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CPN 5 - 6 luglio 2025

Fabrizio Baggi

Rispetto al 21 giugno

La manifestazione del 21 giugno, che ho sempre ritenuto fosse quella alla quale partecipare, è stata riuscita ma ben al di sotto delle sue potenzialità, sia in termini generali sia per la nostra presenza come Prc. Io ero a Roma e quella che ho visto era una piazza più di “ceto politico” che di popolo. Rifondazione, come ha ben detto Ezio, era in coda al corteo, senza capacità aggregativa, probabilmente anche a causa della mancata discussione politica nei giorni precedenti, come segnalato da molti interventi.

Sono tra chi ha firmato il documento criticato da Dino Greco e penso ancora che avere due piazze distinte sia stato un errore politico gravissimo. Il Partito aveva il dovere di lavorare per unificare i due fronti, così da dare corpo a un vero movimento di massa per la pace, in linea con la tradizione unitaria di Rifondazione, come richiesto in molti Ordini del Giorno approvati da diverse strutture territoriali del nostro Partito purtroppo rimasti inascoltati.

Accettare passivamente la divisione ha significato dividere i pacifisti in “buoni” e “cattivi”, senza cercare una sintesi unitaria. Ne è esempio il respingimento degli ODG sull’unificazione da parte della maggioranza, come ad esempio è accaduto nel Comitato regionale della Lombardia. Ora bisogna lavorare nei territori per costruire Comitati unitari contro la guerra e per la spesa sociale, con un chiaro discrimine: il disarmo, fuori chi vuole riarmare, dentro chi vuole disarmare il Paese e l’Europa. Comitati che accolgano le diverse anime del pacifismo, come è sempre stato nei grandi movimenti pacifisti. Solo così si potrà sperare nella nascita di un grande movimento di massa per la pace, oggi necessario come l’aria.

Sui referendum

I referendum sul lavoro erano una grande occasione. La CGIL ha fatto bene a promuoverli, dimostrando coraggio nonostante le contraddizioni. Tuttavia, il risultato – pur contando quasi 14 milioni di voti – è stato negativo, forse più del previsto. Ho partecipato a molte iniziative, ma è evidente che è stato un errore impostare la campagna non come una battaglia sociale, ma come rivalsa elettorale contro il governo. Questo ha portato molte lavoratrici e lavoratori a non votare, anche perché oggi, dopo le politiche devastanti del centrosinistra, tanti di loro guardano a destra come riferimento politico, come ha ricordato Ezio.

Sulla relazione introduttiva e gli interventi

Il Segretario ha affermato che il centrosinistra non è più quello di prima, citando il M5S e un PD meno “guerrafondaio”. Ma parliamo dello stesso PD che, poche settimane fa, ha votato in Europa con Fratelli d’Italia per destinare fondi del PNRR agli armamenti? Lo stesso PD i cui dirigenti siedono nei CDA di aziende belliche come Leonardo?

Matteo Prencipe e Antonio Marotta sostengono che la linea dell’alternativa del passato sia stata un fallimento e che l’autonomia oggi ci apre nuove strade da seguire senza ambiguità. Ma quale strada? Quella del “campo largo”? Se non è una, è l’altra. Diciamolo chiaramente.

Sulla democrazia interna

Questo CPN, dove finalmente si è tornati a discutere di politica, arriva dopo mesi di silenzio e svuotamento del ruolo degli organismi dirigenti. È un fatto grave. Un Partito Comunista ha bisogno di riunire CPN e DN con regolarità, soprattutto in un momento come questo, in cui è evidente che il mondo attorno a noi sta cambiando profondamente e in peggio.

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