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CPN 5 - 6 luglio 2025

Giovanni Barbera

La recente guerra tra Israele e Iran, conclusa con una tregua fragile dopo dodici giorni di bombardamenti, rappresenta un ulteriore salto di qualità nel processo di destabilizzazione permanente del Medio Oriente. Un conflitto che conferma il ruolo imperiale degli Stati Uniti e la subalternità dell'Unione Europea alla NATO. In questa nuova fase della competizione globale, la guerra diventa strumento per governare le contraddizioni del capitalismo. L'aumento delle spese militari fino al 5% del PIL, con l'eccezione della Spagna, segna la trasformazione dell'UE in un progetto di riarmo permanente, sottraendo risorse vitali a sanità, casa, scuola, transizione ecologica e diritti sociali.

Alla militarizzazione del bilancio pubblico corrisponde quella della società. La costruzione del nemico esterno serve a colpire i diritti interni. In Italia, questa dinamica si intreccia con una grave deriva democratica: la destra di governo punta a completare il "Piano di rinascita nazionale" della P2 di Gelli. Con la separazione delle carriere nella magistratura e il premierato, si tenta di concentrare il potere nell'esecutivo e svuotare le garanzie costituzionali. Non è un fenomeno isolato: lo spostamento a destra attraversa tutto l'Occidente.

Tutto questo avviene in un contesto sociale drammatico: 5,7 milioni di persone vivono in povertà assoluta e oltre 13 milioni rischiano di finirci. Di fronte a questa emergenza, il governo risponde con un nuovo decreto sicurezza che criminalizza migranti, poveri e movimenti, sostituendo lo Stato sociale con lo Stato penale. Il mancato quorum ai referendum sociali segnala una crescente frattura tra società e partecipazione istituzionale. Ma la campagna referendaria, pur senza il risultato sperato, ha prodotto legami, consapevolezze, mobilitazioni.

Negli ultimi mesi si sono svolte mobilitazioni importanti: contro la guerra, contro il riarmo, contro il decreto sicurezza, per la Palestina. Ma oggi serve un salto di qualità: non basta più partecipare, serve costruire organizzazione e strutture capaci di tenere insieme le lotte. La decisione della CGIL di mantenere attivi i comitati referendari può rappresentare un punto di partenza per farne spazi di partecipazione popolare e strumenti di ricomposizione del conflitto sociale.

Per contribuire a questo processo, è essenziale rafforzare il Partito. Rafforzarlo in termini di struttura organizzativa nazionale e locale, di radicamento sociale e di formazione di quadri politici capaci di esercitare una funzione egemonica, orientando i processi nella direzione dei nostri obiettivi. Questo è il nostro compito, se vogliamo contribuire alla costruzione di un fronte largo contro destra, guerra e disuguaglianze. Un fronte senza steccati ideologici, capace di unire chi condivide la difesa della Costituzione, della pace, della giustizia sociale e ambientale.

Va detto con chiarezza: le polemiche e le divisioni che ancora caratterizzano la vita del Partito rischiano di indebolirci e renderci incapaci di costruire i rapporti di forza necessari a cambiare davvero le cose. Molto dipende da noi: dalla capacità di uscire da logiche autoreferenziali, per metterci al servizio di una prospettiva di trasformazione reale.

Il problema non è solo la sopravvivenza della nostra organizzazione. È la possibilità stessa di tutelare gli interessi delle classi sociali che vogliamo rappresentare. Oggi ci troviamo in una fase estremamente delicata: si respira un clima simile a quello di un secolo fa. Dobbiamo evitare che il fallimento delle classi dirigenti italiane e occidentali ci trascini nel baratro. Una nuova guerra mondiale si giocherebbe con armi nucleari, e non lascerebbe scampo a nessuna forma di vita sul pianeta. Questa consapevolezza deve essere chiara a tutte e tutti. È la responsabilità che come comunisti abbiamo in questa fase storica. Una fase difficile, ma anche aperta. Che può rappresentare l'occasione per uscire dalla crisi che ci ha segnato dal 2008 a oggi. A condizione che si superino chiusure e settarismi, e si abbia il coraggio e la generosità di rimettersi in cammino, insieme.

 

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