Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 13 - 14 giugno 2009

Documento finale del CPN presentato dalla Segreteria Nazionale

Il quadro in cui ci muoviamo

Il risultato delle elezioni a livello europeo vede una vittoria dei partiti di destra, l’emergere prepotente di destre estreme, nazionaliste e razziste, una tenuta delle forze della sinistra di alternativa e la sconfitta pesante delle socialdemocrazie. Il progetto strategico delle socialdemocrazie europee che hanno condiviso con le destre la linea liberista che ha caratterizzato l’Europa viene sonoramente sconfitto. La crisi derivante dalle politiche liberiste sta quindi producendo un ulteriore spostamento a destra dell’asse dell’Europa. Questa situazione enfatizza la necessità di rafforzare di molto il progetto della sinistra europea al fine di produrre una alternativa a livello continentale che ci permetta di essere efficaci nel contrastare sia le politiche liberiste che gli effetti devastanti delle stesse in termini di guerre tra i poveri.

A livello italiano, le elezioni hanno determinato l’indebolimento dei due progetti estremi di scardinamento istituzionale. Da un lato Berlusconi non ottiene il plebiscito che aveva cercato e vede indebolirsi il suo progetto eversivo di scardinamento della Costituzione. Questo non significa però che la destra esca indebolita dalle elezioni, anzi. La Lega esce rafforzata dalla consultazione e diventa sempre più il catalizzatore delle paure sociali che in altri paesi trovano il loro punto di riferimento in partiti di estrema destra fino ad ora extraistituzionali.
Dall’altra subisce un colpo anche il tentativo del PD di dare uno sbocco alla crisi del sistema politico nella direzione del bipartitismo. Le lezioni ci consegnano un sistema politico che vede l’indebolimento dei due partiti maggiori e una situazione di maggior pluralismo politico. Il PD esce decisamente ridimensionato dalla consultazione elettorale – dato che si riverbera pesantemente nelle elezioni amministrative – e vede un deciso travaso di consensi verso l’Italia dei Valori e – in parte – verso la sinistra. Di Pietro capitalizza la visibilità del suo antiberlusconismo urlato ma privo di contenuti alternativi per quanto riguarda le politiche economiche e sociali. Un risultato quello dell’IdV non privo di contraddizioni che sarebbe sbagliato dare per stabilizzato: la domanda di cambiamento che si è riversata nel voto all’IdV non trova nelle proposte di questa formazione politica una risposta effettiva e questa contraddizione è tutt’altro che chiusa.

Il nostro risultato.

Nonostante il grande e generoso impegno dei compagni e delle compagne, il nostro risultato è stato negativo perché non ha raggiunto il quorum necessario per avere una rappresentanza al parlamento europeo. Questo esito è figlio della sconfitta storica subita l’anno scorso dalla sinistra arcobaleno in seguito alle negativa esperienza di governo e ci segnala che l’uscita da quella crisi è appena cominciata. Nello specifico il mancato raggiungimento del quorum è da addebitarsi in primo luogo alla scissione che Rifondazione ha subito e alla scelta dei compagni e delle compagne fuoriuscite da Rifondazione di dar vita ad un cartello elettorale con i socialisti craxiani in una riedizione moderata della fallimentare esperienza dell’arcobaleno.
Questo dato non deve però far velo sull’analisi dei risultati - che sono al di sotto delle possibilità - e che ci segnala alcuni nodi di fondo. In primo luogo è evidente l’esito deludente del voto al Nord. Pur avendo capito il problema della crisi e avendo messo a tema la necessità di un intervento strategico dentro il contesto di guerra di movimento determinato dalla crisi, siamo riusciti solo parzialmente a dispiegare una iniziativa politica efficace. I comitati contro la crisi che pure avevamo lanciato come proposta unitaria e aperta non sono partiti o siamo stati capaci di farli solo a macchie di leopardo. Complessivamente siamo stati più dei commentatori della crisi che costruttori di risposte concrete in termini di mobilitazione ed organizzazione.
In secondo luogo è evidente che abbiamo declinato il nostro essere comunisti più sul versante dell’appartenenza ad una storia che non nella capacità di avanzare una proposta di radicale trasformazione sociale. Anche il richiamo all’elemento simbolico chiede di essere declinato in avanti al fine di poter recuperare una nostra credibilità e utilità. Il comunismo è stato percepito più come un elemento di nostra appartenenza storica e ideologica che non come “il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”: non siamo riusciti a far percepire il nesso tra il comunismo e l’alternativa.
In questo contesto il voto amministrativo, non differenziandosi dal trend generale è negativo, in particolare per quanto riguarda le elezioni comunali, in cui registriamo un ulteriore calo di voti. Questo dato sottolinea ulteriormente il dato dello scarso radicamento sociale del partito su cui occorre assolutamente intervenire. Questo risultato si traduce in un netto calo di eletti negli enti locali interessati dalla consultazione elettorale.
Ovviamente la situazione concreta in cui siamo stati costretti ad operare, con il congresso di Luglio mai chiuso, la scissione strisciante, uno stillicidio continuo di attacchi non ci ha certo favorito. Il contesto in cui si siamo trovati ad operare non deve però nascondere i limiti soggettivi che abbiamo avuto, che sono da riconoscere per superarli e migliorare la nostra azione politica. In particolare perché l’offensiva che punta alla distruzione di una sinistra comunista e di alternativa in nome di una sinistra senza aggettivi è tutt’altro che terminata. La nostra proposta politica deve quindi fare i conti con questo dato di contesto che ci accompagnerà ancora per lungo tempo.
Per mettere a frutto il milione di voti che abbiamo ottenuto con la lista anticapitalista e comunista, su una proposta politica chiara di alternativa di sistema, riteniamo quindi necessario fare un salto di qualità. Dopo aver individuato nel Congresso di Chianciano la necessità di una svolta in basso a sinistra, si tratta ora di approfondire e articolare questo percorso su quattro livelli

1) Costruire e unificare l'opposizione sociale.

La crisi e le soluzioni che ad essa si prospettano, i risultati delle elezioni, rendono ancor più importante di prima quella costruzione dell'opposizione sociale che da tempo abbiamo posto al centro delle nostre riflessioni. Una vera e propria costruzione, ossia un intervento soggettivo forte e coscientemente orientato, perché altrimenti la dinamica spontanea dei conflitti oscillerà tra momenti di disperato ripiegamento individualistico (col connesso ricorso clientelare alla politica) e momenti di altrettanta disperata esplosione, in un contesto di crescita della guerra tra poveri. In assenza di una dispiegata opposizione sociale è l’intero arco dei diritti sociali, democratici e civili che viene aggredito alla radice
Una tale costruzione si presenta particolarmente difficile sia per i limiti del nostro partito e dell'intera sinistra, sia per la notevole differenza dei modi in cui la crisi si riverbera sui diversi strati popolari e nelle diverse parti d'Italia. A seconda delle diverse realtà produttive e territoriali, avremo la crescita della cassa integrazione nei gruppi medio-grandi e l'esplodere dei licenziamenti tra le imprese della subfornitura; il fiorire di patti corporativi tra operai e padroni e la mobilitazione di tutte le risorse territoriali in opposizione ai territori limitrofi; la disoccupazione dei precari nella formazione, nella cultura, nei servizi pubblici e soprattutto in quelli privati, nonché l'acuirsi delle tensioni legate alla scarsità delle risorse pubbliche ed alla gestione del territorio nel Sud. La crisi colpirà quindi settori di classe assai diversi per aggregazione e per capacità di resistenza economica e di risposta sindacale e politica. Questa situazione articolata ci chiede quindi di essere in grado di penetrare diversi conflitti, diversi linguaggi e culture, e di unificarli tendenzialmente tutti in una comune battaglia contro la gestione padronale della crisi, a partire dall'idea di una generalizzazione della cassa integrazione a carico della fiscalità generale.
A tal fine è necessario un salto di qualità del nostro partito nella sua capacità di sperimentare, di organizzare vertenze, di sviluppare le pratiche del partito sociale, di coinvolgere in maniera programmatica, pianificata e determinata altri soggetti sociali e politici.
In particolare, le prime sperimentazioni del partito sociale hanno dimostrato la nostra capacità, oltre che di dare nuove motivazioni ai compagni ed alle compagne, di riprendere il contatto con settori popolari da tempo abbandonati dalla sinistra e sedotti dalla destra, di migliorare la nostra conoscenza delle diverse esigenze delle diverse componenti della classe, di iniziare a costruire quei luoghi sociali che soli possono aggregare una classe spesso dispersa e frammentata. La crisi rende urgente trasformare queste sperimentazioni in pratica diffusa e comune del partito, per costruire esperienze i Comitati Contro la Crisi, vertenze, esperienze mutualistiche, risposte immediate ai bisogni immediati, che aiutino i lavoratori a non sentirsi soli e li abituino a guardare ai comunisti ed alla sinistra con una rinnovata speranza. Ogni circolo, ogni commissione, dovrà preoccuparsi di intrecciare alla propaganda politica e al lavoro nelle istituzioni, la formulazione di proposte concrete di iniziativa scoiale che producano risultati tangibili sui territori e nei luoghi di lavoro, perché solo in tal modo si possono intaccare quella disperazione e quella sfiducia nell'azione collettiva che sono il brodo di coltura della destra. A tal riguardo è del tutto evidente che le manifestazioni nazionali fatte sono stato un elemento importante ma non sufficiente. Sia sul terreno politico che su quello sindacale è necessario riprendere una iniziativa articolata e conflittuale che superando ogni suggestione concertativa ricostruisca sul terreno diversi rapporti di forza. Su questo terreno si misurerà in particolare la capacità della Cgil di reagire positivamente all’attacco politico di cui è fatta oggetto da parte di governo e padronato. La ricostruzione a partire dai luoghi di lavoro e dai territori di una opposizione sociale conflittuale, è la condizione per aggregare le forze necessarie a porre il tema dell’uscita da sinistra dalla crisi.
Ma è del tutto chiaro che per una simile impresa, per avere la necessaria diffusione ed efficacia, l’impegno del nostro partito è necessario e decisivo ma non sufficiente. Proponiamo quindi che a partire dal coordinamento della lista anticapitalista e comunista sia necessario coinvolgere direttamente tutti i soggetti disponibili sul territorio a costituire i Comitati Contro la Crisi.
Dopo una fase in cui siamo stati necessariamente concentrati sulla giusta necessità di rivendicare la nostra esistenza come partito e la nostra autonomia politica, dobbiamo ora fare un salto di qualità. Consapevoli come siamo della difficoltà di costruire un'opposizione sociale efficace, dobbiamo fare in modo che ogni nostra iniziativa preveda il coinvolgimento di altri soggetti, l'inizio di una relazione stabile che può conoscere insuccessi e stalli, ma che deve essere perseguita come obiettivo vitale.
Esiste infatti un grande potenziale di impegno e iniziativa sociale, nella persistente cultura e pratica del movimento altermondialista, nelle esperienze sindacali, in alcune sezioni territoriali di altri partiti che, disorientata e dispersa dalla sconfitta dell'aprile 2008, non ha comunque smesso di tentare soluzioni: a questo potenziale dobbiamo rivolgerci se non vogliamo che la costruzione dell'opposizione sociale resti un vuoto slogan.

2) Per un polo della sinistra di alternativa

La credibilità dell'opposizione sociale richiede però che ci si muova anche sul versante dell'opposizione politica. Questa affermazione apparentemente ovvia riveste oggi un significato assai particolare: infatti la presenza di un'opposizione politica credibile (per dimensioni, per stile di lavoro e per programma) non è solo il logico sbocco di un'opposizione sociale, ma oggi ne costituisce in parte una condizione. Oggi non esiste una opposizione credibile perché quella parlamentare è subalterna ai poteri forti del paese e quindi non è mai in grado di prefigurare una alternativa al berlusconismo in particolare sul terreno economico e sociale. Proprio nel momento in cui le ipotesi socialdemocratiche mostrano appieno il proprio fallimento strategico ed entrano in crisi anche a livello europeo, diventa assolutamente necessario costruire una sinistra di alternativa.
A partire dal Coordinamento della lista anticapitalista e comunista, proponiamo quindi di operare per costruire un polo della sinistra di alternativa autonoma dal PD. Tale processo, che parte dal coordinamento delle forze che hanno promosso la lista per allargarsi, si deve strutturare sia a livello nazionale che locale. A tal fine proponiamo di avviare da subito una interlocuzione con tutti i soggetti, politici, sociali, culturali, interessati a questo progetto politico per coinvolgerli a pieno titolo nella promozione e costruzione del polo della sinistra di alternativa. Per rompere la gabbia del bipolarismo è vitale la costruzione di un polo della sinistra anticapitalista che, su precisi basi programmatiche e nella piena autonomia dal PD, sappia far vivere la prospettiva dell’alternativa. Su questa base occorre interpellare tutte le forze della sinistra politica, sociale, sindacale, per individuare e costruire insieme i passaggi che, a partire dall'unità d'azione in significative iniziative di massa, consentano la costruzione di un soggetto unitario in cui nessuno debba rinunciare ad identità, simboli, ambiti e forme particolari di azione politica. Tutti questi passaggi devono essere sostanziati da momenti di coinvolgimento del "nostro" popolo che consentano comunque a decine di migliaia di persone di sentirsi partecipi di un processo che deve rompere la separatezza tra politica e società. Questo processo di aggregazione deve infatti anche fare i conti positivamente con la crisi della politica che caratterizza pesantemente la crisi attuale.
Per fare tutto ciò è necessario rafforzare il partito, rilanciare il progetto della rifondazione comunista e della sinistra europea. Noi riteniamo infatti che a partire da questo punto di vista si possono leggere più efficacemente sia la natura della crisi in atto, sia la posta in gioco degli attuali scontri politici. Si tratta proprio di mostrare la fecondità del punto di vista comunista, definendo a partire da essa i contenuti fondamentali di un programma di alternativa che dobbiamo articolare meglio.
I nodi dell’uscita a sinistra dalla crisi, in termini di redistribuzione del reddito, di blocco dei licenziamenti, di estensione degli ammortizzatori sociali e di introduzione del salario sociale, di blocco delle privatizzazioni e di rilancio dell’intervento pubblico per una riconversione ambientale e sociale dell’economia sono i punti centrali attorno a cui lavorare. Da qui occorre partire per affrontare i nodi dell'immigrazione, della sicurezza, del welfare, dei diritti individuali sociali e civili e della loro esigibilità. Si tratta indubbiamente di un progetto ambizioso: ma quando, se non in condizioni di crisi, possono essere proposti progetti analoghi?
E' nella discussione di questi temi che si può procedere ad un'aggregazione non politicista di forze diverse, a risvegliare l'orgoglio di una sinistra dispersa, a stimolare ed incalzare le numerose forze dell'associazionismo e dei movimenti tematici, ad interloquire positivamente con le più importanti esperienze sindacali, a partire dalla sinistra della CGIL e dall'importante dinamica di aggregazione del sindacalismo di base. E' sulla base di una posizione politica forte ed autonoma, centrata su un progetto credibile, che si può intervenire positivamente sulla crisi del PD, non certo facendoci risucchiare al suo interno.

3) Il rilancio della rifondazione comunista

Il ruolo e il rilancio del partito e del progetto della rifondazione comunista, l’apertura di un confronto serrato con le altre organizzazioni comuniste, si pone all'interno della costruzione dell'opposizione sociale e della costruzione di un polo della sinistra di alternativa.

Noi comunisti siamo oggi di fronte ad una opportunità storica. La crisi mondiale dimostra la giustezza di molte delle nostre affermazioni, e l'eventuale momentanea soluzione dei più gravi problemi finanziari, porterà probabilmente alla luce più profondi problemi strutturali: l'acuirsi degli squilibri globali e della crisi ambientale; l'impossibilità, per il capitalismo, di accettare oltre un certo limite una dinamica crescente dei salari e quindi della domanda; la non risolta crisi dei profitti che ha contribuito non poco alla finanziarizzazione dell'economia e che rimanda alla crescente difficoltà di dar vita ad una produzione altamente socializzata sulla base della proprietà privata. La crisi capitalistica apre quindi grandi spazi di iniziativa politica. Ma nel contempo, il nostro persistente minoritarismo e la nostra difficoltà a parlare all'insieme della società, dimostrano che per valorizzare pienamente le nostre buone ragioni è necessario che la nostra posizione si modifichi ed evolva, in relazione ai modi concreti in cui si pongono le contraddizioni del capitalismo, che non sono mai identici ai modi precedenti. Senza questo salto di qualità rischia di andare perduta questa opportunità storica.
Il rilancio della prospettiva comunista che passa per il rilancio del nesso tra eguaglianza e libertà come guida dell’azione politica. Necessita l’apertura di un ampio confronto politico e culturale, deve costruire unità d'azione in campagne di massa che, indicare una via di uscita alla crisi italiana.

La crisi infatti ripropone il nodo del comunismo, cioè di una trasformazione sociale radicale, ma proprio per questo si fa più urgente la necessità di adeguarla alla forma attuale delle classi, della società, della mobilitazione politica, della stessa individualità soggettiva. Bisogna dunque rilanciare con forza il processo della rifondazione comunista, la capacità di cogliere meglio le contraddizioni così come oggi essere si presentano nelle nuove forme di sfruttamento, nel riconoscimento pieno e senza riserve del carattere costituente della questione ambientale, della centralità dei diritti individuali e della lotta al patriarcato.
Dobbiamo cioè essere in grado di declinare il tema del comunismo non solo come appartenenza ad una storia ma come proposta politica radicale di trasformazione sociale oggi. Questa è la sfida su cui aprire il confronto oggi tra le diverse esperienze comuniste.

4) Un salto di qualità nel funzionamento del partito

Per svolgere i compiti che abbiamo sopra descritto è necessario un salto di qualità nell’organizzazione del Partito, sia nella capacità di finalizzare il nostro lavoro all’iniziativa esterna, al lavoro sociale del partito, sia nella capacità di superare limiti e farraginosità di funzionamento dei nostri organismi dirigenti. Troppo spesso le intuizioni non diventano parole d’ordine praticate, le campagne di massa vengono cominciate e non portate a termine. In altri termini da tempo non siamo in grado di individuare chiaramente le priorità di lavoro politico e le iniziative si susseguono senza sedimentare identità e senza determinare risultati misurabili. Parallelamente, il partito si è progressivamente sedimentato in aree strutturate, sclerotizzandosi. Questa situazione se da un lato ha contribuito ad evitare lo scioglimento del PRC, dall’altra questa costituzione materiale sta determinando gravi problemi: nei fatti funzioniamo come una federazione.
Questo meccanismo tende a selezionare i quadri più sulla base della fedeltà che della capacità e rappresenta un limite alla capacità di espansione del partito oltre che alla sua vivibilità interna. Abbiamo la necessità di una profonda autoriforma della nostra vita interna. Così come abbiamo la necessità di una profonda riorganizzazione e razionalizzazione delle strutture del partito, vista la scarsità di risorse finanziarie. Occorre salvaguardare pienamente il pluralismo interno e nello stesso tempo superare un meccanismo sclerotizzato che limita il confronto e il lavoro politico. Il CPN impegna tutto il gruppo dirigente a misurarsi con questa esigenza, dai circoli alla direzione nazionale, avviando un percorso di ridisegno del funzionamento del partito in modo da renderlo più confacente agli obiettivi politici che ci siamo dati.

(approvato con 88 voti a favore)

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