Partito
della Rifondazione Comunista Contro la guerra tra “poveri”, redistribuire la ricchezza. Indispensabile una risposta di sinistra alla pandemia e alla crisi sociale La seconda ondata della pandemia ha evidenziato gli errori e l’inadeguatezza dell’azione del governo Conte e ancor di più il carattere demagogico e irresponsabile delle campagne delle destre. Abbiamo assistito a una sostanziale incapacità di pianificare e programmare di governo e Regioni. Emblematici il mancato potenziamento del trasporto pubblico e la mancata predisposizione di USCA, posti letto, tracciamento, vaccinazione antinfluenzale e persino di un software e un formulario nazionale per la raccolta dei dati. La gestione della pandemia con parziali chiusure esplicita che governo e opposizione di destra convergono nella logica di subordinare l’efficacia sanitaria delle misure alla logica del non danneggiare l’economia, cioè del profitto capitalistico, non interrompendo le attività produttive e imprenditoriali. Una logica miope che ha già prodotto la nuova impennata del contagio della pandemia e la nuova emergenza dopo la scelta di allentare tutte le misure durante i mesi estivi. Non è un caso che si continui a rimuovere nel dibattito pubblico il fatto che il virus si diffonde anche e forse principalmente in ambiente lavorativo e sui mezzi di trasporto utilizzati per recarvisi e da lì poi arriva e si trasmette in ambiente familiare. Eppure non sono state attivate rigide misure di vigilanza e di sorveglianza sanitaria per verificare che nei luoghi di lavoro siano rispettate le norme di precauzione, limitandosi a mandare alle aziende dei questionari a cui rispondono le stesse imprese. Nulla è stato fatto per potenziare i servizi di medicina del lavoro delle ASL /Ats e aumentare il numero delle ispezioni. E nulla si è fatto per potenziare i servizi del trasporto pubblico. Una latitanza istituzionale che coinvolge le Regioni e il governo. Il ministro Speranza si è ben guardato dall’inviare ispettori centrali a verificare la situazione negli ambienti di lavoro più a rischio. Questa logica del primato dell’economia sulla tutela della salute ha trovato ascolto e consenso popolare soprattutto a causa dell’insufficienza del sostegno economico ai settori sociali colpiti dalla crisi. La crisi rischia di tradursi in guerra tra “poveri”, tra settori diversi del mondo del lavoro e delle classi popolari. E’ evidente il tentativo di indirizzare il malcontento di lavoro autonomo, partite IVA, lavoratori del settore privato, precari, disoccupati contro il lavoro pubblico, come ieri sono stati usati come capri espiatori il sud, gli immigrati, i presunti privilegi dei lavoratori anziani. La pandemia ha avuto un impatto assai pesante anche in conseguenza delle politiche neoliberiste di smantellamento dello stato sociale e dell’intervento pubblico nell’economia. Non vi sarà una risposta adeguata alla crisi sanitaria e sociale senza rilancio del ruolo del settore pubblico, a partire di un piano massiccio di assunzioni in particolare nella sanità e dalla reinternalizzazione dei servizi. Compito delle comuniste e dei comunisti è invece quello di favorire l’unità e la solidarietà delle classi lavoratrici e popolari, prospettare una risposta di sinistra alla crisi e alla pandemia fondata sulla redistribuzione della ricchezza e una svolta nelle politiche economiche e sociali. Difronte a dati drammatici – i nuovi poveri sarebbero già 450 mila in più dei 4,7milioni del 2019, 470 mila precari e partite Iva hanno perso il lavoro secondo l’Istat nel secondo trimestre – risulta intollerabile che governo e opposizione di destra rifiutino di introdurre una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze e un aumento delle aliquote sui redditi alti o che non venga introdotto un reddito garantito per tutte/i. Questa situazione è resa più grave dalla subalternità del governo alle richieste di assistenzialismo senza garanzie occupazionali solo per milionari e imprese di cui si fa portatrice Confindustria e dall’incapacità di utilizzare il complesso del denaro stanziato dall’Unione Europea. Circa metà dell’ammontare complessivo non andrebbe a coprire nuovi investimenti ma semplicemente la ricontrattazione dei debiti precedentemente contratti. E’ invece necessario che non solo tutti i soldi stanziati dall’Unione Europea –ovviamente senza prendere in considerazione la trappola del MES siano utilizzati per mettere in sicurezza il popolo italiano sul piano sanitario e sociale e fare una grande riconversione ambientale dell’economia. Alla logica del profitto al primo posto contrapponiamo il primato del diritto alla salute sancito dalla Costituzione: l’interruzione di tutte le attività non essenziali – il cosiddetto “lockdown” – è misura che va assunta se vi sono necessità di contenimento del contagio. Alla guerra tra “poveri” contrapponiamo la redistribuzione della ricchezza per garantire reddito per tutte/i. Il CPN impegna il partito nello sviluppo – pur nei limiti determinati dall’emergenza covid – dell’iniziativa politica e sociale sulla nostra piattaforma sociale, nelle pratiche sociali e a lavorare in tutte le campagne unitarie con le associazioni, i movimenti e le altre soggettività politiche e nelle mobilitazioni sindacali e sociali. Il CPN dà mandato alla segreteria e alla direzione di predisporre un piano di lavoro coinvolgendo tutti i livelli organizzativi e le sensibilità del partito.
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