Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 12 - 13 settembre 2009

Interventi 3

Saverio Ferrari
Per quanto le elezioni regionali saranno al centro di prossime riunioni, pongo da subito come indispensabile l'esigenza di collegare lo sforzo in atto per costruire il “partito sociale” con la scadenza elettorale. Va trovata una forma politica e organizzativa che traduca questa nostra nuova identità. Penso a un pacchetto di leggi di iniziativa popolare, regione per regione, su temi quali il lavoro, la casa , la sanità e il nucleare, non solo nelle situazioni individuate come future sedi di centrali, come esplicitazione del nostro programma elettorale. Una sorta di assunzione di impegno con gli elettori.
La proposta di un governo di “salvaguardia costituzionale” va ulteriormente approfondita. La drammaticità dell'emergenza democratica ci impone di ricercare convergenze a tutto campo, non solo sul terreno della riforma elettorale. Si è ormai consumata nel Paese una scissione tra collocazione sociale e orientamento politico. Bisogna parlare anche a chi si dispone favorevolmente verso quei partiti che sollevano questa emergenza, penso all'Idv, pur non riconoscendosi nelle loro politiche sociali. Non possiamo lasciare il terreno libero.
Il prossimo 12 dicembre ricorrerà il quarantesimo della strage di piazza Fontana. A Milano è prevista la presenza di Giorgio Napolitano. Il rischio di un taglio volutamente omissivo della matrice fascista della strage, annegata nel contesto di un'indistinta condanna del terrorismo, è alto. La Destra già sponsorizza operazioni revisioniste incentrate sul tentativo di incolpare nuovamente gli anarchici come complici dell'attentato. Rifondazione comunista, pur partecipando alle celebrazioni ufficiali, sta valutando l'organizzazione, insieme al Circolo anarchico Ponte della Ghisolfa, di un momento autonomo di mobilitazione nello stesso giorno, in grado di ribadire un'altra memoria.
Loredana Fraleone
Sono molto d’accordo con gli interventi che mi hanno preceduta, di Burgio, Fantozzi, Grassi. Sul rilancio del proporzionale, mi sento solo di aggiungere che trattandosi di rappresentanza a livello politico, bisogna cercare di tenerla insieme anche a quella democratica nei luoghi di lavoro, perché siano rimesse in connessione tra loro. Parliamo di regole che vanno ristabilite e rispetto alle quali costruire alleanze, come è stato proposto, circoscritte unicamente a questo problema. Sulla gestione unitaria, non facciamo altro che applicare quel che avevamo deciso al congresso ed io spero che possa essere l’occasione per favorire quel processo di superamento delle correnti, a cui alludeva anche Grassi, che renda il nostro partito davvero pluralista, un luogo dove ognuno/a possa esprimersi liberamente e non dipendere dalle decisioni vincolanti della corrente d’appartenenza. Ciò è necessario a maggior ragione se vogliamo costruire una federazione dal basso e non un’aggregazione di ceto politico. Rispetto al congresso della CGIL, penso sia difficile ed inopportuno prendere una posizione a favore di una componente piuttosto che un’altra, perché la barra deve sempre essere quella dei contenuti, sui quali possiamo trovare delle convergenze perfino con la maggioranza, come nel caso delle posizioni assunte anche recentemente dalla Federazione dei Lavoratori della Conoscenza. Del resto non è soltanto la sinistra politica ad essere frantumata ed avere bisogno di una ricomposizione ma anche quella sindacale. Sulle lotte dei precari della scuola dico soltanto che bisogna impedire che la questione occupazionale venga separata da quella della qualità, ossia dall’attacco forsennato che la scuola statale ha ricevuto e riceve, anche attraverso l’aumento del numero degli alunni per classe, ma non solo. E’ necessaria una maggiore consapevolezza del partito su questi temi. Da ultimo penso che vada ringraziato Citto Maselli per il suo ultimo lavoro di grande pregio culturale, artistico e politico che arricchisce e gratifica tutti noi.
Fosco Giannini
Molti non hanno capito o ( anche nel Prc) fanno finta di non capire : in Italia ( non altrove) si pone in modo ormai drammatico la questione comunista. Nel senso che l’ attacco al partito comunista di ispirazione leninista e gramsciana ( dispiegatosi attraverso la socialdemocratizzazione del Pci, la Bolognina e ciò che Ferrero chiama la grave pars destruens bertinottiana) sta cogliendo il suo obiettivo: la marginalizzazione, sino al rischio della cancellazione, del partito comunista. Vendola porta l’attacco finale a Chianciano; esso è sventato per pochissimi voti ( decisivi per battere la liquidazione, quelli de l’ernesto, mai riconosciuti). Il pericolo di estinzione avrebbe dovuto sollecitare una reazione e un rilancio dell’autonomia comunista, mai avvenuto. Ci si è persi dietro estenuanti mediazioni interne, che hanno prodotto il peggioramento del radicamento sociale e l’affievolimento del disegno comunista. Per ciò che ci riguarda proponiamo da tempo un progetto di unità dei comunisti ( a partire da PRC e PdCI sino alla diaspora comunista) come più forte base materiale per ridefinire (a partire dalla centralità del conflitto) un pensiero ed una prassi all’altezza dei tempi e dello scontro di classe. Una proposta di buon senso, fortemente sentita e condivisa dalla base Prc e PdCI ma sempre respinta – in nome del mantenimento dell’ispirazione bertinottiana di fondo - da gruppi dirigenti trasversali di Rifondazione. E’ sulla base del rifiuto sia dell’unità che del rilancio dell’autonomia dei comunisti che oggi giungiamo ad una nuova segreteria nazionale spacciata come unitaria ma che in verità si limita ad allargarsi a destra, verso l’area che solo pochi mesi fa- a Chianciano – voleva liquidare il Prc. Una segreteria che rompe a sinistra facendo fuori l’ala ( in grande crescita nel Prc e fuori) che incarna il progetto dell’ unità e dell’autonomia dei comunisti: quella de l’Ernesto. Sulla Federazione siamo d’accordo e va spinta presto al conflitto sociale. E per funzionare deve rimanere un’ unità d’azione tra soggetti diversi ( comunisti e di sinistra anticapitalista) non degenerando in quello che vorrebbero in troppi : una nuova forza di vaga sinistra.
Alessandro Giardiello
A Chianciano abbiamo evitato la liquidazione del partito attraverso un blocco tra mozioni ma quell’accordo non si è tradotto in una politica realmente condivisa e in uno sforzo comune teso a rilanciare il partito.
Si è così imposta, sulla spinta della scissione e poi ancora più nettamente con la sconfitta alle europee una deriva politicista, che ci ha riportato di botto alla discussione sui contenitori (la federazione) e alla riproposizione di un’alleanza “democratica”, anche con l’Udc, per battere le destre (che qui viene presentata nella forma della legislatura di salvaguardia costituzionale). Una proposta che oltre al suo evidente velleitarismo è il varco entro cui passeranno tutte le pulsioni istituzionali presenti al nostro interno.
Coerentemente con queste valutazioni ci collocheremo all’opposizione nel partito.
Consideriamo che in questa fase è l’unico modo per realizzare nella pratica ciò che Ferrero è in grado di enunciare solo a parole e cioè porre l’intervento nel mondo del lavoro e nei movimenti in cima ad ogni priorità, aggregando forze per costruire un nuovo modello di militanza e di gruppo dirigente.
Trovo del tutto fuori luogo e ingiusto che ci si accusi con questa scelta di attentare alla ricomposizione della nostra comunità. Il nostro dissenso, anche il più radicale, in questo partito non ha mai prodotto i veleni che ho visto invece in tante “gestioni unitarie”.
L’uscita dalla segreteria di Bellotti, non produce alcun automatismo nei territori, né significa disimpegno rispetto alla costruzione del partito e del suo radicamento sociale.
Ma non ci si venga a dire che qui oggi non si produce un cambio di maggioranza e una torsione a destra della politica del partito. Che resta di Chianciano?
Claudio Grassi
Il Cpn offre due opportunità dopo i mesi difficilissimi attraversati dal congresso ad oggi in cui abbiamo subito una scissione logorante, affrontato una grave condizione del giornale e avviato il risanamento delle finanze del partito. La prima. Si decide l’allargamento della segreteria, si dà gambe alla nostra proposta di gestione unitaria e si chiude l’epoca della gestione maggioritaria, per la quale con il 51% si prendeva tutto svilendo il ruolo delle minoranze e determinando la cristallizzazione delle correnti che oggi invece cerchiamo di ricondurre ad una dialettica costruttiva tra aree politico-culturali. Questo significa tornare a prima di Venezia e mettere il partito nelle condizioni di lavorare alla costruzione di un’ampia maggioranza allo scopo di continuare a esistere. Il Prc ha bisogno di ossigeno e di unità. Spero che questa maggioranza si consolidi e diventi maggioranza politica a tutti gli effetti. Auspico anche che nessuno esca dalla maggioranza che a Chianciano ha retto il Prc. A chi lo sta facendo voglio dire che non c’è nessuna svolta a destra, l’impianto di Chianciano è confermato e arricchito. E mi chiedo: parlando con le persone normali ci viene detto che siamo troppo di destra? Le critiche che io sento è che facciamo continue scissioni! La seconda opportunità è la Federazione della sinistra d’alternativa. Finalmente un messaggio di unità. La federazione attiva un processo di riunificazione e di costruzione di massa critica. Con questi due risultati dobbiamo dedicarci alle lotte sociali e politiche e partecipare il 19 settembre alla manifestazione per la libertà di stampa ed il 17 ottobre a quella contro il pacchetto sicurezza. La proposta della legislatura costituente va precisata. Noi non proponiamo un governo, ma una legislazione costituente che faccia solo la legge elettorale proporzionale e la legge sul conflitto di interessi. E’ in corso la campagna del tesseramento: utilizziamo i mesi fino a dicembre per rafforzare il Prc e sostenere Liberazione.
Damiano Guagliardi
Condivido gran parte dei punti della relazione del Segretario Ferrero. In particolare, il processo di gestione unitaria del partito rilancia e rende credibile la presenza del secondo documento congressuale negli organismi esecutivi e la proposta di costruzione della federazione della sinistra di alternativa. La riflessione teorica sul nuovo essere comunisti, sia come soggetto organizzato che come programma della trasformazione, non può prescindere dalla continuità con la storia del movimento operaio del passato e la stessa sopravvivenza dell’esperienza di Rifondazione Comunista. Ciò è credibile nella proposta di una forma di unità di intenti di tutta la sinistra critica e di alternativa verso quelle tante soggettività individuali e culturali che in questo momento sono disperse per effetto del fallimento del Partito Democratico. Condivido il giudizio che si dà all’essere sempre più regime del modello berlusconiano autoritario ed eversivo verso lo spirito fondante della Costituzione, e ritengo che l’obiettivo strategico di porre al centro della nostra azione politica la lotta al sistema bipolare proposta dal Segretario, sia la questione delle questioni, e solo liberando le soggettività politiche dalla rete in cui sono avviluppate per effetto del bipolarismo, le sinistre possono recuperare forza ed autonomia politica e coniugare lotte sociali a lotte democratiche. In questo senso ritengo valida la proposta politica che il Segretario lancia alle forze di opposizione a Berlusconi, nel promuovere l’unità di tutte le forze che vogliono sconfiggere le destre, e che questa proposta si realizzi concretamente attraverso la legge elettorale proporzionale e la legge sul conflitto di interessi. C’è un punto che viene trascurato dal dibattito nazionale, ed è quello di mettere nella giusta collocazione i problemi del Sud e quelli del partito meridionale. Debolezza economica, trasformismo e crisi democratica, criminalità organizzata, modello dei governi delle Regioni e degli Enti Locali, richiedono una riflessione attenta sul partito del Mezzogiorno e sulla sua efficacia di azione politica. L’idea di una criminalizzazione costante e globalizzata di ciò che il partito fa nel Mezzogiorno diventa insopportabile e poco credibile per l’organizzazione della conflittualità sociale. Il cedimento verso il leghismo rischia di essere un cedimento di carattere culturale e onnicomprensivo; se ciò avviene anche dentro di noi significa la concreta sconfitta del progetto politico su cui stiamo lavorando in questo CPN.
IGOR KOCIJAN?I?
Ritengo che la relazione del segretario ponga a tutte e tutti noi il dovere di una riflessione seria sulla capacità di proposta ed iniziativa politica, che non può essere relegata alla semplice assunzione di posizioni pubbliche giuste, spesso non veicolate sui media, né dalla semplice professione o anche dimostrazione concreta di solidarietà nelle innumerevoli situazioni di crisi che colpiscono lavoratrici e lavoratori.
La proposta di allargamento della segreteria nazionale e di effettiva realizzazione di quell’indirizzo che ha caratterizzato, da parte nostra, anche le fasi più acute del VII° Congresso e che aveva trovato applicazione concreta solo in alcune realtà provinciali o regionali, può sicuramente contribuire alla costituzione di un clima migliore dentro al partito, ma da sola non basta certo a creare i presupposti per un rilancio del PRC – SE e della stessa Federazione della Sinistra di alternativa, che la relazione di Paolo ha contribuito a definire compiutamente, togliendo, a mio parere, possibilità di ulteriori equivoci e fraintendimenti su questo terreno.
Resta da affrontare il delicato problema di una proposta chiara e perseguibile che ci caratterizzi anche in questa fase difficilissima come forza politica (o Federazione) che possa essere percepita utilmente da chi è costretto ai presidi, alle occupazioni degli stabilimenti ed anche a forme estreme di protesta. Probabilmente il tema della riduzione d’orario e di un conseguente diverso utilizzo degli ammortizzatori sociali disponibili in questa fase di nuova acutizzazione della crisi, potrebbe essere, per lavoratrici e lavoratori e forse anche per alcuni più vasti settori del mondo sindacale, molto più interessante e praticabile della proposta sulle 35 ore di dieci anni fa, perché può contenere una possibilità concreta di uscita dalla crisi e di tutela del posto e del diritto al lavoro.
Alessandro Leoni
Condivido sostanzialmente la relazione del Segretario ma voglio sottolineare l’aspetto negativo della nostra scarsa iniziativa sui temi rilevanti della “Federazione” e della proposta alle forze politiche d’alleanza per il ripristino delle condizioni basilari (“legge elettorale”) della nostra democrazia costituzionale repubblicana antifascista. Questi due obbiettivi fanno parte integrante e qualificante della “linea politica” che il PRC mette in campo per rilanciare il proprio ruolo in difesa/rappresentanza degli sfruttati del/nel nostro paese. Ritengo che sia compito prioritario del gruppo dirigente centrale impegnarsi al fine di sollecitare, spingere, verificare che le nostre organizzazioni territoriali e locali producano una prassi conseguente. Così come è vitale liquidare la mistificazione relativa alla traduzione pratica della così detta “autonomia” dei Circoli sempre più esclusivamente funzionale alla degenerazione “notabilare” di chi utilizza il Partito per meschini scopi personali. Detto ciò voglio esprimere il mio assenso all’inserimento dei compagni della mozione due nella segreteria nazionale e ciò non solo per elementari motivazioni d’utilità pratica rispetto allo stato del Partito, ma anche in quanto con questa operazione politica si sancisce l’affermazione piena della linea uscita dal nostro congresso nel quale venne solennemente deciso di chiudere la stagione “maggioritaria” dentro il PRC. Difficile dunque accettare la motivazione del compagno Bellotti di uscire dalla segreteria in nome di un non meglio specificato venir meno dello spirito di Chianciano! Tuttavia ritengo doveroso l’apprezzamento del Partito per lo sforzo compiuto da questi compagni nel momento più drammatico della travagliata storia del PRC. Termino richiamando l’attenzione del Partito sulla questione, assolutamente non secondaria, del nome che dovrà avere la Federazione. Propongo che tale questione sia risolta sulla base del principio, elementare, di verità; cioè che si definisca per ciò che vuole essere ed è: “Federazione dei comunisti e della sinistra d’alternativa”. Un soggetto politico deve manifestarsi in “positivo” per questo non mi convince la sostituzione del riferimento comunista con quello “anticapitalista” (per giunta esiste anche un anticapitalismo reazionario di destra!).
Ezio Locatelli
Condivido quando si dice che dobbiamo intrecciare proposta sociale e proposta politica. Senza dare per scontato nulla. Intanto qual è la qualità della proposta sociale che siamo capaci di mettere in campo? In molti, giustamente, si sono richiamati al valore straordinario, esemplare della lotta dei lavoratori dell’Innse. Questa lotta ha ridato un po’ di carica, di autostima alla classe lavoratrice. Il problema però è di non fare della retorica. In una fase che è di ripresa di conflittualità e di movimenti di protesta la questione fondamentale, impegnativa è come noi pensiamo di stare in prima persona, in ogni realtà, su tutti i terreni di lotta. Detto ciò, dell’importanza delle lotte, bisogna avere consapevolezza che da sole le lotte, in presenza di un vuoto di soggettività politica nonché di un quadro sociale molto deteriorato non possono avere la forza sufficiente per cambiare il quadro politico complessivo. Più che mai è indispensabile tenere insieme le nuove possibilità di scontro sociale con il piano della proposta politica. Sul nostro versante qualsiasi proposta, per avere credibilità, deve essere una proposta unificante che si cimenta sul terreno del coinvolgimento ampio, di tutte le forme di impegno che si ritrovano sul terreno delle lotte sociali o della sinistra alternativa, anticapitalista. Questo io penso debba essere la base tendenzialmente larga di costruzione della federazione della sinistra alternativa che è decisamente altra cosa da operazioni di corto respiro, l’assemblaggio su basi identitarie o per altri versi su basi politiciste di una nuova forza politica. Infine piena adesione alla proposta di gestione unitaria del partito. In una condizione di grande difficoltà la necessità che abbiamo, tirandoci fuori da dinamiche interne sempre più irrilevanti, è di spostare in avanti il dibattito e l’impegno politico di tutti noi.
Francesco Maringiò
Dobbiamo fare chiarezza sulla nostra proposta politica. Pena il non essere capiti dai nostri settori sociali di riferimento. E per fare questo dobbiamo renderci conto del fatto che oggi ci sono due esigenze alle quali dare delle risposte. La prima è l’unità a sinistra, la seconda la questione comunista. La federazione può essere una buona risposta alla prima esigenza ma, per fare questo, allora deve allargarsi a nuove forze ed altri contributi. Per quanto riguarda la questione comunista oggi, non basta dichiararsi comunisti. Dobbiamo fare i conti fino in fondo: tutte le scissioni del Prc sono avvenute in nome di questo tema (anche Vendola, che va via perché per lui il Prc era troppo comunista e col “torcicollo”). Il nostro compito è la rifondazione e ricostruzione di un nuovo partito comunista, all’altezza dei compiti che questa complessa società ci presenta. E per far questo, la riunificazione col Pdci e gli altri comunisti fuori dai partiti – per me esigenza non più rimandabile – non è la risposta sic et simpliciter al problema, ma la condizione per accumulare forze e non apparire sempre poco credibili ed eternamente divisi. Infine sulla nuova segreteria non sono d’accordo per due ragioni: questa non è una proposta di gestione unitaria perché si apre solo ad una componente e non a tutte. Si tratta quindi della costruzione di una nuova maggioranza, che è cosa diversa dagli esiti del congresso di Chianciano. È legittimo, ma bisogna avere il coraggio di dire le cose come stanno! E poi non mi convince la riconferma tout court della vecchia segreteria. Fermo restando il ringraziamento ai nostri dirigenti per il lavoro in questo difficile anno, penso che la segreteria si sarebbe potuta integrare con energie e risorse nuove che questo partito ha, come si è visto nella recente campagna elettorale.
Leonardo Masella
Le attuali difficoltà delle forze comuniste e anticapitalistiche e del processo unitario, sono innanzitutto il prodotto del non raggiungimento del 4%, risultato oggettivo, non causato dal boicottaggio di qualche dirigente, ma specchio di un distacco sociale reale e abissale dalle masse proletarie italiane, prodotto soprattutto dalla partecipazione fallimentare dei comunisti ai due governi di centro-sinistra (il primo D’Alema-Amato e il secondo Prodi). Le difficoltà di oggi sono ancora figlie di quelle scelte e di quella cultura politica, del bertinottismo e del cossuttismo che l’ha preceduto, due facce della stessa medaglia liquidatoria. Se la lista comunista avesse raggiunto il 4% ben altra sarebbe oggi la situazione, la nostra forza, il morale, la direzione di marcia. I comunisti, se sono tali, non possono prescindere dalla realtà, dai fatti concreti e dai processi oggettivi. Non bastano pii desideri, buone intenzioni, frasi roboanti e volontà soggettive. In questa difficile situazione, il processo di federazione unitaria della sinistra alternativa al PD e al capitalismo e quello di riunificazione e rifondazione di una forza comunista autonoma, non sono processi separati, non vanno contrapposti. Vanno intrecciati intelligentemente fra di loro e fondati sui contenuti e nelle lotte, a partire dal conflitto sociale e di classe, ma anche nelle altre contraddizioni – la lotta ambientale, di genere, antirazzista – e soprattutto nel rilancio del movimento contro la guerra, contro la Nato e l’imperialismo, per la solidarietà internazionalista. In Italia senza la rifondazione di una forza comunista consistente è una illusione sia l’unità della sinistra che il rilancio di un movimento forte di opposizione. Così come, senza una forte propensione alla lotta sociale e all’unità della sinistra, è una illusione pensare di ricostruire una forza comunista con un consenso di massa.
Adriana Miniati
E’ bene che nel Cpn si faccia un bilancio dell’azione del partito; si apre nuova fase con aspetti impegnativi. Chianciano ci ha salvato dalla scomparsa di un partito comunista, ma penso che dopo l’Arcobaleno, il P. è orfano di un progetto politico. Fra i danni della scissione, il più significativo è che ha diviso la Sinistra in 2 componenti , in competizione fra loro , e ora è oggettivamente più difficile l’azione per un P. comunista che rifiuta l’omologazione. Però sull’allargamento della segreteria alla 2, in nome del pluralismo e democrazia interna, valuto positivamente l’operazione, anche se la convergenza con l’asse politico di Chianciano dovrà essere verificato. Sulla Federazione, ho chiaro ciò che non può essere : un annuncio di evoluzioni nè arcobaleniste né di scioglimento in un nuovo soggetto. Centrale pertanto è affrontare contestualmente il rilancio della Rifondazione del P.,altrimenti si rischia di decomporlo; come passaggio per poi superarlo. Il progetto è apparso ai più aleatorio, per cui o si è bloccata l’iniziativa politica dei territori o si sono creati coordinamenti forzosi , circoli unificati….Laddove si sviluppa il dibattito politico , i compagni si fanno domande essenziali : Alla fine la Federazione sarà la convergenza fra Pdci e Prc? Oppure alla fine c’è la riproposizione arcobalenista? Allora o è un escamotage tattico, o è uno strumento per un soggetto unitario della sinistra; ambedue vogliono superare il Prc e hanno alla base scetticismo sulle sue sorti .Invece c’è una posizione alternativa alle suddette e si basa sulla centralità di RC :anche il progetto della ricostruzione di una Sinistra di Alternativa, necessitata dall’ampliamento delle basi di consenso, si può reggere solo se ha al proprio interno un P. comunista che imposti la trasformazione della società. Unica proposta credibile è costruire un campo di forze autonome in cui il Prc è soggetto principale.

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