Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 7 - 8 novembre 2015

Documento respinto

Per un manifesto dei comunisti e delle comuniste

Europa. La vicenda greca è destinata ad avere profonde ripercussioni innanzitutto sul popolo greco, ma anche sulle sinistre comuniste ed anticapitaliste europee.: L'umiliante diktat imposto alla Grecia, conferma e rende ancor più evidente agli occhi di milioni di persone la natura irriformabile di questa Europa a trazione tedesca. Al tempo stesso evidenzia una pesante sconfitta, più esattamente la capitolazione, del governo Tsipras, eletto nel gennaio 2015 su un programma contro l'austerità e per il rifiuto del memorandum, così come l'assenza di una iniziativa adeguata della sinistra anticapitalista a livello europeo in grado di sostenere l'esperienza greca. Le stesse forze del GUE/SE hanno mostrato in merito forti limiti di ruolo e di iniziativa.. Il nuovo governo di Syriza, uscito dalle recenti elezioni di settembre in un contesto sociale completamente diverso, nasce sulla illusione di poter gestire da “sinistra” il memorandum di luglio, mentre invece ne sarà fortemente condizionato, con inevitabili ripercussioni sui bisogni popolari che saranno penalizzati dalle nuove misure di austerità.
Mentre dobbiamo rilanciare con forza la mobilitazione in solidarietà con il popolo greco, occorre fare chiarezza sulla perdente illusione di modificare l'Europa delle banche e dei grandi gruppi monopolisti, aprendo una riflessione profonda sulla nostra strategia e su cosa significa lottare adesso contro l'UE ed i suoi trattati, senza escludere, ma ponendo all'ordine del giorno il tema della rottura ed uscendo da formule generiche ed illusorie, come la “disubbidienza ai trattati”. Lo stesso dibattito apertosi in settori importanti della sinistra europea sul “Piano B” di uscita dall'eurozona, testimonia che dobbiamo liberarci dalla sindrome“there is not alternative” perchè ciò condannerebbe la sinistra di classe ad una sconfitta senza futuro. In realtà l'alternativa deve andare in direzione della rottura di questa Unione Europea, che si rivela sempre più una gabbia: rottura sociale, culturale e politica.
Un tale obiettivo si rivela tanto più urgente se si tiene conto del ruolo negativo giocato dall'Unione Europea sul piano globale, essendo questa sostanzialmente interna alla vocazione espansionistica e aggressiva della Nato e sottomessa alle mire egemoniche degli Stati Uniti. In Medioriente, Siria, Iraq, Turchia, Palestina, in Libia, in Nordafrica, ma anche ai confini orientali dell'Europa, in Ucraina e di nuovo in America Latina, gli Stati Uniti cercano infatti di recuperare il loro ruolo egemonico, rilanciando lo strumento militare della Nato e al tempo stesso imponendo trattati commerciali di libero scambio come il TTIP ed il TPP con l'obiettivo di eliminare/ridurre vincoli, tutele e diritti sociali a tutto favore della competizione e del profitto delle grandi multinazionali. .
Inoltre il drammatico flusso migratorio di uomini e donne verso l'Europa, diretta conseguenza dello sfruttamento e delle guerre portate avanti dall'occidente capitalistico, si scontra con il colpevole disinteresse e la palese incapacità delle istituzioni europee di rispondere in modo socialmente e politicamente corretto a tale fenomeno. Al contrario, queste hanno fatto ricorso a veri e propri respingimenti e all'ipocrita distinzione tra richiedenti asilo e migranti “economici”, mentre la destra fascista e xenofoba alimenta e diffonde pericolosi focolai di guerra tra poveri all'interno dei ceti popolari colpiti dalla crisi.
In definitiva, la linea della segreteria Ferrero viene duramente smentita proprio dall'epilogo greco: altro che “contingente necessità” o mancanza di alternative. Si rende necessario un concreto cambiamento di linea e di gruppo dirigente per impedire la scomparsa di un ruolo utile del PRC, nonostante il generoso lavoro di tanti circoli e federazioni del partito.

Il progetto de “l'Altra europa con Tsipras”, dopo le elezioni europee, si è logorato in una sterile quanto ambigua attesa di presa di posizione di SEL, legata a sua volta alla uscita di dirigenti della minoranza dem, i quali da parte loro non hanno nessuna intenzione (e capacità) di praticare una critica radicale alle politiche capitalistiche. Pertanto tale progetto appare totalmente incapace di rappresentare un reale processo di costruzione di una coalizione di sinistra di classe in grado di opporsi efficacemente al Governo Renzi ed alle politiche di austerità, e adesso viene utilizzato solo come strumento per dar vita ad un nuovo contenitore con Civati e Vendola, senza tener conto delle posizioni espresse più volte da queste forze che hanno l'obiettivo strategico di rifondare il centrosinistra, ovvero una “grande SEL” finalizzata ad un nuovo Ulivo, una “terra di mezzo” che ci riporterebbe allo stesso punto da cui è iniziata la crisi di Rifondazione..
Dopo varie esperienze fallimentari, occorre assumere la consapevolezza che i temi dell'alternativa di sistema, della sovranità popolare, della ricomposizione di un blocco sociale alternativo e la necessità di un ampio schieramento di sinistra anticapitalista a livello nazionale ed europeo non sono affrontabili con scorciatoie politiciste e con progetti deboli/subalterni come la “costituente di sinistra”, che rischiano di naufragare al primo reale problema posto dal conflitto di classe, essendo privi di un programma di rottura con la gestione capitalistica della crisi e di un effettivo radicamento sociale..
Anche il tema del governo, posto con una certa insistenza a immagine di Syriza, non può essere risolto, bypassando la questione complessa della ricostruzione di un adeguato consenso di massa, dell'internità ai conflitti e dunque di un lavoro sociale e politico effettivo che faccia la necessaria chiarezza sulle prospettive senza seminare pericolose illusioni di tipo elettorale e produrre nuove sconfitte.
La proposta della “costituente di sinistra”rappresenta una preoccupante involuzione della linea del partito, rispetto alle stesse conclusioni del Congresso di Perugia, che vengono invocate dal segretario nazionale a sostegno di una sorta di continuità. Si tratta in realtà di una linea divenuta ormai incerta ed in balia di ipotesi politiche prive di un adeguato respiro strategico e ambigue rispetto al centrosinistra, una linea che nei fatti mette a serio rischio l'esistenza stessa del PRC come partito comunista autonomo, radicato socialmente e capace di proposta politica, al di là delle affermazioni solenni sulla “rifondazione per l'oggi e per il domani”. .
Gli stessi risultati elettorali delle ultime regionali,: con il forte aumento dell'astensionismo, la consistente perdita in voti e percentuali del PD, la crescita del voto populista e reazionario alla Lega, la tenuta del M5S, evidenziano la mancanza di un chiaro riferimento a sinistra, in grado di intercettare il disagio sociale di ampi settori popolari colpiti dalla crisi e togliere spazio al populismo fascio-leghista. Questo scenario rischia di ripetersi nelle prossime elezioni amministrative del 2016..

La “costituente di sinistra” è quindi un'ipotesi priva di concretezza e di un reale spazio riformatore nell'attuale contesto segnato dalla crisi: infatti Renzi non rappresenta un incidente di percorso, ma lo sviluppo/accelerazione delle precedenti politiche del PD, con l'abbandono definitivo di ogni legame con una cultura democratica e costituzionale. Si rivela inoltre illusoria l'ipotesi di chi vuol vedere nella cosiddetta “base” del PD una sorta di immunità dalla “corruzione” renziana. Egli rappresenta lo strumento più utile al capitalismo ed ai poteri forti per gestire la crisi a loro favore con l'attacco ai diritti dei lavoratori e delle lavoratrici, ai beni comuni, alla democrazia ed alla Costituzione, con il taglio della spesa sociale, con l'aumento delle spese militari per nuove guerre.
L'uscita dal PD di esponenti della sinistra è un fatto importante che potrebbe essere valorizzato con azioni comuni su battaglie concrete, ma per un'uscita da sinistra dalla crisi non c'è spazio per convergenze elettorali e di governo, basate su illusioni riformiste. Non a caso, nonostante gli annunci, la proposta della“costituente di sinistra” si è già impantanata sul nodo irrisolto del rapporto col PD e rimanda il suo “decollo” ai prossimi mesi a causa delle profonde divergenze e ambiguità esistenti.
Occorre ricostruire una proposta dal chiaro profilo anticapitalista in grado di riconquistare credibilità ed egemonia sulla base di un programma e di un effettivo radicamento nei conflitti, per modificare gli attuali rapporti di potere, ricomporre un blocco sociale e delineare un'alternativa di sistema. Occorre anche una profonda discussione sul carattere del nuovo capitalismo che non si basa solo sul dominio economico, ma affonda le radici sulle vite di donne e uomini, colonizzandone i corpi, il senso comune e la coscienza di sé.
Anticapitalismo e questione comunista: su questo terreno si colloca oggi il ruolo autonomo, utile e non settario, il progetto e l'identità di una forza comunista, come il PRC, se è vero che il comunismo rappresenta il movimento reale che abbatte e trasforma lo stato di cose presente. Fuori da questa prospettiva di classe, c'è solo ondeggiamento opportunistico, subalternità, perdita di autonomia, cessione di sovranità e dunque liquidazione del partito.

Costruire subito un vasto fronte di opposizione al Governo Renzi ed alle politiche di austerità della Troika rappresenta il terreno concreto per costruire una coalizione sociale e politica della sinistra di alternativa, una rete antiliberista ed anticapitalista diffusa, capace di promuovere ed essere interna ai conflitti sociali. In questo ambito, restituire al PRC una reale capacità di iniziativa, di interlocuzione e di protagonismo politico rappresenta però una condizione importante per l'obiettivo da conseguire. Solo sulla base di concrete convergenze su contenuti e pratiche comuni, saranno possibili forme di coordinamento che riconoscano la pluralità e l'autonomia dei diversi soggetti ed anche credibili esperienze di unità d'azione sul terreno elettorale.
Quale forma e percorso debba avere questo processo è proprio il tema su cui tutto il partito deve discutere e produrre concrete esperienze nei territori. Infatti la complessità del variegato fronte di resistenza alla crisi non può essere rappresentata da un soggetto politico “unitario”, a cui cedere sovranità, un soggetto che per le modalità politiciste con cui viene costruito, finisce poi per essere “unico”, ma da un'ampia e plurale convergenza di soggetti sociali e politici unita da:
a) un programma di fase che abbia al centro i bisogni sociali nella crisi, da costruire in stretta connessione con i movimenti ed i conflitti di classe, definendo concrete campagne a partire dalla questione centrale del lavoro e della riduzione di orario (stop precarietà e lavoro volontario, no Jobs Act, tutela del salario e del diritto di sciopero, contrattazione, pluralismo e democrazia sindacale), ai basilari diritti sociali e contro qualsiasi guerra tra poveri (diritto alla casa ed alla salute, difesa dei redditi e del sistema pensionistico, reddito di cittadinanza, ruolo democratico della scuola pubblica, pubblicizzazione dei beni comuni, lotta alle grandi opere), alla difesa della Costituzione e contro le logiche maggioritarie della legge elettorale, fino alla mobilitazione contro la BCE. Più in generale è necessario rilanciare un vasto movimento contro la guerra e la Nato, sviluppare solidarietà con la resistenza dei popoli contro l'imperialismo e i vari regimi oppressivi, a partire dai palestinesi, i curdi e in Ucraina.
b) una comune pratica e presenza nelle lotte e nei movimenti per sviluppare il radicamento ed il ruolo politico;
c) una chiara collocazione al di fuori e contro l'orizzonte del centrosinistra con o senza Renzi, a livello nazionale e locale, anche in vista delle prossime elezioni amministrative 2016 in alcune grandi città..
Come dimostra la rottura che si è prodotta all'interno di Syriza, non è la formula del soggetto politico “una testa, un voto” che garantisce l'unità, ma solo la condivisione di un chiaro programma politico.

La crisi strutturale del capitalismo ripropone l'attualità della questione comunista e rilancia la necessità della rifondazione di un partito comunista, capace di svolgere un ruolo propulsivo e di riaggregare le tante soggettività comuniste oggi disperse, su un profilo, una proposta politico-programmatica ed una forma partito all'altezza della crisi attuale, in grado di interpretare e raggiungere i nuovi soggetti sociali...Il buon successo della festa nazionale di settembre ed i 43.000 compagni/e che hanno sottoscritto il due per mille al PRC, dimostrano che c'è una domanda di partito comunista a cui va dato risposta.
Rifondazione del partito e costruzione di una rete antiliberista ed anticapitalista sono le due priorità, tra loro dialetticamente connesse, su cui deve lavorare il PRC in questa fase per uscire dalla marginalità e dalla crisi politico-organizzativa di questi anni, per rimettersi in connessione con i vari movimenti di resistenza sociale e politica e delineare una prospettiva socialista all'altezza dei nostri tempi.
A tal fine, insieme all'approfondimento di comuni storie e posizioni teoriche, occorre unire una profonda riflessione sui limiti dell'esperienza comunista di questi anni, un aggiornamento dell'analisi di fase e l'avvio di una nuova presenza dei comunisti e delle comuniste nella società, così da evitare scorciatoie autoreferenziali o concepite sulla base di una identità astratta.
Con questa prospettiva sarà possibile ricostruire una reale visibilità dei comunisti e delle comuniste, il senso di appartenenza e la militanza di tanti compagni/e, oggi demotivati da scelte e modalità di lotta politica interna inaccettabili.
La ripresa del conflitto ed un concreto piano di reinsediamento sociale del partito, l'entrata in campo di nuove esperienze e generazioni saranno determinanti per invertire la tendenza e riaggregare i comunisti e le comuniste, ma questa nuova fase deve essere avviata da subito con l'attivazione di un ampio processo di autoriforma, basato sulla democratizzazione del dibattito e su una profonda modifica dello stile di lavoro, che sappia unire dialettica e pluralismo interno, condizioni essenziali per una gestione collegiale del partito.
Le conclusioni della recente Conferenza nazionale dei Giovani Comunisti/e, dove è stata messa in minoranza la richiesta di sostenere la proposta della “costituente di sinistra”, rappresentano in questo senso un importante contributo al cambiamento, che non deve restare inascoltato.
In questa fase diventa essenziale riprendere un percorso di formazione politica volto a costruire in modo diffuso analisi, critica e pratica politica, a ristabilire un nesso profondo tra teoria e prassi, tra condizione sociale e coscienza politica. A tal fine è necessaria la ripresa del conflitto di genere, strettamente connesso al conflitto di classe, contro il maschilismo e la concezione patriarcale, presente anche nel partito a tutti i livelli. Non si tratta di assegnare quote alle donne, ma di cambiare i tempi e le modalità della politica, di riconoscere l'autodeterminazione, la differenza e la passione politica delle compagne.
Il profondo rinnovamento politico, culturale, di genere e generazionale, di cui il PRC ha urgente bisogno, rende necessario – prima che sia troppo tardi – anticipare il congresso del partito per la ridefinizione della linea e dei gruppi dirigenti a tutti i livelli.
Riteniamo inoltre la proposta di partecipare ad un nuovo soggetto politico un tema tipicamente congressuale. Il partito deve poter discutere e decidere non con scorciatoie plebiscitarie, ma con modalità di consultazione che garantiscano le diverse posizioni in campo, promuovendo un reale confronto e partecipazione dei compagni e delle compagne.

Documento presentato da Mauro Azzolini, Imma Barbarossa, Fulvia Bilanceri, Giacomo Burresi, Luca Cangemi e altri

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