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CPN 17-18 dicembre 2022

Gianluigi Pegolo

Condivido la relazione del segretario e, in particolare, la scelta di avviare un chiarimento politico esplicito sulla linea del partito. Dopo il voto contrario espresso da una maggioranza di membri della Direzione Nazionale alla proposta politica sulle elezioni amministrative e regionali, era il minimo che si potesse fare. A maggior ragione perché questo dissenso su scelte cosi rilevanti si è accompagnato a mesi di guerriglia sottotraccia che mirava a delegittimare il segretario nella gestione del partito.

Non riprenderò la questione delle critiche alla gestione del partito perché mi paiono palesemente strumentali. Di inadeguatezze in questo partito ve ne sono molte. I compagni che ora esibiscono le loro critiche ne sono quantomeno corresponsabili. Vi sono dipartimenti che sono solo sulla carta, i cui responsabili non li dirigono più e neanche si sono posti il problema di trovare dei successori, altri dirigenti che, al di là dell’abitudine a criticare, non stanno dimostrando né grande impegno né tantomeno significativi risultati. Naturalmente si potrebbe andare molto oltre nella disanima delle cose che non vanno, ma non voglio tediarvi.

Mi soffermerò invece sull’oggetto dello scontro politico iniziato in Direzione e oggi al centro della discussione. La proposta che ha avanzato qui il segretario - e che io condivido – è l’unica che si possa assumere all’indomani del risultato elettorale modesto di Unione Popolare e nella fase che si è aperta con le elezioni politiche. Il fatto che il Paese sia ora governato da una coalizione di estrema destra, mentre nello stesso tempo si è aperta una crisi nel centro-sinistra, con l’autonomizzazione dei Cinque stelle su posizioni progressiste e le fibrillazioni in Sinistra Italiana, ci obbligano ad avanzare una proposta politica adeguata. Questa non può essere che la costruzione di un polo ampio di sinistra antiliberista, autonomo dal PD, in grado di diventare il referente politico per la costruzione di un’opposizione, in cui le stesse organizzazioni di massa (penso in primis alla CGIL) si affranchino dalla tentazione di pratiche concertative.

Per questo nelle prossime elezioni si dovrà tener conto dell’esigenza di favorire coalizioni che includano Cinque stelle, Sinistra italiana o forze che comunque si separino dal PD ricollocandosi a sinistra. Questo della costruzione di un campo antiliberista ampio non significa stupidamente l’inseguimento subalterno ai Cinque stelle - come alcuni hanno tentato di far credere - ma l’esplicitazione di una proposta politica di fase che richiede un’azione efficace di interlocuzione (che fino ad ora non vi è stata) e anche una capacità di azione per mettere in guardia da tentativi di ritorno al passato.

Il voto contrario alla proposta del segretario espresso in Direzione indica che questa linea è osteggiata da una parte del partito. E la riprova si è avuta nei comportamenti assurdi della segreteria regionale del Lazio che aveva di fatto escluso ogni interlocuzione con i Cinque stelle, motivandola con l’esigenza di non rompere con Pap che si era dichiarato contrario. La qualcosa dimostra che questi compagni “critici” fanno oggettivamente asse con le posizioni più settarie presenti in Unione Popolare.

Non solo, in nome dello scetticismo generale che esprimono verso un allargamento delle nostre interlocuzioni politiche e sociali, gli stessi, di fatto, teorizzano un ruolo marginale e subalterno del partito, al quale propongono un ruolo passivo in Unione Popolare - accettando che prevalgano posizioni minoritarie - e che considerano la costruzione del polo antiliberista come un puro sviluppo automatico e su sé stesso di Unione Popolare, trascurando completamente la necessità di sviluppare un’azione ampia che oltrepassi i limiti (evidenti) delle forze che compongono attualmente la coalizione.

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