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CPN 10 e 11 febbraio 2024

Documento respinto

Lottare contro la guerra per costruire l'alternativa di pace e di giustizia sociale

Fermare il genocidio in Palestina, bloccare la fornitura di armi all'Ucraina

Il genocidio del popolo palestinese, posto in essere dal governo israeliano, prosegue giorno dopo giorno, alla luce del sole e sotto gli occhi di tutto il mondo. Il governo israeliano, con il suo rifiuto della proposta di tregua, conferma una volta in più il suo tratto criminale e terrorista: questo orrendo massacro non è una guerra ma il genocidio di un popolo finalizzato alla pulizia etnica dei territori che il governo israeliano considera propri, al di fuori di qualunque legalità internazionale. Il tratto veramente disumano di questa situazione va al di là del numero dei bambini uccisi ed è dato dalla completa visibilità e dalla metodicità assassina con cui procede: siamo abituati a pensare che gli abomini peggiori si compiano di notte, al buio, di nascosto. Qui no. Qui lo sterminio prosegue con esasperante metodicità da oltre 100 giorni e le grandi potenze liberal democratiche dell'Occidente "civilizzato" lasciano fare, in una rivoltante quanto evidente complicità.

In questo quadro, vogliamo ringraziare il governo del Sud Africa: con il ricorso alla Corte Penale Internazionale ha rimesso il diritto internazionale - e non la legge del più forte – al centro dell'azione politica ed ha, con questo stesso gesto, portato un tratto di umanità in questo contesto in cui i palestinesi non sono solo uccisi ma disumanizzati, considerati subumani, in un crescendo di intollerabile razzismo suprematista.

La nostra richiesta di cessare il fuoco è finalizzata alla fine immediata del genocidio, ma vuole aprire la porta alla soluzione della gigantesca ingiustizia che vive il popolo palestinese e che è alla base dei conflitti nell'area mediorientale. Non vogliamo addentrarci se la formula migliore sia quella dei due stati per due popoli o quella di un unico stato democratico, multietnico, multireligioso. Il nodo è che il popolo palestinese ha diritto ad avere una patria, i profughi palestinesi hanno diritto al rimpatrio e questo passa per la sconfitta del progetto sionista portato avanti da decenni dalle elites israeliane. Cessare il fuoco subito non per ripristinare una situazione intollerabile di apartheid e doppio standard di condizioni di vita; porre fine allo sterminio per una soluzione politica in cui i cittadini/e palestinesi abbiano gli stessi diritti di quelli/e israeliani/e.

Questo richiede una radicale svolta nella politica dei paesi occidentali, che sono determinanti nel garantire ai governi israeliani impunità ed appoggio economico e militare.

In questo quadro ci opponiamo fermamente alla scelta del governo Meloni di intervenire militarmente nel Mar Rosso: è una scelta che non solo porta l'Italia in guerra, violando la Costituzione e ogni ragionevole prudenza, ma schiera il nostro paese a fianco del governo israeliano, rovesciando completamente la tradizione politica estera italiana tesa a ricercare una soluzione pacifica in Palestina.

Il massacro del popolo palestinese e i focolai di guerra in Medio Oriente, che le potenze occidentali tendono colpevolmente ad allargare, si accompagnano alla prosecuzione della guerra nel Donbass. Nonostante il palese fallimento di tutti gli obiettivi dichiarati dalla NATO e il massacro che sta subendo il popolo ucraino in questa guerra di logoramento, anche qui il blocco occidentale si oppone ad una trattativa che potrebbe porre fine alla guerra.

Anche qui noi riproponiamo il cessate il fuoco e la trattativa, il blocco della fornitura di armi all'Ucraina, il disarmo e la neutralità come unica strada che può rendere possibile la necessaria coesistenza pacifica tra popoli e paesi.

L'Occidente vuole la guerra

Tutti questi conflitti si inseriscono in una più generale tendenza alla guerra che vede protagonisti i paesi occidentali organizzati nella NATO ed attorno ad essa. È infatti del tutto evidente che il mondo in questi decenni ha assunto una configurazione multipolare e che questa mette in discussione i privilegi e le rendite di posizione delle elites occidentali. Per evitare che questo multipolarismo, già presente sul piano economico, si trasformi in un effettivo multipolarismo sul piano finanziario, dei poteri e dell'accesso alle risorse e ai consumi, gli USA e i suoi alleati occidentali hanno scelto la via della guerra e dello scontro armato. La pace non è oggi messa in discussione dai paesi del sud del mondo – che nella pace possono svilupparsi e mettere in discussioni le posizioni dominanti dei paesi occidentali – ma dai gruppi dominanti degli USA e dei paesi occidentali, che vedono nella guerra l'unica strada per conservare i propri privilegi. Si tratta di una strada folle, che porta al conflitto mondiale e alla distruzione dei diritti sociali dei popoli, ma anche di una strada suicida per l'Europa, che viene relegata in un ruolo completamente subalterno rispetto agli interessi statunitensi. Basti vedere le conseguenze determinate dal conflitto in Ucraina e dalle sanzioni comminate dall'Occidente, che hanno messo in ginocchio le economie europee e azzerato ogni sua autonomia politica: un'Europa che va a pattugliare il Mar Rosso mentre fa finta di non sapere che i propri alleati hanno fatto esplodere il gasdotto Nord Stream 2.

In questo contesto, la volontà di pace si declina concretamente nella lotta contro la logica della guerra di civiltà e contro la NATO, che di questa guerra di civiltà è lo strumento principe ed essenziale. La contestazione di un'idea di Occidente che si costituisce in quanto contrapposto al resto del mondo, la lotta per uscire dalla NATO e per il suo scioglimento, la messa in atto di azioni che portino alla cooperazione pacifica all'interno di un mondo multipolare sono oggi inscindibili dalla pace, dalla giustizia e dalla possibilità per i popoli europei di uscire dal liberismo e di autodeterminare la propria esistenza in modo democratico.

Per questo siamo impegnati, come Rifondazione Comunista, alla costruzione di un movimento per la pace e la giustizia globale a livello mondiale, con i paesi del sud del mondo. Non siamo e non vogliamo essere la sinistra dell'Occidente guerrafondaio ma parte di una sinistra europea e mondiale che lotta per un mondo multilaterale e di pace.

Elezioni europee

In questo quadro si collocano le elezioni europee e la nostra proposta di costruzione di una lista unitaria per la pace, contro la guerra e il neoliberismo.

L'ultima riunione del CPN, che si è tenuta il 14 e 15 ottobre dell'anno scorso, ha deliberato di lavorare per costruire una lista:

"in cui portare i nostri contenuti e il nostro punto di vista, in cui essere presenti e visibili anche in maniera critica e costruttiva, per giungere a una lista plurale e capace di parlare alle tante e ai tanti che non hanno oggi rappresentanza politica e sociale".

Un percorso che:

"per essere in grado di coinvolgere dovrà essere partecipato, occasione di un lavoro comune e collettivo che coinvolga le tante soggettività che non condividono le politiche di guerra e le scelte di riarmo".

In cui:

"È fondamentale che la questione della guerra sia declinata con le questioni sociali e ambientali approfondendo l'approccio già proposto "Pace, terra, dignità" ma anche con un punto di vista femminista".

A tal fine il CPN ha detto chiaramente che:

"Consideriamo fondamentale lavorare al coinvolgimento e alla partecipazione di tutta Unione Popolare alla proposta nata dall'appello di Raniero La Valle e Michele Santoro e il comunicato del coordinamento nazionale costituisce una base di partenza utile".

A distanza di 4 mesi dall'ultimo CPN dobbiamo registrare che gli obiettivi che ci eravamo posti e che sono ribaditi ed articolati nei testi varati da Unione Popolare e da tutti noi condivisi, non sono stati raggiunti.

Non si vede ad oggi una proposta programmatica chiara che risponda all'esigenza di costruire una lista pacifista in alternativa strategica alla NATO e alle sue politiche. Parimenti non è presente una proposta programmatica che intrecci il tema della pace con le questioni economiche, sociali, ambientali, di genere.

Questo deficit programmatico si accompagna ad una opacità per quanto riguarda il profilo complessivo della lista, la sua gestione, i criteri di formazione delle liste.

Questa situazione sta determinando una crisi dentro Unione Popolare con l'accentuazione di divaricazioni che rischiano di mettere in discussione il progetto politico a cui stiamo lavorando da oltre un anno e addirittura di aprire la strada alla presentazione di più liste alle elezioni europee e alla messa in discussione di liste unitarie nelle elezioni amministrative.

Inoltre il processo in corso non vede alcun percorso di coinvolgimento e di partecipazione, nè sui territori nè all'interno del partito. Il sentimento prevalente tra coloro che dovrebbero essere i protagonisti della costruzione della lista e della campagna elettorale è di attesa che diventa progressivamente estraneità. Questa situazione è del tutto diversa rispetto a quella che si era verificata con l'altra Europa: in quel caso il riferimento esplicito a Tsipras, il candidato presidente del Partito della Sinistra Europea, determinava in modo chiarissimo il profilo politico e la collocazione della lista. Elementi che ad oggi non sono per nulla definiti.

È necessario cambiare registro

Ci troviamo quindi in una situazione di emergenza, da cui è necessario uscire rapidamente modificando il nostro modo di agire, facendo seguire alle affermazioni e alle deliberazioni una prassi coerente. È infatti evidente che a determinare questa situazione non positiva hanno contribuito i gravi errori che sono stati compiuti nella gestione dell'intera vicenda.

L'aver interpretato in modo subalterno il nostro ruolo politico unitario ci ha portato ad una adesione mimetica rispetto ai contenuti e alle caratteristiche del progetto avanzato da Santoro. Il nostro eccessivo appiattimento non ha per nulla favorito una positiva evoluzione della proposta della lista per la pace e non ha determinato una vera mediazione tra le diverse sensibilità in campo. In altre parole, Rifondazione Comunista, invece di svolgere il suo ruolo politico di "fare colla", come abbiamo detto al congresso, si è appiattita su una delle proposte in campo e l'assenza di risposte chiare alle proposte avanzate unitariamente da Unione Popolare – che noi abbiamo condiviso integralmente – ne sono uno dei nefasti effetti. In questo modo, il compito di avanzare una proposta politica di sintesi ed effettivamente unitaria è stata lasciata sulle spalle del solo De Magistris, che ne ha positivamente rilanciato la prospettiva sia sul Manifesto del 28 gennaio che nelle recenti riunioni di Unione Popolare.

È necessario cambiare radicalmente il nostro comportamento assumendo da subito un protagonismo politico su più livelli:

• In primo luogo sul terreno dei contenuti. I punti programmatici, che abbiamo condiviso unitariamente con UP, non possono essere ignorati o sottovalutati e la scelta della pace non può essere disgiunta dalla lotta ai guerrafondai e alle politiche neoliberiste.
• In secondo luogo, sul piano del profilo della lista. La sua definizione deve avere un carattere chiaramente plurale, a cominciare dalla sua gestione e formazione.
• In terzo luogo, nella definizione del percorso. Esso deve essere improntato secondo un processo di partecipazione, di socializzazione, di allargamento e di pratiche unitarie.
• In quarto luogo, il ruolo del partito. Occorre il suo pieno coinvolgimento - a partire dai suoi gruppi dirigenti - nella gestione dei passaggi politici.

In questo quadro realmente unitario va messo a disposizione della lista il simbolo del Partito della Sinistra europea, non a prescindere.

Il CPN reputa quindi necessario il cambio dell'indirizzo politico nella gestione di questa fase, proprio per realizzare il nostro obiettivo di costruzione di una lista unitaria per la pace e di operare per portare in essa tutta Unione Popolare.

La contrapposizione tra questa prospettiva unitaria e la sovranità di Rifondazione Comunista è priva di fondamento. Nessuno mette in discussione dentro il partito che siano gli organismi dirigenti di Rifondazione Comunista e segnatamente il CPN a decidere che cosa farà il partito per le elezioni europee. Lo statuto è chiarissimo a riguardo e così sarà. Il problema è cosa facciamo prima di arrivare alla decisione finale: se si lavora per la costruzione di una lista unitaria oppure se si contribuisce alla divisione di chi lotta contro la guerra, con il rischio di vedere la presentazione di più liste concorrenti a sinistra. La cosa che dobbiamo cambiare non sono le regole di Rifondazione Comunista ma la distorta applicazione della linea politica.

Unione Popolare

È evidente che le prospettive di Unione Popolare e la possibilità di costruire una sinistra di alternativa in Italia dipendono largamente dalla vicenda delle elezioni europee.

La costruzione di una lista unitaria darebbe nuovo slancio ad UP.

Una rottura di Up sulle elezioni europee ne minerebbe il progetto e determinerebbe un problema enorme per Rifondazione Comunista: se le europee provocassero la rottura di UP, si determinerebbe, oltre all'ennesimo naufragio del tentativo di aggregazione a sinistra ed ai problemi per le liste sulle amministrative, una situazione di rottura alla nostra sinistra. Ci resterebbero solo relazioni con forze che non si pongono in alcun modo l'obiettivo di costruire una sinistra alternativa al centro sinistra. Questa condizione accentuerebbe la crisi di prospettiva politica che vive Rifondazione, con effetti disgreganti sul nostro corpo militante e con conseguenze negative facili da immaginare in prospettiva delle prossime elezioni politiche.

Il CPN, nella piena consapevolezza che UP non riassume in sé la costruzione della sinistra di alternativa nel nostro paese, ma nel convincimento che la rottura di UP non agevolerebbe certo la possibilità di costruire la sinistra di alternativa, ritiene quindi necessario uscire dalla situazione di stallo, determinata anche da noi, in cui Rifondazione Comunista, dopo essere stata fondamentale nella nascita di Unione Popolare, esprime oggi una politica che nei fatti contribuisce alla distruzione di Unione Popolare.

Il ruolo di Rifondazione Comunista

In queste settimane è stato usato, come motivo di blocco del dibattito, il deliberato della Commissione di Garanzia. Il CPN ritiene al contrario che questo deliberato sia da assumere come punto di partenza della discussione. Questo per tre ragioni:

• Il testo su cui si è pronunciato il CNG era una bozza di statuto varata da un gruppo di lavoro di UP, nel quale siamo presenti, inviata ai partiti per conoscerne il parere. Non è mai stata discussa o votata dal Coordinamento di Unione Popolare. Trattandosi di una bozza, Rifondazione Comunista ha il dovere, prima ancora che il diritto, di proporre modifiche che partano dal deliberato del CNG.
• È assolutamente necessario che si apra la discussione sulle nostre proposte per Unione Popolare. Da luglio è stata avanzata la richiesta di discuterne, prima nella delegazione di Rifondazione e poi negli organismi dirigenti. Ciò non è avvenuto, è urgente farlo in modo approfondito. Non si tratta solo di definire lo statuto di UP, ma di chiarire quale relazione vogliamo costruire tra Rifondazione Comunista e UP, con quali funzioni e ruoli. Nel partito c'è disorientamento e spetta al gruppo dirigente la responsabilità di avanzare un'idea chiara.
• Questo lavoro non parte da zero, perché il CPN in questi mesi si è pronunciato in più occasioni su aspetti specifici di Unione Popolare e varie decisioni sono state adottate in merito. Si tratta quindi di riprendere una discussione per avanzare una proposta organica, evitando di usare il pronunciamento della CNG, richiesto dal segretario, per bloccare tutto.

A tal fine il CPN ritiene necessario aprire una discussione dentro Rifondazione Comunista sulle proposte di modifica della bozza di statuto di Unione Popolare per determinare una proposta. La Direzione Nazionale ha già avanzato alcuni punti da modificare, altre modifiche possono e debbono essere fatte, per esempio prevedendo che per ogni decisione rilevante la maggioranza debba sempre essere qualificata con i due terzi di voti favorevoli.

Pertanto il CPN decide di dar vita ad un gruppo di lavoro che discuta nel merito per arrivare in tempi rapidi ad un pronunciamento del CPN da avanzare al Coordinamento di UP.

Questa nostra azione può determinare da subito il rilancio del processo di costruzione di Unione Popolare, sapendo che, alla fine di questo percorso, sarà il Congresso di Rifondazione Comunista ad esprimersi in via definitiva sulla nostra scelta rispetto a Up, sull'accettazione del suo statuto e sulle eventuali modifiche da apportare allo statuto di Rifondazione Comunista.

La sovranità del partito non è in discussione e solo il congresso può decidere in merito. Il problema è se oggi gli organismi dirigenti operano per costruire Unione Popolare e dar corso alle scelte congressuali oppure se diamo vita ad una specie di gioco dell'oca in cui la costruzione della sinistra di alternativa torna sempre alla casella di partenza.

Questa seconda scelta, comunque motivata, non avrebbe che una spiegazione: quella non dichiarata di una parte del gruppo dirigente, di cambiare la linea politica decisa al Congresso e di riportare Rifondazione Comunista nell'alveo dei possibili accordi di centro sinistra, magari nella sua ala pacifista.

Non è questa la linea di Rifondazione Comunista e non ne rappresenta l'essenza profonda perché – dopo aver sperimentato tutte le strade possibili – sappiamo che la sconfitta delle destre e la costruzione dell'alternativa al neoliberismo non hanno scorciatoie e necessitano di un movimento popolare di massa. Questo è il compito di Rifondazione Comunista e questo siamo impegnati a costruire.

Le lotte sociali

Nell'assumere questi impegni e orientamenti il Cpn impegna il gruppo dirigente e tutto il partito a una generalizzazione del lavoro sociale su tutti i territori, in risposta alla parte più debole ed esposta della società, a spendersi per una ripresa del conflitto sociale e del protagonismo di massa.

Le mobilitazioni per la pace, così come la costruzione di un'alternativa politica, vanno intrecciate con le lotte contro le ingiustizie sociali, i processi di impoverimento sociale, la privatizzazione della sanità e di servizi fondamentali, la distruzione delle condizioni di vivibilità sociale e ambientale, l'attacco alla scuola pubblica.

Le proteste in atto, fra cui la mobilitazione degli agricoltori, seppur in tutte le sue contraddizioni, e lo sciopero spontaneo degli operai di Mirafiori (dopo 14 anni) contro il disimpegno e le speculazioni padronali sono soltanto la punta dell'iceberg, la risposta a un profondo malcontento sociale.

Siamo impegnati con i comitati nelle mobilitazioni in difesa della Costituzione nata dalla Resistenza, per l'unità della Repubblica e l'eguaglianza dei diritti, contro i progetti eversivi dell'autonomia differenziata e del premierato; nella lotta contro il patriarcato, facendo dell'8 marzo una grande giornata a sostegno dello sciopero dal lavoro produttivo e riproduttivo indetto dal movimento Nudm.

In questo senso, va considerato un modello a cui fare riferimento la vertenza della GKN, che è stata in grado di coniugare la lotta per il lavoro con quella ambientale e dei diritti civili, nella logica di intersezione delle lotte.

Infine Il Cpn impegna tutto il partito a lavorare per il rilancio di Rifondazione Comunista, a partire dallo svolgimento della campagna di tesseramento 2024.

Daniela Alessandri, Valeria Allocati, Elena Anelli, Milena Angiletti, Fabrizio Baggi, Imma Barbarossa, Lucetta Bellomo, Francesca Berardi, Tatiana Bertini, Claudio Bettarello, Marina Boscaino, Nicola Candido, Giovanna Capelli, Silvana Cesani, Nicola Cesaria, Marisa Chiaretta, Luisa Colombo, Marco Consolo, Mimmo Cosentino, Eliana Ferrari, Paolo Ferrero, Giovanni Ferretti, Loredana Fraleone, , Giada Galletta, Riccardo Gandini, Mara Ghidorzi, Stefano Grondona, Roberta Leoni, Francesco Coco Macario, Nando Mainardi, Rosario Marra, Chiara Marzocchi, Pierluigi Mulliri, Monica Nardi, Giuliano Pantano, Cadigia Perini, Roberta Piazzi, Tania Poguisch, Rosella Satalino, Vittorio Savini, Pino Scarpelli, Monica Sgherri, Stefania Soriani, Umberto Spallotta, Silvia Stocchetti, Giulio Strambi, Giovanna Ticca, Andrea Viani, Roberto Villani, Pasquale Voza.

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