Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 9 - 10 giugno 2012

Documento respinto

L'andamento della crisi economica in Europa sta differenziando sempre più i paesi più deboli (Grecia, Spagna, Portogallo, Italia, ma anche Francia) dalla Germania. Inoltre gli sviluppi della situazione greca diventano decisivi per la sfida ai diktat della BCE e per il futuro stesso dell'euro, considerando che l'uscita anche solo di un paese europeo dalla moneta unica può determinare un effetto domino e ripercuotersi su tutta l'eurozona, Germania compresa.

Le differenze tra le ricette della Merkel, di Monti e di Hollande per uscire dalla crisi non sono tali da prefigurare soluzioni alternative favorevoli ai ceti popolari, ma rimangono tutte all'interno delle compatibilità capitaliste, e dei dettami del Fondo Monetario Internazionale, togliendo qualsiasi spazio a ipotesi “riformiste”..

Si afferma una forte avanzata delle sinistre di alternativa laddove queste, pur con limiti e contraddizioni, si sono nettamente differenziate dai socialisti e dalla sinistra moderata (Grecia, Spagna, Francia,..). Questa tendenza non si realizza in Italia, sia per la debolezza e la frammentazione delle forze di sinistra sia perchè rimane tuttora irrisolto il nodo dei rapporti con il PD ed il centrosinistra.

Il Governo Monti-Napolitano porta avanti con determinazione, sia pur indebolito nei consensi, il suo ruolo di governo costituente di un nuovo quadro politico e sociale, in funzione della necessità del capitalismo e delle banche di uscire da questa crisi, assestando duri colpi ai ceti popolari e ridisegnando così nuovi e più favorevoli rapporti di forza.

In questo contesto è necessario rilanciare proposte e parole d'ordine chiare tese all'unificazione delle lotte dei lavoratori e dei giovani che sempre più pesantemente vengono colpiti dalla crisi, a partire dalla richiesta dello sciopero generale, non ancora indetto dalla CGIL, mentre il sindacalismo di base lo ha proclamato per il prossimo 22 giugno, una scadenza importante da sostenere.

E' necessario rafforzare, con tutti gli strumenti possibili la lotta per la difesa e l'estensione dell'art.18, mentre il Parlamento vota la fiducia sulla controriforma del lavoro, agendo nei territori per collegare le iniziative di mobilitazione, lanciando la proposta di referendum popolare in caso di sua approvazione, promuovendo una campagna di massa con leggi di iniziativa popolare contro il “pareggio di bilancio” in Costituzione, per il reddito sociale e per la creazione di nuovo lavoro stabile legato a bisogni sociali e collettivi.

Più in generale le lotte di resistenza alla crisi e la capacità di unire i movimenti su un programma minimo, articolando la parola d'ordine “non pagare il debito”, sono centrali per impedire la cancellazione dei diritti, sviluppare l'opposizione sociale e delineare l'alternativa di sistema, pur consapevoli della natura difensiva di queste lotte e della fase attuale.

Continua a mancare un riferimento ed una rappresentanza politica credibile per i movimenti sociali. Questo problema viene evidenziato in modo chiaro da un quadro politico in movimento e dalle tendenze che emergono dalle recenti elezioni amministrative.
Il crollo del PdL e della Lega mette in crisi, salvo possibili nuove aggregazioni dell'area moderata e di destra, “l'equilibrio del terrore” tra centro destra e centrosinistra che ha “costretto” la sinistra ad allearsi col PD (con conseguente logoramento sociale), il terzo polo non decolla, perde voti anche il PD che riconquista varie amministrazioni, ma con forti problemi interni.
La protesta si esprime con il successo delle liste Cinque Stelle e con la crescita dell'astensionismo, mentre FdS, SEL e anche IDV rimangono al palo, e in varie situazioni arretrano.
In questo vero e proprio terremoto, parlare di tenuta o di semplice nostra inadeguatezza, gridare addirittura “all'antipolitica”, è un esercizio autoconsolatorio e da “ragionieri” della politica!

I risultati delle recenti amministrative, sia pur parziali, ci dicono che la richiesta di cambiamento radicale si esprime principalmente come richiesta di rovesciamento del sistema dei partiti e che anche il PRC è percepito come interno a questo sistema (anche in considerazione delle numerose alleanze fatte col centrosinistra), ma vi sono anche specifiche situazioni caratterizzate da un consolidato lavoro nel territorio e da una esplicita alternatività al PD, dove sono stati ottenuti risultati incoraggianti.

Ancora una volta, la Federazione della Sinistra conferma, proprio per vizio di origine, profonde contraddizioni e debolezze di linea politica, divenendo sempre più un contenitore vuoto, utile solo a minare l'autonomia del PRC e condizionare la necessità di una svolta urgente.

Lo scatto, il vero salto di qualità che serve adesso al nostro partito è uscire dall'internità a questo sistema dei partiti che sostengono Monti o che si alleano con chi sostiene Monti..
Per smettere di navigare a vista, magari nella illusione per questa via di ritornare in Parlamento, la questione della rottura politica col PD- soprattutto dopo il sostegno alla cosiddetta “riforma del mercato del lavoro” - è una scelta obbligata e non più rinviabile, non è una questione tattica, ma strategica, se davvero vogliamo ricostruire e aggregare una sinistra anticapitalista, che sappia unire la critica della casta alla questione sociale, e quindi possa intercettare quanti hanno scelto l'astensionismo ed il M5S.

L'esigenza di stabilire questo nesso profondo rappresenta il vero limite del Movimento Cinque Stelle, su cui è possibile agire nei territori, evitando giudizi liquidatori nei confronti di quanti hanno aderito a questo movimento. La scelta di lavorare alla costruzione di un riferimento a sinistra che sia percepito da ampi settori popolari come alternativo a tutte le forze che sostengono Monti, è inoltre decisiva per impedire derive populiste e per agire in modo proficuo sulle stesse contraddizioni presenti nella base sociale del PD.

Fuori da questo sistema dei partiti, è possibile rilanciare la diversità di Rifondazione Comunista, una diversità che si sostanzia a partire dal protagonismo reale dei suoi militanti, a partire dai circoli, le strutture di base su cui è fondata (anche per statuto) la democrazia interna del nostro partito.
La critica alle forme della politica riguarda anche noi: è necessario affermare nella società pratiche alternative al leaderismo, alla concezione di mestiere separato, alla degenerazione plebiscitaria ed alle nuove forme di “democrazia digitale”, che tendono a passivizzare le soggettività giovanili (e non solo!), nella illusione di essere protagonisti di un cambiamento che invece è solo di facciata e anzi utile alle esigenze di ammodernamento del sistema.

Un PRC che rimanesse ancora in mezzo al guado, rischia di essere ancor più inadeguato e poco utile, nonostante che la buona riuscita della manifestazione del 12 maggio testimoni che le energie per una svolta ci sono ancora! Il corpo reale del partito ha dimostrato di avere le potenzialità e la forza di cambiare, un patrimonio di lotte e di esperienze da non disperdere, ma da impegnare per l'opposizione di classe e per un'alternativa anticapitalista fuori dalle logiche del bipolarismo e dalle compatibilità di questo sistema.

Claudio Bettarello, Claudia Rancati, Sandro Targetti.

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