Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 10 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie

CPN 16 marzo 2025

Documento approvato

Contro la guerra e il riarmo, per la giustizia sociale e la difesa delle classi lavoratrici, per l’alternativa politica e sociale alla destra, Rifondazione Comunista è sempre più il "partito necessario"

Il Comitato Politico Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista ha proceduto a completare la formazione degli organi dirigenti nazionali con l’elezione della nuova Direzione e della Segreteria. L’assetto definitivo degli organismi andrà perfezionato con la convocazione dei congressi regionali che devono statutariamente tenersi entro tre mesi dalla fine del Congresso nazionale.

La prospettiva politica per la quale tutto il partito è chiamato ad operare, pur nel rispetto della dialettica e della pluralità interna, è quella indicata dal documento che ha prevalso, seppur di poco, nel voto degli iscritti e delle iscritte. La riconquista della piena autonomia strategica, ideale e organizzativa del PRC è l’acquisizione centrale ed irrinunciabile che ci ha consegnato il Congresso. La nostra autonomia costituisce il fondamento necessario sul quale si deve basare la nostra ispirazione unitaria che si concretizza, nell’attuale fase politica e sociale caratterizzata da molteplici elementi di differenziazione e di disorientamento anche nelle classi popolari, nella costruzione di diversi e variamente articolati fronti di lotta e di mobilitazione di massa. La massima unità nella massima chiarezza degli obbiettivi, per la massima efficacia politica: questa deve essere la nostra bussola.

La linea politica consegnataci dal Congresso nazionale ha trovato una prima ed efficace realizzazione nella nostra iniziativa sul tema della pace e dell’opposizione alla inaccettabile politica bellicista e di riarmo condotta dalla Commissione europea sotto la guida di Ursula von der Leyen. Contestando l’iniziativa di “Repubblica” che in nome di un generico europeismo era finalizzata a sostenere le politiche di ReArmEurope nonché tutto l’assetto neoliberista e antidemocratico sul quale si basa l’Unione Europea reale, abbiamo proposto la convocazione di un’altra piazza, per un’altra Europa che si ponga come obbiettivo la pace e la costruzione di un assetto globale fondato sull’autodeterminazione e la liberazione dei popoli e sulla cooperazione tra gli Stati.

La nostra iniziativa, convergente con l’appello lanciato da Transform! Italia che ha ricevuto migliaia di adesioni in pochissimi giorni ha consentito di realizzare l’appuntamento di Piazza Barberini e portato nel dibattito pubblico, nonostante la censura di gran parte dei media, una posizione chiaramente alternativa che ha aperto contraddizioni nell’operazione tentata da “Repubblica”. Questo si è riflesso anche nella decisione di importanti forze organizzate come la CGIL e l’ANPI (mentre l’ARCI ha scelto di non aderire) a partecipare ma affermando contemporaneamente il proprio rifiuto del progetto di riarmo, consistente in almeno 800 miliardi, proposto dalla Commissione europea.

La nostra impostazione, nel costruire la più ampia convergenza possibile attorno alla piazza pacifista del 15 marzo, è stata di rendere chiara l’impossibilità di tenere insieme chi è contro il piano di riarmo e favorevole alla ricerca di una soluzione diplomatica che metta fine quanto prima al conflitto in Ucraina, con chi invece aderisce alla retorica militarista e all’oltranzismo bellicista.

A partire da questo elemento di chiarezza occorre lavorare per allargare il fronte delle forze che si oppongono al piano di riarmo. Uno schieramento potenziale che deve unire anche parte di coloro che hanno scelto, contraddittoriamente, di partecipare alla piazza di “Repubblica” come coloro che hanno deciso di non scegliere nessuna delle due piazze, in particolare il Movimento 5 Stelle, al quale va riconosciuto di avere assunto una posizione netta nel Parlamento europeo.

Si tratta ora di costruire una mobilitazione che in ogni città coinvolga tutti coloro che si oppongono al piano di riarmo. Non bisogna sottovalutare la gravità delle decisioni politiche assunte a livello europeo, ma nemmeno l’insieme di contraddizioni e di ostacoli con i quali si dovranno confrontare le classi dominanti europee, attraversate al loro interno da interessi economici e politici contrastanti e da una complessiva crisi di legittimità. Queste classi dominanti si affidano al riarmo e al bellicismo per fronteggiare tutte le conseguenze negative prodotte dalle scelte che hanno portato avanti nei decenni scorsi: una globalizzazione subalterna alla grande finanza e alle multinazionali, il progressivo smantellamento dello Stato sociale, le politiche di austerità imposte nella crisi del debito, una visione del contesto globale come terreno di riproposizione della supremazia dell’Occidente.

Per bloccare la deriva bellicista e militarista è indispensabile anche promuovere un’iniziativa a livello europeo resa finora difficile dalle divergenze che si sono espresse tra gli stessi partiti che aderiscono all’eurogruppo “The Left”. Sul tappeto va posta l’accelerazione della crisi della NATO che deve essere sostituita non da “coalizioni di volenterosi” ma da un sistema condiviso di sicurezza europea analogo a quello a suo tempo costruito ad Helsinki.

Per quanto riguarda l’Ucraina, senza farsi illusioni sulle motivazioni di Trump e di Putin, non si può che guardare con favore ad un possibile cessate-il-fuoco ed alla realizzazione di una soluzione politica e diplomatica che, se perseguita già tre anni fa, avrebbe risparmiato morti e distruzioni da entrambe le parti.

Il quadro internazionale come quello politico italiano sono in una fase di movimento, con improvvise e a volte imprevedibili accelerazioni, che richiedono la massima capacità di iniziativa e di intervento del nostro partito, senza spocchia settaria come anche senza subalternità nei confronti di alcuno.

Il riarmo e il pericolo di una estensione della guerra in Europa sono un tema centrale dal quale non si può prescindere ma esso non può essere separato dall’insieme degli altri punti di crisi che si vanno accumulando e intrecciando nell’assetto del capitalismo finanziarizzato e neoliberista che si è imposto dalla fine degli ’80.

L’ascesa globale dell’estrema destra, che ha portato all’affermazione in Italia di una forza politica in diretta continuità con il neofascismo, la crescita deil’AfD in Germania, la vittoria di Trump negli Stati Uniti, non può essere sottovalutata né derubricata ad un semplice cambio di gestione interno alle classi dominanti. Per questo riteniamo che il prossimo appuntamento del 25 aprile deve caratterizzarsi per un’ampia mobilitazione del nostro partito anche in coordinamento con la campagna del Partito della Sinistra Europea: “Fascism=War. Peace is our victory” (Fascismo=Guerra. La pace è la nostra vittoria). Dobbiamo portare in questo appuntamento, con spirito unitario, la connessione tra antifascismo, lotta al razzismo e al patriarcato, rifiuto della guerra e del militarismo, difesa delle libertà democratiche da ogni torsione autoritaria, come quelle messe in campo dal governo Meloni (DL 1660, premierato, utilizzo del sistema scolastico quale strumento di indottrinamento ideologico di cui sono pericoloso esempio le Indicazioni nazionali per l’insegnamento nella primaria e le Linee guida per l’insegnamento di educazione civica, ecc.).

La fissazione della data all’8-9 giugno dei referendum voluti dalla CGIL insieme a quello promosso da noi sul riconoscimento della cittadinanza ai nuovi italiani, volutamente scelta per rendere più difficile il raggiungimento del quorum, costituisce un’altra priorità per l’azione del nostro partito nei prossimi mesi. La confluenza dei diversi referendum dovrà servirci per mettere al centro la questione sociale e la difesa dei diritti delle classi lavoratrici insieme alla unificazione delle lotte tra persone native e migranti contro la volontà convergente delle destre e del padronato di frammentare e dividere le classi popolari. La nostra presenza attiva nei coordinamenti provinciali per i referendum deve costituire un’occasione importante anche per riaffermare e consolidare l’ampiezza delle relazioni politiche e sociali che ci caratterizza e che è stata riscontrata in modo visibile nel nostro Congresso nazionale.

La situazione politica italiana nella quale interverrà l’esito dei referendum è tutt’altro che stabilizzata. La destra al governo mantiene il suo consenso ma non ha affrontato e risolto nessuno dei problemi strutturali del capitalismo italiano (stagnazione, deindustrializzazione, marginalizzazione nelle catene del valore) e in compenso ha aggravato le condizioni preesistenti di povertà e precarietà. Pur con contraddizioni interne, il polo di destra mantiene una sua solidità, mentre appare frammentato il fronte delle opposizioni. Nel PD si è esplicitata l’offensiva della destra interna verso la leadership di Elly Schlein per le sue, pur timide, correzioni di rotta rispetto alle precedenti direzioni di Renzi, Letta, ecc. Il Movimento 5 Stelle cerca di affermare un profilo autonomo che, soprattutto sulla questione del contrasto alla guerra e al riarmo, può favorire la costruzione di una reale opposizione al governo su temi qualificanti. È auspicabile che in questa direzione la manifestazione promossa per il 5 aprile possa essere aperta alla convergenza ad altre forze che ne condividano alcuni punti programmatici di rilievo.

In questa situazione nella quale il “campo largo” in realtà non esiste, l’opposizione alla destra è complessivamente debole e slegata dalle esigenze reali delle classi popolari, la posizione di autonomia e di ispirazione unitaria senza subalternità del nostro partito ci consente di intervenire indicando una nostra idea di alternativa politica e sociale alle destre. Una proposta che possa vedere la confluenza, prima che di forze politiche (che pure è indispensabile), delle mobilitazioni sociali che sono presenti nel Paese, seppure ancora in forma frammentaria e non sufficientemente radicata; dal no all’autonomia differenziata e al DL 1660, ai momenti di conflittualità sociale diffusi e di difesa delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, ai movimenti territoriali per l’ambiente e la giustizia sociale, alla solidarietà ai popoli palestinese e curdo, ai movimenti femminista, transfemminista e LGBTQIA+ che hanno promosso lo sciopero e le tante piazze dell’8 marzo. In ognuno di questi ambiti, il PRC intende essere non un elemento residuale o dedito alla mera predicazione quanto una forza indispensabile alla costruzione di un più forte intreccio tra proposta politica e mobilitazione sociale. Siamo e vogliamo essere sempre più il “partito necessario” per unire insieme “alto” e “basso” e per ricostruire la speranza nella possibilità concreta della trasformazione sociale che la crisi del capitalismo rende sempre più impellente.

Per questo occorre rimettere al centro l’estensione delle nostre forze organizzate e dei nostri legami di massa, soprattutto aprendoci a tutte quelle realtà che faticano a vedere nella vita concreta del nostro partito una risposta al loro bisogno di essere socialmente attive e politicamente influenti. La ripresa della Linke tedesca, senza che si possa pensare ad una superficiale trasposizione di esperienze in contesti diversi, ci dice come sia certamente importante essere presenti in modo innovativo e comprensibile sui media sociali ma altrettanto indispensabile sia il rapporto diretto, “fisico”, sui territori, nei quartieri, nelle zone spesso quasi totalmente abbandonate dalla desertificazione della politica. Occorre invertire radicalmente la tendenza alla riduzione o alla stagnazione del numero degli iscritti e delle iscritte (unitamente alla sperimentazione di nuove forme di autofinanziamento), a partire dalla nostra presenza che pure resta, oltre che umanamente ricca, anche più estesa e radicata di altre forze che, magari rappresentate nelle istituzioni, al di fuori di quelle restano largamente virtuali.

Il Comitato Politico Nazionale dovrà trovare forme di gestione del proprio lavoro al fine di orientarsi sempre di più all’analisi concreta della situazione concreta, alla indicazione e verifica degli obbiettivi, alla individuazione di tutti gli strumenti per il rafforzamento ideale e organizzativo del partito, evitando che ogni riunione diventi oggetto di dibattito generico o, peggio ancora, la stantia ed immodificabile riproposizione di un permanente dibattito congressuale.

Il CPN impegna tutto il partito per i prossimi mesi su questi obiettivi prioritari di impegno:

Campagna contro la guerra e contro il "ReArm Europe"

Nell’anno dell’80° della fine della Seconda guerra mondiale e della Liberazione del nostro paese, risuona in noi il monito del Presidente Partigiano Sandro Pertini: “Si svuotino gli arsenali e si riempiano i granai”.

Come Partito della Rifondazione Comunista, rivolgiamo un appello, ai partiti, ai sindacati, alle associazioni, ai tanti e tante, che non si sentono di essere “intruppati” nella retorica del “ReArm Europe”, affinché si costruiscano insieme in tutto il paese, centinaia di piazze “Contro il Riarmo e per la Pace” e si lavori per una grande manifestazione nazionale e per una mobilitazione europea da promuovere in relazione con i movimenti e il Partito della Sinistra Europea.

Vanno proseguite la mobilitazione contro la guerra in Ucraina, il genocidio in Palestina, per la liberazione di Ocalan e contro il blocco a Cuba.

Campagna referendaria lavoro e cittadinanza

I referendum sul lavoro promossi dalla CGIL e quello sulla Cittadinanza, sui cui forte è il nostro sostegno per il SI all’abrogazione, che si svolgeranno l’8 e 9 giugno in concomitanza con il secondo turno delle elezioni amministrative, rappresentano la sfida politica per ridare nuovo protagonismo politico ai lavoratori e lavoratrici e mettono in discussione la stagione neoliberista che depreda e impoverisce i molti e arricchisce i pochi.

Tutte le nostre strutture territoriali sono impegnate a partecipare con forza ai Comitati Unitari a sostegno della campagna referendaria e nelle iniziative che autonomamente assumeremo, affiancandovi la riproposizione della nostra proposta di legge sul salario minimo e la necessità di introdurre una legge contro gli omicidi sul lavoro e l’abrogazione della Bossi-Fini.

Presentato dal Segretario Maurizio Acerbo e approvato a maggioranza dal Comitato Politico Nazionale del Partito della Rifondazione Comunista in data 16 marzo 2025

 

chiudi - stampa