Partito
della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 16 e 17 marzo 2019
Documento conclusivo per il CPN del 16-17 marzo
Per un’alternativa alle politiche liberiste ed ai populismi
reazionari
Due incubi si affacciano prepotentemente sullo scenario delle prossime
elezioni europee: la prosecuzione delle politiche neoliberiste e l’avanzata
dell’onda nera dei populismi reazionari. A rappresentarli, da un lato,
il rafforzamento dell’asse “europeista” tra Francia e Germania, dall’altro
lato, i nazionalismi xenofobi.
Due incubi interconnessi: perché il neoliberismo che i trattati dell’UE
hanno “costituzionalizzato” e l’impoverimento di massa derivante dalla
gestione neoliberista della crisi hanno creato terreno fertile per una
reazione nazionalista; perché nell’ideologia della competizione che
si fa senso comune l’idea che debba venire un “prima noi” si fa strada
e finisce con l’affermarsi più facilmente.
I vincoli degli accordi di Maastricht e di Lisbona così come il Meccanismo
europeo di stabilità (ESM), il Six Pack, il Two Pack o il Fiscal Compact
dimostrano che le istituzioni europee o sono liberiste o non sono. E
le politiche di austerità ultraliberiste dei vari Renzi, Merkel e Macron
si muovono dentro i confini di questo rigido schema tanto quanto il
protezionismo razzista alla Salvini/Orban. In questo quadro sono pesanti
ed evidenti le responsabilità politiche del M5S da denunciare a tutti
i livelli.
Disuguaglianze sociali, modello patriarcale, razzismo, privatizzazioni,
distruzione del welfare, precarietà, bassi salari e distruzione ambientale
non vengono intaccati da nessuno dei due modelli. In particolare, occorre
riproporre una seria riflessione sul mezzogiorno, di fronte a politiche
economiche e fiscali discriminatorie per il sud che alimentano le diseguaglianze
sociali insieme a tutto il progetto dell’“autonomia differenziata”,
che cambierebbe la concezione stessa della Repubblica.
Abbiamo, quindi, il dovere politico di costruire una alternativa politica
a questi due incubi e dargli voce anche nel Parlamento europeo: un terzo
spazio alternativo sia al neoliberismo “progressista” che al populismo
reazionario. Una proposta politica che si prefigga di modificare i rapporti
di forza nello spazio europeo, che si dia l’obiettivo della rottura
della camicia di forza dei trattati che impongono l’austerità (come
si dice anche nella Dichiarazione di Lisbona), e della fuoriuscita dalla
Nato e dalle politiche imperialiste.
Occorre utilizzare la dimensione europea per sviluppare movimenti di
lotta, conflitti e nuova progettualità, non confinare lo spirito della
Costituzione nata dalla Resistenza al nazifascismo, alla “difesa della
Patria”, dello “stato-nazione”, né del “super Stato europeo”. Il nostro
progetto è quello di un’Europa liberata dal dominio liberista, dunque
senza alcuna ambiguità nei confronti di quelle forze politiche che sono
parte di questo problema e non della sua soluzione, come i partiti del
PSE nel Parlamento europeo e il PD-centrosinistra nel nostro paese,
dal livello nazionale fino a quello locale, laddove sono i primi sostenitori
del ricatto del debito e dei Patti di stabilità sulle amministrazioni
e sugli Enti locali.
Per noi l’Europa, infatti, non coincide con quella dei Trattati ma è
uno spazio geografico e politico molto più ampio e accogliente, dove
costruire un’alternativa che si radichi con l’esercizio della sovranità
popolare, il neo-municipalismo ribelle ai ricatti del debito ed i nuovi
mutualismi di classe. Uno spazio da attraversare coi conflitti ed i
movimenti anticapitalisti che si oppongono alle misure di austerità
e al ricatto del debito che la BCE elabora ed i governi nazionali impongono
a popoli e classi lavoratrici a seconda delle condizioni specifiche
di ciascun paese.
Se a rappresentare il populismo reazionario in Italia saranno principalmente
i partiti di governo, Lega e Movimento Cinque Stelle, non sarà certamente
il listone Calenda-Zingaretti-Minniti a rappresentare una reale alternativa
con la riproposizione delle sue politiche liberiste, che rischiano solo
di rafforzare il consenso alle due forze attualmente al governo. Per
questo occorre distinguersi nettamente dal tentativo dell’attuale PD
guidato da Zingaretti di darsi un’immagine nuova senza rimettere in
discussione la propria linea di fondo (vedi Europa, Jobs Act, Fornero,
grandi opere, sostegno a Guaidò in Venezuela...).
La costituzione di questo terzo spazio non consiste quindi in una geometria
politica: non è il nuovo soggetto della sinistra o l’eterno ritorno
al mito “dell’unità della sinistra”. È uno spazio che va liberato e
occupato, a partire dalla confluenza di corpi politici che sono già
in movimento. A partire dalle pratiche e dal pensiero del movimento
femminista nel cui piano contro la violenza maschile e la violenza di
genere, ad esempio, si avanzano proposte come il salario minimo europeo
e il reddito di autodeterminazione, indispensabili per rimettere al
centro del dibattito sull’Europa una idea di società non fondata sullo
sfruttamento del lavoro produttivo e riproduttivo. Così come questo
spazio deve essere attraversato dalle mille vertenze contro le grandi
opere inutili, contro la precarietà e la disoccupazione, per la riduzione
di orario e la redistribuzione di lavoro dignitoso e tutelato, minimi
salariali inderogabili, universalizzazione del welfare e dei diritti
nell’accoglienza e negli enti locali. Lotte e vertenze che non vengono
risolte dal “reddito di cittadinanza”, che, così come proposto, si riduce
ad un mero sussidio di povertà e ad una forma di controllo sociale e
morale.
Insomma un profilo concretamente anticapitalista che sia comprensibile
per gli obiettivi e le pratiche che propone.
Una proposta che nel nostro paese riprenda a parlare a sinistra e ai
tanti compagni/e oggi disorientati/e, che riparta dagli interessi dei
settori sociali colpiti dalla crisi e non da quelli delle imprese e
della speculazione finanziaria.
Una crisi che in Italia ha molte facce: una faccia giovane perché i
giovani sono privati di un futuro e di qualsiasi ammortizzatore sociale;
una faccia precaria perché tra lavori intermittenti, gig economy, tutele
crescenti e ora il ricatto del workfare questa è la condizione dominante;
una faccia di donna perché a parità di condizioni sono le prime ad essere
licenziate in caso di crisi aziendali e a parità di mansioni percepiscono
il 30% in meno del salario; una faccia operaia perché il nostro paese
ha perso nei primi 7 anni di crisi il 25% della sua capacità produttiva,
con aziende chiuse o delocalizzate e perché la condizione di sfruttamento
selvaggio si è estesa fuori dalla fabbrica con lavori sottopagati e
ricattabili in settori come la logistica, la grande distribuzione, i
call center, dove la Costituzione non entra più; una faccia di migrante
perché quelli che non vengono respinti o lasciati morire nel Mediterraneo
servono per lavorare al nero o sottopagati (o tutte e due le cose insieme)
e utilizzati per tenere alta la tensione della guerra tra poveri col
razzismo e la xenofobia...
La proposta di una lista per le elezioni europee che voglia contribuire
alla costruzione di questo terzo spazio deve quindi porsi l’obiettivo
minimo di essere “socialmente utile” per lotte come quelle che si sono
manifestate con lo sciopero globale dell’8 marzo, con la mobilitazione
contro il Decreto Sicurezza o con la prossima manifestazione del 23
marzo contro il cambiamento climatico e le grandi opere. Una confluenza
di lotte, partiti, movimenti, esperienze territoriali e municipali;
una confluenza che connetta le prospettive anticapitaliste, femministe,
ambientaliste, antirazziste: un progetto di Europa fondato sulla autodeterminazione
di donne, uomini e popoli è possibile e necessario anche in Italia.
Ma non c’è più tempo per trattative segrete e veti incrociati. Il tempo
della proposta pubblica è adesso e va comunicata e condivisa (anche
nel partito) quanto prima con le modalità più utili. Ci vuole una presa
di parola immediata che richieda a tutte le forze in campo di smettere
di nascondersi dietro veti incrociati o doppi-tripli tavoli di trattativa,
spesso con prospettive ambigue e differenti, su cui anche il nostro
gruppo dirigente ha troppo indugiato. Senza la necessaria chiarezza,
rischiamo di ripetere esperienze già rivelatesi fallimentari, di costruire
una lista frutto solo di accordi tra gruppi dirigenti, ma priva di riferimenti
e radicamento nelle lotte sociali. Ciò significa caratterizzare la lista
con adeguati programmi e pratiche sociali, ma anche scegliere candidature
credibili e coerenti con i contenuti.
La disponibilità del partito della Sinistra Europea ad aprire questo
spazio di confluenza con la presentazione di una lista che contenga
il suo simbolo e che faccia parte a pieno titolo del GUE-NGL, è importante
se utilizzata per lavorare in questa prospettiva. Così come è importante
continuare e rafforzare anche nella prossima legislatura del Parlamento
europeo il lavoro portato avanti dal gruppo Gue/Ngl in cui già confluiscono
diverse forze, culture e piattaforme politiche europee.
Sarebbe davvero imperdonabile non dare qui e ora, da una Italia in cui
perfino la solidarietà viene criminalizzata – basti pensare a Mimmo
Lucano, alle Ong, al caso Diciotti – il nostro contributo alla costruzione
di una alternativa nella realtà europea. In fondo, la costruzione del
terzo spazio è una questione urgente del nostro tempo: è l’apertura
di un varco nel presente, la scrittura di un futuro possibile, nel quale
rilanciare l’attualità della rifondazione comunista ed il ruolo stesso
dei comunisti e delle comuniste.
Barbarossa, Bettarello, Candeloro, Forenza, Gesso, Grondona, Murgo,
Rancati, Targetti, Villani, Vecoli, Voza
Voti favorevoli 17
Roma, CPN 17 marzo 2019