Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 14 e 15 luglio 2018

Documento respinto

Rilanciare la Rifondazione Comunista: una proposta per Potere al Popolo

Le elezioni del 4 marzo scorso, in linea con il contesto europeo, hanno evidenziato, ben oltre le previsioni, un terremoto sociale e politico in corso ormai da tempo nella società italiana, con la netta, e meritata, sconfitta del PD-centrosinistra e l’affermazione di M5S e Lega: i soggetti che vivono la crisi hanno dato fiducia alle forze politiche populiste o apertamente xenofobe e reazionarie, illudendosi di trovare una risposta ai loro bisogni e alla loro necessità di cambiamento radicale.
La nascita del governo Conte-Di Maio-Salvini sancisce un preoccupante e crescente spostamento a destra, favorito dalla perdurante mancanza di un credibile riferimento per le classi popolari. E’ in questa situazione che va collocato il risultato elettorale – sicuramente insufficiente e al di sotto delle aspettative – di Potere al Popolo. Ricostruire oggi un’opposizione in grado di riaggregare un blocco sociale di alternativa e sottrarre ampi settori popolari all’egemonia 5Stelle e Lega, rappresenta oggi il compito primario, ma questo può avvenire solo distinguendosi nettamente dal PD e dalle forze che hanno praticato le politiche di austerità e causato l’attuale disastro sociale.
Le giornate di Spoleto hanno aperto un cammino di discussione e di riflessione sulle modalità con cui il Partito della Rifondazione Comunista rilancia la propria iniziativa: lo scenario sociale e politico dello scorso congresso nazionale è cambiato radicalmente, rimettendo in discussione le sue stesse conclusioni. Ne sono testimonianza i diversi documenti e proposte scaturite da Spoleto e lo stesso dibattito di questo CPN. Su tutto ciò e sulle conclusioni dell’ultima Assemblea Nazionale di Potere al Popolo, c’è bisogno di discutere nel partito, nei circoli e nelle federazioni, attivando il più ampio coinvolgimento dei compagni/e.

Il fallimento del Brancaccio e l’iniziativa di Potere al Popolo hanno messo in crisi la logica politicista del “soggetto unitario della sinistra” ovvero il mito dell’unità della sinistra costruita tra ceti politici, sulle ambiguità rispetto al centrosinistra ed all’Europa, sull’assenza di pratiche comuni e di internità ai conflitti, tutti elementi che non solo si sono rivelati fallimentari, rendendo invisibile la “sinistra”, ma che soprattutto rappresentavano e rappresentano la negazione del ruolo e dell’autonomia di una forza comunista oggi. Si è aperta una nuova possibilità verso la costruzione di un movimento, di un fronte ampio anticapitalista, antirazzista, antifascista e antisessista che lavori non alla sommatoria di una generica sinistra, ma alla ricomposizione di un blocco sociale, partendo dai programmi, dalle pratiche e dalla relazione diretta con i conflitti: un percorso ancora in buona parte da definire ed il cui esito dipende in larga parte dal ruolo politico ed organizzativo che saprà svolgere Rifondazione Comunista, nonostante che il partito sia giunto a questa svoltà in buona parte impreparato e con un gruppo dirigente preoccupato soprattutto di garantire la continuità della linea politica congressuale.
Da questo punto di vista è grave il ritardo con il quale il Prc ha dato seguito all’assemblea del 18 marzo, in cui è emerso chiaramente la volontà di andare avanti con la costruzione di Potere al popolo, che in pochi mesi ha avuto il pregio di rimettere insieme forze sociali e politiche su un impianto anticapitalista chiaro.
Non viene pienamente riconosciuto il cambiamento rappresentato da PaP e la necessità di un investimento strategico sulla sua costruzione democratica e partecipata.
Quando diciamo che “Indietro non si torna”, significa che il PRC deve essere motore, anche se non esclusivo, del processo di costruzione di PaP senza esitazione. Significa che non possiamo abbandonare il campo, o ritornare a concezioni politiciste, che hanno segnato le esperienze passate, pur nella consapevolezza della necessità di superare i limiti esistenti e ampliare questo movimento, all’interno del quale attivare anche processi di riaggregazione di forze comuniste. Per questo è prioritario qualificare e rendere utile il ruolo del PRC, insomma proprio il contrario del suo scioglimento! . Sarebbe sbagliato considerare esaurito e superato il ruolo di Rifondazione Comunista, perché questo potrebbe incoraggiare tendenze negative in PaP e dunque un possibile fallimento.
Occorre un’inchiesta ragionata sulle diverse realtà di PaP e su tutte le soggettività e le esperienze coinvolgibili, occorre definire quali proposte e impegno diretto il PRC porta nei diversi territori per estendere e qualificare il movimento, renderlo ancor più democratico e partecipato.
Il perdurare di un atteggiamento di disimpegno o comunque l’assenza di un ruolo di forte iniziativa e direzione politica da parte di Rifondazione Comunista rischia di favorire tendenze settarie, autoreferenziali o politiciste, scorciatoie organizzative da piccolo partito che sono già in atto e che vanificherebbero il lavoro complesso di riaggregazione e opposizione sociale di questi mesi contro il Governo Di Maio-Salvini e in vista delle elezioni europee ed amministrative del 2019.

Occorre che il PRC discuta in modo collettivo nei circoli e nelle federazioni in merito alla sua partecipazione a Potere al Popolo (proposte, compagni/e, esperienze, case del popolo..), facendo periodiche verifiche di questo lavoro: dunque una partecipazione organizzata e non lasciata alla scelta individuale dei singoli compagni/e, finalizzata a conquistarsi sul campo un ruolo effettivo e riconosciuto. Se pratichiamo un ruolo vero del partito nella società, con programmi di lavoro definiti, dunque riqualificando e non sciogliendo il partito (anche nei suoi aspetti organizzativi), allora la partecipazione dei compagni e delle compagne di Rifondazione Comunista in Potere al Popolo non rappresenta una scelta individuale, nè l’anticamera dello scioglimento del partito. Occorre altresi essere consapevoli che il ruolo del partito in PaP non può essere risolto e certificato con meccanismi di quote garantite, con logiche da “intergruppi” o con un assemblearismo senza regole che già in passato hanno mostrato il loro fallimento.
Al tempo stesso occorre impedire che le scelte organizzative scaturite dalla Assemblea nazionale di Napoli per superare la prima fase di Potere al Popolo, diventino strumenti e tappe intermedie verso la trasformazione di fatto di Potere al Popolo in partito politico.

L’andamento di questo percorso dipende in larga parte dal PRC: ma non possiamo nasconderci che la capacità di direzione politica in questa fase è molto debole e poco autorevole per il permanere nel gruppo dirigente di posizioni fortemente contrastanti. C’è chi pensa di continuare ad investire in PaP, ma come passaggio temporaneo obbligato, attendendo l’eventuale riapertura di processi unitari in un ennesimo nuovo tavolo di unità della sinistra e chi invece utilizza strumentalmente ogni critica ai limiti dell’esperienza di PaP per cancellarla e ritornare a vecchie logiche già dimostratesi fallimentari o riproporre una visione astratta del nostro partito rispetto alla effettiva realtà del PRC oggi. Uscire da queste due impostazioni è l’unico modo per svolgere un ruolo propulsivo in Potere al Popolo e determinare un cambiamento di linea e di gruppo dirigente in Rifondazione Comunista. E’ evidente che senza questa svolta e in assenza di una adeguata direzione politica, di un impegno collettivo del partito, cambierebbe la stessa prospettiva di Potere al Popolo..
Non esiste un ruolo astratto, al di fuori della realtà, per una forza comunista, ma quello che sappiamo svolgere e conquistare nel contesto concreto in cui viviamo.
Il rilancio dell’attività del nostro partito, l’adesione e lo sviluppo della proposta di PaP si basano sulla necessità di sviluppare un movimento politico largo, una coalizione basata sulla confederalità sociale e sulle assemblee territoriali, motore dell’opposizione al nuovo governo Lega-M5S in grado di indirizzare il disagio sociale dal basso verso l’alto e fuori dal vicolo cieco della guerra tra poveri. In particolare occorre ricostruire la connessione con i nostri riferimenti sociali e i loro bisogni, articolando in modo efficace e comprensibile le nostre risposte alla crisi su impoverimento sociale e lavoro, come ad esempio:

- diminuzione della settimana lavorativa a 30 ore;
- lotta per il salario e contro la precarietà
- accesso al reddito per tutte e tutti;
- tassa patrimoniale e opposizione alla flat tax;
- cancellazione della legge Fornero e del Jobs Act.
- abolizione della buona scuola

Il primo compito del PRC dev’essere quello di attivare/portare avanti campagne su questi temi e lavorare affinché Potere al Popolo sviluppi un’elaborazione e pratiche adeguate in grado di colmare questo divario con la classe di riferimento.

Investire in Potere al Popolo come progetto strategico significa anche costruire una proposta politica da mettere in campo in vista delle scadenze elettorali amministrative del 2019. Il tentativo prioritario deve essere quello di dare continuità, rafforzare ed estendere il progetto di Potere al Popolo, verificando/ coinvolgendo nelle realtà locali tutte quelle esperienze territoriali che per contenuti e pratiche politiche si pongono in alternativa al liberismo e in evidente discontinuità con la logica politicista dell’unità della sinistra..
Per le Europee, la dichiarazione di Lisbona, firmata da Bloco de Esquierda, Podemos e France Insoumise ha portato alla luce un dibattito chiaramente differente rispetto alle proposte di riformismo europeo attualmente in campo. Consideriamo che lo spazio aperto da questa dichiarazione sia in continuità con quello proposto da Potere al Popolo. A partire dall’elaborazione di Lisbona su fiscal compact e patto di stabilità, e dal percorso aperto con De Magistris, pensiamo che le forze collettive e individuali che hanno dato vita a Potere al Popolo debbano presentare una proposta politica, che a partire dal Piano B, intrecci le lotte sul piano europeo e quelle per la difesa e l’attuazione dell’autodeterminazione dei popoli europei, in modo comprensibile per le nostre classi di riferimento.
Consideriamo essenziale che l’investimento politico che abbiamo fatto sul percorso e sul simbolo di Potere al Popolo, venga messo a frutto alle elezioni europee, presentandoci nelle forme che collettivamente verranno decise, in relazione allo sviluppo delle suddette interlocuzioni.

Imma Barbarossa
Claudio Bettarello
Michelangelo Dragone
Andrea Fioretti
Eleonora Forenza
Gabriele Gesso
Stefano Grondona
Massimiliano Murgo
Antonio Perillo
Sandro Targetti
Jan Vecoli
Roberto Villani
Sara Visintin
Pasquale Voza

CPN PRC 14-15 luglio 2018

chiudi - stampa