Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 16 - 17 maggio 2020

Documento respinto

Torniamo in movimento: la rifondazione comunista nel cambiamento d’epoca

L’accelerazione del tempo storico e il mutamento d’epoca

Viviamo un tempo periodizzante: la pandemia del 2020 non è una parentesi, ma un cambiamento d’epoca. E non vogliamo nemmeno che sia una parentesi che si chiude con il ritorno alla normalità che abbiamo combattuto: quella del realismo capitalista, del neoliberismo, della lotta di classe dall’alto. Come partito, dobbiamo essere all’altezza di questo cambiamento d’epoca per svolgere la nostra funzione storica, per agire con efficacia nella trasformazione della realtà e della vita delle persone.
Proprio mentre le nostre vite erano apparentemente sospese nell’intervallo del lockdown, ci siamo trovati immersi e sintonizzati in un tempo storico di trasformazioni veloci, intense, impensabili fino a pochi mesi fa. È cambiata la vita delle persone, la relazione tra i corpi, la stessa memoria dei corpi nella esperienza di questa pandemia, che sta ridefinendo le relazioni e lo spazio pubblico, insieme alle forme, i tempi, gli spazi del lavoro. Una crisi inedita, che ha aperto anche nuove possibilità per un futuro non scritto e voragini nel senso comune che ormai aveva naturalizzato e interiorizzato il neoliberismo.

La crisi del 2020 non è una crisi finanziaria, come quella del 2007-2008. È una crisi sanitaria mondiale le cui conseguenze incidono anche sull’economia reale, i processi produttivi, la catena globale del valore. Ed è con una velocità impressionante che il capitale si sta ristrutturando e riorganizzando nella crisi per continuare la lotta di classe dall’alto nello spazio europeo e in Italia, non senza conflitti interni alle classi dominanti. Ad esempio, la sospensione dei patti di stabilità e la rottura del dogma neoliberista sulla spesa pubblica stanno finora producendo interventi a sostegno del grande capitale. Negli interventi del Governo italiano sono previsti flussi di denaro senza condizionalità alle grandi imprese, mentre condizionali ed emergenziali sono gli interventi sul welfare, sul reddito e il lavoro.

Inquietanti sono poi il ruolo di Ad di multinazionali delle comunicazioni come Colau e la permeabilità del Governo alla nuova governance di Confindustria, tra i principali responsabili, insieme alla Giunta Fontana, della tragedia lombarda. Dopo trent’anni di messa fuori legge dell’intervento pubblico in economia, ora il capitale si candida a essere gestore e principale beneficiario della apertura di canali di investimento. Ancora, il capitalismo delle piattaforme è invece in una fase di grande espansione, ha intensificato la propria capacità di profilazione e di estrazione di valore dei dati. Perfino gli enti pubblici della formazione e della ricerca immettono flussi di dati nelle piattaforme delle multinazionali.
Allo stesso tempo, si è aperta però nel senso comune una nuova consapevolezza sull’importanza dell’intervento pubblico in economia, sulla necessità di un sistema sanitario nazionale pubblico, sulle conseguenze nefaste di un trentennio neoliberista di tagli al welfare e dei processi di frammentazione e competizione regionalistica prodotti a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

Per dare risposte alle conseguenze sociali della crisi, perché a pagarla non siano ancora una volta le classi popolari, perché da questa crisi si possa uscire archiviando la stagione del neoliberismo e con una riappropriazione sociale di poteri e risorse, occorre delineare una proposta programmatica e una soggettività politica che siano efficaci nella transizione che stiamo vivendo.
Riteniamo indispensabile che il nostro partito torni ad essere all’altezza della propria funzione storica e ad avere una sua utilità sociale; che smetta di attardarsi nello sterile esercizio autocelebrativo di affermare che – dagli economisti al Papa – tutti danno ragione alle sue proposte, mentre le persone mediamente non sanno che “esiste ancora”.
Servono un salto di qualità e discontinuità vere, pena diventare definitivamente il simulacro del partito che eravamo. Non possiamo restare identici a noi stessi in questo cambiamento d’epoca: verremo meno al nostro dover essere movimento reale, continua rifondazione comunista, “concio della storia”.

Dobbiamo essere in grado di trasformarci più velocemente del capitale se vogliamo essere efficaci: tornare in movimento. Per questo proponiamo di impegnare il Prc nella apertura di una fase di vera rifondazione della propria costituzione materiale: di costruire una fase di discussione aperta non solo a tutte le compagne e i compagni del Prc, ma a tutte le soggettività politiche e sociali che sentano la necessità in questa fase della ricostruzione di una alternativa di società e che si pongano il problema della efficacia in questa transizione dall’esito non scritto.
Per questo proponiamo che le Commissioni congressuali istruiscano questo percorso aperto e rifondativo di elaborazione teorica, di ridefinizione delle pratiche del conflitto nello spazio pubblico ridisegnato dalla pandemia, di riarticolazione del rapporto tra comunicazione, organizzazione e rete.

Non possiamo, inoltre, sottrarci a un bilancio. Un decennio di investimento del partito nella chimera politicista dell’unità della sinistra si è rivelato fallimentare. Non solo perché si è dimostrato impossibile praticare l’unità della sinistra in alternativa al Pd. Non solo perché si è resa l’attuazione della linea politica del partito subalterna, variabile dipendente delle scelte di forze politiche che fanno parte di un Governo di cui noi siamo all’opposizione. Ma anche perché nel frattempo molto dentifricio è uscito dal tubetto: lo dimostrano purtroppo ancora una volta i dati del tesseramento. Dall’ultimo congresso a oggi abbiamo ulteriormente quasi dimezzato il numero delle iscritte/i; sono nate nuove soggettività politiche in alternativa al Pd; si è formato un coordinamento delle sinistre di opposizione. Bilancio e autocritica sono necessari anche per non ripetere gli errori del passato.
Oltre alla apertura di questa fase di rifondazione – che non lasci la discussione nel partito congelata in attesa di rieditare un congresso nelle solite forme – proponiamo di impegnare nelle prossime settimane il partito nelle seguenti campagne e iniziative politiche:

- sostegno alla campagna lanciata dalla convergenza tra divere realtà di movimento per un reddito di base, universale, incondizionato; per la riduzione dell’orario di lavoro a 30 ore settimanali e il salario minimo orario a 10 euro; come proposta comune e conflittuale, che riarticola la ricostruzione della classe nei processi di produzione e riproduzione sociale. Respingiamo la logica emergenziale, familista, caritatevole, condizionale, di frammentazione prodotta dalle politiche del Governo; continuiamo a lottare contro il ritorno del carico domestico, del lavoro di cura, sulla vita delle donne.

di welfare universale, a partire dai necessari investimenti su sanità e scuola. Dobbiamo rilanciare a livello nazionale una campagna di investimento nella sistema sanitario nazionale pubblico, di ripristino della medicina di base, per garantire il diritto alla salute nei luoghi di lavoro, di diritto ai DPI e alle valutazioni sanitarie necessarie per la prevenzione nella pandemia. Per la scuola, l’università e la ricerca pubblica, contro la sussunzione della formazione pubblica nella logica estrattiva e disciplinante del capitalismo delle piattaforme e della didattica come erogazione; per la dimensione sociale della cura, contro una nuova privatizzazione del carico domestico accentuata dalla diffusione del lavoro da casa; per lo accesso alla rete gratuito per tutte e tutti, di reale investimento nel superamento del digital divide; di tassazione delle multinazionali della comunicazione e di conflitto nello spazio della rete contro l’intensiva messa a profitto di big data.

di diritto e dignità per tutte e tutti gli esseri umani, contro la vergognosa sanatoria che regolarizza le braccia e non garantisce dignità alle persone; sosteniamo la mobilitazione della lavoratrici e dei lavoratori agricoli promossa da Usb per il prossimo 21 maggio.

contro ogni autonomia differenziata e per il superamento della controriforma del Titolo V della Costituzione, contro il nuovo scippo al Sud messo in atto con gli articoli 231 e 232 del Decreto-rilancio che dà attuazione a quanto previsto nel DEF sui fondi strutturali, applicando il regolamento UE n. 558/2020 entrato in vigore il 24 aprile e procede con la possibilità di dirottare fondi da una Regione all’altra, nel nostro caso dal Sud al Nord.

Contro le politiche messe in atto dall’Unione europea, a partire dal MES. Le proposte emerse dagli ultimi Consigli europei – di fatto consistenti dalla apertura di nuove linee di debito che non mettono in discussione la logica ordoliberista della stabilità – lungi dal rappresentare una reazione solidale europea, rendono evidente ancora una volta la irriformabilità dell’Unione europea e l’impossibilità di politiche economiche non dettate dagli interessi del capitale tedesco. Occorre, dunque, rimettere in agenda un piano B e una alternativa per i popoli europei.

Contro l’idea di libertà liberista e darwinista di Confindustria, continuiamo a vivere la libertà come cura e solidarietà. Le pratiche di mutualismo conflittuale che abbiamo organizzato – insieme a tante altre realtà sociali nella pandemia – sono state anche un primo momento di inchiesta del dolore sociale; occorre rimetterle in rete, strutturarle. Contro la logica produttivista del #nonsiferma, propugnata in primis dal Sindaco di Milano, continuiamo a chiedere di andare al passo del più lento e della più lenta, delle anziane e degli anziani, dei bambini e delle bambine, dei più vulnerabili.

La nostra idea di comunismo è messa in comune della cura per tutte e tutti. Così come contrastiamo l’idea della pandemia come complotto o come mero processo di disciplinamento, idea che ha permeato anche riflessioni della sinistra radicale, pensiamo sia necessario contrastare i processi di repressione, di esibizione del controllo e della sorveglianza messi in atto da Sindaci e Presidenti di Regione.
Contro il populismo penale imperante, continuiamo a chiedere amnistia sociale, dignità e diritto alla salute per le persone detenute, verità e giustizia per i morti nelle carceri e le dimissioni del Ministro Bonafede.

Vogliamo verità e giustizia per le vittime dei tagli del Sistema sanitario nazionale, per la gestione della sanità pubblica in Lombardia – giunta di cui continuiamo a chiedere le dimissioni per la gestione criminale della emergenza sanitaria - e in Emilia Romagna. Lo dobbiamo a più di 30000 persone. Lo dobbiamo a Pietro Paolo Piro, nella cui memoria continueremo a camminare in direzione ostinata e contraria.

Eleonora Forenza, Sandro Targetti

CPN PRC 16 e 17 maggio 2020

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