piano di confronto e di comunicazione tra tutti i soggetti pacifisti organizzati, per costruire una base comune di lotta, di disobbedienza, di boicottaggio.
È necessario provarci con fatti concreti, nazionalmente e sui diversi territori.
Per questo ci siamo battuti perché si arrivasse il 21 giugno ad un'unica grande manifestazione contro il riarmo e la guerra, ritenendo sbagliata l'accettazione supina della divisione.
Il ruolo del nostro partito deve essere quello di "fare colla", agendo per unire le diverse espressioni del movimento: solo un grande movimento unitario può rompere con la passivizzazione e la tendenza alla delega.

Com'è sempre accaduto nella storia del movimento operaio, l'azione delle comuniste e dei comunisti deve essere orientata in una prospettiva unitaria.
L'unità che non è stata costruita nelle manifestazioni nazionali del 21 giugno deve essere perseguita oggi, evitando che nel paese, città per città, si consolidino sfrangiamenti e separatezze che sono il principale ostacolo alla costruzione di un movimento a base di massa contro la guerra.
A tal fine proponiamo di dare vita in tutto il paese a comitati unitari contro la guerra, il genocidio, l'aumento delle spese militari, la fornitura di armi all'Ucraina e a Israele.
In questo quadro unitario, Rifondazione Comunista deve portare il proprio autonomo contributo di idee e parole d'ordine, l'uscita dell'Italia dalla NATO, lo stretto rapporto tra No all'aumento delle spese militari e difesa del welfare.
Con questa impostazione il partito deve partecipare alla prossima manifestazione contro la guerra proposta dal Movimento 5* per l'autunno.

I referendum sociali e sulla cittadinanza

Non deve fare da freno in questo lavoro la scarsa partecipazione al recente referendum riguardante diritti-sicurezza del lavoro e cittadinanza.
Sul risultato, al di là della campagna di disinformazione e di boicottaggio mediatico da parte delle forze di governo, di destra e di centro, di organizzazioni sindacali collaterali al governo e al padronato come la Cisl, ha pesato la scarsa credibilità delle forze come il PD che, dopo aver approvato leggi impopolari, hanno affrontato la campagna referendaria in termini di contrapposizione tra schieramenti politici invece che sulla centralità dei contenuti sociali e sulla necessità di abbandonare
definitivamente ed esplicitamente le politiche liberiste.
Oltre a ciò, per comprendere la bassa affluenza al voto, non si può non fare i conti con le conseguenze dei processi di disgregazione del lavoro organizzato e con l'aumento delle disuguaglianze negli ultimi decenni, causati, con diversità di intensità ma non di qualità, dalle politiche attuate da governi di diverso colore politico, di centrodestra e centrosinistra.

Si è trattato di un processo spietato che ha distrutto solidarietà e coesione sociale e territoriale.
Quando le persone che vivono del proprio lavoro o che versano in difficoltà non riescono più a vedere un futuro e una prospettiva stabile, anche la partecipazione democratica perde forza propulsiva pure in presenza di una battaglia giusta sui diritti. Prevalgono i rapporti di potere, il senso di impotenza. Ecco perché l'importanza e la piena condivisione dei temi referendari e la valorizzazione dei 12 milioni di voti favorevoli deve coniugarsi con la ripresa del conflitto sociale, con la costruzione di un movimento di massa contro le politiche liberiste e di riarmo (sciopero europeo e sociale contro la guerra e il riarmo) che ponga il tema dell'alternativa.

L'intersezione delle lotte

Rendere esplicita, intessere e praticare l'intersezione fra la lotta per la pace e la difesa dello stato sociale e l'uguaglianza dei diritti deve essere la nostra bussola, sul piano nazionale e anche a livello territoriale.
Per questo, in concreto, occorre:

∙ Dar vita a comitati territoriali contro il riarmo, l'invio di armi, il genocidio in Palestina, contro l'uso delle basi militari
∙ Aprire sportelli per il diritto alla salute
∙ Costruire azioni e iniziative di solidarietà sociale
∙ Sostenere le lotte operaie e ambientaliste
∙ Lottare contro la disgregazione territoriale, a partire dal contrasto a qualunque forma di autonomia differenziata

Gli organismi dirigenti e la democrazia interna

Su queste così come su altre questioni, il partito avrebbe la necessità di un confronto serrato, in grado di leggere i processi in corso, approfondire l'elaborazione teorica, orientare e concretizzare il lavoro politico e l'azione sociale: costruire la visione alternativa.
A distanza di oltre cinque mesi dal Congresso Nazionale vi è stata una totale assenza di discussione e di confronto interno, un pesante deficit di democrazia, impensabile e inaudito nella storia del nostro partito.
Tale stato di cose è reso ancora più vistoso dal contestuale incombere di eventi a dir poco straordinari, sul piano internazionale, europeo e nazionale, le cui ricadute cambieranno per sempre la vita di popoli e persone.

Non aver sentito la necessità, il dovere, di chiamare gli organismi del partito alla discussione è una pesante responsabilità.
Rifondazione Comunista fonda il proprio lavoro politico sul confronto, sul sapere collettivo, e rigetta pratiche personalistiche e verticistiche, ridotte a posizionamenti e a scarne prese di posizione a commento dell'agenda politica quotidiana, distruttive del senso, dell'utilità e della tenuta stessa del partito.
Per questo, il CPN chiede con forza che venga ripristinato il corretto confronto nei gruppi dirigenti, al fine di rilanciare appieno l'iniziativa politica in un contesto così delicato e problematico.

6 luglio 2025

Daniela Alessandri, Valeria Allocati, Eveline Amari, Michela Arricale, Elena Maria Anelli, Simone Antonioli, Fabrizio Baggi, Michela Becchis, Tania Bertini, Marina Boscaino, Giovanni Bruno, Nicola Candido, Giovanna Capelli, Silvana Cesani, Nicola Cesaria, Marisa Chiaretta, Roberto Ciccarelli, Monica Coin, Marco Consolo, Luisa Colombo, Pasquale Corbo, Domenico Cosentino, Giuseppe Cucchiarini, Stefania de Marco, Alberto Deambrogio, Erica Erinaldi, Ilaria Falossi, Fiorenzo Fasoli, Eliana Ferrari, Paolo Ferrero, Giovanni Ferretti, Loredana Fraleone, Grazia Francescatti, Giada Galletta, Riccardo Gandini, Alessio Giaccone, Luca Grasselli, Stefano Grondona, Tonia Guerra, Cristian Iannone, Roberta Leoni, Enrico Lai, Antonio Liuzzi, Ezio Locatelli, Stefano Lugli, Vittore Luccio, Francesco Macario, Nando Mainardi, Chiara Marzocchi, Antonello Manocchio, Vito Meloni, Nicolò Martinelli, Maura Mauri, Alessandro Modolo, Michela Onnis, Pierluigi Mulliri, Dmitrji Palagi, Lorenzo Palandri, Dalia Palmieri, Giuseppe Palomba, Antonello Patta, Luigi Pede, Giulia Pezzella, Cadigia Perini, Gaetano Piazza, Roberta Piazzi, Tania Poguish, Claudia Rancati, Stefanella Ravazzi, Massimo Rossini, Rosella Satalino, Luca Sardone, Vittorio Savini, Monica Sgherri, Stefania Soriani, Silvia Stocchetti, Giulio Strambi, Giulia Suella, Giovanna Ticca, Danielle Vangieri, Roberto Villani

 

chiudi - stampa