Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 17 - 18 luglio 2010

Documento proposto dalla segreteria per il CPN del 17/18 luglio 2010

Lo straordinario risultato della raccolta di firme sul referendum per l’acqua pubblica, i No espressi dagli operai nel referendum a Pomigliano, le lotte degli operai Fiat contro il taglio del premio di produzione e i licenziamenti, sono le ultime espressioni, in ordine di tempo, di una soggettività non pacificata che attraversa il paese. E’ nostra convinzione che non si tratti di fenomeni isolati quanto di espressioni di una situazione generale: una crescente insofferenza per lo stato di cose presenti che non sempre riesce a trovare i canali attraverso cui esprimersi.

A partire da questa soggettività emergente e sulla possibilità che si esprima in forma generalizzata si basa la nostra scommessa politica di costruire una sinistra di alternativa, anticapitalista ed antipatriarcale in questo paese. Il luogo ove questa soggettività emerge e questa scommessa si gioca è la crisi economica, che mostra sempre più chiaramente il suo carattere di profonda crisi del sistema capitalistico.

La crisi economica

Le politiche messe in atto a livello internazionale non sono in grado di rilanciare il meccanismo di accumulazione. Restano irrisolti i problemi di instabilità finanziaria così come quelli relativi agli sbocchi di mercato. in questo contesto particolarmente negativa è la situazione europea dove le classi dominanti, guidate dalla Germania, stanno attuando una pesante politica deflattiva e di taglio della spesa sociale. Le classi dirigenti europee, in un accordo bipartisan tra centro destra e centro sinistra con la Banca Centrale Europea, stanno realizzando un vero e proprio colpo di stato monetario che punta a rendere più stretti i parametri di Maastricht e a rendere automatiche le sanzioni per i paesi che non rispettino i vincoli rafforzati. Il risultato concreto di questa politica, il sui varo è previsto per il mese di ottobre e che ha già portato ad una prima stangata europea di 300 miliardi di euro, sarà un aggravamento della crisi in Europa con una prosecuzione della stagnazione economica e una ulteriore distruzione di milioni di posti di lavoro.

Il risultato che vogliono ottenere è una complessiva riduzione del costo del lavoro in Europa a partire da una riduzione dell’occupazione, dall’aumento dello sfruttamento, dalla precarizzazione del lavoro e dalla distruzione del welfare così come l’abbiamo conosciuto. Il tutto determinando una più accentuata gerarchizzazione interna all’Europa sulla base della produttività del lavoro nei diversi paesi. Vi è quindi un progetto di segmentazione e restringimento del mercato interno che punta a rilanciare l’Europa come continente esportatore. Si tratta di un obiettivo assurdo perché non esiste oggi alcun significativo sbocco di mercato per una produzione europea. Il risultato di queste politiche europee determinerà quindi un impoverimento dell’Europa e una più marcata gerarchizzazione sociale e tra stati in un contesto di disoccupazione di massa destinata a durare anni.

Queste politiche stanno determinando e determineranno ancora di più una crisi sociale che, nella misura in cui non assumono il carattere della lotta sociale, tendono a degenerare in rivendicazioni nazionaliste e localiste, non solo in Italia ma, come dimostra il caso Belga, anche in altri paesi europei.

Una crisi costituente

Di questa tendenza europea il governo italiano rappresenta l’esempio peggiore. La continua politica dei tagli che caratterizza il governo sin dalla sua nascita, si accompagna al tentativo di demolire il quadro costituzionale. Dopo gli attacchi alla Magistratura e alla libertà di stampa, dopo l’accordo separato sulla contrattazione, la proposta della modifica del titolo terzo della costituzione con l’attacco al diritto di sciopero e al sindacato di classe, la demolizione dello Statuto dei lavoratori e del diritto del lavoro, rappresentano il tentativo di usare la crisi per ridisegnare completamente la geografia sociale, istituzionale e politica del nostro paese. Questo disegno finalizzato alla gestione autoritaria della frantumazione del conflitto sociale, questa politica eversiva del governo, si accompagna al suo profilo amorale, in cui affari leciti ed illeciti, superfici di contatto con la malavita organizzata, sono mischiati con la gestione privatistica della cosa pubblica e alla riproposizione di culture politiche razziste ed omofobe che ne caratterizzano il carattere compiutamente reazionario. Come abbiamo più volte il disegno del governo italiano non è quello di uscire dalla crisi ma quello di utilizzarla come “crisi costituente”, in cui l’offensiva sociale si accompagna alla distruzione della democrazia e alla riscrittura della storia e delle culture del paese. L’obiettivo di fondo di Berlusconi non è nulla di meno che di porre fine alla repubblica nata dalla resistenza e ai suoi equilibri sociali, politici ed istituzionali.

Questa azione non è certo esente da contraddizioni interne alla maggioranza – in particolare sul terreno della legalità democratica – che possono anche determinare una crisi della maggioranza. Il punto di forza di Berlusconi è che la sua opposizione interna, come pure larga parte dell’opposizione parlamentare, si muovono su un terreno sostanzialmente liberale ed interclassista. Anche quando l’opposizione solleva correttamente i nodi della giustizia sociale non avanza mai una proposta di uscita dalle politiche neoliberiste che costituiscono il quadro in cui lo stesso governo si muove. Emblematica è la sostanziale copertura data dal PD al dictat Fiat a Pomigliano che di queste politiche è l’espressione più coerente o il voto favorevole dell’IdV e l’astensione del PD sul federalismo. La vicenda Fiat evidenzia la piena consonanza tra governo e industriali nel comune obiettivo di espellere il sindacato di classe dai luoghi di lavoro. I licenziamenti fatti dalla Fiat a fronte della positiva reazione dei lavoratori di Pomigliano prima e di Melfi e Mirafiori poi, segnalano una volta di più che la radice della messa in discussione della democrazia risiede proprio nell’assolutizzazione della centralità dell’impresa da anni proposta da Confindustria.

La manovra del governo in corso di approvazione ha un carattere recessivo ed è profondamente iniqua sul piano sociale. Produrrà ulteriore disoccupazione e restringimento del welfare e degli spazi pubblici. In particolare nel corso del 2010 e 2011 verranno a terminare misure di sostegno al reddito quali la cassa integrazione in deroga e la mobilità per centinaia di migliaia di lavoratori, determinando una condizione di disoccupazione di massa mai vista in Italia. Oltre ai giovani e alle donne che sono i più colpiti dalla disoccupazione avremo quindi una parte consistente di lavoratori maschi adulti senza lavoro e senza la possibilità di ottenere un nuovo posto di lavoro. Anche perché le cifre reali della disoccupazione non sono espresse dalle statistiche ufficiali, che hanno metodi di rilevazione fatti appositamente per sottostimare il fenomeno. Il punto vero è che il tasso di occupazione in Italia (cioè coloro che lavorano tra i 15 e i 65 anni) è del 57% (in Danimarca è l’80%) e che una parte consistente di questi è oggi in CIG. Detto chiaramente in Italia una persona su due in età di lavoro è disoccupata e senza protezioni sociali che non siano quelle garantite dalla struttura famigliare. Questo dato relativo alla disoccupazione di massa (che nel mezzogiorno ha punte ancora più marcate) si accompagna ad un deciso taglio del welfare, dei trasferimenti alle regioni e agli Enti Locali, una ulteriore taglio alle pensioni e ad una riduzione dei salari reali e ad un aumento dello sfruttamento del complesso del mondo del lavoro , come mostra la simultanea azione di taglio salariale nel Pubblico Impiego e di destrutturazione dei contratti nazionali di lavoro nell’industria.

Questo attacco simultaneo su più fronti che punta al ridisegno delle relazioni sociali nel contesto di un deciso impoverimento del paese, sta provocando numerosi conflitti sociali che sono destinati ad aumentare. Già ora vi sono numerose mobilitazioni ma l’autunno, in cui saranno direttamente percepibili gli ulteriori effetti negativi della manovra, è destinato a vedere aumentare la conflittualità sociale. Il punto di forza del governo e del padronato sono la relativa frantumazione dei conflitti, tutti difensivi e privi di guida politica in quanto l’opposizione parlamentare si muove sostanzialmente all’interno del paradigma neoliberista.

Il nostro progetto

Occorre quindi operare per unificare il conflitto e costruire uno sbocco politico allo stesso. A tal fine è necessario esplicitare un progetto antiliberista unificante di uscita dalla crisi. Il livello a cui questa alternativa può essere costruita è quello europeo, che ha la forza per mettere sotto controllo il capitale finanziario e la speculazione. A partire dalla sottomissione della finanza a precisi vincoli sociali noi proponiamo la trasformazione dell’Europa in uno stato sociale europeo che punti al pieno impiego, con livelli fiscali e salariali omogenei in modo da combattere il dumping sociale che l’Europa mercantile ha determinato. L’Europa è oggi teatro di una gigantesca guerra tra i poveri di cui le delocalizzazione sono l’emblema, noi poniamo l’obiettivo di trasformarla in una Europa sociale che attraverso il controllo pubblico del credito, la redistribuzione del reddito e l’elaborazione di politiche pubbliche finalizzate alla riconversione ambientale e sociale dell’economia determino il superamento degli squilibri oggi esistenti. Le differenze di produttività tra i vari paesi non devono dar luogo a differenze salariali ma ad una riduzione modulata dell’orario di lavoro. Occorre quindi porre il tema del superamento della natura liberista della costruzione europea proponendo una nuova fase costituente per fare fronte alla crisi basata sulla centralità della elaborazione di politiche pubbliche democratiche ed egualitarie. La missione della BCE deve essere ridefinita mettendo al centro la difesa dell’occupazione e non la stabilità monetaria, i parametri di Maastricht vanno radicalmente rivisti in senso opposto alle operazioni in corso. Occorre fare il contrario di cosa stanno facendo oggi i governi europei.

Sul terreno italiano la nostra proposta consiste nella difesa e attuazione della Costituzione repubblicana e nell’allargamento del complesso dei diritti civili e sociali. A tal fine riteniamo centrale la difesa del welfare e l’allargamento della sfera pubblica a partire dall’acqua, dalla sanità dalla conoscenza. La redistribuzione del reddito attraverso una riforma del sistema fiscale che imponga la progressività del prelievo ad ogni forma di reddito. La difesa dei contratti nazionali di lavoro e del diritto del lavoro. La lotta alla precarietà e alle delocalizzazioni. L’elaborazione di politiche industriali finalizzate al rafforzamento dell’apparato industriale e alla sua riconversione ambientale. La nostra proposta è la costruzione di un piano del lavoro che intrecci costruzione di politiche industriali, riduzione dell’orario di lavoro e attivazione di un salario sociale per tutti i disoccupati da finanziarsi con un deciso prelievo sui patrimoni, sulle rendite finanziarie e fondiarie, con la riduzione delle spese militari.

Cacciare Berlusconi

In questo quadro, ci battiamo per la cacciata immediata del governo Berlusconi. Siamo contrari a qualsiasi ipotesi di governo di transizione: non avrebbe una legittimazione popolare e inevitabilmente proseguirebbe nelle politiche antisociali. Noi proponiamo di andare immediatamente alle urne e proponiamo a tutte le forze di opposizione un accordo elettorale e non di governo su cui costruire una alleanza democratica, con l’obiettivo di difendere la Costituzione e di varare una legge elettorale proporzionale. Si tratta di indicare con chiarezza la necessità di sconfiggere il berlusconismo sul piano sociale come su quello istituzionale, denunciando come l’attuale assetto istituzionale bipolare sia funzionale alla derubricazione dall’agenda politica del tema dell’alternativa ed alla gestione delle politiche economiche all’interno delle compatibilità dettate dai poteri forti. La proposta di alleanza finalizzata alla cacciata di Berlusconi deve quindi intrecciarsi con una campagna di massa contro il bipolarismo per porre le basi di un superamento della seconda repubblica.

Costruire il movimento di opposizione

E’ evidente che questa proposta elettorale non risolve il problema della cacciata di Berlusconi e della sconfitta del berlusconismo. Per questo riteniamo necessaria la costruzione di un movimento di massa che ricomponga la lotta per la democrazia con la questione sociale, costruisca uno sbocco politico ai movimenti di lotta che sono presenti e si ponga l’obiettivo della cacciata del governo Berlusconi. A tal fine proponiamo a tutte le forze della sinistra, politiche, sociale e culturali, di operare congiuntamente per costruire in autunno una manifestazione unitaria della sinistra che ponga esplicitamente l’obiettivo di lottare contro le politiche del governo Berlusconi, contro le politiche di Confindustria e contro le politiche europee. Un impegno unitario in questa direzione permetterebbe di sbloccare l’attuale situazione. Ci permetterebbe di ricostruire quel clima che da Genova nel 2001, passando per la mobilitazione della Cgil sull’articolo 18, per il movimento antirazzista a contro la guerra, costruì le condizioni per sconfiggere il governo Berlusconi nelle elezioni del 2006. Per poter sconfiggere Berlusconi nelle urne – obiettivo che tutti quanti condividiamo - dobbiamo prima metterlo in crisi nel suo rapporto con la società e dobbiamo costruire l’opposizione. La costruzione di una iniziativa unitaria delle diverse forze di sinistra con le caratteristiche sopra indicate, potrebbe costituire l’aggregazione da cui partire per dar vita nella primavera prossima ad una campagna referendaria sulle questioni del lavoro.

Oltre a questa iniziativa occorre valorizzare l’appuntamento del 29 settembre, che la Confederazione Europea dei sindacati ha individuato come data per una protesta europea contro le politiche neoliberiste. Proponiamo che anche in Italia – come in altri paesi europei - questa scadenza diventi una giornata di sciopero generale. In ogni caso il PRC, in relazione agli altri partiti che fanno parte della sinistra europea è impegnata a fare di questa giornata una mobilitazione straordinaria sui temi europei che sono colpevolmente assenti dall’agenda politica italiana.

Unire la sinistra di alternativa

A tal fine proponiamo di lavorare da subito e con determinazione all’unità delle forze della sinistra di alternativa. La realtà del paese, a partire dall’ottimo risultato nella raccolta di firme sui referendum sull’acqua pubblica, ci parla di una forte potenzialità per una sinistra autonoma dal centro sinistra. Proponiamo di aggregare questo campo di forze per unire la sinistra – dentro e fuori i partiti – imparando dai compagni e dalle compagne della Linke, del Front de Gauche, dall’America latina che a partire dall’opposizione al neoliberismo hanno saputo costruire una sinistra plurale, federata e popolare. Mettere al centro la democrazia partecipata contro ogni forma di plebiscitarismo è la condizione per costruire una alternativa sul piano sociale, politico e culturale. Oggi nessuna forma in cui si organizza l’attività politica è esaustiva della stessa: partiti, sindacati, comitati, associazioni, aggregazioni sulla rete, sono tutte forme parziali e non esiste una palingenesi a portata di mano. Occorre quindi tessere e federare, cucire legami politici nel pieno rispetto della dignità di ognuno e di ogni esperienza. Proponiamo quindi a tutta la sinistra di aprire un percorso di confronto e di unità che sappia ricostruire la speranza e il senso della lotta e avanziamo la proposta a tutte le forze politiche presenti a sinistra del PD di dar vita ad un tavolo di lavoro e confronto per allargare e coordinare l’iniziativa politica comune.

Costruire la Federazione della Sinistra

In questo quadro di lavoro per l’unità delle forze della sinistra di alternativa, autonoma dal PD, decisivo è il processo di costruzione della Federazione della Sinistra. Abbiamo deciso di tenere il Congresso fondativo entro fine anno e tra pochi giorni il percorso congressuale partirà concretamente con la definizione del regolamento e del documento politico. Il Comitato Politico nazionale approva questo percorso da tenersi sulla base dei documenti presentati e delle proposte di modifica che sono emerse nel corso del dibattito. Il congresso della Federazione deve dar vita ad un vero processo partecipativo in cui la dimensione organizzativa e politica si saldi con la capacità di aprirsi ai soggetti presenti sul territorio e la partecipazione attiva ai conflitti sociali. La capacità di coinvolgere e rendere protagonisti del processo tutti i soggetti politici, sociali e associativi disponibili sarà la vera cartina di tornasole per verificare la bontà del processo aggregativo a cui abbiamo concorso a dar vita. Si tratta quindi di operare da subito per dar vita ad un vero processo costituente delle Federazione come soggetto autonomo dal centrosinistra e che persegue l’obiettivo strategico di fuoriuscita dal bipolarismo. Costruire la Federazione – senza mettere in discussione l’esistenza del PRC - e costruirla come spazio politico aperto della sinistra è un punto decisivo su cui dobbiamo essere impegnati sin dalle prossime settimane.

Rilanciare Rifondazione Comunista

Ultimo ma non meno importante, al fine di realizzare il nostro progetto politico è necessario operare per il rilancio di Rifondazione Comunista. Nell’ultimo anno l’attività politica del Partito è ripresa e ha determinato sia un consolidamento organizzativo sia una significativa produzione di esperienze di presenza nella costruzione del conflitto e della solidarietà sociale. Si tratta però di fare un salto di qualità che permetta da un lato di generalizzare le buone pratiche sociali, dall’altro di mettere mano agli elementi di debolezza per rilanciare il progetto della rifondazione comunista e per rendere il nostro partito più efficace nella costruzione della Federazione e nelle lotte per uscire dal capitalismo in crisi.

In particolare, si tratta di migliorare la qualità del nostro lavoro politico nell’ambito della costruzione di un nuovo movimento operaio generalizzando le pratiche di costruzione di un efficace lavoro di massa. Occorre operare – in un quadro unitario - per diventare punto di riferimento della riorganizzazione del conflitto sociale sviluppando e rendendo patrimonio di tutto il partito le pratiche sociali di solidarietà e conflitto. In particolare occorre mettere al centro i temi del reddito e dell’occupazione con una campagna di massa per il salario sociale da costruirsi in particolare nel mezzogiorno e una forte campagna politica nel nord che smascheri il carattere antipopolare e antioperaio della Lega.

In secondo luogo si tratta di curare il nostro funzionamento organizzativo - a partire dal tesseramento e dal funzionamento dei Circoli - ed in particolare gli aspetti della nostra comunicazione con l’esterno. E’ del tutto evidente che l’oscuramento mediatico che subiamo è destinato a durare e nell’ultima fase si è addirittura aggravato. Si tratta di fare quindi un deciso salto di qualità nella nostra capacità di comunicare aprendo una specifica riflessione su questo tema che rischia di essere per noi letale. E’ infatti del tutto evidente che la quantità di lavoro politico fatto quotidianamente dai compagni e dalle compagne, se non comunicato, risulta assai depotenziato. A tal fine, si tratta di agire su più terreni. In primo luogo lanciamo oggi una campagna di sostegno al giornale Liberazione. In questo contesto la presenza del giornale è decisiva sia per la connessione del progetto politico, sia per la visibilità dello stesso. Lanciamo oggi una campagna di sottoscrizione straordinaria per Liberazione e una campagna di abbonamenti che permetta al giornale di vivere senza gravare sui bilanci del partito. Chiediamo un impegno a tutti i compagni e le compagne perché il rilancio di liberazione è oggi un punto decisivo del rilancio del nostro progetto politico. In secondo luogo raccomandiamo la diffusione della rivista “Su la testa”, luogo unitario di formazione e dibattito. Oltre a questo si tratta però di fare un deciso salto di qualità nel potenziamento del settore della comunicazione interattiva.

In terzo luogo si tratta di riaprire una discussione sul terreno della rifondazione comunista mettendo a valore le relazioni che abbiamo con il mondo dell’intellettualità interessato a questa prospettiva. Il significativo aumento del lavoro politico non ha corrisposto ad una capacità nella produzione di una nuova narrazione, di un nuovo immaginario di cosa vuol dire la proposta della rifondazione comunista oggi. Anche su questo terreno dobbiamo compiere un deciso salto di qualità che ci permetta di dispiegare a pieno il nostro progetto politico.

Al fine di rilanciare l’azione del PRC e della Federazione della Sinistra sono fondamentali alcuni impegni: il superamento del carattere monosessuato del Partito, sia nella democrazia di genere sia nelle pratiche, ma anche avviando percorsi formativi, come già si stanno svolgendo in alcuni circoli, sulla storia del movimento delle donne, sulle teorie femministe, sulle concrete modalità con cui si esprime il patriarcato, su quella che oggi può definirsi come questione maschile; la lotta alle torsioni istituzionaliste, spesso rissose e competitive, presenti nel partito; il superamento dell’eccessivo correntismo e delle divisioni presenti nel partito. La situazione è diventata progressivamente insostenibile e sovente somigliamo più ad una federazione di correnti che ad un partito. Lo stesso senso di appartenenza è sovente riferito alla propria area politica e non al partito in quanto tale. Così non si può andare avanti perché il partito è trasformato in una specie di arena congressuale infinita in cui le energie sono spese più per la propaganda e la battaglia politica interna che per l’attuazione della linea politica. Il punto è che una volta stabilita la linea politica, questa deve essere attuata e il gruppo dirigente deve dedicarsi a questo. Non sono qui in discussione le diverse sensibilità culturali o la possibilità di organizzarsi di fronte ad un dissenso politico. Il punto è che il pluralismo interno da ricchezza è diventata patologia e sovente ha più a che vedere con le modalità di formazione dei gruppi dirigenti che con una effettiva dialettica politica. I compagni e le compagne che condividono questo documento decidono quindi di lavorare insieme sul piano politico ed organizzativo, a tutti i livelli del partito, per gestire e sviluppare unitariamente l’applicazione della linea politica del partito. In questo quadro i votanti questo documento si pongono l’obiettivo di lavorare per costruire un documento unitario per il prossimo congresso di Rifondazione Comunista, dando così un contributo al superamento dell’attuale correntismo.

Approvato

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