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CPN 17-18 dicembre 2022

Paola Guazzo

Stiamo vivendo una fase molto problematica, sia sul piano globale che locale. Una fase nevralgica, tra guerra, governo iperliberista e autoritario, povertà, stagflazione, demotivazione delle classi oppresse e-o loro acquiescenza. Allo stesso modo ci dibattiamo nel partito tra problemi di assetto interno e rapporti politici con l'esterno. Io credo nel partito della rifondazione comunista anche nel senso di communitas politica, percorsa da tensioni dialettiche ma non da frizioni esasperate e protratte oltre ogni ragionevole pazienza degli iscritti e iscritte. Credo nel partito come bene comune, diciamo, confidando nel nome di una nostra sensibilità storica prima che nel nome di una campagna specifica.

Tra i nostri problemi dialettici mi piacerebbe però che si riducesse la centralità della questione del potere. Ogni questione legittima, se perdurante e, perdonatemi, protratta fino alla cronicizzazione, perde la sua legittimità e diventa ripetizione di conflitti che fanno precipitare il desiderio di coinvolgimento e partecipazione.
Ho sentito ieri la compagna Lucetta Bellomo parlare di reticenza grillina su questioni come quella dei migranti e tav. La preoccupazione sui posizionamenti grillini è legittima, la condivido. Ma non posso concordare sulla critica sulla strada di un dialogo che è stato tentato in piena coerenza con il mandato del CPN. Dialogo peraltro tentato anche in fase elettorale. Le questioni sicuramente spurie di eventuali convergenze regionali sono un problema solo se agite da un particolare gruppo dirigente e non da un altro? Voglio qui ricordare, a proposito di decisioni di gruppi dirigenti, un accadimento rimosso del governo Prodi a cui partecipammo: il decreto contro i cittadini romeni, inserito nel milleproroghe, vera e propria etnicizzazione della violenza di genere. Il governo non fu sfiduciato da noi, lo fu da Mastella qualche tempo dopo.

Le dinamiche del potere restano, anche fra noi, sostanzialmente patriarcali. Come femminista le mie alleanze sono con chi fa breccia anche in se stesso e nelle proprie ideologie. La consapevolezza dell'intreccio sostanziale di genere e classe e un cambiamento nella modalità reali di gestione politica è ancora molto lontana. Non vedo perché, in assenza di una Yolanda Díaz e di un progetto Sumar, si debba, da questo punto di vista, allearsi solo con Cremaschi e chiudere ogni porta a Conte. Il movimento 5 stelle ha per esempio elaborato una discreta strategia lgbtq, pur con alcune criticità su sex working e Gpa. A mio avviso, oltre alla questione dirimente del reddito di cittadinanza, che ci è stata ottimamente ricordata dalla compagna Alfonzi, anche le questioni dei diritti civili creano la dimensione a sinistra di un partito.

Dimensione che non è un pedigree e non dovrebbe essere nemmeno un'identità monolitica. Si aprono possibilità e bisogna coglierle, se non vogliamo naufragare nella nostra autoreferenzialità, depressione ed asfissia relazionale. Scegliendo anche una UP che faccia scelte in salita anche al suo interno, nel senso del femminismo e della sovversione del potere tradizionale. Strada impervia. Se desidero ancora un impegno è quello contro la cronicizzazione dei punti vista, verso il dialogo. Per una UP che si preoccupi di più di non accettare candidature imbarazzanti come quella del professor Arcangeli, che fa polemica addirittura contro la declinazione di genere delle professioni sulla Treccani e contro lo schwa, che di un dialogo necessario con le altre forze di opposizione. I voti si riacquistano anche con una diversa sensibilità civile e sociale. Si deve guardare al futuro in termini di intersezionalità, non arroccandosi in chiavi di lettura che non tengano conto della complessità dei rapporti tra culture dominanti e istanze delle e dei dominati. Quando esse riescano, faticosamente, a esistere vanno riconosciute e praticate.

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