Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 19 e 20 aprile 2008

Documento di maggioranza

La sconfitta elettorale che abbiamo subito nelle elezioni del 13 e 14 aprile ha dimensioni storiche. Per la prima volta nell’Italia repubblicana la sinistra non è rappresentata in Parlamento. Tutto questo mentre la destra populista di Berlusconi vince con grande consenso popolare e al suo interno una forza xenofoba come la Lega raddoppia i suoi consensi cambiando ulteriormente il panorama politico del nord Italia.

Le cause della nostra sconfitta vanno indagate a fondo perché riguardano l’essenziale, cioè il nostro rapporto con la società, con i mutamenti sociali di fondo. Non si esce dalla situazione in cui siamo senza un approfondito lavoro di inchiesta, di lettura partecipata delle dinamiche sociali. Questo lavoro dovrà caratterizzare il nostro impegno politico nella prossima fase. Riteniamo infatti che il punto centrale che ha pesato sul negativo risultato elettorale è il fatto che nel concreto contesto politico, istituzionale e sociale, non è stata riconosciuto l’utilità sociale della sinistra.

E’ quindi sulla nostra utilità sociale, sul ruolo che la sinistra ha nella società che occorre riflettere e proporre per rientrare in gioco.

Nell’immediato non si può non vedere come abbia pesato negativamente la nostra incapacità di utilizzare la presenza in maggioranza e la partecipazione al governo per dare una risposta ai principali problemi sociali del paese. La risicata vittoria del 2006 non chiedeva solo, per avere un senso, la sconfitta di Berlusconi, ma anche la sconfitta delle politiche berlusconiane. Il governo e la maggioranza nel loro operare concreto non hanno risposto a questa esigenza e si sono al contrario piegati alle esigenze dei poteri forti su tutte le principali questioni sociali: redistribuzione del reddito, lotta alla precarietà, tassazione delle rendite, laicità dello stato per non fare che alcuni esempi. La nostra azione politica si è mostrata inefficace e in questo contesto è maturata la non percezione dell’utilità sociale della sinistra. Si è così consumata una crisi, la cui profondità non abbiamo saputo vedere, del nostro rapporto con il paese reale e in particolare con i movimenti e con le lotte. L’utilità dell’esperienza di governo come possibilità per invertire le politiche degli ultimi quindici anni si è rivelata, alla luce dei fatti, impossibile da realizzare e la nostra permanenza nel governo si è trasformata in un problema sia per noi che per i movimenti.
A questo si è sommato il sistema elettorale bipolare e la campagna mediatica sul voto utile portata avanti non solo dai PD e PdL ma dal complesso dei mezzi di comunicazione di massa. Le elezioni sono state cioè un punto di passaggio per la costruzione di quel bipolarismo tra simili che è l’obiettivo delle classi dominanti di questo paese da almeno un quindicennio. Rendere le istituzioni impermeabili al conflitto sociale e rendere la politica uno strumento inservibile per l’emancipazione degli strati subalterni è l’obiettivo di questo bipolarismo che ha agito pesantemente nella campagna elettorale.

E’ evidente inoltre che il modo in cui ci siamo presentati alle elezioni non ha funzionato. Di questo mancato funzionamento si danno letture tra di loro diverse e persino diametralmente opposte, ma il punto politico fondamentale è che comunque l’operazione è fallita, e che agli occhi di tutti è risultata una operazione politicista che non ha intercettato la crisi sociale.

Il complesso di questi elementi, l’incapacità a trasmettere l’utilità sociale di una nostra affermazione, ha fatto si che noi abbiamo perso voti in tutte le direzioni: verso il non voto da parte di chi pensa che “siete tutti uguali”.

Verso il PD da parte di chi, pur condividendo i nostri contenuti, ha ritenuto quello un voto più utile per battere Berlusconi.

Addirittura verso la Lega da parte di ceti proletari che sentendosi non difesi dalla sinistra hanno pensato che visto che non si riescono a cambiare con un’azione generale le cose più importanti, almeno si migliorano le cose “a casa propria”.

Ripartire dal sociale

Questa sconfitta storica non è avvenuta in una fase di stabilizzazione economica e sociale. Noi non siamo dentro un ciclo di crescita economica che riduce le contraddizioni sociali. Al contrario siamo in una fase di crisi, con una insicurezza sociale e personale che sfiora l’angoscia. In quel sentirsi soli di fronte al pericolo è stato sconfitto il nostro progetto e la destra ha vinto le elezioni.

Il punto è però che queste contraddizioni nella prossima fase sono destinate ad aumentare. Problemi di salario, precarietà, casa, ristrutturazione mercantile del welfare, aggressione del territorio e sua militarizzazione, sono destinati ad aumentare. Il nodo è se di fronte a questo inasprirsi della crisi sociale sarà la destra populista a farla da padrona con la proposta della guerra tra i poveri e la costruzione di capri espiatori, oppure se saremo in grado di ricostruire forme di solidarietà, di conflitto, di movimento, capaci di ricostruire una identità e una utilità sociale della sinistra.

A partire da questo punto di fondo occorre definire attraverso quali strumenti si riorganizza il campo politico della sinistra. E’ infatti evidente che il rischio che stiamo correndo è che, dopo la sconfitta nella società, ci sia la disgregazione del tessuto militante e l’ evaporazione della sinistra politica in una babele di linguaggi e di proposte.

Il punto non è quindi l’accelerazione non si sa bene vero che cosa, ma la definizione di percorsi concreti, che ridiano un senso di appartenenza ad una comunità e che siano efficaci socialmente.

1.In primo luogo occorre rilanciare il PRC come corpo collettivo. Il tema della rifondazione comunista non sta dietro di noi ma dinnanzi a noi nella sua dimensione di progetto politico, culturale, sociale e nella sua dimensione comunitaria. Riattivare il Partito della Rifondazione Comunista come progetto politico necessario alla sinistra in Italia per l’oggi e per il domani è un punto decisivo da cui non si può prescindere, in tutti i suoi aspetti, dal tesseramento all’iniziativa sociale, politica e culturale. Riattivare il Partito della Rifondazione Comunista dando certezze alle donne e agli uomini che hanno scelto di appartenere a questa comunità e dunque sgombrando il campo dalle ipotesi di dissolvenza e superamento, che hanno connotato la fase che abbiamo alle spalle, si sono esplicitate durante la campagna elettorale, contribuendo al disorientamento e alla demotivazione. Riattivare Rifondazione Comunista, riaffermando un’etica della politica, nella coerenza tra ciò che si enuncia e ciò che si pratica come nel quotidiano esercizio e rafforzamento della democrazia interna, rilanciando il percorso di Carrara. Riattivare il conflitto di genere dentro il partito, perché diventi realmente un soggetto sessuato in cui le donne non siano né fiori all’occhiello, né quote. Un partito che assuma il femminismo come punto di vista da cui rileggere il mondo e si faccia attraversare quotidianamente dalla critica delle donne alla politica. Occorre sapere con precisione che il PRC è strumento indispensabile ma non sufficiente per la ricostruzione di una ampia sinistra anticapitalista in questo paese. Indispensabile e non sufficiente: i due termini non delineano uno spazio geometrico ma una cultura politica da cui siano banditi tanto il settarismo quanto il liquidazionismo.

2.Contemporaneamente occorre porsi il compito di riaggregare il campo della sinistra. La domanda di unità che è emersa nel corso della campagna elettorale e che emerge oggi va raccolta perché è una grande risorsa per uscire dalla sconfitta. Il PRC è indispensabile ma non sufficiente, sia perché la sinistra politica è più ampia dei soli comunisti, sia perché le forme concrete di impegno a sinistra vanno ben oltre quelle codificate dall’appartenenza ad un partito. Movimenti, comitati, collettivi, associazioni, militanza sindacale, vertenze territoriali ed ambientali: mille sono i modi in cui si fa politica oggi a sinistra. Pensiamo solo a cos’è il No Dal Molin a Vicenza o il No TAV in Val di Susa.

Aggregare quindi il campo della sinistra a partire dalla valorizzazione di ciò che, a tutti i livelli, esiste e delle esperienze innovative che in questi anni ci sono state: basti pensare alla Sinistra Europea che proprio su questa idea è nata e ha fatto i suoi primi passi in questi anni.

Ripartire dalla costruzione di spazi comuni della sinistra, di forme concrete di lavoro di inchiesta, di lavoro politico sociale e culturale sul territorio per costruire un percorso, non fagocitato da scadenze elettorali, che punti alla costruzione. dell’unità possibile di tutte le forze disponibili sulla base di contenuti, obiettivi, pratiche realmente condivisi. Un percorso unitario rivolto a tutti coloro che hanno sostenuto la Sinistra Arcobaleno e non solo. Un processo di aggregazione unitario che eviti la spaccatura tra chi propone la costituente della sinistra e chi propone la costituente comunista. Sono due proposte che frammenterebbero ulteriormente la sinistra, avrebbero effetti disgregatori nello stesso corpo di Rifondazione, il cui progetto politico è per noi prioritario rilanciare, dividerebbero la nostra gente sulla base di riferimenti ideologici privi di una consistente base politica. Due proposte che non affrontano il nodo principale: come ricostruire l’utilità sociale della sinistra.

Occorre partire subito con un percorso di riaggregazione, le cui forme e modalità saranno riconsegnate alla libera discussione di tutte e di tutti nel percorso congressuale, che non commetta gli errori di politicismo e di verticismo che abbiamo avuto nella fase precedente. La sinistra può nascere solo come strumento di partecipazione, solo se le sue organizzazioni sono guidate dai principi democratici e dalla trasparenza, senza il predominio degli apparati, con le loro logiche di cooptazione. Per questo indichiamo la costruzione di una discussione, sia interna al partito che coinvolgente tutta l’area della sinistra arcobaleno, come priorità politica delle prossime settimane. Occorre riprendere la discussione.

Indichiamo parimenti la partecipazione a tutte le manifestazioni del 25 aprile e del 1° maggio presenti sul territorio con u messaggio chiaro:

La destra populista cresce sui bassi salari, sulla precarietà, sulla mancanza di case e di servizi.

Costruiamo l’opposizione sociale al governo Berlusconi.

Imma Barbarossa, Roberta Fantozzi, Loredana Fraleone, Fabio Amato, Ugo Boghetta, Bianca Bracci Torsi, Stefania Brai, Alberto Burgio, Maria Campese, Giovanna Capelli, Guido Cappelloni, Carlo Cartocci, Bruno Casati, Aurelio Crippa, Paolo Ferrero, Eleonora Forenza, Claudio Grassi, Ramon Mantovani, Laura Marchetti, Citto Maselli, Giovanni Russo Spena, Bruno Steri, Luigi Vinci

Approvato con 98 voti favorevoli

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