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CPN 15-16 ottobre 2022

Rino Malinconico

Concordo con diverse cose che ho sentito. Per tutte cito la sottolineatura di Marra sul disallineamento del Sud rispetto alle dinamiche politiche dominanti, espressosi col voto ampio ai 5 Stelle e l’evidente insuccesso della destra nel Mezzogiorno. Sono dati in controtendenza, e perciò si tratta di una buona notizia per noi, che carica l’iniziativa politica in queste regioni di molto lavoro e molte responsabilità. Poi ci sono interventi che non ho condiviso, in particolare quelli che hanno rapidamente declassato UP da risorsa a problema. Lo so che è ben difficile pronunciare la parola “opportunità” dopo un esito elettorale pesantemente negativo. Ma sto parlando di una possibile opportunità politica, non elettorale.

Per dirla in breve, se vogliamo riconoscere una funzione a Unione Popolare, ci sono solo due strade: o si taglia il nodo alla maniera di come ha fatto Pegolo, che delimita UP a coordinamento di discussione e di iniziative, al punto che non è neppure detto si debba presentare il simbolo nelle prossime tornate elettorali; oppure, al contrario, dando per assodato che l’impegno in UP sarà complicato per le molte ragioni evidenziate, proviamo comunque a essere fattore propulsivo per una costruzione politicamente utile - e io direi: politicamente necessaria - nella presente fase storica. Il cui esito, peraltro, solo in piccola parte dipenderà dalla “buona volontà” nostra e dei nostri partner. Di fatto, UP vivrà se riuscirà a entrare in sintonia con la critica sociale dello stato di cose presenti. E se non ci riuscirà, si spegnerà o diverrà anch’essa una “finzione di esistenza” accanto alle molte finzioni di esistenza dell’attuale sinistra di alternativa. Perché il tema è esattamente questo: come entrare in sintonia coi processi di critica dello stato di cose presenti, che sono nascosti e però esistono in modo latente dentro la società.

È un tema che interroga non solo la vicenda di UP, ma direttamente anche noi, sicché ciò che veramente mi preoccupa non è tanto la questione di cosa dobbiamo fare rispetto a UP, ma se siamo davvero in grado di discutere in profondità del contesto che abbiamo attorno. Il che significa discutere anche dell'identità comunista e della modalità dell'impegno comunista. Oggi, dopo che il XX secolo (secolo tutt’altro che breve) si è definitivamente chiuso col “combinato disposto” di pandemia persistente, emergenza climatica, guerra mondiale con declinazione nucleare e deflagrazione dell'ordine neoliberista, si è linearmente aperta una nuova epoca proprio sul piano della storia generale. Il punto è: questa cosa è stata veramente colta dai comunisti? Certamente non se ne può discutere in 10 minuti. Qui segnalo solo che un problema ineludibile che abbiamo davanti è la discussione di fondo sull’identità comunista e sul contesto storico nel quale viviamo.

Infine, vorrei sottolineare che accanto alle molte questioni che quotidianamente affrontiamo (reddito, lavoro, diritti civili, beni comuni, difesa dell’ambiente, eccetera), e ancor prima di essi, c’è il tema della pace. E qui si pone la vicenda del corteo romano del 5 novembre. Il nodo vero è che su questa guerra, particolarmente terribile per i suoi possibili esiti catastrofici, non c'è stata finora una mobilitazione di massa. Il 5 potrebbe forse fungere da spartiacque, nel senso che se a Roma arrivassero 300/400mila persone si determinerebbe obiettivamente “un prima e un poi”. Dobbiamo dare perciò una mano con decisione, lo diceva già Maurizio, raccomandando ai nostri compagni di essere parte attiva nell'autorganizzazione della mobilitazione, nella organizzazione dei pullman e nella veicolazione intelligente del nesso tra l’istanza pacifista e la critica del capitalismo.

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