Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 23- 24 settembre 2011

EMENDAMENTO AL DOCUMENTO 1
Emendamento aggiuntivo da collocare dopo la premessa
Per una opposizione costituente

Come è triste la prudenza (Teatro Valle occupato)
«Noi cerchiamo l’autenticità del gesto di rivolta e non la sacrificheremo né all’organizzazione né al proselitismo» (Carla Lonzi)
«Un altro mondo è possibile e necessario»: l’attualità e la potenza di queste parole segnano per noi il senso e l’orizzonte del cammino che abbiamo deciso di intraprendere dieci anni fa a Genova, e che abbiamo il desiderio e la responsabilità di continuare a percorrere, ora più che mai.
La retorica capitalistica della crisi è oggi il vettore ideologico più potente della ristrutturazione neoliberista. Nella «shock economy», la retorica della crisi è giustificazione addotta per una riscrittura costitutivamente a-democratica delle relazioni sociali, per la precarizzazione di lavoro e diritti, per depotenziare qualsiasi idea di possibile alternativa.
Il nostro compito allora è proprio quello di «ampliare il fronte del possibile»: smontare la retorica della crisi, e nominare la necessità e la possibilità di uscire dal capitalismo in crisi e la constatata impossibilità di uscire da sinistra dalla crisi del capitalismo. Il capitalismo è, gramscianamente, «continua crisi»-ristrutturazione di se stesso: il senso della nostra esistenza come comuniste e comunisti è, dunque, la costruzione dell’antitesi, ossia del soggetto del conflitto e della liberazione.
Nella crisi costituente dobbiamo costruire l’opposizione costituente. Alla crisi capitalistica presentata come natura, dobbiamo opporre la possibilità di un’altra storia, di una storia non finita e non scritta. «Noi la crisi non la paghiamo», «noi il debito non lo paghiamo»: nominare altre possibilità nella storia.
Dobbiamo, dunque, praticare qui ed ora il nostro orizzonte politico: l’alternativa di società; e cioè connettere i soggetti politici e sociali del conflitto. Perché l’alternativa non si costruisce per accumulo di contraddizioni interne alla logica capitalistica e in attesa di una loro catastrofica esplosione; né per accumulo gradualistico di riforme, ormai incompatibili con la ristrutturazione del capitale (e qui il fallimento delle socialdemocrazie). In questo senso, non è postulabile una maturità oggettiva del tema del superamento del capitalismo che non comprenda il tema di una maturità soggettiva di questa possibilità.
L’attualità della rifondazione comunista, la necessità rifondazione comunista sono oggi ancora più profonde di ieri. L’utilità della rifondazione per uscire dal capitalismo in crisi si misura sulla capacità della costituzione politica della soggettività del conflitto, dell’opposizione costituente. La ricerca di una risposta alla domanda «come si forma il movimento storico sulla base della struttura», di questa struttura. La rifondazione comunista è, infatti, per noi consapevolezza della inscindibilità del processo di conoscenza e di trasformazione: necessità di saper leggere nel presente le connessioni fra le forme attuali del dominio (capitalismo,patriarcato, sviluppismo, sessismo, fondamentalismi religiosi) e costruire il soggetto dell’alternativa all’altezza dell’oggi.
L’idea di comunismo vive in noi non come ideologia, non come identità e tantomeno come nostalgia, ma come strumento di previsione e come mezzo per leggere il presente e come passione del futuro, per un futuro all’umanità: un futuro di libertà uguale che desideriamo praticare qui ed ora. Siamo contro la teoria dei due tempi e l’oggi è l’unico giorno possibile per la rivoluzione, per un processo di rivoluzione molecolare. La rifondazione comunista oggi deve vivere, per essere credibile, come pratica di un’utopia concreta, come un « “dover essere” che è, quindi, concretezza, anzi è la sola interpretazione realistica» dell’esistente : come una teoria delle pratiche di liberazione.
Il nostro compito in questo congresso è allora quello di contribuire a costruire un Partito della rifondazione comunista all’altezza della rifondazione comunista necessaria. Respingiamo con forza i processi autorevisionistici che tendono a descrivere la storia di questo partito, da una parte, come soggetto che ha esaurito la sua funzione storica (l’indicibilità del comunismo), dall’altra, come serie di innovazioni puramente funzionali al suo scomparire in una svolta governista. Dal congresso di Chianciano abbiamo ripreso la strada dell’alternativa di società contro quella dell’alternanza, perché sappiamo che non c’è più alcuna possibilità, come ci hanno insegnato il Governo Prodi e il tradimento del suo programma, di rendere i governi permeabili al conflitto, poiché le politiche neoliberiste prevedono costitutivamente lo svuotamento della democrazia della rappresentanza e la cessione di sovranità alle tecnocrazie.
Restiamo, dunque, convinte/i della impossibilità di scindere aggettivo e sostantivo, rifondazione e comunista, e di scindere la rifondazione comunista dalla alternativa di società, dalla scelta di essere parte del movimento altermondialista. La rifondazione è camminare domandando, rottura della gabbia ortodossia-eterodossia in una ricerca che si può svolgere solo nella costruzione pratica dell’alternativa e nella passione per il futuro: «non si fa politica-storia senza questa passione» (A. Gramsci).
Per queste ragioni il nostro “programma di fase” è la costruzione di un nuovo movimento di massa su scala nazionale ed europea nel movimento altermondialista; di un nuovo «blocco storico»; di un nuovo senso comune in grado di superare il capitalismo anche sul terreno ideologico: di «un movimento reale che trasformi lo stato di cose esistenti».
Questo movimento reale traduce oggi la sua domanda di liberazione, la sua idea di comunismo in quella di beni comuni. O meglio: attraverso i soggetti che nel conflitto costruiscono l’idea, la definizione sociale ancor prima che giuridica, di nuovi beni comuni non privatizzabili, non mercificabili, non recintabili. Un’idea estensiva, quella di beni comuni, che accomuna in un’unica lotta democrazia, cultura, saperi, lavoro, acqua, ambiente.
Il nostro programma di fase è, dunque, qui ed ora, la costruzione del movimento reale per l’alternativa di società. Proponiamo, dunque di costruire un polo politico della sinistra d’alternativa, che assuma come nodo costituente quello dei beni comuni, che sia anticapitalista e antipatriarcale. Un polo che connetta soggetti sociali e politici del conflitto; che sappia battersi al contempo contro il berlusconismo e contro la BCE; che riapra spazi di democrazia lottando per il proporzionale e costruendo nuove forme di partecipazione; che sappia produrre nuove forme di socializzazione del politico e di politicizzazione del sociale, rompendo quella separatezza fra politica e società, fra etica e politica, in cui muore ogni ipotesi reale di trasformazione.
Infine uno sguardo su di noi. Amiamo troppo questo partito per tacere e lasciare che esso muoia della sindrome della sopravvivenza; abbiamo troppa fiducia in noi, in noi tutte/i compagne e compagni, per pensare che una discussione congressuale debba trasformarsi in una conta; crediamo che almeno nel partito la “retorica della crisi” o la “retorica dell’unità” non possano essere usati come copertura ideologica di una gestione correntizia, che ha rinunciato all’idea che ci si possa trasformare e confrontare reciprocamente, vivendo a pieno la democrazia interna come costruzione collettiva della decisione. Pensiamo ancora che questo partito debba essere una comunità di affetti e relazioni, di uomini e donne che praticano quotidianamente e con orgoglio la diversità comunista, che vivono la politica con generosità e passione. Gli steccati tra di noi sono una mortificazione, una riduzione di una risorsa di militanza straordinaria all’algebra delle correnti, a una “geometrica impotenza”: l’ostacolo che ci impedisce di uscire dalle nostre stanze di partito, come invece avevamo detto a Chianciano. La crisi, o la fine, della politica è nella sua riduzione alla gestione dell’esistente: ricordiamocene anche dentro il partito. Un’altra rifondazione è possibile, se è la strada che scegliamo di percorrere tutte e tutti insieme.
«O alla meta arriviamo cantando, o non arriva nessuno» (Modena City Ramblers)
Eleonora Forenza, Pasquale Voza, Imma Barbarossa, Pino Commodari, Francesco Voccoli

(sottoposto alla votazione della platea dei componenti del Cpn aderenti al Documento congressuale n. 1)
Respinto con 8 voti a favore e 5 astensioni

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