Partecipa e contribuisci all'attività di Rifondazione Comunista con 10 euro al mese. Compila questo modulo SEPA/RID online. Grazie CPN 29 e 30 giugno 2024 Stefano Vento Un partito ha il fine di eleggere sì, ma Rifondazione comunista ha (o dovrebbe avere) il fine di esistere. Se guardassimo solo al risultato elettorale saremmo miopi. Quella che stiamo vivendo è una profonda crisi: non solo elettorale, è decisamente più profonda. Il Responsabile Organizzazione Nazionale, ieri, diceva che il partito si è indebolito a seguito delle elezioni europee. Non è che una verità a metà: il partito è indebolito da anni, ormai, da ben altro, a partire dalla distruzione del senso di comunità, dall’assenza di rispetto anche delle regole più basilari di condivisione; a tratti, persino dalle differenze di linguaggio o dalla narrazione della realtà. Non è ragionevole sostenere - come qualcuno diceva prima - che l'appoggio a La Forgia a Bari abbia allontanato i giovani: ciò che allontana i giovani è dover fornire spiegazioni di articolazioni senza senso. Ci troviamo in questa situazione perché nello scorso congresso abbiamo deciso di non fare un vero congresso, di trincerare un partito con una lettura politica incastonata nello statuto. Le europee, ci piaccia o no, ci hanno consegnato una sinistra in crescita, capace di eleggere ben 6 eurodeputati: questa è ormai una realtà ed una realtà che ci toglie prima ancora che voti, "anime". Ma è comunque una vittoria per la sinistra di alternativa tutta. Le europee ci hanno anche consegnato un paese bipolare, che ci piaccia o no: e non si tratta di essere o meno socialdemocratici (come ieri sosteneva qualcuno), ma si tratta di leggere la realtà. I fronti esistono nella storia, sono una possibilità storica e politica e, a volte, divengono una realtà. Noi abbiamo bisogno di trovare una strada politica, che smetta di guardare alla nostra sinistra semplicemente perché a sinistra non c'è rimasto nulla. In un sistema bipolare, una lettura comunista è ancora fondamentale: e non implica dover parlare di alleanze perché proposta politica e collocamento elettorale sono due cose completamente diverse e operano su due piani diversi. Una cosa è prendere atto del cambio di fase; altra cosa è imbrigliare già la discussione nelle geometrie elettorali. Io penso che si debba tornare a parlare di cosa deve rappresentare il partito, si deve discutere della cultura politica, delle iniziative, delle campagne e, sul piano elettorale, costruire coalizioni e reti partendo dal contesto locale. Questo accumulo di forze ci dirà cosa possiamo fare alle elezioni politiche nazionali, in che forma possiamo partecipare e con che strumenti. Non c’è un modello "Palagi" o un modello "Ferroni" perché i modelli li fanno i rapporti di forza nei territori. Se vogliamo mentire a noi stessi, facciamolo pure, ma resta il fatto che questa è la nostra ultima chance per offrire una proposta, comunista e moderna, ad un Paese che ne ha disperatamente bisogno. Possiamo essere un progetto di futuro e non un rifugio di chi ha nostalgia del passato. L’alternativa è diventare "il partito di quelli che sono rimasti in vita solo perché si sono dimenticati di morire". Oppure, oppure salviamo Rifondazione.
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