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CPN 29 e 30 giugno 2024

Fausto Cristofari

L’esito del voto alle europee ha dato alcune risposte, modificando il quadro esistente. Il risultato del PD, percepito da chi l’ha votato come “argine” alla Destra, consolida la segreteria di Elly Schlein, contribuendo alla formazione di un “campo largo”, basato sull’espulsione di temi fondamentali come la guerra e l’Europa. In campagna elettorale si è parlato molto poco delle prospettive imperialiste europee e del ritorno più o meno mascherato all’Austerità. Teniamo presente, sulla guerra, il ragionamento di Emiliano Brancaccio, laddove parla di scontro fra Paesi debitori (USA) e Paesi creditori (Cina, Russia), in cui la responsabilità principale ricade sull’Occidente, che non è comunque l’unico attore della crisi.

La parallela crescita esponenziale di AVS, favorita dalle candidature di Salis e Lucano, avviene soprattutto sul piano dell’opinione, ma non può essere sottovalutata. Si pone un problema di rapporto con la presenza istituzionale e di una concezione di “voto utile” che si basa in sostanza sulla sconfitta della politica intesa come possibilità di cambiamento globale.
Il progetto di PTD ha messo al centro il tema della Guerra, ignorato (se non in termini puramente strumentali) dalle altre liste, mentre d’altro lato Schlein ha sventolato alcuni temi sociali, essendo ritenuta credibile all’interno dell’area di chi ha votato.

Si può discutere di tutto questo senza automaticamente rientrare in una logica di schieramento all’interno del nostro Partito? Siamo in un passaggio stretto, dove l’esito elettorale ci interroga sull’approccio tattico verso il PD, che deve cambiare, senza con ciò scivolare nell’ingresso nel centro-sinistra.

La lista di PTD ha mostrato molti limiti, dalla scarsa presenza attiva dei sostenitori di Santoro, ad un certo verticismo, presentando un programma ampio, ma i cui contenuti non venivano spesso espressi compiutamente, specie nelle apparizioni televisive. Ha comunque raccolto 500.000 voti e abbiamo visto nelle iniziative volti per noi nuovi, con cui dovremo tentare di mantenere una rete di rapporti, da spendere nella rete più ampia contro la guerra.
Il progetto di UP vive d’altro canto una crisi profonda, ma non dobbiamo essere noi a certificarne la fine, verificando se e come proseguire le relazioni.

A Torino abbiamo mantenuto una linea di alternativa, anche attraverso l’esperienza di Piemonte Popolare, sperimentando la difficoltà di svolgere due campagne elettorali che non si parlavano tra loro, ed una campagna come Piemonte Popolare svolta senza particolari interlocuzioni fra le sue componenti.

Non vedo il Congresso come momento salvifico, ma è necessaria una discussione sul senso e l’utilità del PRC, come agente dell’alternativa, ma che non può isolarsi in una prospettiva settaria.
Occorre definire il “che fare” da qui al Congresso. Dovremo stare all’interno della battaglia referendaria contro l’AD, essendo consapevoli dei limiti dei nostri interlocutori, portando le nostre posizioni contro ogni AD e sulla precedente modifica del titolo V. Le contraddizioni restano, anche rispetto alle vicende francesi e al NFP, ferma restando la domanda di cosa avremmo fatto noi in analoga situazione, pur non essendo essa replicabile meccanicamente nella nostra situazione.

Raccolta firme e campagna elettorale ci hanno un po' distolto dal resto. Condivido la necessità di tornare ad occuparci maggiormente delle tematiche sociali (non a caso abbiamo svolto a Torino, nel mezzo della campagna elettorale, un nostro Attivo sul tema del Lavoro). Colgo con favore la nuova attenzione, emersa da più parti in questo CPN, verso un rilancio del ruolo del Partito: ciò comporta, a mio avviso, relativizzare il senso dei “contenitori politici”.

Infine, il Congresso deve necessariamente portarci a scegliere, tenendo ben presente la fragilità attuale del nostro Partito. In questo quadro, dovremo essere capaci di concentrarci sul Partito senza rinchiuderci in esso.

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