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CPN 15-16 ottobre 2022 - Tutti gli interventi

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Roberto Musacchio

Come già ho fatto in direzione parto dal nuovo contesto europeo in cui si collocano il voto italiano e la nostra prospettiva. Rispetto a qualche giorno fa dobbiamo segnalare due nuovi passi delle istituzioni UE ed europee verso l'escalation. Il primo è fatto dal Consiglio di Europa che è una struttura europea allargata. Ebbene ha appena approvato un testo col 99% di sì che contiene la definizione di Russia come Stato terrorista. Ebbene questa definizione che va ben aldilà delle condanne per le azioni militari è ripresa da quegli elenchi made in USA che servono a motivare pratiche di isolamento e distruzione dei "Paesi canaglia". Su questa scia arriva a breve giro di posta il preannuncio di una nuova risoluzione del Parlamento europeo, su iniziativa del gruppo parlamentare di Meloni e del partito di governo polacco entrambi oggi alfieri dell'Atlantismo, che anch'essa definisce la Russia sponsor del terrorismo. Questa collocazione oltranzista della UE va di pari passo con la crescita di peso ed influenza delle destre radicali filo atlantiche ormai componenti della maggioranza della governance UE. E di quei Paesi come la Polonia che stanno passando dal ruolo di reprobi a quello di avanguardie. Si vedono gli effetti di un percorso trentennale di "relazione" tra imperialismo USA e sub imperialismi made in UE. Col primo che muove la NATO per allargarsi e i secondi che cercano di trarne frutti di allargamento di aree di influenza. È il modello Jugoslavia che portò alla dissoluzione di quella realtà interetnica a favore di Stati nazionalistici. Ed è il modello del dopo '89 col tradimento di tutti gli impegni presi con Gorbaciov. Per altro per trent'anni questi imperialismi e sub hanno condiviso, e tutt'ora condividono, l'impero finanziario globalizzato. Di cui fa parte anche la Russia putiniana considerata per lungo tempo amica. C'è dunque una situazione che assomiglia a quella del 1914 ma con le bombe atomiche e la finanza globale. Più che mai occorre un punto di vista e una nuova forza dei dominati contro i dominanti. Il pacifismo ne è componente decisiva. E quindi la manifestazione del 5 novembre è importantissima perché pone il discrimine di fondo della trattativa contro la guerra ad oltranza e per la vittoria. Legato alla questione economica e sociale. Qui la Francia indica le potenzialità di una vasta mobilitazione sociale. Io credo che pratiche come i movimenti contro le bollette siano importanti. Ma che occorra fare di tutto perché si arrivi a ciò che è indispensabile e cioè uno sciopero generale e una piattaforma che chieda misure strutturali contro il carovita. In Francia Nupes è motore della mobilitazione. A conferma che l'intuizione di UP che ne trae ispirazione è valida. Va perseguita costruendola nella lotta sociale e contro la guerra. Con la giusta dimensione europea visto anche che le prossime scadenze elettorali saranno le elezioni europee. E nella opposizione al nuovo governo. Che nascerà tra molte contraddizioni. Come molte contraddizioni avranno le opposizioni parlamentare. Basti pensare al neo atlantismo che lega Meloni, Letta e i Verdi europei (in particolare i grunen tedeschi). Bisogna fare i conti veramente con la sconfitta del 2008 e l'esaurirsi della resistenza ex Pci e del lungo '68. Evitando scorciatoie non proficue che si dividono sul consegnare ai Cinquestelle o al PD la leadership della rifondazione confluendo nel terreno della subalternità. Ma per farlo non aiutano identitarismi residuali ma la capacità di rilanciare la Rifondazione nel nuovo contesto che avevamo per altro previsto senza riuscire ad impedirlo.

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Giovanni Russo Spena

Di fronte al governo reazionario delle destre dobbiamo rafforzare l'identità . Un partito comunista è oggi, più che mai, un partito che azzarda la costruzione di campagne di massa, rimettendo al centro il nocciolo duro della . lotta di classe. Le chiacchiere vuote su alleanze e riposizionamenti devono lasciare il campo a possibili progetti unitari su punti specifici in cui dobbiamo portare tutta la nostra radicalità. Ci troveremo, infatti, ad agire all'interno di un quadro istituzionale inedito, nuovo, in cui partiti ed associazioni parleranno molto di "opposizione".

Ma alcuni avranno ancora all'interno del loro orizzonte atlantismo ed "agenda Draghi", come il PD, che vivrà una fase di convulsioni e di accentuate pulsioni scissionistiche ; altri, come il M5S, decideranno, con forti dosi di ipocrisia, di assumere la direzione istituzionale del centrosinistra. Saremo attenti a cogliere ogni spazio utile per il conflitto sociale e la nostra cultura antimperialista, internazionalista ( Curdi, Palestinesi, latinoamericani), contro le guerre, contro la Nato, contro i complessi militar/industriali. Non considereremo pregiudizialmente "nemici" i 5 stelle; ma non ne diventeremo una costola, una sorta di "frazione esterna", come auspicano, per disperazione dopo l'ennesima sconfitta elettorale, alcune compagne e compagni ed intellettualità democratiche che pur lavorano con noi su molti temi.

Dobbiamo agire prendendo esempio dalla sinistra francese di Nupes che porta 140.000 persone in piazza contro " il carovita e l'inazione climatica". Melenchon non sia solo un' icona elettorale. La conferenza di organizzazione non deve essere una retorica e inutile riproposizione di noi stessi. Se non vogliamo diventare un partito "frontista" dovremo diventare organizzatori sistematici ( non solo in alcune federazioni) di strutture sociali che nascano nei conflitti e portino sedimentazione, rinnovamento, costruzione di nuove avanguardie e gruppi dirigenti: comitati di lotta contro il carovita, per il reddito di base, per il lavoro , per il salario minimo.

Ovviamente le mobilitazioni del sindacalismo di base conflittuale, a partire dalle USB, e l'opposizione all'interno del congresso CGIL, devono vedere il nostro massimo impegno. Così come il lavoro organico con l'ambientalismo anticapitalista, con i "fridays for future". Organizzare capillarmente la lotta di classe come nostra identità sarà la risposta ad un governo che farà del "nazionalismo" la sua forza. Perché il nazionalismo è proprio negazione delle linee di conflitto che nascono dentro la società sempre più diseguale. Costruiremo Unione Popolare come saldo e duraturo movimento politico di massa se il PRC rafforzerà il proprio ruolo di elaborazione e conflitto. Attraverseremo anni aspri, difficili. Non sarà un pranzo di gala. Ma le comuniste e i comunisti devono saper osare ed azzardare.

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Mirna Testi

Sono 30 anni che nel nostro paese e' in atto un processo di normalizzazione che si e' concretizzato con l'elezione di La Russa a presidente del senato con i voti anche di una parte dell'opposizione e quando la senatrice Segre stringe la mano ad un "fascista" come La Russa è gli augura un buon lavoro, la normalizzazione e' compiuta. Noi, alle elezioni del 25 settembre, siamo stati percepiti come "normalizzati". Infatti UP ha ottenuto un pessimo risultato, abbiamo riconfermato quello di 4 anni fa come Pap, poco più.

Abbiamo perso perche' siamo stati percepiti come uno dei tanti gruppi di sinistra con gli stessi argomenti, non siamo stati attrattivo per nulla, tanto siete tutti uguali. La gente e' sfiduciata, non c'e' un partito che li rappresenti, che si occupi dei loro bisogni e che affronti il problema dei problemi, "il lavoro". Sono 20 anni non non ce ne occupiamo, nel senso di costruire lotte e conflitti. U.P davanti a questa sconfitta deve sciogliersi? Certo che no, ma non deve trasformarsi in un partito o in un soggetto strutturato come fosse un partito, significherebbe chiudere l'esperienza di Rifondazione perche' se cedi sovranità e autonomia sei finito e non avresti la forza di rafforzati.

Dobbiamo,invece, pur nelle enormi differenze cominciare a fare pezzi di strada insieme, essere aperti a chi condivide i nostri percorsi per costruire un polo alternativo, ma senza scorciatoie per evitare errori. Noi, pero', dobbiamo riprenderci il ruolo che deve avere un partito comunista per dare risposte a quel 40% di delusi e per essere egemoni all'interno di quel polo alternativo che vogliamo costruire. Il comunismo non e' superato, anzi più che mai e' necessario ed e' di una attualita' assoluta.

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Rosario Marra

Sono d’accordo su alcuni aspetti della relazione di Maurizio, ciò, ovviamente, vuol dire che su altri non lo sono.
In particolare, è sicuramente vero quanto diceva il Segretario rispetto all’esperienza di “Rivoluzione Civile” dove abbiamo fatto dei comunicati molto simili a quelli che stiamo facendo ora e, purtroppo, questa affermazione, proprio per la sua rispondenza alla realtà, mi preoccupa molto perché si tratta di film già visti.
In altri termini, abbiamo ripetuto, in situazioni diverse, i medesimi errori e non si può ricorrere ancora una volta, al “giustificazionismo” che è sempre più insufficiente (ad esempio “abbiamo avuto poco tempo a causa dell’anticipazione della scadenza elettorale”, “il simbolo non era conosciuto”, ecc.).

Pertanto, mi sarei aspettato un maggior spirito autocritico da parte del gruppo dirigente e, sotto questo aspetto, il documento approvato di recente dalla Direzione Nazionale è assolutamente deficitario.
Ora, anche per la mia provenienza dalla federazione napoletana, vorrei brevemente soffermarmi sul significato del voto al Meridione:
in esso ci sono due aspetti, il primo, prevalentemente elettorale, che “fotografa” il risultato dove spicca la buona affermazione del Movimento 5 Stelle, il secondo, prevalentemente politico, che vede la destra tradizionale non riscuotere il successo avuto in altre parti del Paese e, in particolare, il tonfo registratosi a Napoli con la battuta d’arresto di Fratelli d’Italia e il forte ridimensionamento della Lega.

Tra questi due aspetti noi comunisti – che, com’è noto. non siamo un Istituto demoscopico – dobbiamo privilegiare il secondo (quello dell’insuccesso della destra) sia perché non possiamo contribuire a gonfiare il risultato dei 5 Stelle e sia perché è proprio il Sud del Paese, dove è più grave la situazione socio-economica, il potenziale baricentro dell’opposizione sociale e politica.
Tuttavia per fare ciò, da un lato, dobbiamo colmare le grosse insufficienze del Partito proprio in larga parte del Meridione, dall’altro, si tratta di abbandonare con urgenza quella facciata troppo in “doppio petto” che De Magistris ha dato ad Unione Popolare nelle sue uscite televisive affermando più volte che si ritiene un “uomo delle istituzioni” e che ha dimostrato “capacità di governo” come ex-Sindaco, a noi, invece, interessa il De Magistris che ha “scassato” a Napoli o quello che ha fatto il “Sindaco di strada” perché la crescente gravità della situazione sociale può porci difronte a sempre più frequenti episodi di rivolta dove noi dobbiamo cercare di essere presenti altrimenti lo faranno altri e con intenti ben diversi dai nostri.

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Gianluca Schiavon

Sulla valutazione delle elezioni rimando all'intervento della ultima Direzione e ribadisco la assoluta necessità di rilanciare nelle piazze una campagna per la legge elettorale proporzionale. Abbiamo le relazioni con organizzazioni che ci possono aiutare (G.D., C.R.E.D. e altri) anche tecnicamente rilanciando la battaglia con quanti lo faranno dall'interno del Parlamento.
Sul soggetto politico U.P. ci sono da subito una serie di elementi da registrare sotto il profilo programmatico e, in particolare, sulla Giustizia.

Dobbiamo capire se U.P. ha in mente di diventare il soggetto che deve piacere a Gratteri, e a troppi manettari, o se rilancia il profilo di garantismo costituzionale che ci ha sempre individuato. Questo tema sarà una parte significativa dell'opposizione al Governo Meloni visto che il suo Guardasigilli potrà realizzare molti più disastri di quanti non ne possa progettare Larussa da presidente del Senato. Va rivista in U.P. anche la struttura decisionale abbandonando il ruolo di Capo politico per De Magistris, essendo superata la fase elettorale, e, infine, intessuta una relazione stabile del soggetto col Partito della Sinistra europea di cui il Partito è tra i fondatori.

C'è una richiesta effettiva di non abbandonare U.P., nonostante il risultato elettorale frustrante, consolidandola come soggetto elettorale a cominciare dalle prossime elezioni amministrative e regionali magari allargandolo ai comunisti italiani del P.C.I. Non ripeto perchè condivido la necessità di agire il conflitto su guerra e carovita rendondoci protagonisti in tutto ciò che si muove a cominciare dalla manifestazione del 5 novembre che è stata organizzata su una piattaforma parziale.

La pace, come insegnava Capitini, non può essere solo assenza di guerra: deve contribuire alla creazione di un mondo multipolare nel quale l'alternativa alla Nato e ai suoi scherani non sia l'autocrazia paternalista di Putin o il fascismo degli Ayatollah. Mi pare fondamentale anche contribuire alla riuscita dello sciopero generale di tutto il sindacalismo di base il 2 dicembre. Dobbiamo portare avanti un percorso di riunificazione di classe anche tra Nord e Sud d'Italia o tra Est e Ovest dell'Europa altrimenti l'alternativa per gli sfruttati sarà scegliere tra quale capitalismo difendere con la guerra economica o sul campo.
Ultima annotazione sono ovviamente per il rilancio del Partito a partire dalla Conferenza d'organizzazione, ma per rilanciare il Partito eviterei di mettere sempre in discussione i suoi organi democraticamente votati dal Congresso dal Segretario al CNG.

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Antimo Caro Esposito

A differenza delle precedenti esperienze con Ingroia e Carofalo, UP si è caratterizzata per avere un candidato presidente capace di comunicare e conosciuto per aver governato la terza città d’Italia per 10 anni e per aver raccolto nel 2021 il 16% alle regionali della Calabria.
Ciò che va riconosciuto è che non abbiamo offerto una proposta politica ed elettorale che tenesse conto della struttura nostra e di quella dei nostri alleati, del “gioco” nostri competitor (vicini e lontani) ma soprattutto degli orientamenti, delle aspettative e dei processi cognitivi delle classi sociali.

- I 5S sono stati il primo partito tra i disoccupa e rappresentano il primo partito del sud Italia.
- I lavoratori si dividono principalmente tra PD, M5S e destra
- Il ceto medio riflessivo su posizioni radicali ha premiato SI
- I giovani dai 18 ai 25 anni premiano come primo partito Calenda con un 17,6%

L’evoluzione dei 5 Stelle a principale forza del meridione e punto di riferimento degli ultimi, mette in discussione i rapporti di forza in un possibile campo progressista e pone fine alla categoria del centrosinistra a guida PD come l’abbiamo conosciuta. Un PD in crisi di identità - avendo perso il monopolio del “voto utile” contro le destre nel sud Italia- è schiacciato da forze centrifughe a sinistra da M5S e Si e a destra da Calenda-Renzi.
Occorre tornare nel gorgo, per ridisegnare i rapporti di forza e un nuovo senso comune anche con le altre componenti della sinistra che non si sono riconosciuti in UP. Dalle associazioni ai soggetti politici organizzati.
Sullo sfondo c’è la peggiore destra della storia del paese.

Mai nella storia repubblicana il principale partito di governo è stato erede della tradizione del ventennio. Agire nella società con distinguo ed estraniarci da un eventuale fronte largo di opposizione, senza provare ad incidere sulla natura del fronte, ci rinchiuderebbe in un angolo e senza spazio. Occorre costruire un’opposizione su tematiche centrali per la vita democratica del paese, dalla pace al carovita, dalle questione ambientali ai temi sociali mettendo al centro l’efficacia dell’azione politica e non inutili distinguo.
Occorre essere lungimiranti e vedere oggi ciò che sarà la sfida del futuro e prepararla, “bisogna saper scegliere in tempo, non arrivarci per contrarietà”.
Per questo UP ha senso di esistere solo come forum di discussione. Per confrontarsi sulle fase e su come incidere sul fronte dell’opposizione al governo della destra.

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Mimmo Cosentino

Il 25 settembre ci consegna un risultato elettorale negativo, dovuto al contesto oggettivo in cui è stata costretta la nostra lista (voto anticipato, costruzione affrettata delle liste, difficoltà temporali nel coinvolgimento dei territori), ed anche ai limiti soggettivi della nostra campagna, che ha mostrato il boicottaggio di alcuni territori e che non ha saputo parlare adeguatamente al sud e alle lotte. Non si è registrato il valore aggiunto di De Magistris, sul quale era stata costruita nei mesi precedenti una narrazione sbagliata.

Il dato più significativo è quello rappresentato dalla crescita dell’astensione, a conferma della separatezza della società rispetto ad un quadro istituzionale chiuso ed escludente rispetto alla domanda di democrazia, partecipazione e alla rivendicazione dei diritti sociali. Non va sottovalutato quanto si è costruito con UP, sia sul piano delle convergenze tra le forze politiche costituenti, sia per l’interesse e il coinvolgimento attivo di molte realtà ed esperienze associative e di movimento.

Occorre operare per valorizzare, spersonalizzando il progetto, la potenzialità di una scelta che pone le condizioni per lo sviluppo di una alternativa sociale e politico contro il neoliberismo, la guerra, il carovita, da fare crescita nelle vertenze rifuggendo dalle scorciatoie politiciste. Da questo punto di vista dobbiamo seguire con attenzione il congresso della Cgil, criticandone la perdita di autonomia e le modalità di gestione. Il Prc, che è in difficoltà, deve avere la consapevolezza di potere “dirigere e qualificare” Up, praticando compiutamente la scelta congressuale del partito sociale, e riattrezzandosi nella CdO sul terreno della rigenerazione delle pratiche e nella ridefinizione del gruppo dirigente.

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Tonia Guerra

Il risultato elettorale va ad aggiungersi ad una lunga sequenza di insuccessi. Non possiamo sottovalutare la portata e le conseguenze di questa ennesima sconfitta.
Non credo si potesse fare di più, per le condizioni oggettive (la scarsità del tempo, la legge elettorale che non contempla un voto pienamente libero e uguale, il richiamo al voto utile, l’oscuramento mediatico della lista) ma anche per condizioni e responsabilità soggettive, per come ci siamo arrivati.
Davanti a noi c’è un doppio impegno: la costruzione di Unione Popolare e la ricostruzione di Rifondazione Comunista. Può essere una sfida avvincente, se la affrontiamo riconoscendo limiti e debolezze, attraversando passaggi tutt’altro che facili.

UNIONE POPOLARE

Per ora è una lista elettorale, una promessa, una sfida. Per noi è un dovere politico: in gioco c’è buona parte della nostra credibilità, l’impegno verso le 400.000 persone che ci hanno votato, i molti e molte che non ci hanno votato ma guardano a noi con sincero interesse; verso noi stessi.
Il tema è il come.

Una lista fatta necessariamente in fretta, costruita con qualche strattonamento: simbolo, nome, le candidature, il programma non hanno avuto il percorso che si sarebbe auspicato, così come noi stessi ci siamo trovati a bypassare i passaggi democratici al nostro interno.
Non può essere questa la cifra del modo di funzionare, di Unione popolare e di Rifondazione Comunista.
Va giocato un nostro ruolo propositivo, di elaborazione e ricerca comune, in un processo tutto da costruire, da sperimentare, con modalità aperte e forse inedite.
Nella relazione del segretario, nella discussione in segreteria non è abbozzata una nostra idea, da porre alla discussione collettiva. Federazione? Confederazione? Coordinamento? Laboratorio aperto? Che struttura si dà? Quali priorità? Quali modalità di assunzione delle scelte? Come conciliare la visione generale e le esperienze locali? Quale il peso dei territori? Come si affronta il tema della leadership, evitando una deriva personalistica e populista?

Arrivarci senza un’autonoma capacità di proposta porta o ad un ruolo gregario oppure al rischio di rottura.

RIFONDAZIONE COMUNISTA

Sarà necessario individuare la sfera delle forme aperte e unitarie e quella autonoma di partito, evitando sovrapposizioni irragionevoli, sovraccarico di fatica e dispersione di energie.
La Conferenza di Organizzazione dovrebbe affrontare questo punto: non è un appuntamento di routine.
Da tempo sono fra coloro che denunciando un ritmo lento, la scarsa rispondenza fra le decisioni assunte e la loro realizzazione, le occasioni mancate, la necessità di un rapporto efficace con i territori, il deficit di direzione politica.

Non ho condiviso il silenzio di questi giorni, il non aver convocato immediatamente dopo le elezioni gli organismi dirigenti.
Parallelamente a questo deficit di confronto, si svolgono da tempo ricostruzioni delle posizioni interne che intossicano la normale dialettica.
La rarefazione del livello democratico lascia un vuoto che viene occupato da un attivismo laterale che dipinge ogni voce critica come complotto.
L’effetto è paralizzante.
La posta in gioco è la tenuta di Rifondazione.
Per evitare di smarrirci per strada, è necessaria quella che abbiamo definito “rigenerazione”, uno sforzo eccezionale per un rinnovamento profondo di pratiche, di tempi, di ruoli, anche generazionale.

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Frank Ferlisi

La nostra sconfitta del 25 settembre è stata netta e denuncia la nostra irrilevanza nel teatro della politica nazionale. Era anche prevedibile. Non si fanno fusioni, alleanze a freddo per meri fini elettorali specie in assenza di movimenti di massa che impongano a tutte le forze politiche la loro agenda.

Vi sono ragioni strutturali e contingenti alla base di questa batosta. Vediamo le prime. Sulle seconde saremo tutte e tutti d’accordo.

Noi siamo senza popolo che non ci riconosce, che ci giudica irrilevanti, non utili, incapaci di rappresentare i loro bisogni e le loro speranze.

Questo perché camminiamo su un terreno affatto diverso dal loro in quanto siamo affetti da ideologismo, parliamo un linguaggio diverso, quando lottano spesso siamo lontani e, se siamo presenti, lo siamo per mera solidarietà e testimonianza, ma incapaci di indicare obiettivi, strade da percorrere, mezzi da usare. Siamo là e basta. Ma non basta. Abbiamo una cultura politica minoritaria che non si pone con autorevolezza la questione del governo del paese, della sua trasformazione, che possa porre all’ordine del giorno di fermare il declino economico, sociale, culturale, morale del paese e invertire la tendenza verso un nuovo futuro. E invece deve essere questa la forma e l’identità che dobbiamo assumere. Le lavoratrici e i lavoratori devono vedere in noi un messaggio forte di speranza di cambiamento, non astratto, ma che parta dalle sofferenze odierne con la volontà di superarle attraverso la lotta e l’elaborazione di proposte concrete che indichino un futuro per il quale valga la pena impegnarsi e lottare.

Unione Popolare. Per me è una perdita di tempo e d energie dove dovremo scontrarci con culture politiche più minoritarie ed estremistiche della nostra. A mio parere, scioglierci dentro questo soggetto significa mettere una pietra tombale sulla storia del movimento operaio italiano per un lungo periodo storico.

Abbiamo altro da fare ed è, a mio modesto parere, quello che ho indicato sopra. Trasformarci per essere in grado di essere l’avanguardia della trasformazione radicale del paese e salvarlo dalla barbarie che avanza.

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Roberto Villani

Ci sono tante cose di cui dovremmo parlare in questo CPN: La nascita del primo governo postfascista dopo la liberazione del ‘45, l’elezione di Fontana e La Russa come presidenti di camera e senato, il ruolo svolto da M5S ed SI in queste elezioni, la guerra e l’escalation prodotta dalla NATO, la classe lavoratrice massacrata dai salari bassi, dalle bollette, dalla precarietà, dall’impoverimento dello stato sociale…
Il poco tempo a disposizione mi consente però di concentrare l’intervento solo sui punti centrali in discussione: Unione Popolare ed il ruolo del PRC nella sua costruzione.

Nonostante il risultato elettorale UP è infatti un progetto fondamentale per riaggregare la sinistra di classe in contrapposizione al centrosinistra. Non potevamo far di più in poche settimane.
A chi già mette in discussione questo percorso di riaggregazione dico che non si può cambiar pelle un'altra volta, ma va definita forma e funzionamento di UP continuando a presentarci così nelle future tornate elettorali.
Bisogna però ragionare sugli errori che rendono Unione Popolare ancora lontana dall'essere la soggettività di cui c’è bisogno.

UP non può essere il partito personale di De Magistris, che ne decide linea e regole, ma deve diventare una soggettività in cui tutti i compagni/e possano decidere.
La nostra proposta deve esser quella di far nascere coordinamenti di UP in ogni territorio dando finalmente la parola ai militanti.
Giusta la revisione del simbolo di cui si sta discutendo, senza il nome del portavoce, ma sarebbe utile inserire riferimenti “di classe” più evidenti.

Rimane il fatto che oggi la costruzione di UP ha per noi un valore strategico.
In queste elezioni sono anche emersi chiaramente i punti di forza e debolezza del PRC.
PRC che si è dimostrato forte per l'eccezionale disponibilità dei militanti, che in poche settimane hanno raccolto le firme ed hanno duramente lavorato in campagna elettorale, ma che ha mostrato debolezza in merito al codismo (su liste, programma, simbolo, visibilità) avuto nei confronti delle altre realtà che compongono UP, De Magistris in primis.

Un codismo forse figlio delle modalità di gestione interna, con gli organismi sostanzialmente congelati, le informazioni che non arrivavano neanche a noi della DN, un gruppo di contatto con UP da definire più chiaramente e coi compagni di base usati solo per fare bassa manovalanza. Certamente c’erano decisioni da prendere in fretta, ma non si possono mortificare i compagni così.
Dunque, impegniamoci nel progetto di UP, ma miglioriamone i meccanismi di democrazia interna, il programma, il simbolo e coinvolgiamo altre soggettività alternative al centrosinistra.

Mettiamoci subito al lavoro per una campagna di massa su lavoro e bollette e per una grande manifestazione contro guerra e NATO.
Infine, rivediamo il nostro funzionamento, perché molto non ha funzionato. In questo senso deve essere messa subito in calendario la conferenza di organizzazione, per migliorare e rinnovare il funzionamento del PRC.
E’ un lavoro che non può essere rimandato. Costruire UP, riorganizzare il PRC.

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Giovanni Barbera

La crescita dell’astensionismo e la volatilità del voto sono fenomeni che testimoniano la crisi di egemonia delle nostre classi dirigenti. Una situazione che, insieme al peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro determinate dalla pandemia e dalla crisi energetica, rischia di creare scenari inquietanti, non dissimili da quelli già vissuti un secolo fa con l’affermazione del fascismo. Certo la Storia non si ripete mai nelle stesse forme, ma la gravità della situazione sociale ed economica che stiamo vivendo rappresenta oggettivamente un rischio che non possiamo sottovalutare.

Purtroppo il risultato di UP è stato ben al di sotto delle nostre aspettative, ma non può essere giustificato solo con la scarsa visibilità sui media o il ritardo con cui è nata la nostra lista, visto che sono gli stessi problemi di sempre. La verità è che scontiamo un deficit di credibilità politica che non si riconquista solo con la costruzione di liste unitarie della sinistra radicale o facendosi rappresentare da volti noti. E’ evidente che il nostro voto sia stato assorbito dalle altre liste a sinistra del PD. Ora il problema è capire come procedere rispetto all’obiettivo strategico della costruzione di un polo dell’alternativa. UP, nella sua configurazione attuale, non può rappresentare la realizzazione di tale obiettivo, visto che tale alleanza coinvolge solo i soggetti politici più vicini a noi, ma con uno scarso peso nella società.

Considerata la drammatica situazione nel Paese e nel mondo, destinata peraltro a peggiorare nei prossimi mesi, abbiamo il dovere politico di offrire ai soggetti sociali a cui ci rivolgiamo una prospettiva politica in grado di incidere realmente nei rapporti di forza tra le classi. Per questo motivo va aperta un’interlocuzione con tutte quelle realtà che oggi si collocano contro la guerra e contro quelle politiche liberiste che hanno determinato un impoverimento senza precedenti del nostro Paese.

Tra queste realtà ci sono sicuramente SI, Verdi e M5S che, nonostante le loro ambiguità e contraddizioni, condividono tali priorità. Queste forze vanno sfidate su tale terreno per favorire un loro riposizionamento che le svincoli definitivamente dalla gabbia del PD. Per fare ciò è necessario interagire con quella parte dei loro gruppi dirigenti che lavorano in questa direzione. Non è un esito scontato, ma va perseguito con intelligenzapolitica, cercando di evitare chiusure settarie che ci confinerebbero in una posizione marginale nella società.

Stessa operazione va condotta nei confronti delle organizzazioni sociali di massa come la Cgil, l’Arci e altre. In quest’ottica è giusto conservare e allargare UP, mantenendo però il suo carattere di alleanza tra soggetti autonomi. Il tentativo di andare a una stretta organizzativa per trasformare tale alleanza in un soggetto politico, sovrapposto o addirittura in competizione al nostro, rappresenterebbe solo un ostacolo alla costruzione di un polo della sinistra di alternativa su basi di massa.

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Tatiana Bertini

Nelle ultime elezioni politiche a sx ha vinto il partito dell'astensione.Non siamo riuscit* ad intercettare i voti delle persone con redditi più bassi deluse dalle politiche portate avanti da un csx che con le politiche di sx non ha avuto niente a che fare.

Nel Mugello,dove abbiamo militanti attivi da diversi anni,sopratutto iscritti al PRC e presenti nelle istituzioni in liste di sx,insieme anche ad una candidata conosciuta nel territorio,abbiamo raggiunto il 4.3% di voti.
Dall'analisi di Draghi diffusa dalla Federazione di Firenze,vediamo come in Toscana dove la percentuale di voto femminile è stata maggiore,la % di voti a dx e cdx è stata più bassa.La leader di dx evidentemente non ha trovato il consenso di molte donne.

Insieme a guerra e carovita dobbiamo guardare anche a tutte le mobilitazioni femminili che ci saranno,e questo governo ci darà l'opportunità di mobilitarci,come quella del 25 Novembre contro la violenza di genere che sarà organizzata dai vari nodi di NUDM.Già assistiamo alla firma di dx e cdx alle proposte "pro-vita" contro aborto e teorie gender.Ne sono apparsi i manifesti a Bologna e il Piemonte si sta organizzando per far entrare i "pro-vita" nei consultori.

Dobbiamo continuare ad opporci alle autonomie differenziati regionali verso le quali spingerà il nuovo governo.Queste porteranno ad una diminuzione della possibilità di finanziare lo stato sociale da parte delle regioni più povere che saranno costrette ad esternalizzare maggiori servizi cosiddetti "femminilizzati",come quelli di cura e di educazione,a cooperative,agenzie interinali,terzo settore,che risparmieranno sui diritti del lavoro con stipendi più bassi e contratti precari.Ciò comporterà un'ulteriore differenza tra i redditi di uomini e donne,oltre ad aumentare il divario tra donne di regioni più ricche e più povere.Per questo è importante che anche a livello del prossimo congresso della CGIL spingiamo per contratti unici nazionali per le stesse attività svolte,indipendentemente dal tipo di dipendenza.

Riguardo al M5s,che per alcun* ha rappresentato l'alternativa a sx eleggibile e all'apertura nei suoi confronti,risulta indispensabile che si caratterizzi a sx e che sia presente nelle lotte di base,non scordando che ha votato i decreti sicurezza,l'aumento della spesa militare e l'invio di Armi all'Ucraina.

Come zona Mugello ci siamo espress* per continuare l'esperienza di UP,valutandola anche come percorso per la nuova scadenza europea.È demoralizzante per i militanti e crea confusione negli elettori cambiare sempre nome.UP dovrebbe essere rappresentata democraticamente attraverso assemblee territoriali e non con un capo politico ma con eventualmente un garante della coalizione ed un programma condiviso prima di essere pubblicato.
La prossima conferenza di organizzazione, oltre a chiarire la partecipazione in UP, dovrebbe essere un momento di rinnovamento del partito verso una corappresentanza per una strategia politica con caratteristiche anche femminili.

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Pino Scarpelli

Raccolta firme non vedo l'entusiasmo per avere raggiunto l'obbiettivo in Calabria, oltre 350 tesserati del PRC Calabrese, la Calabria ha oltre 400 comuni vedi pap - dema- quindi ci esaltiamo per niente.

Non siamo stati percepiti, cosi dicono i teorici della complessità, secondo me siamo stati percepiti molto bene se dal 16% scendiamo al 2% (vedi elezioni regionali di 12 mesi fa)- la non credibilità della nostra proposta vedi: la conferenza stampa di presentazione dei candidati non si fa parlare il segretario Regionale, non si cita la scomparsa del compagno Camillo GUEVARA morto la notte prima della conferenza stampa, non si parla di sanità, faccio notare che in quei giorni tutti i media nazionali parlavano della venuta dei medici Cubani in Calabria.

I teorici della complessità parlano di valorizzare i territori: faccio notare che in Calabria non solo il territorio viene escluso, non uno tesserato di Rifondazione Comunista è candidato ma dulcis in funto si candida la compagna Forenza che si definisce una di meno ma a me risulta una di più perché in questa tornata elettorale ha avuto il merito di fare uno sfregio al territorio, uno sfregio alla bella lettera di Liguori di qualche anno fa quando veniva eletta al parlamento Europeo "Liguori elogiava i Compagni Calabresi per l'impegno la passione che avevano messo in quella tornata elettorale" questa è la Forenza!

Dimissioni del segretario Nazionale per dare almeno un esempio di correttezza.

Concludo con la storiella del l'Asino che entrava in conflitto con la Tigre perchè affermava che l'erba è blu, La Tigre lo convince ad andare del Re Leone per risolvere la diadribla ma il Leone diede ragione all'Asino allora la Trigre chiese spiegazioni ed il Leone gli disse: l'erba è verde ma se tu parli con un Asino e chiaro che tu hai torto ecc.

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Carmelo Chitè

Buongiorno a tutte/i, esiste un prima e un dopo il 25 settembre, ritengo l’ analisi del Segretario sulle elezioni politiche abbastanza approfondita. Sicuramente sono tante le variabili che hanno portato alla sconfitta: alcune vengono da lontano altre sono contingenti (es. tempi ridotti, raccolta firme, la stagione estiva ecc…).
Attribuire la sconfitta solo al sistema elettorale è riduttivo, certo quando si gioca una partita le regole sono la prima cosa da conoscere per poter giocare. Non dobbiamo sottovalutare l’ egemonia della destra nella società . Il successo elettorale dell'ex sindaco di Messina, Cateno De Luca, si spiega anche col radicamento in larga parte del sottoproletariato messinese di valori e pratiche della cosiddetta “destra sociale” infatti riesce ad eleggere all’uninominale un deputato e un senatore arrivando secondo dopo Schifani col 20% alle elezioni regionali.

Se è vero che dobbiamo affrontare uno scenario inedito è necessario modificare il nostro partito con adeguate soluzioni organizzative e politiche. Tutto ciò guardando cosa succede intorno a noi.
In particolare, sicuramente l’ANPI svolgerà un ruolo più incisivo e rilevante per opporsi alle iniziative del nuovo governo in difesa della costituzione e dei suoi valori. Attenzione dovremo prestare allo svolgimento del congresso della CGIL. Faccio parte, in rappresentanza del 2° documento della commissione di garanzia della camera del lavoro di Messina e quello che purtroppo sto notando in questo avvio delle assemblee di base è una scarsa partecipazione delle lavoratrici/lavoratori. Questo dato è coerente con l’astensionismo alle elezioni e va contrastato.
Senza il coinvolgimento delle RSA/RSU nessuna mobilitazione è possibile. Il 2° documento, infatti, parla espressamente di valorizzazione e protagonismo delle delegate e dei delegati.

L’esperienza di UP deve proseguire perché ce lo chiedono i nostri elettori/sottoscrittori, ma è necessario non precipitare soluzioni organizzative. PAP e il PRC hanno un differente DNA e il tentativo di PAP di intercettare un populismo di sinistra non decolla, come dimostrano tutte quelle esperienze elettorali in cui PAP si è presentato da solo anche in competizione con noi. Occorre allargare il perimetro.

Il conflitto in Ucraina coinvolge sempre più il nostro Pese e il rischio che si allarghi e si utilizzino armi nucleari è sempre più probabile con conseguenze devastanti nelle nostre vite. L’Europa vuole classificare la Russia come stato “terrorista” per escluderlo dalla comunità internazionale. Ma la Russia gode, specie nei paesi più poveri, di un atteggiamento non ostile. La definizione di terrorista comunque non esclude trattative, il recente negoziato per il gas fra Israele e Hezbollah lo dimostra.
Sulla guerra è finita l’ora dei dibattiti e arrivata quella della mobilitazione.

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Gianluigi Pegolo

Non affronterò nel mio intervento tutte le questioni che sono state oggetto della relazione. Preferisco concentrarmi sui alcuni nodi centrali: le prospettive di Unione Popolare e l’obiettivo strategico della costruzione di una sinistra alternativa. Il problema fondamentale sono le consistenti divergenze che esistono fra noi e Potere al Popolo. Mi riferisco, in particolare, a due questioni centrali: la politica delle alleanze sociali e delle alleanze politiche. Sul primo tema le differenze sono plasticamente riassumibili nell’immagine della recente manifestazione di Roma, alla quale ha partecipato Rifondazione Comunista, ma non ha partecipato Potere al popolo. Non si tratta di una casualità. Potere al Popolo non considera la CGIL un interlocutore e rivolge la sua attenzione esclusivamente al sindacato di base. Per noi è necessario invece uno sforzo tenace per ricollegarsi alla parte più estesa della sinistra sociale.

Nel merito della politica delle alleanze politiche, la costruzione di una sinistra di alternativa implica oggi non solo la raccolta di alcune realtà a noi più vicine, ma anche una iniziativa per favorire una ricollocazione di altre forze, come il Movimento 5 stelle o la stessa Sinistra italiana e i verdi. In Potere al Popolo vi è una resistenza a uscire dall’area circoscritta della sinistra radicale. E chiaro che ogni tentativo di trasformare Unione Popolare in un partito o in un soggetto politico organizzato farà emergere subito queste differenze. La questione diventa ancora più seria se la rapportiamo al nostro obiettivo di fase che è quello della costruzione di una forte opposizione sociale e politica al governo delle destre, per la quale è essenziale avere una vocazione egemonica.

Io credo, comunque, che sia necessario dare continuità a Unione Popolare, evitando che la coalizione si disperda. Se conveniamo su questa scelta, occorre allora che non si facciano azzardi. Per questo occorre parlare di un’alleanza e non di soggetti politici – termine ambiguo che allude a scelte molto diverse. Un’alleanza che va costruita a partire dai punti di convergenza e scontando gli elementi che dividono; che non si proponga di intervenire su tutto, ma che si focalizzi, oltre che sulle scadenze elettorali, su alcune e ben definite campagne di massa. Allo stato attuale l’unica scelta sostenibile è la costruzione di un coordinamento nazionale composto dalle rappresentanze delle varie organizzazioni, in un rapporto di pari dignità, adottando per le decisioni il metodo del consenso.

Le singole organizzazioni devono mantenere la loro autonomia politica, organizzativa e operativa. Il tesseramento unitario e’ improponibile perché aprirebbe, come si è già verificato quattro anni fa con Potere al Popolo, una dinamica distruttiva. Cosi, non ha senso la costruzione di strutture locali che rischierebbero di imbrigliare l’iniziativa di tutte le organizzazioni coinvolte. Con questo approccio è possibile per Rifondazione comunista esercitare un ruolo significativo su tre aspetti: la produzione di una proposta qualitativamente superiore, l’attivazione di relazioni politiche e sociali più ampie e, infine, una intelligente iniziativa di massa. Credo che il nostro Comitato Politico Nazionale debba su queste questioni pronunciarsi finalmente con chiarezza.

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Anna Coppa

Facile prevedibilità dell’esito elettorale, nonostante la fatica del lavoro svolto.
Evidentemente non riusciamo a convincere il nostro potenziale elettorato con una formula che, da tempo, si ripete identica: ci uniamo ad una cordata, ci nascondiamo dietro un nome e poi lasciamo che vada.
Ma un esito negativo è sempre una sconfitta: non può essere interpretato come “un nuovo inizio” né può consolarci la considerazione troppo semplicistica che noi siamo nel giusto e che sbaglino gli altri a non accorgersene.

In Calabria siamo passati da più del 16% delle regionali a poco più del 2% delle politiche, con lo stesso “capo politico”: ma, tra le due tornate elettorali, ci sono state le amministrative e, nella città capoluogo, ad esempio, si è registrato in negativo sia l’incerta posizione di De Magistris sia il fatto che Dema si sia schierata con il PD. Per limitare i danni ed avere una chance in più avevamo ritenuto indispensabile, nelle ultime elezioni, la candidatura della compagna Nardi, che poteva contare sulla visibilità derivante dal radicamento nel territorio e sul riscontro positivo avuto nelle precedenti regionali; tuttavia, su questa richiesta concreta, dettata non da spirito campanilistico, ma dal buon senso, è prevalsa la solita logica astratta dei calcoli predeterminati, da tempo destinati all’insuccesso.

Altri due aspetti da considerare qui da noi: la grande fiducia data al M5S con il suo programma “di sinistra” e il risultato, da non sottovalutare, del PCI, non più spiegabile soltanto con la nostalgia del simbolo da parte degli anziani; quest’ultimo dato merita approfondimento, dal momento che l’analisi numerica ci dice che anche tanti iscritti, soprattutto nei piccoli centri, hanno fatto questa scelta.
Unione Popolare può essere vista in positivo solo come espressione della necessità di aggregare, purché l’aggregazione sia la più ampia possibile, finalmente senza pregiudizi e settarismi; l’esperienza del mio contesto di riferimento non mi lascia ben sperare, visto il ripetersi del solito protagonismo di Pap, finalizzato ad un’egemonia di facciata.

In ogni caso, non comprendo più questa logica dell’andare avanti superficialmente sempre nello stesso modo, a dispetto dei risultati; come, in una situazione così delicata per il nostro Partito, non si ritenga indispensabile ragionare profondamente sul perché non riusciamo più ad essere percepiti dalla gente come utili e su cosa si dovrebbe fare per invertire la tendenza; personalmente non m’interessa il toto-segretari: non è questione di persone, ma, evidentemente, di linea politica; chi ha bisogno d’aiuto cerca soluzioni, non se ne fa niente né di slogan né di proclami e neanche di qualche bandiera di solidarietà: per questo non ci siamo tra la gente. Interroghiamoci davvero e non lasciamo che altri compagni se ne vadano via delusi da questa indifferenza di fatto all’autocritica e al cambiamento.

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Giovanni Ferretti

Voto a Genova: forte astensionismo nei quartieri popolari (anche 40%) e quartieri ricchi con percentuali sopra il 70% di affluenza. Anche in zone miste, forte differenza tra seggi popolari e altri più borghesi. Noi bene in Centro Storico (popolare, ma anche zona con % maggiore laureati), al 2% in zone popolari, sotto l’1 nelle altre. Male a Ponente, dove assenti in campagna elettorale. Dove andiamo bene noi, vanno bene 5Stelle. Idem dove si va male: conferma come 5Stelle abbiano intercettato il nostro bacino elettorale e come siano i nostri principali competitors. Nostra presenza tra la gente, dignitosa. Forse un po’ inferiore ad amm.ve (stanchezza, ferie, meno soldi): + 500 voti, ma – 0,4%, dovuto ad aumento votanti. Buoni i rapporti con Pap (alcuni di loro, più settari, si sono astenuti dalla campagna); ottimi con gli indipendenti. Durante le campagne elettorali siamo riusciti a tesserare una decina di nuovi iscritt*, segno che ci sono gli spazi per radicarsi e che riusciamo a coniugare presenza unitaria e radicamento partito.

Percorso elettorale: se trovo oggi giustificabili le parole del segretario, nella sua relazione, “Se Conte riposizionasse 5Stelle in senso autenticamente progressista, sarebbe da guardare con interesse”, ricordo che tali non erano all’inizio della campagna elettorale, con l’appello “all’unità del fronte anti-guerra”. Con i 5Stelle che avevano votato invio armi e tutto quello che era possibile votare. Non basta una dichiarazione che, anche oggi, viene tradita dai voti in commissione parlamentare. Non confondiamo nostri desideri con la realtà dei fatti. La linea, poi, è stata calata dall’alto, senza alcun passaggio in CPN e non è certamente contenuta nelle tesi congressuali.

Dopo voto: ci siamo già visti come UP e abbiamo già fatto CPR e CPF. Siamo per andare avanti. Linea condivisa praticamente da tutto il partito (e indipendenti e Pap GE). Il problema è sul “COME”. Dobbiamo allargare. Non solo a singoli, anche ad altre forze (PCI, Sinistra Anticapitalista..). Possono accettare di aggregarsi a UP? Dobbiamo quindi trovare uno strumento per contenere anche loro? A Genova rilanciamo: abbiamo in programma un’Assemblea Pubblica che ha come obiettivo quello di formare gruppi di lavoro, nella speranza di attirate nuove forze. Di sicuro nessuno vuole sentir parlare di scioglimenti del PRC. E nessuno vuol sentir parlare di tesseramenti per UP: storia già vissuta con inizi di Pap e finita in modo tragico con ennesimo salasso di compagni.

Info: Siamo stati contattati da Crucioli, ex senatore 5Stelle, ora Italia Sovrana e Popolare, per percorso verso iniziativa contro la guerra e possibili future strategie del “fronte antisistema”, come lui lo definisce. Ci siamo andati come UP (noi pap indipendenti). Se con lui si poteva trovare una quadra, nel secondo incontro, presenti le formazioni che lo sostengono (PC Rizzo, sovranisti), si è preso atto della lontananza di strategie ed obiettivi.

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Vito Meloni

Condivido l’analisi del voto del Segretario ma penso che in essa manchi un serio esame dei nostri limiti. Non condivido il parallelismo con Rivoluzione Civile per due ragioni. La prima è che RC nasce come accrocco dell’ultimo momento per le elezioni. UP, invece, nasce come progetto di lungo respiro che comprende anche le elezioni. Abbiamo incontrato De Magistris circa un anno fa; con lui concordammo di lanciare il progetto con un evento pubblico entro un paio di mesi. È accaduto, invece, che abbiamo perso tempo.

Più volte in Segreteria io e altre/i abbiamo messo in guardia dai pericoli di fibrillazione della maggioranza di governo con il rischio di coglierci impreparati. Il Segretario ha sempre di sminuito questo aspetto così come la necessità di partire da un processo democratico nei territori. Le elezioni sono arrivate in modo ignobile ma noi non abbiamo fatto il dovuto per far conoscere per tempo UP. A prescindere dal risultato non possiamo nascondere le nostre responsabilità. Abbiamo gestito male il percorso elettorale.

Ci sono stati seri problemi tanto sulle candidature che sul programma. Da un lato De Magistris ha interpretato il suo ruolo in modo debordante, dall’altro c’è l’approccio totalmente subalterno al rapporto con lui. Si sono prodotte tensioni nel partito e difficoltà a spiegare la nostra proposta ai nostri interlocutori abituali. Intanto, nel partito, abbiamo assistito al congelamento della funzione dei gruppi dirigenti. Trovo inconcepibile che durante la campagna elettorale siano state di fatto sospese le riunioni della segreteria nazionale. Peggio ancora, di fronte alle richieste di riunirsi per discutere di questioni importanti ci si è perfino sentito rispondere “non possiamo perdere tempo nelle discussioni, abbiamo da fare una campagna elettorale”.

Il CPN sappia che vivo con grande disagio la condizione di membro della segreteria, più volte mi sono chiesto se abbia ancora senso parteciparvi. La percezione è che sia un esercizio inutile e che i luoghi veri della decisione siano altri. Il disagio riguarda anche i tempi troppo lunghi di convocazione degli organismi: tre giorni dalle elezioni per riunire la segreteria, dieci per la Direzione nazionale, tre settimane per il CPN. Nel frattempo il partito veniva lasciato senza alcun orientamento. Mi auguro che almeno questo modo di procedere venga quanto prima corretto.

Altro punto di differenza con RC e che tutti i soggetti che hanno con noi dato vita a UP sono determinati ad andare avanti. Decidiamo come. Anche su questo siamo in ritardo: il CPN avrebbe dovuto essere messo nelle condizioni di discutere su proposte concrete. Qualche intervento ha evocato soluzioni che non condivido. Penso che dovremmo avanzare una proposta, a partire dalla segreteria e dalla direzione, da sottoporre rapidamente alla discussione del CPN, nel solco di quanto deciso al congresso e in coerenza con quanto sosteniamo da tempo.
Non condivido, infine, l’idea di una alleanza con SI, M5S e Verdi. Il loro orizzonte è il centrosx, il nostro l’alternativa. Se si vuole cambiare linea politica si chieda un congresso.

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Rino Malinconico

Concordo con diverse cose che ho sentito. Per tutte cito la sottolineatura di Marra sul disallineamento del Sud rispetto alle dinamiche politiche dominanti, espressosi col voto ampio ai 5 Stelle e l’evidente insuccesso della destra nel Mezzogiorno. Sono dati in controtendenza, e perciò si tratta di una buona notizia per noi, che carica l’iniziativa politica in queste regioni di molto lavoro e molte responsabilità. Poi ci sono interventi che non ho condiviso, in particolare quelli che hanno rapidamente declassato UP da risorsa a problema. Lo so che è ben difficile pronunciare la parola “opportunità” dopo un esito elettorale pesantemente negativo. Ma sto parlando di una possibile opportunità politica, non elettorale.

Per dirla in breve, se vogliamo riconoscere una funzione a Unione Popolare, ci sono solo due strade: o si taglia il nodo alla maniera di come ha fatto Pegolo, che delimita UP a coordinamento di discussione e di iniziative, al punto che non è neppure detto si debba presentare il simbolo nelle prossime tornate elettorali; oppure, al contrario, dando per assodato che l’impegno in UP sarà complicato per le molte ragioni evidenziate, proviamo comunque a essere fattore propulsivo per una costruzione politicamente utile - e io direi: politicamente necessaria - nella presente fase storica. Il cui esito, peraltro, solo in piccola parte dipenderà dalla “buona volontà” nostra e dei nostri partner. Di fatto, UP vivrà se riuscirà a entrare in sintonia con la critica sociale dello stato di cose presenti. E se non ci riuscirà, si spegnerà o diverrà anch’essa una “finzione di esistenza” accanto alle molte finzioni di esistenza dell’attuale sinistra di alternativa. Perché il tema è esattamente questo: come entrare in sintonia coi processi di critica dello stato di cose presenti, che sono nascosti e però esistono in modo latente dentro la società.

È un tema che interroga non solo la vicenda di UP, ma direttamente anche noi, sicché ciò che veramente mi preoccupa non è tanto la questione di cosa dobbiamo fare rispetto a UP, ma se siamo davvero in grado di discutere in profondità del contesto che abbiamo attorno. Il che significa discutere anche dell'identità comunista e della modalità dell'impegno comunista. Oggi, dopo che il XX secolo (secolo tutt’altro che breve) si è definitivamente chiuso col “combinato disposto” di pandemia persistente, emergenza climatica, guerra mondiale con declinazione nucleare e deflagrazione dell'ordine neoliberista, si è linearmente aperta una nuova epoca proprio sul piano della storia generale. Il punto è: questa cosa è stata veramente colta dai comunisti? Certamente non se ne può discutere in 10 minuti. Qui segnalo solo che un problema ineludibile che abbiamo davanti è la discussione di fondo sull’identità comunista e sul contesto storico nel quale viviamo.

Infine, vorrei sottolineare che accanto alle molte questioni che quotidianamente affrontiamo (reddito, lavoro, diritti civili, beni comuni, difesa dell’ambiente, eccetera), e ancor prima di essi, c’è il tema della pace. E qui si pone la vicenda del corteo romano del 5 novembre. Il nodo vero è che su questa guerra, particolarmente terribile per i suoi possibili esiti catastrofici, non c'è stata finora una mobilitazione di massa. Il 5 potrebbe forse fungere da spartiacque, nel senso che se a Roma arrivassero 300/400mila persone si determinerebbe obiettivamente “un prima e un poi”. Dobbiamo dare perciò una mano con decisione, lo diceva già Maurizio, raccomandando ai nostri compagni di essere parte attiva nell'autorganizzazione della mobilitazione, nella organizzazione dei pullman e nella veicolazione intelligente del nesso tra l’istanza pacifista e la critica del capitalismo.

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Ramon Mantovani

Se all’inizio della campagna elettorale i 5 Stelle e SI-V avessero accettato la nostra proposta di una coalizione, su pochi punti programmatici comuni alternativa al PD si sarebbe pienamente realizzato l’obiettivo che perseguiamo da molti anni. La somma delle tre forze sarebbe stata certamente superiore perché avrebbe pescato fra gli astenuti e avrebbe conteso al PD il ruolo di seconda forza.
Tutto questo avrebbe potuto funzionare perché compatibile con la logica del sistema elettorale vigente.

Non è stato così perché i 5 Stelle non avrebbero avuto il monopolio di forza “alternativa” e non avrebbero potuto continuare ad essere una forza ambigua, alternativa a parole e consociativa nei fatti. Non è stato così perché SI e Verdi sono forze totalmente interne al sistema bipolare con il ruolo di incalzare e condizionare il PD cose secondarie ma mai su nessuna questione decisiva come la politica economica liberista e la politica estera atlantica.
Se i 5 Stelle e SI-V hanno avuto buoni risultati è perché sono stati interni alla dialettica incentivata dal sistema elettorale e dai mass media.

Noi, al contrario, semplicemente siamo stati ancora una volta fuori dai giochi e dalla logica con la quale il 95 per cento dei votanti e il 100 per cento degli astenuti ragiona per scegliere se e cosa votare.
Non capire questo e cercare in errori, ritardi, efficacia dei simboli e delle persone ecc, e cioè in cose del tutto secondarie ed ininfluenti sui voti non è solo inutile, é una fuga dalla dura realtà difficile da digerire. Per una forza antagonista come noi, che cerca di rappresentare interessi ed obiettivi di lotta in una società nella quale i conflitti sono minoritari, isolati e divisi, e nella quale la cittadinanza concepisce la politica così come il sistema l’ha ridotta, e cioè come contesa litigiosa e rumorosa per la conquista del governo, dentro il rispetto religioso delle compatibilità del sistema liberista globale, è impossibile riconquistare una presenza istituzionale.

Come del resto succede in numerosi paesi dove il bipartitismo la fa da padrone da sempre. Da anni, anzi da decenni, denunciamo l’americanizzazione della politica italiana ma sembra che non ci si voglia rendere conto di quanto sia avanzata.
Bisogna assumere in pieno la consapevolezza che le condizioni per entrare nelle istituzioni ottenendo consensi sulla base della rappresentanza di istanze di classe e di interessi di parti consistenti del popolo non ci sono più. Non ci sono scorciatoie, miracoli leaderistici o comunicativi che possano ripristinare la democrazia progressiva prevista dalla costituzione.

L’unica cosa che può rompere il sistema del bipolarismo, come in Spagna e Francia, è il conflitto sociale fatto di grandi movimenti di massa e l’aggregazione su contenuti antagonisti e intersezionali di un grande movimento politico sociale. Entrambe cose che solo il PRC ha chiare in testa e alle quali dovrebbe lavorare senza perdere tempo ed energie in suicide lotte intestine.

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Enrico Lai

Ho apprezzato la chiarezza, sebbene non condivida il punto politico di caduta, degli interventi del compagno Pegolo da una parte e del compagno Ferroni dall'altra.

Il compagno Pegolo sostiene che ci debba essere esclusivamente un coordinamento nazionale delle forze che hanno animato UP senza avere ricadute organizzative territoriali.

Il compagno Ferroni sostiene che si debba aprire un congresso straordinario del Partito perché il punto di caduta politico del Partito debba essere un polo alternativo con SI, Verdi e M5S.

Ci è stata estrema chiarezza da parte di questi compagni sulla direzione politica che dovrebbe tenere il Partito e dove dovrebbe essere condotto nei prossimi mesi.

Questa chiarezza non ci è stata nella relazione del segretario che ha glissato su 5 aspetti a parer mio fondamentali:

-quali sono stati i rapporti politici tra le organizzazioni che hanno dato vita a UP e con De Magistris nell'ante voto, durante la campagna elettorale e nel post voto?

-quali sono stati i limiti della nostra proposta politica non in forma autoassolutoria?

-qual è il rapporto politico che deve tenere il Partito rispetto a UP?

-qual è il ruolo del Partito nel futuro prossimo? dobbiamo investirci sopra e se si come oppure no?

-cosa vogliamo fare di UP? come immaginiamo questo spazio politico e come lo vorremmo vedere organizzato?

La poca chiarezza o la completa rimozione da parte del segretario di questi elementi ritengo sia un grosso limite alla nostra discussione. Questo CPN avrebbe dovuto discutere su ciò e tracciare una direzione politica e non lasciare in balia il Partito alle sole dichiarazioni stampa del segretario. O a esclusive interpretazioni territoriali del Partito. Concetto accentuato con la direzione e la segreteria nazionale riunita dopo molto tempo dal voto e mai durante il periodo elettorale.

I dati del voto certificano che l'astensionismo maggiore sia stato nel sud Italia, dove la crisi del modello neoliberista ha le contraddizioni più accentuate. E' chiara la bocciatura per tutte le forze politiche che hanno sostenuto il governo Draghi, così come fu per il governo Monti. In questo quadro i risultati migliori di UP sono avvenuti dove il Partito era radicato o minimamente presente anche con singoli. Penso si debba investire convintamente sul Partito a partire dalla conferenza di organizzazione di gennaio per rigenerare con nuovi metodi organizzativi, di proposta politica più complessiva e di gruppo dirigente. In quest'ottica UP sicuramente può essere uno spazio politico più forte. Uno spazio che non deve essere confinato ma aperto a nuove istanze politiche e sociali. Un percorso che deve essere coltivato con cura, attenzione e democraticizzazione senza accelerazioni organizzativistiche ma con la volontà politica di farlo affinchè esista anche in Italia una sinistra degna di questo nome.

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Giovanna Capelli

La relazione del Segretario ci consegna l’analisi approfondita del risultato delle elezioni nel contesto internazionale e nazionale caratterizzato dalla guerra e dalla economia di guerra. Voglio invece spostare il dibattito su quello che manca e che insieme dobbiamo elaborare per riempire un vuoto che ci rende muti.

Le domanda anche qui ricorrenti sono: che fa Rifondazione e cosa propone? Parliamo di Rifondazione non a partire dalle nostre debolezze, da ciò che possiamo fare, ma da quello che dovremmo fare, dalla funzione storica che il comunismo rifondato ha nel destino del proletariato, dei popoli e dell’umanità. Solo ancorandoci a questa funzione strategica non diventiamo gatti ciechi e possiamo progettare che cosa deve essere Unione Popolare, come farla, non come ultima fedeltà a un simbolo da non cambiare o alla promessa fatta durante le elezioni. Abbiamo stoppato il precipitare di U.P. in un Partito e anche in un Partito personale.

Che cosa proponiamo agli altri che stanno in U.P. nella volontà di avviare un processo unitario e quindi incompiuto? Va individuato il nesso fra Rifondazione e Unione Popolare. U.P oggi è 400.000 voti, le forze promotrici, un programma., relazioni e lavoro comune di 4 mesi. Non crescerà sua sponte ma solo con un forte impegno soggettivo e una finalità esplicita: costruire un movimento politico e sociale di massa. Vengo da una stagione politica feconda, in cui vi erano elementi oggi assenti, che dobbiamo ricreare, le lotte sociali, e il carattere di massa delle organizzazioni politiche e sociali, sindacati e partiti.

Non a caso i Costituenti hanno messo nel testo della Costituzione la centralità di queste forme, che organizzano il consenso delle masse a partire dal senso comune indirizzandolo e trasformandolo nell’azione collettiva, sottraendolo alla egemonia conservatrice e facendo crescere capacità critica, comprensione degli avvenimenti, potenza travolgente dell’esercizio della libertà e dell’autodeterminazione. Dobbiamo aumentare gli iscritti e le iscritte al Partito, che devono avere chiaro quale è il nostro compito.

Non vi è contraddizione fra rafforzare il PRC e costruire U.P , una forma nuova di un movimento politico e sociale plurale organizzato e duraturo, che unisca le forze antiliberiste, che connetta ciò che è frammentato, quella sinistra diffusa che fa opposizione nel sociale e resiste alla pervasività del neoliberismo, ma che da anni si ritrae alla formazione di una rappresentanza e di una narrazione autonoma del blocco sociale delle classi subalterne nella indifferenza, nel non voto, nel voto subalterno a Pd o 5Stelle.

Qualsiasi motivazione sulla prosecuzione di U.P. che non si basi su di un forte progetto strategico non regge, demotiva i compagni. E’ questo obiettivo complesso, che deve dare forza ai territori, al rilancio e alla rigenerazione del nostro partito, delle sue forme organizzative e delle pratiche politiche, è a questo che deve essere dedicata la Conferenza di Organizzazione.

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Marina Loro Piana

Voglio iniziare ringraziando le compagne e i compagni che hanno accettato la candidatura con U.P. e che si sono prodigate e prodigati, spesso dovendo essere in più posti diversi nell’arco della stessa giornata, con grande generosità e con grande entusiasmo. Includo nello stesso ragionamento anche Luigi de Magistris, perché quando insieme si compiono imprese temerarie e spericolate credo sia doveroso ringraziare sempre chi “ci mette la faccia”.

Condivido la relazione del Segretario Acerbo e l’intervento di Musacchio che ha introdotto interessanti elementi di analisi sovranazionali. Non mi soffermo sull’analisi del voto perché già approfondita da altri interventi, voglio però segnalare un punto che non mi sembra sia stato preso in considerazione e cioè il fatto che da molti anni in questo Paese manca un sindacato di classe che organizzi nelle lotte le lavoratrici e i lavoratori (enormi, a questo proposito, le responsabilità del P.D., ma non posso dilungarmi su questo).

Di ciò occorre tenere conto per capire la situazione italiana e la progressiva regressione, anche culturale, della nostra società. Attualmente il maggior sindacato italiano, la Cgil, è impegnata in un congresso all’interno del quale il documento alternativo “Le radici del sindacato” esprime una forte sintonia con le nostre analisi e proposte su una serie di temi dirimenti: la guerra, il lavoro, i diritti, l’autodeterminazione delle donne, ecc. Spero che questo documento possa raccogliere un numero di adesioni tale da aumentare la massa critica sufficiente a “lanciare” e soprattutto a “gestire”, immediatamente dopo gli eventi della piazza (concetto da approfondire, ma non mi dilungo) uno SCIOPERO GENERALE contro la guerra e contro il carovita.

Per quanto riguarda Unione Popolare penso che occorra sviluppare quel processo di valorizzazione di relazioni, di inclusione e di allargamento - sia all’interno che all’esterno - iniziato a luglio. Non condivido nessuna “fuga in avanti”, ma penso anche che Rifondazione non possa limitarsi a un ruolo di testimonianza, ma debba essere il soggetto che porta attivamente nel processo la sua identità di forza comunista - anticapitalista - che persegue il reale cambiamento della società e in essa dei rapporti di forza. Penso inoltre che per permettere, anche a livello locale, il consolidamento delle relazioni attivate da U.P. e il coordinamento tra i soggetti che ne fanno parte, occorra darsi un’organizzazione. La discussione su come stare in U.P. e sulle forme organizzative dovrà necessariamente costituire una parte importante della nostra Conferenza di Organizzazione.

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Raffaele Tecce

La relazione di Acerbo contiene un' analisi articolata (in gran parte condivisibile, cui aggiungerò un punto ) ed una chiara affermazione che Rifondazione non si scioglie, affermazione, però, mi si perdoni, ancora indeterminata. Mi concentro su questa indeterminatezza, cogliendo molti spunti interessanti del buon dibattito di questo CPN :

La sconfitta nostra è stata gravissima

Importanza del ringraziamento a tutte/i le/i compagne/i del PRC per lo sforzo generoso nella raccolta firme e nella campagna elettorale.

Il problema principale è quello di evitare di trasformare UP, che è un ' alleanza elettorale , in un nuovo soggetto politico formalizzato organizzativamente .Sarebbe, infatti, una scelta perdente e sbagliata se vogliamo il rilancio del PRC SE come soggetto autonomo per l' oggi e per il domani.

Ritengo che il merito di UP è stato quello di aver realizzato una prima aggregazione delle forze antiliberiste e perciò si deve procedere in modo paritario, senza prevedere nessuna fusione anche futura e, soprattutto, nessun tesseramento e nessun gruppo dirigente basato sul principio di maggioranza (al massimo un coordinamento nazionale paritario che può decidere solo all' unanimità ). Quindi, a maggior ragione, nessun coordinamento formalizzato a livello locale, se non incontri convocati volta per volta per decidere iniziative di movimento e di lotta solo se decise unanimemente.

Solo così è possibile l' allargamento ad altre forze sociali ed interlocuzione con SI e 5 stelle e soprattutto apertura ai cattolici (Avvenire, Acli ecc. ) con cui dobbiamo implementare la costruzione di un movimento di massa per la pace e la TRATTATIVA, senza se e senza ma, a partire dalla manifestazione del 5 novembre.

Rispetto all' analisi vorrei evidenziare il tema del rischio della modifica della Costituzione in senso presidenzialista; l' elezione di La Russa alla Presidenza del Senato (la seconda carica dello Stato ad un fascista dichiarato ) e di Fontana alla Camera aggrava la situazione. Particolarmente grave il ruolo giocato da Renzi, come esponente dell' ultraliberismo dei ceti forti ; il problema non è infatti, a mio avviso,la trattativa per le vice presidenze, ma la volontà di creare un asse con la destra sul presidenzialismo evocando una riforma che si ispira al " Sindaco d' Italia" ,un modello che esautotererebbe il Parlamento rispetto al Presidente del Consiglio, come ha già esautorato i Consigli Comunali.

Perciò attenti anche noi a parlare di Sindaco d' Italia - come ha fatto superficialmente in campagna elettorale de Magistris -e che ora non può essere taciuto.

Peraltro la stessa legge 81/93 sui Sindaci va analizzata - come ho iniziato a fare nell' ultimo numero della rivista "Su la Testa "- perchè porta all' emarginazione del dissenso: come facemmo in Parlamento in quegli anni va allora rilanciata anche per i Comuni una battaggia conrto questa legge e per una legislazione nazionale e comunale basata sul proporzionale puro senza sbarramenti.

Il PRC SE nella sua storia ha subito parecchie scissioni, piccole e più significative, sempère sul tema del governo, come ci ricorda spesso il compagno Mantovani .

Nel 1998 il PRC SE fece cadere il primo governo Prodi per difendere il lavoro operaio e le conquiste dei lavoratori.

La scissione voluta da Cossutta e Diliberto, ed il voto di quei parlamentari in dissenso con la maggioranza del nostro CPN, peraltro non salvò il Governo Prodi. Pur pagando un prezzo nell' immediato sin dalle elezioni del 2001 abbiamo ricostruito la nostra forza con la coraggiosa scelta della desistenza.La strada che seguimmo fu quella di costruire mobilitazione e prepararsi all' internità al movimento altermondialista da Seattle a Porto Alegre ecc. .

Allora come ora Rifondazione Comunista può resistere come soggetto autonomo aprendosi e rinnovandosi

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Matteo Masum

Nonostante gli sforzi profusi, in anni di aspri contrasti interni, per definire il perimetro della nostra proposta politica il più lontano possibile dal PD, nella percezione della grandissima maggioranza delle persone il PRC continua a rappresentare un pezzo di quell’area che, giustamente benché forse non con piena consapevolezza, viene additata come la causa principale del malessere sociale ed economico che l’Italia sperimenta da oltre un decennio.

Ciò è la ragione per la quale subiamo i medesimi arretramenti del centrosinistra, ed i medesimi, rarissimi, successi (es. Europee 2014). Occorre pertanto individuare soluzioni che consentano di recidere questo cordone ombelicale anche a livello di massa. Le direzioni di queste pratiche possono essere molteplici; ne segnalo due che reputo particolarmente importanti. La prima attiene alla comunicazione politica, aspetto sovente sottovalutato nel nostro partito, forse perché considerato “borghese”.

In tal senso, è necessario abbandonare da un lato l’utilizzo della parola “sinistra”, concetto dall’alto valore simbolico solo all’interno della nostra, ormai ridottissima, area, ma che fuori da essa significa Letta, Renzi, Fornero ecc., dall’altro quel senso di minorità rispetto ad un fratello maggiore, che ci fa apparire come accattoni alla ricerca delle briciole per giungere al 3% (i perdenti in genere perdono). La seconda traiettoria riguarda le alleanze politiche, che per noi possono assumere il significato di alleanze sociali.

In quest’ottica, sebbene mossi da programmi simili e obiettivi spesso convergenti, bisogna accantonare l’asse con Sinistra Italiana, in quanto, nella realtà del 95% delle persone, siamo di fatto la stessa cosa, ed una eventuale alleanza non farebbe altro che consentire anche a noi di raggiungere quell’autoconservazione che i dirigenti di Sel prima e SI poi hanno posto come orizzonte massimo. Non può essere questo l’obiettivo di un partito comunista. Guardare al M5S non deve rappresentare invece un tabù.

Il M5S è ancora, nonostante le scelte del recente passato, lo strumento attraverso il quale milioni di lavoratori, lavoratrici e disoccupati si illudono di poter cambiare le cose. Nostro compito è cercare di trasformare questa illusione in realtà, facendo astrazione del manipolo di dirigenti opportunisti, a partire da Conte, e utilizzando il M5S come un veicolo, una possibilità di tornare a parlare con quella classe che oggi ci considera inutili, o peggio parte del problema. E’ del tutto evidente che si tratta di un rischio, ma l’attesa di Godot non risolverà i gravissimi problemi che stiamo affrontando, i quali nel prossimo periodo non faranno che aumentare e che richiedono una risposta non fra 10 anni; ora.

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Fausto Cristofari

Inizio il mio intervento dicendo che ieri a Torino si è svolta una manifestazione per la pace, con centinaia di partecipanti, indetta sulla base dell’appello lanciato da circa 600 insegnanti delle scuole superiori. Questo appello di lavoratori e lavoratrici della Scuola ha determinato una presenza superiore rispetto alle iniziative per la Pace che hanno seguito la prima, svoltasi a ridosso del 24 febbraio, l’unica che aveva registrato una presenza significativa. E’ il segno delle difficoltà che si incontrano nella costruzione dei movimenti. Sarebbe utile, a tale proposito, mettere in circolo le esperienze, per capire, come PRC (e UP) possano agire con efficacia in tal senso. Per ciò che riguarda UP, a Torino si è svolto un primo incontro con candidat* e sostenitori/sostenitrici, dove sono stat* soprattutto alcun* candidat* indipendenti a sostenere (anche se non in termini immediati) la trasformazione di UP in un vero e proprio soggetto politico, probabilmente inteso come antidoto al dissolvimento dell’esperienza.

A queste spinte occorre dare una risposta, non certo nei termini della costituzione di un nuovo partitino, ma dando continuità al progetto di UP, con regole democratiche di funzionamento, basate sul principio del consenso. UP dovrà darsi una articolazione, allargata ai vari soggetti che l’hanno fin qui sostenuta, sia a livello nazionale che a livello locale. E’ importante cogliere il clima che si è determinato, che non si è tradotto, malgrado l’esito elettorale negativo, in un “effetto boomerang” da insuccesso. La nostra Conferenza di Organizzazione, senza distogliersi dall’obbiettivo della riorganizzazione e del rilancio del PRC, dovrà occuparsi anche del tema di come strutturare la nostra presenza all’interno del progetto di UP.

Dovremo prestare attenzione al voto raccolto da Sinistra Italiana/Verdi e dal M5S, nonché alla crisi che attraversa il PD; ciò sarà possibile proprio sulla base della nostra scelta di chiara alternatività a centro-destra e centro-sinistra. Altro tema centrale è quello del Sindacato: dalla costruzione dello sciopero dei Sindacati di base del 2 dicembre (superando la loro frammentazione) all’iniziativa verso e nella CGIL, a partire dal ribadire la nostra posizione sull’autonomia sindacale, sia nel sostegno al documento alternativo (non ignorandone i limiti, poiché non è sufficiente sostenere le “tesi giuste”), sia con una maggiore caratterizzazione da parte di chi fra noi voterà il documento di maggioranza (ad esempio circa la necessità di operare concretamente verso lo sciopero generale). In conclusione, penso che dovremo saperci mettere in discussione, rinsaldando nel contempo la nostra coesione: più che un problema di cambio dei dirigenti c’è un problema di rinnovamento complessivo del nostro partito.

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Dmitrij Palagi

Abbiamo la necessità di avviare una discussione vera all’interno del Partito, libera da mistificazioni. In Direzione si è parlato di «mitici falsi rinnovamenti che non sono altro che distruttive guerre intestine». Sistematicamente, dopo l’ultimo congresso, è capitato di trovare compagnə in cui era sincera la preoccupazione di rotture interne, in una situazione di fragilità. Ghigliottine, capri espiatori, marionette: queste parole disconoscono il merito delle posizioni, liquidate talvolta come un complotto ordito dall’ex segretario/ministro. Per prendersi cura di una comunità e di un noi, è però necessario accettare la possibilità di un confronto vero, anche duro. Se si deve instaurare un nuovo reato di lesa maestà, allora è bene modificare lo statuto.

Un segretario regionale evidenzia di essere stato portato in garanzia da alcunə compagnə e di vivere male la situazione di incertezza in cui si ritrova da mesi: gli si risponde che è tema da garanzia? Si riduce a questione tecnica il modo in cui si sta nell’organizzazione?

Rifondazione Comunista rischia di sciogliersi per consunzione: lo si ripete da tempo. C’è chi invece pensa che tutto possa andare avanti come negli ultimi anni. O chi ritiene si debba cambiare la linea politica. Penso che prioritaria sia la necessità di essere parte della convergenza di un’opposizione sociale, oggi frammentata e oppressa da rapporti di forza sfavorevoli. Farlo deve essere il compito principale della nostra organizzazione. Il comunismo deve essere l’insieme delle risposte costruite da donne, nuove generazioni, da chi si vede negata la cittadinanza, da chi subisce forme di discriminazione, in aggiunta alle contemporanee forme di sfruttamento. Siamo in grado di essere strumento per le nostre classi sociali di riferimento? Oggi mi pare di no. Come lo si fa? Discutiamone di qui a metà gennaio, a partire dal nostro essere partito.

Unione Popolare deve continuare. Non si possono cambiare “nomi e forme” ogni volta, inseguendo il Bertinotti di Guzzanti. Assieme a Potere al Popolo, ManifestA e DemA dobbiamo concordare il modo per convergere con chi si oppone alla guerra e al carovita. Deve essere lo spazio politico in cui far vivere l’opposizione sociale, senza esaurirla, ma dandole forza, a partire dalla presenza negli enti locali di esperienze di alternativa al centrosinistra e dalle assemblee cittadine delle prossime settimane di UP.

Occorre convocare sistematicamente Segreteria, Direzione e CPN, con ordini del giorno chiari e proposte fatte per tempo. Le recenti discussioni su simbolo, programma e liste sono avvenute per ratificare strade già imboccate, pena la fine di ogni possibilità di futuro. Così non può più essere.

Dobbiamo chiarire chi pensiamo debba fare cosa e come nel: dare forza e vita sui territori al movimento “noi non paghiamo”, essere parte delle piazze per la pace (locali e nazionali), rilanciare la centralità dei cambiamenti climatici, riconoscere il tema della salute mentale come questione politica.

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Ezio Locatelli

Nulla da aggiungere riguardo l’analisi dettagliata che ci è stata proposta nella relazione introduttiva circa il voto e il quadro politico generale. Tuttavia a me sembra che ci sia uno iato tra questa prima parte di analisi e quella che riguarda il nostro campo, in specie il voto di Unione Popolare e quelli che sono i compiti del nostro Partito.

Un compagno che mi ha preceduto ha parlato della necessità di andare oltre il giustificazionismo riguardo il voto negativo che abbiamo avuto. Un voto che ha risentito di certo dei tempi stretti, dell’oscuramento mediatico, di una legge elettorale liberticida. Ma oltre a ciò c’è un bilancio critico da fare sullo stato di grande debolezza delle nostre forze, sui rapporti sociali reali. Ci si è troppo illusi, ancora una volta, di aggirare le difficoltà col semplice attivismo elettorale, l’enfasi sul nome del leader di cui è stata sopravvalutata la capacità di fare la differenza.

Ecco, al di là di dire che Unione Popolare deve continuare penso che dobbiamo produrci in uno scarto rispetto a questa prima fase convulsa, molto elettoralistica, una fase in cui ha prevalso il determinismo del “capo politico”. Si deve andare avanti uscendo da forme di settarismo, operando per un più largo coinvolgimento forze. Bisogna operare per una democratizzazione di percorso e ancor più per un ribaltamento di impostazione. Invece che pensare di fare un nuovo partito che mi sembra una forma di infantilismo politico, si pensi a un lavoro di ripresa sociale, di organizzazione del malcontento e del conflitto che è l’unica maniera per la sinistra di alternativa di uscire dalle sue difficoltà.

Ovviamente c’è da chiarirsi sulle forme organizzative di Unione Popolare. Essendo noi la forza maggiore, quella che ha raccolto il 70/75% delle firme, abbiamo la responsabilità di approfondire e avanzare in prima persona delle proposte. Su questo punto specifico facciamo una riunione di Direzione Nazionale e se necessario di CPN. Penso altresì che è bene che la delegazione del nostro Partito che va al tavolo di UP debba essere decisa nella sede propriamente politica della DN, non in sede esecutiva di segreteria, evitando di reiterare i problemi che ci sono stati all’atto della scelta delle candidature.

Infine, non basta dire in maniera rituale che non è in discussione l’esistenza del Prc. Anche per Rifondazione deve iniziare una nuova fase che tenga conto che siamo in una situazione di guerra, in piena crisi sociale, in presenza di un governo di estrema destra. Siamo chiamati a un salto di qualità nella nostra capacità di coniugare autonomia e unità, di costruire opposizione reale, non in forme propagandistiche, nei luoghi di lavoro e del disagio sociale. C’è la necessità di innalzare la capacità dei gruppi dirigenti di stare sul terreno pratico dell’organizzazione e dell’azione politica. Più che mai abbiamo bisogno di una Conferenza di Organizzazione che sia di rilancio e di rinnovamento di Rifondazione Comunista.

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Dino Greco

A quant* hanno commentato il nostro risultato elettorale come una debacle io chiedo se in ciò non vi fosse un’attesa miracolistica, dove i propri desideri hanno prevalso su un elementare principio di realtà. Allora chiedo: in forza di quale pensiero magico, di quale illusione ottica, si poteva pensare che UP, nata il 9 luglio, precipitata nel volgere di un mese nella campagna elettorale, priva di qualsiasi pur labile radicamento, invisibile a gran parte del paese, falcidiata da un meccanismo elettorale truccato e manipolato, potesse riscuotere nelle urne un consenso rilevante. E mi chiedo se una tale illusione “idealistica”, non prescindesse del tutto dal punto essenziale e cioè che in assenza di un conflitto sociale capace di scuotere per davvero la politica e di incidere nei rapporti di forza fra le classi, si potesse autogenerare una “resurrezione politica” della quale noi ci eravamo proposti come interpreti.

Il timore che serpeggia nelle nostre file di una UP che possa fagocitare il Prc ha ragione di esistere solo ove non si comprenda la differenza fra un movimento di massa plurale e i compiti di un partito comunista. Bisogna togliersi dalla testa che UP possa (o debba!) trasformarsi nel surrogato del partito che non riusciamo ad essere. Timore infondato, se non si coltiva un’idea feticistica del partito e si ha la capacità di fare vivere/promuovere/guidare la lotta di classe, di leggere le contraddizioni della formazione economico-sociale capitalistica e di delineare un progetto di radicale trasformazione della società. La coalizione deve invece avere come cornice politica e culturale la Costituzione antifascista, compito essenziale, in una situazione nella quale quasi l’intero arco parlamentare è ad essa ostile (ai suoi principi, ai suoi valori, alla sua architettura istituzionale, al progetto di società che la innerva).

Se UP è un movimento largo e inclusivo, il nodo cruciale da sciogliere e che deve chiarire il rapporto fra UP e le organizzazioni che ne hanno promosso la costruzione è dunque il seguente: ogni decisione, ogni azione deve essere il risultato di una scelta condivisa, non il frutto di un atto di prevaricazione, agito da una parte contro l’altra. Questo implica tre conseguenze della massima importanza: che non c’è nessuna cessione di sovranità verso UP; che tutto ciò che unisce deve essere agito, nello spazio pubblico, come UP; che tutto ciò che non è condiviso restituisce a ciascun soggetto il diritto-dovere di agire in proprio.

Per quanto riguarda il da farsi immediato, c’è un un prius assoluto: la creazione di un movimento di massa contro la guerra, intrecciato con la questione sociale; la qual cosa non significa solo partecipare e occupare ogni spazio dato, ma anche promuovere manifestazioni per orientarne il segno politico. Poi c’è la questione sindacale. Vorrei ricordare che Karl Marx, che dell’argomento aveva qualche nozione, ha più volte insistito nel sottolineare che il sindacato è il momento più importante della lotta di classe, perché il partito lavora sui tempi lunghi, mentre il sindacato esercita ogni giorno il conflitto fra capitale e lavoro.

Ed ogni lotta di classe è una lotta politica. Ed ecco qui il problema, perché il balbettio, l’afasia sono sotto gli occhi di tutti. La Cgil ogni tanto fa una manifestazione. Ma una manifestazione ha senso se poi si va oltre, e si costruisce una piattaforma rivendicativa e questa si traduce in altrettante vertenze, nei confronti del governo come dei padroni, dove gli obiettivi individuati, sui quali hai stretto un patto con i lavoratori, non si riducono a generiche petizioni ma diventano il terreno sul quale si scandisce la mobilitazione, lo sciopero, fra momenti articolati e momenti generali, fino alla realizzazione di un risultato. Se non c’è questo il sindacato si riduce ad un impotente movimento di opinione, mentre la sua ragione sociale si trasforma da soggetto che organizza il riscatto collettivo a strumento erogatore di servizi a tutela individuale. Occuparsi del sindacato nella drammatica prospettiva che rischia di travolgere le vite di tante persone è un compito imprescindibile nel quale impegnare, per una volta sul serio, tutto il partito.

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Stefano Alberione

Il problema è che ha vinto una destra sociale, quella più a lungo confinata nei sottoscala della Repubblica ed in una posizione marginale persino dentro il blocco conservatore.

Il punto è che una destra sociale non si sconfigge opponendole una sinistra liberaldemocratica, puramente caratterizzantesi a difesa dei diritti civili e della loro espansione.

Non basta perché questa destra si rivolge al nostro mondo e ne recluta una parte. Promette sostegno a ceti poveri ed impoveriti in uno scambio tra paura e protezione sociale.
La cultura liberale possiede argomenti assolutamente inadeguati nel saper soddisfare una richiesta di sicurezza per chi è colpito nei bisogni materiali: il cibo, la casa, il lavoro, il reddito, la salute, l’istruzione; insomma le basi stesse della dignità umana.

La sinistra ha perso qui, non il 25 settembre.

Cinque milioni di lavoratori e lavoratrici poveri e povere (cioè che pur lavorando sono sotto la soglia di povertà), l’80% dei nuovi contratti precari, 3 milioni di precari e precarie in più, unico paese europeo in cui i salari reali sono diminuiti: è questa la materialità della sconfitta della classe lavoratrice. Il sistema elettorale, gli assetti istituzionali, la costituzione materiale del Paese e i diversi ed ormai molteplici risultati elettorali negativi dei comunisti non sono che epifenomeni variamente declinati di questa materialità della sconfitta. Dobbiamo ancora lavorare molto su noi stessi per renderci pienamente consapevoli di ciò, impedendoci di cannibalizzarci imputandoci reciprocamente di volta in volta errori, insufficienze, incapacità ecc., presenti mai però determinanti nel quadro descritto.

Non sappiamo se questa destra al Governo del Paese vorrà fingersi moderata, ma è dal giudizio di cosa essa è che si deve fondare la nostra opposizione, rigorosa ma non parolaia, che non tollera soluzioni minimali.

Le nostre decisioni, l’identità, le alleanze cioè la nostra linea politica, devono dipendere da questa premessa: se siamo convinti di interpretare una sinistra piantata nei conflitti che sono aperti o che si apriranno in questo Paese, senza la quale nessuna difesa e lotta per i diritti civili saprà arginare questa destra sociale. Solo il conflitto potrà impedire che questa destra riesca a trasformare il consenso elettorale d’oggi in un blocco sociale coeso di domani, difficile da smontare. Per questo dobbiamo essere prioritariamente agenti della promozione e nell’organizzazione del conflitto.

Il tema è come fare tornare la politica da strumento regressivo per larghe masse popolari che ne hanno subito l’azione a strumento affidabile per migliorare la loro condizione, cioè strumento di una emancipazione collettiva nel segno della giustizia sociale.

Dobbiamo fare del nostro Partito, che vogliamo adeguatamente riorganizzare, e del più ampio spazio politico rappresentato da Unione Popolare che vogliamo consolidare, oltre la recente esperienza elettorale, lavorando alacremente al suo allargamento, le leve di una politica radicale, radicata, popolare a partire da quelle parole d’ordine che identificano una sinistra: pace, disarmo, internazionalismo. Dobbiamo dare a Unione Popolare gambe, un’organizzazione minima, nazionale e territoriale, un metodo decisionale per consenso, la funzione delegata a livello per lo meno elettorale.

E’ stato posto il problema della necessità di rinnovare la classe dirigente di questo nostro piccolo partito, ma non banalizziamone la natura riducendola a scorciatoie: come si forma una classe dirigente di un’organizzazione comunista nella latenza ultra decennale del conflitto sociale, come la si seleziona, come la si attrezza, come la si legittima nei confronti dell’intero corpo del Partito, non per filiere di appartenenza ma con modalità democratiche per quanto possibile condivise. Perché i tempi e i modi non devono rispondere ad esigenze organizzativistiche ma a una cultura politica che si fonda sulle ragioni dello stare insieme.

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Paolo Ferrero

1) Concordo sulla necessità di fare una discussione in CPN sul Partito della Sinistra Europea.

2) Penso che il voto abbia avuto una connotazione sociale maggiore di quella che ho colto nel dibattito: molti partiti infatti hanno svolto una funzione di difesa corporativa di specifici interessi. Vale per il M5S sul reddito di cittadinanza, per Berlusconi sulle pensioni minime come per la Meloni che ha preso voti popolari in virtu delle sue posizioni contro i migranti e il reddito di cittadinanza. In assenza di un ruolo sindacale positivo, le divisioni interne al proletariato vengono usate dalla politica per rappresentare alcuni settori contro altri settori, alimentando una guerra tra i poveri generalizzata. Questo ha molte conseguenze di cui non ho lo spazio per parlare. Ne sottolineo una: senza affrontare il nodo politico della riunificazione del proletariato, non vi è nessuna possibilità di costruire una alternativa politica in questo paese. Dovremmo quindi occuparci di cosa accade nel sociale, del sindacato, della ristrutturazione dell’apparato produttivo, del lavoro nei servizi. Dovremmo cioè capire la società, le contraddizioni, scegliere le priorità e i modi di intervento per sviluppare un progetto politico di sinistra. Purtroppo di tutto questo non ho sentito nemmeno un cenno nella relazione e così la nostra proposta si risolve in un posizionamento politico e non affronta il nodo dell’intervento del partito. Ad esempio io penso che sulla difesa del reddito di cittadinanza nel mezzogiorno nasceranno lotte: aspettiamo che le gestiscano forze di destra o proviamo a progettare un intervento da sinistra? E’ un grave limite di direzione politica essere un partito che in larga parte commenta e giudica cosa fanno gli altri, come nei due anni del Covid senza dare indicazioni precise. Nel ringraziare Locateli e Martinelli per l’iniziativa contro il caro bollette, propongo di riunire rapidamente gli organismi dirigenti su questi temi sociali.

3) In questo CPN si affastella la discussione sull’analisi del voto con quella su cosa dovremmo fare. Questo accade perché siamo sempre in colpevole ritardo: avremmo dovuto fare la riunione degli organismi dirigenti a ridosso delle elezioni per fare l’analisi del voto e oggi, dopo 3 settimane dovremmo avanzare le nostre proposte. Invece siamo in ritardo e questo ha effetti negativi nel partito e verso l’esterno. Prendiamo la questione di Unione Popolare. La relazione non ha avanzato una proposta chiara su cosa fare – federazione, confederazione, una testa un voto ? - e questo alimenta divisioni e disorientamento nel partito e non aiuta lo sviluppo positivo della discussione in Unione Popolare. Il nostro “essere colla” non può ridursi a metterci nel mezzo dopo che gli altri si sono posizionati... Significa svolgere un ruolo, avanzare una proposta unificante. Ma per averla bisogna discutere – e propongo che ci riuniamo subito per discutere su Unione Popolare - non stare li ad aspettare che altri la avanzino. Non ho più spazio e quindi non scrivo degli altri temi che ho affrontato nell’intervento.

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Fabrizio Baggi

Il governo Meloni con i suoi presidenti di Camera e Senato è il più di destra della storia della Repubblica e certamente ci creerà grandi difficoltà sia sul piano della costruzione dell’opposizione politica e sociale sia su quello del contrasto della narrazione tossica della “grande unità” in nome di una visione distorta dell’antifascismo. Il risultato elettorale di molto inferiore alle aspettative ci consegna un Paese diverso. UP deve proseguire ed allargarsi a partire dalle due prossime scadenze elettorali in Lombardia e nel Lazio. Non basta la somma delle 4 organizzazioni che le hanno dato vita, dobbiamo diventare soggettività politica e sociale di massa coinvolgendo singoli e collettivi di lotta.

Per fare ciò serve un reale processo di democratizzazione dal basso a partire dalla definizione chiara (da parte della DN o del CPN) della Delegazione trattante del Partito che andrà ai tavoli di coordinamento di UP, e dal coinvolgimento dei territori. Un processo che ci porti fuori dai personalismi, dal politicismo e dal verticismo che si sono verificati nel corso della campagna elettorale creando criticità, ad esempio, sul piano della gestione delle candidature, della stesura del programma o della suddivisione della presenza di De Magistris nei territori.

Bene che sia stato chiarito l’equivoco circolato in rete rispetto allo scioglimento dei Partiti a fronte della Costruzione del “nuovo Partito UP” e bene il ritorno all’uso del simbolo politico senza il nome di De Magistris. Va deciso collettivamente come intendiamo strutturare la soggettività e come intendiamo starci e queste sono decisioni che vanno prese all’interno dei nostri organismi nazionali. Organismi che nel corso della Campagna Elettorale sono stati, a mio avviso commettendo un grave errore, in una certa misura privati del loro ruolo, non indetti o convocati tardivamente (ed anche questo CPN che arriva 3 settimane dopo il voto è in grave ritardo).

I nostri organismi devono riacquisire un ruolo centrale non convocati tardivamente al solo scopo di redimere decisioni in qualche modo già assunte ma per decidere collettivamente in quale maniera ci stiamo e cosa facciamo in UP.
Serve dare direzione politica mancata per troppo tempo anche per mettere le compagne e i compagni che fanno parte degli organismi nazionali nella condizione di poter dare risposte argomentate nei territori.
Ci aspettano grandi battaglie, a partire da pace e disarmo e carovita ed a questo proposito ottimo l’attivo nazionale indetto per lunedì prossimo che rimette, dopo le campagne fatte con il Dipartimento lavoro, il nostro Partito dentro il tema dell’opposizione ai rincari.

Serve fare un punto organizzativo sullo stato di Rifondazione, rilanciarla rinforzarla e rigenerarla, in maniera tale da poter sviluppare nei territori una reale opposizione politica e sociale, e per fare ciò è di fondamentale importanza riaprire oggi il percorso di costruzione della Conferenza nazionale di organizzazione che questo CPN fisserà definitivamente ufficializzando la proposta avanzata dalla Direzione Nazionale. Rilanciare Rifondazione per costruire Unione Popolare e costruire Unione Popolare per rilanciare Rifondazione sono elementi non in contraddizione ma assolutamente complementari.

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Sabrina Lazzerini

Il risultato elettorale è stato deludente e il contributo che si pensava potesse date De Magistris nel sud è stato irrilevante, la campagna elettorale per noi è stata difficile, sicuramente il periodo estivo e tutte le motivazioni citate dal Segretario non hanno facilitato, il clima di lavoro con i nostri alleati è stato pesante ed è stato necessario un continuo lavoro di mediazione che ha impedito ai compagni di dedicarsi al meglio alla campagna elettorale. Come sempre il lavoro sul campo è stato nostro appannaggio, banchetti, volantinaggi, porta a porta.

Ora è venuto il momento di decidere se e come andare avanti, credo che tutti quanti siamo d’accordo sul voler mantenere viva UP senza però annientare Rifondazione Comunista. E’ necessario quindi valutare bene quali siano le scelte pratiche su come andare avanti, credo non sia possibile riproporre il sistema delle assemblee una testa un voto ma che sia necessaria una regia dove, attraverso un coordinamento a livello nazionale vengano decisi temi e battaglie da fare insieme sotto il nome di UP lasciando ampio spazio alle iniziative del partito che non vedono accordo con le altre forze.

E’ inoltre necessario lasciare aperto lo spazio federativo di UP per permettere ad altre forze di sinistra di entrare senza annientarsi a sua volta cercando altri interlocutori senza chiudersi in una alleanza che da sola ha dimostrato la sua debolezza.

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Eliana Ferrari

Sono sostanzialmente d'accordo con le valutazioni del Segretario riguardo gli esiti del voto. Sottolineo che l'esito molto negativo di UP è da attribuire anche allo spostamento della percezione di voto utile nel campo della sinistra, sui 5 Stelle e su SI.

Va detto anche però, che in questo campo Unione Popolare sostanzialmente non ha giocato perché non è riuscita a comunicare la propria utilità ai soggetti fondamentali di riferimento. Per questo occorre costruire/ricostruire il campo della sinistra di classe, del conflitto sociale, della lotta alle diseguaglianze, che proponga risposte concrete e utili alla disperazione delle classi subalterne. E' necessaria quindi una riflessione fortemente autocritica, che, pur tenendo aperto il percorso di costruzione di UP, metta al centro della nostra discussione le molte preoccupazioni che sono emerse in questo CPN e che riguardano la costruzione condivisa del percorso politico di UP e insieme il ruolo di Rifondazione in questo processo, evitando prima di tutto di riprodurre gli errori fatti nella concitata e poco chiara fase elettorale.

E' necessario quindi evitare che i nodi irrisolti evidenziati in tanti interventi, precipitino in luoghi di discussione ristretti e chiusi, dove le scelte sono conseguenza di rapporti di forza sbilanciati. In questo CPN dove si è discusso tardivamente degli esiti elettorali, è mancato questo oggetto di discussione, che però è emerso inevitabilmente e in modo preponderante come necessità del partito, uscito indebolito e disorientato dalla fase elettorale. Io credo che UP sia necessaria quale spazio politico popolare con vocazione di massa, con una capacità di aggregazione che travalica le singole potenzialità dei soggetti che la compongono e a cui deve aprirsi in modo plurale.

Credo anche però che il ruolo di Rifondazione, che non è sovrapponibile né contrapponibile ad UP, sia decisivo e che vada definito dialetticamente al nostro interno, anche a garanzia della democraticità delle modalità di svolgimento del processo avviato. Mi aspetto quindi che si esca da questa discussione con la definizione di proposte chiare e concrete sia sul proseguimento del percorso di costruzione di UP, a partire dalle sue forme, sia sul ruolo del nostro partito, che deve trovare il compimento del suo rafforzamento e rinnovamento, anche in relazione a UP, nella Conf. d'organizzazione, ora più che mai necessaria.

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Stefano Galieni

Partendo da una riflessione sul voto non condivido chi sostiene che la vittoria della destra riguardi una minoranza del Paese. A mio avviso, il risultato degli eredi di Mussolini è la punta dell’iceberg di una egemonia culturale, fondata su individualismo, visione familistica o al più corporativa della società, crescita di una identità nazionalista. Tratti che non vanno oltre il Fdi e Lega ma contraddistinguono le forze centriste, parte del Pd e di un M5S privo di riferimenti ideologici. Un tema da approfondire che si coniuga con un secondo aspetto.

Chi ha provato a fare opposizione non ha potuto contare sulla contrarietà alla guerra. Di certo si è contrari al conflitto per gli effetti che ricadono sull’economia nazionale e sul costo della vita per le fasce più deboli ma non per un neo pacifismo di massa. Questo ha influenzato, oltre che le cause oggettive, anche il risultato deludente di Unione Popolare. A chi ne parla già come un progetto da relegare a cartello elettorale o di cui rallentare la realizzazione, contrapponendolo alla giusta necessità di rafforzare il partito, pongo una questione.

Nel congresso abbiamo all’unanimità manifestato il nostro ruolo di “collante” sociale e politico per l’alternativa di sistema. UP è il primo passo in questa direzione. Va allargata, nessuno dei soggetti che la realizza deve vedere a rischio la propria autonomia, deve essere democratizzata e trovare un proprio originale modo di operare, ma non va ostacolata. Ci saranno tempi per realizzare UP ma si deve lavorare affinché il processo non si fermi. La formazione di un coordinamento provvisorio nazionale, passaggi assembleari, nazionali e nei territori, devono servire a sciogliere anche le difficoltà che ci sono fra organizzazioni e a fare in modo che chi condivide i comuni punti di vista possa partecipare.

Comprendo i timori derivanti da scelte passate che abbiamo pagato ma, per costruire uno spazio politico di cui c’è bisogno è necessario ricomporre fra forze diverse non mirando alla costituzione dell’ennesimo partito unico ma di un soggetto plurale che possa essere attraversato dalle spinte che nel Paese ci sono. Le compagne e i compagni che stanno lavorando in tal senso devono avere un mandato chiaro e definito per tale percorso rimandando tutto, in ultima istanza al CPN.

Per quanto riguarda il Partito, l’emergere in questi mesi di sensibilità e orientamenti, a volte divergenti, fanno pensare che la pur necessaria Conferenza di Organizzazione rischi di non essere sufficiente. C’è chi propone di rivedere la nostra linea politica e in tal caso il luogo adeguato è un congresso. Se prevale la necessità della Conferenza come luogo anche in cui rivedere il nostro agire e rigenerare, anche con radicali cambiamenti, il gruppo dirigente, mi permetto di chiudere dicendo che: sono nel partito da 22 anni, ci sono compagne e compagni che fanno parte della Direzione nazionale da allora. Perché non anticipano la rigenerazione chiedendo la propria sostituzione e rimanendo, con la loro indubbia autorevolezza, come invitati permanenti dell’organismo come hanno già fatto altri compagni?

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Eleonora Forenza

Oggi, 16 ottobre, ricorre l’anniversario della deportazione dal ghetto ebraico di Roma attuata dal nazifascismo nel 1943. L’elezione di Larussa e Fontana alla presidenza delle Camera e il prossimo incarico a Giorgia Meloni ci impongono l’invenzione di nuove forme di resistenza: dobbiamo avere la capacità di opporci alla normalizzazione del postfascismo e insieme continuare a denunciare le responsabilità culturali (il revisionismo e il rovescimo) e politiche (la maggioranza Draghi che spiana la strada alla vittoria delle destre) della sinistra liberista, che sta contribuendo a far sì che l’atlantismo sostituisca l’antifascismo come fondamento della Repubblica.

Anche in Ue si è aperta un’altra fase con la guerra: chiusa la parentesi postpandemica, l’Ue diventa fanatica praticante della religione atlantista, in cui i Paesi dell’Est (più che l’asse franco-tedesco) e le forze conservatrici (Ecr) diventano sempre più trainanti nella “maggioranza Ursula”.

In questo quadro si inseriscono anche la crisi della sinistra europea e le spaccature del gruppo The Left in Parlamento europeo. Nella Commissione per il documento per il Congresso della Sinistra europea (a cui partecipo per il Prc) purtroppo la posizione ampiamente prevalente al momento sulla guerra è: silenzio sulle conseguenze dell’espansionismo Nato, necessità del ritiro delle truppe russe per l’avvio della trattativa. Chiedo quindi mandato al Cpn per portare avanti la nostra posizione: analisi di quanto avvenuto dal 2014 (Euromaidan, inizio della guerra in Donbass e ruolo delle forze neonaziste), le conseguenze dell’espansionismo Nato e della Conferenza di Madrid, la necessità di anteporre la trattativa per la pace a qualsiasi condizionalità, no invio di armi

Sull’analisi del voto: Up ha avuto troppo poco tempo per erodere l’astensionismo ed è stata fagocitata dal voto socialmente efficace al M5s (su salario e reddito, in particolare al Sud) molto più che dal voto elettoralmente utile al csx per battere le destre. Più da “Il Fatto” che da “il manifesto”.
È fondamentale costruire Comitati per la difesa del Reddito di cittadinanza.

Dobbiamo proseguire l’esperienza di Up come strumento di convergenza politica e sociale, aperta a nuove esperienze e costruita democraticamente. Non un partito, ma nemmeno una sommatoria di organizzazioni in competizione fra loro (anche perché il Prc si è molto indebolito, sulle relazioni europee, la comunicazione, l’organizzazione).
Infine, sulla taumaturgica Cdo, su cui alcuni interventi tornano con la ripetitività con cui il protagonista di Shining scriveva “Il mattino ha l’oro in bocca”. C’è un rischio di restaurazione nella retorica sulla rigenerazione e una grava responsabilità nell’aver spaccato il partito dopo un congresso unitario, non su una questione di linea politica, ma sulla pretesa surreale “io gestisco la linea politica meglio di te”. A proposito della differenza fra conflitto fra generazioni politiche e rigenerazioni autoassolutorie, andrebbe ricordato quanto sia stata osteggiata da dirigenti di questo partito la centralità del reddito per la nuova composizione di classe.

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Rita Scapinelli

Sui risultati elettorali merita attenzione il fatto che un partito definito postfascista che non ha mai rotto con la sua origine fascista sia diventato il primo partito del nostro paese. E' preoccupante che gli elettori considerino il fascismo una esperienza conclusa, un fatto storico, un qualcosa che non fa più paura, e ritrovarci oggi La Russa Presidente del Senato, mentre è in atto una recrudescenza dei fenomeni legati al neofascismo. Lo sdoganamento del fascismo, da che Violante nel 1996 fece il suo discorso con un passaggio sui ragazzi di Salò, lo abbiamo visto in occasione del ricordo delle foibe, lo vediamo quando a Predappio il Sindaco di destra rifiuta il patrocinio alla manifestazione per ricordare la Liberazione, nelle tante iniziative nostalgiche organizzate da neofascisti quando non si parla di veri e propri atti di violenza e aggressione. Lo abbiamo denunciato in diverse occasioni e continueremo a farlo.

Anpi col suo congresso ha posto un'attenzione particolare alla difesa della Costituzione e noi dobbiamo stare in quella che è rimasta uno dei pochi presidi democratici. Lo dico perché con questo governo dovremo aspettarci tentativi di stravolgere la Costituzione, ce lo hanno già anticipato, vanno costruiti quindi dei fronti di opposizione i più larghi possibile, dovremo vigilare e mantenere rapporti stretti con tutte le realtà politiche e associative che intendono ostacolare questo progetto.

E allora qual'è la nostra proposta per UP? Perchè non c'è dubbio che l'esperienza diU.P. non debba essere archiviata , il problema è come la si vuole portare avanti. Nessuno vuole sciogliere Rifondazione e nemmeno vuole fare un nuovo partito, anzi Rifondazione va rilanciata. Rifondazione però è insufficiente? Noi stiamo nelle lotte, siamo da sempre impegnati nella difesa dei soggetti più deboli, ma non siamo percepiti utili da quel popolo che noi intendiamo rappresentare, nemmeno con UP siamo riusciti convincere chi si astiene dal voto.
E quindi nemmeno UP è sufficiente, lo hanno dimostrato i risultati elettorali. E allora quale prospettiva per UP?
Se ci fosse oggi una precipitazione organizzativa di questo “soggetto politico” (per me non soggetto, ma alleanza di forze politiche e sociali) significherebbe chiudere verso quelle realtà politiche o individuali che noi invece vorremmo includere e questo vale anche per i territori.

Vi sono poi divergenze di proposta politica tra le forze che fanno parte di UP, nodi politici evidenziati anche da Pap , che vanno risolti e questo è prioritario rispetto all'organizzazione
Occorre lavorare su quelle che sono le convergenze e cioè sui temi su cui siamo d'accordo, coinvolgendo tutte quella realtà che si oppongono alla guerra, all'invio delle armi , all'aumento delle spese militari, compreso il mondo cattolico.
Lavorare contro il caro bollette e per il lavoro, aderendo alle manifestazioni di tutti i sindacati, e in assenza di accordo tra le forze in U.P (vedi CGIL).,manteniamo una nostra autonomia di iniziativa politica partecipando come PRC.

UP è stato un primo presidio democratico che ha aggregato forze antiliberiste non sufficienti però, va quindi previsto un suo allargamento per la costruzione di un campo ampio della sinistra antiliberista, mi piace pensarlo come uno spazio di discussione e proposta politica nel quale ciascuna forza mantenga autonomia e diritto di iniziativa soprattutto dove non c'è unitarietà, quindi nessuna cessione di sovranità. Solo in questo modo le parole “rilanciare Rifondazione” hanno un senso, se no resteranno parole vuote.

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Davide Licari

Cari compagni e care compagne, è il mio primo intervento in qualità di membro del CPN. Il Partito si trova davanti una doppia sfida, la prosecuzione del progetto di Unione Popolare, la rigenerazione e il rilancio del Partito. Possiamo individuare Unione Popolare come lo strumento tattico da adoperare per costruire la massima convergenza possibile nel campo dell’alternativa, mentre il partito resta lo strumento strategico la cui finalità ultima è la realizzazione del cambiamento dello stato di cose presente. Unione Popolare ha ottenuto un risultato non positivo, tuttavia i 403.000 elettori ed elettrici che hanno scelto UP meritano risposte concrete e la continuità di un progetto che di fatto inseguiamo da oltre un decennio, occorrerà rivedere l’organizzazione della coalizione, la comunicazione interna ed esterna, ampliare la base allargandola democraticamente ad altre soggettività che inizialmente non hanno aderito a Unione Popolare per costruire una coalizione sempre più forte e competitiva, che risulti attrattiva per l’elettorato.

Il Partito può rigenerarsi e operare quel tanto atteso rilancio all’interno di una prospettiva a medio e lungo termine. Occorre lavorare nel reinsediamento del Partito nei territori, nella rigenerazione interna ai quadri, nella formazione di nuovi militanti giovani, e per farlo è fondamentale socializzare le competenze e le esperienze interne al Partito, il nostro intellettuale collettivo, e in questo senso le iniziative sul sociale organizzate online, oppure i seminari relativi gli aspetti organizzativi preminenti in campagna elettorale sono esempi tangibili di come una vera e propria scuola di partito possa permettere la trasmissione del sapere ai giovani militanti del nostro Partito. E’ un lavoro che deve essere svolto per garantire la prosecuzione della Rifondazione Comunista.

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Marina Boscaino

Il 17 settembre ho organizzato insieme ad altri e altre del mio circolo una iniziativa, in un parco, cui hanno partecipato più di 120 persone, nessuna della quale – tranne noi del circolo – iscritta a PRC. Ci hanno aiutato ragazze/i, al primo incontro con la politica, in un quartiere (Spinaceto, Roma) con una popolazione giovanile divisa tra laureati e dottorandi e ragazze/i che non completano il ciclo di studi superiori. Hanno portato capacità di comunicazione, creatività, emozioni, biografie.

Credo non esista più un blocco sociale che chieda di essere rappresentato e i cui bisogni vadano interpretati, perché questa istanza è stata neutralizzata da 25 anni di neoliberismo selvaggio, parcellizzazione, individualismo, progressiva latitanza dei sindacati ecc. Per analizzare quella che Paolo Ferrero chiama la “prevalenza delle contraddizioni esterne” del proletariato bisogna partire da questa constatazione e riconquistare la fiducia.
Quale tipo di equilibrio debba esserci tra tale rilancio di PRC e la costituzione di UP (che ritengo imprescindibile)? Va fatta una discussione seria e trasparente. Lavoriamo tutte/i per lo stesso scopo e nessuno/a deve considerare la critica un attacco personale.

Al di là delle intenzioni, sin dal 9 luglio UP ha imboccato un processo opaco, con interventi già previsti a priori, compreso il mio: non è così che si attrae consenso.
Nel programma (scritto da chi?) non sono entrati i contenuti di alcune lotte che hanno visto PRC in prima linea, prime tra tutte la Lip scuola e il Ritiro di ogni autonomia differenziata. All’AD, nonostante il capitolo dedicato, era riservata solo una riga; e dire “siamo contro l’autonomia differenziata e per le autonomie” confonde le idee alle persone e immette nel programma di UP una centralità dei sindaci (elemento non banale) non negoziato. Manca la comunicazione: compagne/i, che hanno raccolto firme a Ferragosto, non sanno come si sta andando avanti, chi sta andando, come e dove si andrà

A luglio è venuta a galla una crisi dentro PRC, una crisi nero su bianco, a colpi di mail, irrisolta, che sta bloccando il partito (ne hanno parlato Tonia, Vito, Loredana, R. Villani, Dimitri e altre e altri in termini espliciti) ma soprattutto sta inserendo forze centrifughe, rivoli di operatività autonoma, interpretazioni differenti che non possono che dissanguarci. Fuori c’è la guerra, una crisi sociale di straordinaria portata, che mette a repentaglio, nel bisogno, i diritti fondamentali delle persone, senza che se ne accorgano e ne facciano elemento di rivendicazione, perché hanno un’unica preoccupazione: sopravvivere, non cercando più, perché non ci credono più, sostegno.

La conferenza di organizzazione non risolverà tutti i problemi interni né tanto meno ci garantirà automaticamente un’efficacia nel trovare risposte alle domande che l’attualità ci pone. Ma ci garantirà, come ha detto M. Sgherri e come mi sembrava auspicare D. Greco, rispetto e cura del meccanismo attraverso cui si prendono le decisioni: segreteria, direzione, CNP o sono parti integranti di questo meccanismo o sono orpelli retorici. Esiste una differenza tra rigenerazione, restaurazione (che non penso sia tra i desiderata di nessuno) e rottamazione integrale di una classe dirigente, e il rinnovamento non può essere sulla base della data di nascita. Bisogna uscire dallo stato di congresso permanente, dunque instabile, provvisorio: solo così PRC farà al meglio la propria parte nella costruzione di UP.
Alle ragazze e ai ragazzi del Parco Campagna a Spinaceto, che ci hanno creduto e che potrebbero crederci, dobbiamo risposte e fatti concreti

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Daniela Alfonzi

Per punti:

1 - Circa il risultato elettorale di Unione Popolare, non concordo con chi parla di disastro, e in sovrappiù attribuisce a De Magistris il mancato miglior risultato; per quanto una speranza possa avere un fragile fondamento, la delusione che deriva dall’insuccesso è vera e palpabile, ma essa parla più del nostro bisogno di rompere la protratta esclusione dalla rappresentanza parlamentare che di una realistica possibilità. Il risultato elettorale ci dice che resistiamo nonostante le avverse condizioni (legge elettorale, voto utile, competizione con il M5S) ben descritte dal Segretario e la composizione del voto fa intravedere un certo interesse per UP da parte di giovani, cioè possiamo indagare se pur all’interno dello scarso incremento di voti non vi sia stata comunque una sostituzione tra vecchi e nuovi elettori che possa far presagire una capacità di attrazione e mobilitazione. Nella sua relazione il Segretario ha definito le coordinate entro cui sviluppare il progetto: continuare la coalizione di Unione Popolare e continuare con Rifondazione. Da un lato dare continuità al progetto di Unione Popolare ripartendo dall’assemblea del 9 luglio, costruendola con un doppio movimento dal basso e dall’altro, dai territori e dal centro, ampliandone la partecipazione, individuando regole di funzionamento e i temi da condividere, sul modello dei Social Forum del Movimento dei Movimenti, e su cui partecipare e dare vita a vertenze e conflitti . Unione Popolare si deve costruire a partendo dall’esperienza che se ne fa, e dalla riflessione che come Partito ne facciamo insieme; dall’altro lato continuare con Rifondazione con l’orgoglio di chi sa sviluppare pensiero critico e leggere la realtà in maniera autonoma, non chiudendosi per preservarsi, ma innovandosi perché aperti a sperimentare e senza troppe angosce da campionato sportivo: dobbiamo imparare a teorizzare e praticare un’egemonia mite;

2 - La Destra di FdI ha vinto le elezioni , in un travaso di voti interno da Lega e Forza Italia, e non è dilagata nel Paese come correttamente detto nella relazione del Segretario; è cresciuta la percentuale degli astenuti che con il loro non voto dichiarano insoddisfazione, sfiducia e rancore verso tutto il sistema della rappresentanza che non dà risposte a bisogni sempre più impellenti. Diciamo che la Destra farà politiche antipopolari in continuità con il Governo precedente, ma non sappiamo come agirà per mantenere il suo risultato né in che modo andrà a cercarsi il consenso necessario a governare senza scatenare la rivolta sociale: su tasse, lavoro, welfare e reddito di cittadinanza, pensioni potranno essere assunti provvedimenti populisti, conditi da narrazioni manipolatorie che contrappongano poveri a poveri e gli ultimi ai penultimi, ma dove la Destra ha libertà di azione e può esprimere i suoi valori -Dio Patria Famiglia- senza le costrizioni dell’atlantismo o dei dogmi dell’Unione Europea è sui diritti civili usati per scardinare culture progressiste e favorire un disciplinamento che faccia da argine alle paure sociali ed esistenziali e porti verso una società autoritaria. Il connubio tra liberismo economico e conservatorismo etico potrà servire a rendere stabile quello che per adesso è “solo” una vittoria elettorale e il tentativo di governare.

3 - Potremo domandarci, per fare una riflessione sulla nostra cultura politica, perché il reddito di base non è diventato una nostra bandiera.

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Rosanna Montecchiani

L'intensa relazione del segretario,ci permette di non ripiegarci su un asfittico noi ,spesso condito da un rivangare ,da faide interne,che contribuiscono solo ad allontanare la necessità della costruzione della nostra comunità che deve essere aperta,solidale e pronta alle sfide epocali che ci attendono. Dobbiamo saper dire basta a chiusure e settarismi, sempre pronti a riconoscerlo negli altri,ma mai in noi stess*.

Mentre la destra si fa Governo, guerra nucleare e povertà incombono, c'è la necessità di ricreare conflitto sociale, di tornare a parlare con le miglia di persone che abbiamo incontrato durante la raccolta delle firme e poi in campagna elettorale.,che non ci hanno votato non perchè contrari alle nostre proposte, ma semplicemente perchè non credevano che le nostre proposte fossero UTILI a cambiare la loro quotidianità, per quanto mi riguarda l'ho capito ai presidi e banchetti nelle zone più povere dei quartieri popolari, guardando il loro carrello della spesa all'uscita dei supermercati.

Se questo è, dobbiamo porci la domanda di dove partire,perchè la rifondazione di un pensiero critico sia utile oggi e nel futuro.

Come sia possibile la ri-costruzione della classe per se e quali sono i soggetti del cambiamento .Ci diciamo che siamo un partito intersezionale,quando esso è solo un enunciato,mentre l'intersezionalità è la chiave di lettura per portare alla luce soggetti e soggettività,che interpretano una società sparsa e le contraddizioni che esistono ,quando si sta precipitando nella barbarie. Solo a partire da tutto questo l'intersezionalità è leva di trasformazione.

Il governo della destra si appresta a varare quello che è agenda europa,che le donne hanno conosciuto in Polonia,ma essa non agisce solo sui diritti delle donne,ma agisce sulla patologizzazione delle diversità e sulla supremazia della razza bianca,Cambia un'idea di stato,non agisce solo sui diritti,ma cambia la concezione del welfare e si unisce all'iperliberismo in una alleanza costruita in anni di distruzione di diritti sociali.

Quello che si è costruito in questi mesi,come UP, è un percorso prezioso, che va perseguito. UP è un'opportunità per la rigenerazione del conflitto sociale (carovita, bollette, guerra).é uno spazio da praticare con pazienza, ritenendo che i rispettivi settarismi di chi l'ha fatta nascere,vadano superati con il fare insieme,senza nasconderci le difficoltà ,ma sapendo che non siamo sufficienti a noi stessi, è un processo in continua osmosi basso/alto, senza precipitazione nel dibattito sulla forma, ma nei territori dove è posibile è necessario costruire momenti di conflittualità condivisa e coordinamenti aperti per confrontarsi ed agire.

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Fulvia Bilanceri

Compagne e compagni,
l’ultima tornata elettorale ci consegna una sconfitta senza appello, fortissima e incondizionata; oltre ad un quadro politico davvero allarmante: a 100 anni dalla marcia su Roma c’era ancora la fiamma tricolore ma non la falce e martello. E i simboli sono importanti perché indicano una idea di società.
Credo che pecchiamo di analisi e superficialità.

I fatti politici che siamo riusciti a provocare sono cogenti sconfitte e non sarà facile uscire da questo “cul de sac”. Tanto meno riuscire a spostare la politica e la società in Italia. Servirà tempo anche se non ne abbiamo.
E’ proprio questa tragedia che ci consegna una grossa responsabilità perché c’è ancora più bisogno di Rifondazione con le nostre idee e convinzioni politiche. A mio avviso l’esperienza di UP non è stata analizzata a fondo in questo CPN. Mi aspettavo una disamina più articolata dei limiti e delle difficoltà incontrate, del radicamento sui territori e di come si siano avute o meno collaborazioni interessanti, come e se si è riusciti territorio per territorio a lavorare. E invece tutte le criticità emerse nei mesi scorsi, sembrano passate o cancellate e si ripropone di andare avanti ma senza definire come né risolvere i problemi emersi.

Mi preoccupa in particolare il fatto che UP sia stata una operazione di vertice, dettata dalla circostanza dell’accelerazione data dalla scadenza elettorale e che, come molti hanno detto, non abbia affatto reso ragione dell’impegno e della straordinaria forza che i compagni e le compagne del Prc hanno saputo dimostrare con la raccolta delle firme e la generosità con cui si sono accettate le candidature, talvolta stabilite con superficialità.
Dunque credo che il CPN avrebbe dovuto discutere e dare risposte e indirizzi, non solo analisi o ripetizioni di sfoghi. Era necessario per fare i conti con le contraddizioni emerse di UP e affrontare la separatezza tra vertici e territori che viviamo e che, a mio avviso, ci ha creato molti danni.

Il CPN dovrebbe essere l’organo sovrano del partito per decidere ma anche verificare la linea politica, avendo coinvolto tutto il partito (qui rappresentato) nella sua elaborazione. Altrimenti non mi pare lecito chiedere una delega (di fatto in bianco).
C’è da aggiungere che un corpo militante che si senta non coinvolto, squalificato o peggio, usato, abbandona la partecipazione e quindi rischiamo la consunzione come partito. Di questo avrei voluto discutere.
Credo che sia quanto mai necessario concentrare i nostri sforzi sulla valorizzazione e il rilancio del PRC a partire da pratiche di democrazia interna diverse dalle attuali. Ciò per essere credibili e non subalterni nei rapporti con altri soggetti politici e sociali con cui dobbiamo costruire lavoro politico. E’ indispensabile per mantenere la nostra necessaria autonomia politica e organizzativa.

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Antonello Patta

Nel dibattito di questo Cpn in relazione ai risultati del voto in generale e di Up in particolare riemergono le carenze strutturali del Prc e i gravi ritardi dei gruppi dirigenti nell’affrontarle. Mi riferisco alla composizione degli iscritti fortemente caratterizzata sul piano del genere e generazionale e al connesso scarso insediamento sociale del partito.

Problemi molto gravi che lo diventano sempre più per il grande tempo alle nostre spalle senza un inversione di tendenza e per il tempo davanti sempre più scarso.
Da ciò la richiesta della conferenza d’organizzazione a cui si è sempre risposto rinviando e tacciando di drammatizzare chi poneva i problemi o richiamando impegni del momento ritenuti più urgenti.

Un compagno ne ha indicato la causa nella gerontocrazia presente nel gruppo dirigente dimenticando di dire che da due anni diversi componenti della segreteria compreso il sottoscritto pongono con urgenza il problema del ricambio generazionale della segreteria a partire da sé. Nel risultato di Up secondo qualche compagno non c’entrano i ritardi perché è sarebbe la mancanza dei conflitti a impedire l’affermazione di una proposta alternativa.
Non solo non si coglie che c’è una responsabilità soggettiva nell’essere arrivati ancora una volta in ritardo alla scadenza elettorale, nonostante le pressanti insistenze a riguardo avanzate da diversi componenti nella segreteria nazionale, ma nemmeno che ciò ci ha impedito di cogliere il momento della crisi di collocazione politica dei 5 Stelle e di Si emersa con forza nei mesi precedenti e superata solo nell’avvio della campagna elettorale, chiudendo degli spazi preziosi.

Il confidare da parte di molt* sul peso determinante di De Magistris per il conseguimento del risultato elettorale, un altro segno del politicismo che alberga nel partito, si è rivelato infondato: non solo non si è raggiunto il 3%, ma nemmeno un risultato che segnando un avanzamento significativo rispetto a Pap desse uno slancio importante per il futuro del progetto.
Ora mi pare ampiamente condivisa la necessità che Up vada avanti; naturalmente vanno superati i limiti di personalizzazione e l’accentramento delle decisioni. Va altresì rifiutata l’idea di farne un partito, esattamente l’opposto di quanto necessario per il suo allargamento che richiede piuttosto un carattere di movimento.

In questo senso penso che la diffusione e la crescita delle assemblee territoriali debbano essere considerate le priorità del nostro impegno sulla base dell’avvio di una forte caratterizzazione dell’iniziativa politica di UP sui temi della lotta contro la guerra, le sanzioni e l’invio di armi, per la riduzione delle bollette, contro il carovita, per i salari, il lavoro e i diritti.

La dimensione di questi compiti è tale da richiedere il rafforzamento di rifondazione Comunista insieme a una grande chiarezza, su cui siamo di nuovo in ritardo, sulla definizione dei compiti e delle forme di UP e su come far coesistere i tre livelli d’impegno della prossima fase: l’allargamento e il consenso intorno a UP, il rafforzamento del Prc e il radicamento sociale. Una sfida difficilissima per cui la Conferenza d’organizzazione è chiamata a discutere in modo approfondito.

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Paola Guazzo

Se è vero che un governo Meloni potrebbe non sdradicare il diritto all'aborto e alle unioni civili, è pur un dato di fatto che il primo è un diritto oggettivamente non esercitabile in molti territori e che le unioni civili sono un patto sociale di serie B. Il diritto di famiglia, lungi dall'essere rivisto e adattato a nuove aggregazioni oltre la cosiddetta "società naturale", è di fatto discriminatorio verso le coppie non etero, e non c'è motivo di pensare che la situazione italiana non tracimi verso una crescita esponenziale di marginalizzazione e aggressività verso tutti i soggetti che non si adattano allo schema dei rapporti di potere e di definizione di sé dati da una società in piena regressione patriarco-fascista. Lesbiche, gay, trans, intersessuali, bisessuali, aromantici, queer: siamo tuttɜ in zona rossa.

L'elezione dell'in-piegato Fontana a presidente della Camera è solo un primo segnale di un brutto trip che non percepiamo breve. In questo clima è a mio avviso importante non liquefare l'esperienza elettorale di Up in una serie di rimpianti o lamentele, anche qualora avessero un serio fondamento ( e sul piano lgbtqia+ purtroppo lo hanno: si poteva fare meglio). Up non è un primo malfermo passo antiliberista da ritrarre per seguire altri passi, ripetendo un gioco di inizi senza fine, ma un mondo di potenzialità da sviluppare. Va salvaguardata. Anche da noi stessi. Ritengo tuttavia essenziale, nella formazione di questo soggetto politico, al di là della forma federativa o "confederata" che a esso meglio potrebbe attenersi, la costruzione di aree tematiche e di formazione dei militanti (e ovviamente anche dei quadri). Intersezionalità non sia solo un concetto fantasmatico, un prêt à porter per neuroni-specchio desiderosi di trovare consenso, non sia un superficiale e dovuto richiamo a un'interpretazione del mondo, bensì il segno di un lavoro comune verso la sua trasformazione.

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