Partito della Rifondazione Comunista
Comitato Politico Nazionale 14 - 15 ottobre 2006
Interventi

Antonello Manocchio
Bruno Pastorino
Imma Barbarossa
Claudio Bellotti
Salvatore Bonadonna
Alberto Burgio
Mario Caporusso
Carlo Cartocci
Francesco Cirigliano
Luigi Cogodi
Aurelio Crippa
Stefano Cristiano
Elettra Deiana
Ezio Locatelli
Gianni Favaro
Nicola Fratoianni
Beatrice Giavazzi
Domenico Jervolino
Aurelio Macciò
Francesco Maringiò
Leonardo Masella
Marco Nesci
Gianluigi Pegolo
Vincenzo Pillai
Franco Russo
Giovanni Russo Spena
Bruno Steri
Marco Veruggio

Antonello Manocchio
La linea di maggioranza ha infilato il partito nell’organicità col governo Prodi, entro margini di sola mitigazione delle linee del centro-destra, come per alcuni aspetti dello stato sociale, l’immigrazione, le forme di precarietà e, più in generale, l’alleggerimento del peso sui lavoratori dei carichi necessari a determinare i nuovi equilibri del capitalismo. Sono dati di fatto, invece, accettazione dei contenuti e formali modifiche riguardo agli elementi fondamentali che reggono questo governo, in continuità sostanziale con quello precedente: la rigida centralità dell’impresa, il concorso alle tappe verso nuovi equilibri per la continuità del sistema capitalistico nel mondo e per la liquidazione di ogni effettivo riferimento alternativo, primariamente di quello comunista, in Italia e nelle zone di intervento nelle quali passa la ridefinizione dei nuovi equilibri. Sono linee opposte alle motivazioni fondanti del PRC e, perciò, innaturali nel contesto di un partito comunista, che determinano una sempre maggiore perdita di autonomia del partito e un progressivo declassamento della sua identità programmatica su posizioni centriste.
Intanto la scelta di diluizione nella sinistra europea -anche permanendo, vago e formale, l’impegno a non sciogliere per ora il partito- va oggettivamente nella direzione di cancellare sostanzialmente il riferimento comunista necessario all’alternativa di società, soprattutto perché realizzata con forze che hanno già “storicizzato” l’esperienza comunista, rovesciando così la propria collocazione alternativa al sistema capitalistico.
E’ il fallimento della linea perseguita e i compagni che la sostengono sono tenuti a prenderne atto; diversamente si tratterebbe di vera e propria scelta, che comprende la liquidazione del riferimento comunista, come tale non più legittimabile in un partito comunista.
Nel PRC si impone un rapido cambiamento della Direzione Politica, che riporti vita generale e azione del partito entro i confini delle sue naturali motivazioni, che restano primariamente il superamento del capitalismo, la centralità degli interessi delle classi non parassitarie, il rifiuto della guerra come mezzo di composizione delle contraddizioni capitalistiche, la dimensione planetaria dello scontro di classe espressa dalla ricostituzione dell’internazionale comunista e la funzione d’avanguardia del partito nel perseguimento di questi indirizzi strategici.
E’ necessario avviare ad ogni livello, a partire dalle realtà di militanza nei territori e impegnandovi direttamente le presenze più attive in tutti i circoli, la verifica della linea del partito e delle conseguenze già prodotte, in primo luogo rispetto alla compromissione della nostra autonomia; una verifica orientata alla ricerca delle modalità più opportune per creare le condizioni che sgancino il partito dalla trappola dell’organicità di governo -senza far venire meno l’impegno a sbarrare la strada al revanscismo delle destre, ma anche al disegno neocentrista-  e lo ricollochino lungo il processo rifondativo e nel solco delle proprie finalità identitarie.

inizio

Bruno Pastorino
Fioriscono sui territori laboratori originali e importanti di sinistra alternativa. Quelle esperienze -talvolta anche formalmente collegate alla fase costituente della Sinistra Europea- incrociano pure l'attenzione di frange degli apparati politici in dissenso con il Partito Democratico.
Semplici posizionamenti di una rappresentanza politica in subbuglio? Non credo. Non cogliere il nesso tra le resistenze che incontra la nascitura aggregazione democratico-moderata e il recente ciclo di lotte sociali significa soprattutto non riconoscere al movimento la capacità che ha avuto di innovare le culture politiche contemporanee. E' da lì che nasce oggi il rifiuto ad un'ipotesi ancora incardinata sui totem di impresa e mercato e su un riformismo privo di riforme. Sbagliato allora selezionare -o peggio:
contrapporre- i soggetti cui avanzare la proposta della costituente della Sinistra Europea. Quello deve essere (e mantenersi) uno spazio aperto agibile a tutti coloro che si interrogano sul tema della trasformazione nel tempo del capitalismo globalizzato. Continua a mancare però uno spazio fisico dove testimoniare l'esistenza di questa nuova soggettività e la nostra stessa attenzione alla fattiva costruzione della Sinistra Europea è intermittente e non omogenea, quasi che il suo successo o fallimento apparisse indifferente. Proviamo a costruirle dunque le Case della Sinistra Europea, luogo idoneo a sciogliere la babele dei linguaggi e a ricercare un idioma comune e nuovo per tutti.

inizio

Imma Barbarossa
L'introduzione nel dibattito della ipotesi di "superamento" del PRC nella Sinistra Europea introduce, a mio avviso, non solo un elemento strumentale di rottura, ma è anche un elemento di forte arretratezza culturale e politica.
La fase che stiamo attraversando è difficile e ci chiede autonomia senza autosufficienza, senza la difesa "patriottica" del nostro ruolo nel governo, e a questo proposito ho apprezzato l'intervento onesto e trasparente di Paolo Ferrero sulla finanziaria.
Un esempio di autonomia può essere la campagna, che abbiamo iniziato all'Aquila, per l'abolizione dell'ergastolo e dovrebbe anche improntare il nostro giudizio - che deve essere critico - nei confronti di come la maggioranza sta affrontando le modifiche della riforma castelli dell'ordinamento giudiziario.
Sulla Sinistra Europea il recente convegno di Trieste "Violenza e patriarcato" ( che gli uomini del partito avrebbero fatto bene a frequentare) ha cercato di mettere insieme culture differenti presenti tra le donne della Sinistra Europea, a partire dal fatto che la violenza contro le donne è una metafora della crisi della maschilità e del soggetto neutro.
E in crisi l'ordine vecchio ( Il patriarcato) ma non c'è ancora l'ordine nuovo, la costruzione sessuata dei soggetti.
Cosa chiediamo alla Sinistra Europea?
Intanto non una linea ma un asse politico culturale basato sulla laicità, in un orizzonte in cui la ricerca individuale e collettiva di senso non sia sostituita dalla ricerca del sacro e a derive mistiche.
Chiediamo il ripudio della guerra e del militarismo, la nonviolenza e il disarmo delle menti e dei corpi, la critica del potere in tutte le sue forme, dallo statalismo al dominio patriarcale.
Insomma un confronto vero e profondo con culture e soggetti differenti non comporta l'abbandono delle proprie idee; ritengo che Rifondazione Comunista innovata possa essere un contributo alla costruzione della Sinistra Europea.
Per questo sono contraria a ogni ipotesi di "scioglimento", comunque camuffata.

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Claudio Bellotti
Mi preoccupa molto sentire dichiarazioni quali “dobbiamo comunicare meglio quanto di buono stiamo facendo al governo”, perchè sono esattamente le dichiarazioni che sentivamo anni fa all’epoca dei governi D’Alema e Amato. Il cosiddetto “segno” positivo di questa finanziaria sarà sostanzialmente impercettibile per milioni di lavoratori, mentre restano aperti i capitoli più spinosi: pensioni, precarietà, liberalizzazioni.
Inoltre non mi è chiaro come si intenda lottare contro gli aspetti più deleteri della finanziaria, a partire dai ticket sanitari; non sono d’accordo con chi ha proposto una linea per la quale la nostra battaglia di emendamenti si debba svolgere sostanzialmente all’interno di un quadro concordato con il governo per evitare che la coalizione si sfilacci e diventi vulnerabile alle incursioni della destra. » una ulteriore conferma della nostra posizione subalterna nel governo.
La manifestazione del 4 novembre è importante sia per le forze che la convocano, sia perchè nasce da un appello che mette al centro non solo la Legge 30 ma anche la lotta contro il Pacchetto Treu. Va valorizzato questo impianto e va organizzata una presenza significativa; sarebbe invece deleterio se qualcuno la considerasse strumentalmente come un’occasione per “recuperare” una credibilità incrinata dalla partecipazione al governo.
Sulla Sinistra europea, la proposta si sta dimostrando poco attrattiva, non aggrega le forze emerse dai movimenti degli scorsi anni e non fa i conti con il processo importante che è in corso nei Ds. L’operazione del Partito democratico non è solo ingegneria organizzativa, viene percepita da ampi settori di lavoratori come una rottura della sinistra con i lavoratori e con la sua storia. Ma per poter parlare a questo ampio settore che viene spiazzato e disorientato dal percorso verso il Partito democratico sarebbe necessario un forte profilo alternativo del nostro partito, in primo luogo rispetto al governo, e questo è invece del tutto assente. Alla fine ci troviamo a dialogare con un ceto politico assai poco rappresentativo.

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Salvatore Bonadonna
Le relazioni di De Cesaris e di Zipponi, sulla Sinistra Europea e la Finanziaria, spingono ad interrogarci sull'adeguatezza nostra a fare i conti con processi che avvengono sul piano sociale e politico e anche nell'azione di Governo. Credo che malgrado gli sforzi compiuti e i risultati acquisiti, nel processo di costruzione della Sinistra Europea siamo al di sotto delle potenzialità reali. Non possiamo restare paralizzati dal nodo dello "scioglimento " di Rifondazione Comunista e non cogliere che il processo di rifondazione e quello della costruzione della Sinistra Europea costituiscono un tutt'uno che dev'essere capace di interpretare la complessità della stratificazione sociale e delle contraddizioni per costruire l'alternativa di società all'attuale crisi del capitalismo nella fase della globalizzazione. Fuori da questo rapporto tra contraddizioni sociali e strategia politica rischiamo anche noi la deriva politicista.
Un ragionamento analogo può farsi a proposito della Finanziaria. Siamo in presenza di una cultura euroburocratica, e quindi ancorata al liberismo, ancorché temperato, che non coglie ancora la necessità di un cambio di paradigma. Per questo avere acquisito un'inversione di tendenza nelle politiche redistributive costituisce un fatto importante anche se certamente non esaustivo. Si tratta ora di intervenire affinché i modesti benefici fiscali non vengano vanificati dalle addizionali Irpef che gravano sui redditi complessivi. Si tratta di cancellare i ticket sulla Sanità, particolarmente odiosi a fronte degli sprechi della Sanità e dei trattamenti dei dirigenti delle ASL. Si tratta di tagliare drasticamente i finanziamenti per gli armamenti a vantaggio degli investimenti sociali, come il Fondo che il Min. Ferrero ha istituito per la non autosufficienza. Ma penso anche al settore della Sicurezza, e del contrasto alla criminalità organizzata e all'evasione fiscale che certamente sono priorità assolute rispetto alle portaerei e ai cacciabombardieri.

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Alberto Burgio
De Cesaris ha affermato che la SE si propone di costruire la sinistra di alternativa e non un semplice allargamento del Prc. Penso anch’io che sia necessario rafforzare la sinistra di alternativa. Ma proprio questo è, oggi, un punto di sofferenza della SE, alla quale non partecipano i principali soggetti della sinistra di alternativa (sinistra Ds, Ars, Verdi, Pdci, parti significative del movimento pacifista). Si sarebbe dovuta aprire una interlocuzione senza accelerazioni organizzative, senza la pretesa di segnare un perimetro ideologico e di dettare un percorso costituente. A questo si lega l’altro problema: la salvaguardia dell’autonomia culturale, politica e organizzativa del Prc. Il segretario ha detto che non è in discussione il nome del Partito e che il simbolo non si tocca. Bisogna affermare con la massima chiarezza che Rc rimane in campo, come partito comunista autonomo, impegnato nel proprio radicamento e, nello stesso tempo, nella ricerca di un coordinamento politico con le altre forze della sinistra di alternativa.
La Finanziaria. Il giudizio prevalentemente negativo discende dal fatto che non si inverte la tendenza alla redistribuzione della ricchezza a vantaggio del capitale. Semplicemente la si rallenta. D’altra parte, ciò è inevitabile: in presenza di una così grande evasione fiscale e sotto i vincoli di Maastricht, l’unica reale inversione di tendenza sarebbe una patrimoniale bolscevica. Il che, con l’attuale quadro politico, è irrealistico.
Infine tre impegni: 1) abbiamo raccolto le firme per la scala mobile. Sta a noi far vivere nel Paese – a partire dalla manifestazione del 4 novembre – la più ampia mobilitazione; 2) sulle pensioni: non dobbiamo accontentarci del rinvio ma chiedere il ritiro del memorandum; 3) sugli emendamenti alla Finanziaria, a cominciare da quelli sui ticket e sul fondo missioni (è urgentissimo aprire una riflessione sulla missione in Afghanistan per non arrivare impreparati alla scadenza di dicembre): un’eventuale sconfitta sarebbe pagata a prezzi altissimi.

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Mario Caporusso
Da una recente indagine dell'ISTAT emerge che in Italia le famiglie povere sono 2,5 milioni.
Si tratta dell'11% dei nuclei familiari su base nazionale: il 4,5% si trova al nord, il 25% sono presenti nel mezzogiorno d'Italia quindi se ne deduce che continua ad esistere la questione meridionale nel nostro paese. La finanziaria che di recente è stata approvata dal cdm tiene conto delle condizioni di vita di questi nuclei familiari?Pur riconoscendo la discontinuità rispetto all' ultima finanziaria votata dal governo Berlusconi e constatare che ci sono alcuni elementi di controtendenza rispetto al recente passato come: la rimodulazione delle aliquote irpef per i redditi alti,l'aumento della tassazione delle rendite ed altro, ritengo che il nostro partito può e deve lavorare fino all'approvazione definitiva della finanziaria per migliorarla decisamente.Va avviata da subito una discussione nel partito per migliorare la finanziaria su alcuni punti,per noi inaccettabili. Cercherò di elencarne alcuni.1) ticket sul pronto soccorso; è questa una misura odiosa di cui il nostro partito,che in passato, ha lavorato per l' abrogazione sia a livello nazionale che a livello regionale (dove governiamo) 2) il taglio ai comuni: è evidente che se si tagliano i trasferimenti ai comuni gli stessi sono obbligati ad aumentare la tassazione, vanificando di fatto quella minima redistribuzione che avviene con la rimodulazione dell'aliquota IRPEF 3) l'art. 188 della legge finanziaria che autorizza le spese per le missioni militari all'estero ( Afganistan compreso) senza il voto parlamentare va rimosso 4) il cuneo fiscale va redistribuito in parti uguali tra imprese e lavoratori (continua ad esistere per la gran parte dei lavoratori e pensionati il problema che non si arriva a fine mese) in attesa di un meccanismo di adeguamento dei salari e delle pensioni (bisogna lavorare alla reintroduzione della scala mobile), 5) il Partito deve impegnarsi per la riuscità della manifestazione sulla precarietà del prossimo 4 Novembre per cancellare la legge 30.
Sulla sezione italiana della Sinistra Europea continuo ad esprimere la mia contrarietà.
Questo nuovo soggetto politico rischia di agregare ceto politico, viene confermato che esclude tutte le forze della sinistra di alternativa che hanno condotto la battaglia sull'estensione dell' art.18.
Ritengo che i nostri sforzi debbono andare in direzione del rafforzamento del PRC che oltre ad essere un partito d'opinione, la dimostrazione ne è stata l'ultima manifestazione nazionale che ha visto una presenza numericamente scarsa rispetto alle aspettative, rischia di diventare il partito degli eletti (onorevoli, consiglieri regionali, assessori ecc.) svuotando gli organismi dirigenti.

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Carlo Cartocci
1. Credo che questa finanziaria sia ancora avvolta in una nebbia di dubbi e incertezze, l’elettore di sinistra è perplesso e preoccupato. Le spiegazioni del governo sono fumose e convincono poco. Noi diciamo che non è la nostra finanziaria e che proveremo a migliorarla in Parlamento, ma già fin da ora occorre uno sforzo di maggiore informazione e chiarezza. Nel merito voglio rilevare un solo punto: in questa finanziaria non è stato dato nessun segnale positivo agli emigrati. È un errore perché questi italiani all’estero sono stati determinanti nelle elezioni e lo sono ancora nel Senato. Si dice che qualcosa è stato accantonato per concederla su richiesta dei Senatori eletti all’estero con un colpo di teatro politicistico. Meglio di niente… ma sinceramente non apprezzo il metodo, mi sembra poco etico e opportunistico, meglio sarebbe stato fare una proposta modesta ma esplicita fin dall’inizio.
2. Nel processo di costruzione della sezione italiana della Sinistra Europea mi sembra necessario che si costituisca un gruppo di lavoro, un forum o una commissione aperta, che elabori una politica per e con i migranti, da confrontare poi con l’elaborazione degli altri partiti della SE. Si tratta di aprire una pista di elaborazione di forme di lotta e di iniziative legislative, ma anche di riflettere sulle forme di convivenza, sulle esperienze fallite dell’assimilazione e dell’integrazione a senso unico e su eventuali altre esperienze più avanzate e positive. Occorre una diversa cultura politica e sociale che sia coerente con l’idea dell’Europa dei popoli e con l’idea della cittadinanza di residenza. L’Europa fortezza ha prodotto trattati e direttive che costruiscono clandestinità, seminano morte e discriminazione, alimentano xenofobia e razzismo. Le stesse politiche nazionali sono condizionate dalle scelte europee, ma queste spesso costituiscono comodi alibi per attuare scelte di sfruttamento, per definire un diritto particolare per i migranti, sempre cittadini di serie B e talvolta perfino ridotti in condizioni di semischiavitù. La lotta per i diritti dei migranti in un solo paese è difficile e irta di ostacoli: occorre una lotta comune in Europa, una lotta nel parlamento europeo condotta dalla SE e capace di coinvolgere anche le altre forze democratiche e riformiste.

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Francesco Cirigliano
Vorrei partire in questo mio intervento da una riflessione del compagno Cremaschi il quale, ricordando il suo ruolo di sindacalista, ci ha raccontato come uno dei più gravi errori che possano essere commessi chiudendo un pessimo accordo non sia tanto la firma dell’accordo in sé, quanto l’andare dal lavoratore e rifilargli quell’accordo come un buon accordo. È lì che si produce la rottura emotiva con le lavoratrici e i lavoratori. Ho l’impressione che nelle settimane scorse è quello che sia accaduto al Prc nei confronti del suo popolo in materia di finanziaria, a partire dal manifesto uscito sui presunti sacrifici e sulle lacrime dei ricchi.
Credo che noi abbiamo il compito di dire la verità al nostro popolo, ossia che questa finanziaria è strutturalmente una finanziaria negativa, chè già a partire dalla sua entità, essa permane dentro il quadro delle compatibilità neoliberiste dei parametri di Mastricht. Analizzandola nel merito, le ombre sono tantissime, a partire dai tagli agli enti locali che, nonostante lo sconto di 600 milioni di Euro, continuano ad essere superiori ai 2 Mld di euro (questo con una evidente riceduta nei Comuni e nelle Regioni dove le vie che rimarranno da percorrere saranno o l’aumento delle tasse sui servizi, o una loro esternalizzazione/privatizzazione); oppure sull’introduzione dei ticket al Pronto soccorso; oppure sul modo che si è scelto per spalmare il 40% del cuneo fiscale dedicato ai lavoratori.
Tutto ciò non significa sottacere gli elementi positivi – o meglio – di importante controtendenza che questa finanziaria introduce, a partire dalla redistribuzione della ricchezza. Ovviamente qui non è in discussione la tenuta del governo, bensì la capacità di avanzare - anche da questa nostra complessa posizione - un calendario di azioni di lotta e parlamentari volte ad attutire gli aspetti maggiormente negativi. Meglio dell’euforia delle scorse settimane la relazione del compagno Zipponi, alla quale si unisce l’intervista a Liberazione del compagno Russo Spena. Bisogna non sottacere l’impianto complessivamente insoddisfacente della finanziaria e, al contempo, non sottacerne gli elementi di novità, senza che vi siano esaltazioni.
Sulla SE, credo che essa viva una difficoltà innanzitutto legata alle diverse ipotesi che, nella stessa maggioranza, si sono delineate, a partire dalla infausta ipotesi di scioglimento del partito (in questo quadro importanti sono state le parole del Segretario Giordano). Si ammetta che essa è nata su un’onda emotiva che però non è riuscita ad interpretare lo spirito includente della tesi n. 35 del penultimo congresso in merito alla necessità di un soggetto politico europeo della sinistra d’alternativa. Concludo con due battute rispondendo alla compagna Deiana e al compagno Smeriglio che hanno parlato di ‘sentieri’: Heidegger parlava di come questi necessariamente si interrompano… ed andando per sentieri egli, da non cattolico, arrivò ad una conclusione raccapricciante per un comunista, ossia quella invocazione a Dio come unica via di salvezza.

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Luigi Cogodi
La Sinistra Europea deve necessariamente riconoscersi attraverso i suoi contenuti, i suoi obiettivi, le sue modalità di organizzazione. In merito, la relazione di De Cesaris è stata onesta e chiara. E chi condivide detta impostazione condivide anche tuttociò che necessariamente ne consegue, sia sotto il profilo identitario sia sotto il profilo organizzativo. Dire forma confederata, significa riconoscere apertamente il carattere pattizio (“foedus”) dei soggetti politici intervenienti. Nell’altra Europa che vogliamo, nell’Europa dei diritti e delle libertà, nell’Europa “dei popoli e delle regioni”, anche la forma organizzata della politica non può che essere di carattere partecipativo, identitario e unitario. Federativo, appunto.
In questa ottica, di cantiere aperto verso l’alternativa di società, dobbiamo anche valutare la portata della manovra Finanziaria. Una manovra complessa e perplessa.
Tuttavia una manovra che consente di intravedere elementi di riconoscimento dei diritti dei lavoratori e di parti considerevoli della società più sofferente. E’ ovvio che non è tutto, anzi non è neppure parte sufficiente rispetto ai buoni diritti che è necessario tenere in debito conto. Ma avere davanti un campo aperto, invece di un fortilizio blindato, significa anche avere un terreno più favorevole alla lotta ed alla rivendicazione sociale, per il conseguimento di migliori risultati. E ciò dovrebbe valere, essenzialmente, almeno su due versanti drammatici della condizione sociale che viviamo: il terreno della occupazione e del lavoro buono, soprattutto dei giovani e delle donne, soprattutto del Mezzogiorno e delle Isole. Ed ancora: il terreno delle crescenti povertà. L’ISTAT ci dice che oggi, non nell’immediato dopoguerra, in Italia esistono oltre sette milioni di poveri (con reddito effettivo inferiore a 936 euro mensili, per famiglia, non per persona). E’ chiarissimo che una fase di cambiamento vero, non solo è giusto, ma anche estremamente necessario e urgente.

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Aurelio Crippa
Condivido l’esigenza del “passare” da cosa non deve a cosa deve essere la S.E.
Iscritte/i siano decisionali nel definire posizione Partito.
Vanno respinte richieste esterne ed interne al Partito di scioglimento del PRC.
Si espliciti:
Il nuovo soggetto politico – S.E. – è espressione di una confederazione di forze, ecc., riconoscendo l’autonomia e le diversità di ciascuno.
Il PRC non deve cedere parti della sua sovranità: vale per tutte e tutti la pari dignità.
Finalmente la Conferenza d’Organizzazione del Partito.
L’autoriforma del V Congresso “organizzazione non organizzazione” è stata fallimentare.
Siamo diventati un altro Partito e per di più d’opinione.
Ritorni il progetto originario: un Partito altro di massa, con il suo baricentro nella società (oggi spostato nelle istituzioni).
L’enfatizzazione iniziale sulla legge finanziaria è stata sbagliata, così come il messaggio politico lanciato con il manifesto, una sorta di “mal comune meno gaudio”.
Bene il ripensamento, l’attivazione dell’iniziativa per modificare o cancellare misure sbagliate (tagli enti locali, ticket sanitari ecc.).
La redistribuzione introdotta non viene colta tale, perché non portatrice di risultati tangibili per coloro che più hanno pagato in passato (ceti popolari e produttivi, pensionati).
Attenzione a dire che i compagni non capiscono: capiscono e come e per questo non “ridono” e quando va bene sono “silenti”.
Il problema dei problemi è che non c’è una maggioranza, reso esplicito al Senato (si è vinto grazie al contributo di due liste autonome della Lega).
Due le opzioni per ricercarla:
La vecchia, con “transfughi” dall’opposizione, il che equivale a spostare l’asse al centro o a destra.
Il ricorso al Paese.
Del tutto evidente la nostra: ricorso al Paese.
Per questo occorre impegno, iniziativa, riattivazione dei movimenti, e quindi più Partito e non meno Partito.
Lo insegna anche, ed ulteriormente, la recente esperienza del movimento dei movimenti: senza un Partito che dia loro traduzione in risultati delle loro istanze, non c’è continuità e prospettiva.

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Stefano Cristiano
Per la prima volta il nostro partito discute una finanziaria da una collocazione di governo. Per questo dobbiamo rifuggire da facili suggestioni demagogiche per stare invece al merito dei problemi. Il giudizio sulla finanziaria, necessariamente articolato, non può attardarsi sul calcolo delle luci e delle ombre ma derivare dal suo segno complessivo. Infatti l’importante segnale dato sull’IRPEF che compensa con qualche contraddizione i redditi più deboli, senza per altro reintrodurre l’aliquota più alta contro i veri ricchi tolta da Tremonti, rischia di essere contraddetta dai tagli agli Enti Locali e dall’introduzione dei ticket. Infatti il governo con una mano da, e con l’altra toglie molto di più obbligando i comuni o a tagliare servizi o a introdurre nuove tasse per mantenere i livelli attuali! Prendiamo il Comune di Pistoia: il taglio del governo Berlusconi ammontava lo scorso anno a 3.250.000€, quello del governo Prodi arriva (dopo l’intervento dell’ANCI) a 4.400.000€! Inoltre il nostro governo ci vieta di usare gli oneri di urbanizzazione per finanziare i servizi, costringendoci a trovare altri 3.000.000€!
In Italia ci sono dai 3.000.000 ai 3.500.000 di persone non autosufficienti gravi. Dal 15 al 20% delle famiglie italiane devono trovare tutti i mesi dai 1000 ai 2000€ per assistenti familiari spesso al nero. Il Governo prevede un fondo di 150.000.000€ per la non autosufficienza con una media di 45€ l’anno a persona! Contestualmente destina 1 miliardo e 700 milioni€ in più per l’acquisto di nuove armi e 60.000.000€ in tre anni per gli alloggi delle forze armate senza indirizzare neanche un centesimo alla costruzione di nuove case popolari! Mi domando: quali sono le priorità del mio governo dal momento in cui taglia ai Comuni più di Tremonti, concede briciole ai non autosufficienti e destina il 5% dell’intera manovra per aumentare le spese militari? L’enfasi fuori luogo di questi giorni rischia di rivoltarsi contro di noi e visto che le persone si fanno i conti in tasca, sarebbe molto meglio mobilitare la nostra gente per chiedere una drastica riduzione delle spese di guerra e creare un fondo per la non autosufficienza e per l’eliminazione dei ticket sanitari.
In questo senso un dibattito sulla sinistra europea che non parta dal rafforzamento del nostro partito e dalla centralità nella politica del paese e del governo di questi temi, approderà ad una sterile e inutile aggregazione di ceto politico.

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Elettra Deiana
Il progetto di dar vita a una nuova soggettività politica, in grado di misurarsi radicalmente con le molteplici contraddizioni della contemporaneità, offrendo una prospettiva alternativa all’odierna ulteriore deriva moderata della sinistra, corrisponde indubbiamente ai bisogni dell’oggi e costituisce una sfida di prima grandezza per la quale credo occorra attrezzarsi con grande determinazione. E tuttavia non possiamo non affrontare con altrettanta determinazione il contesto in cui questo avviene, non fare i conti con le difficoltà che incontriamo e incontreremo nel nostro percorso. E attrezzarci, anche per questo aspetto, con un lavoro di coinvolgimento il più capillare possibile del partito, che sia anch’esso metodo e pratica democratica dell’innovazione, in grado di superare da una parte le resistenze identitarie che continuamente si riproducono al nostro interno, dall’altra gli affanni innovativi che spesso ci travolgono, quelli che ci inducono ad affastellare acriticamente le differenze culturali senza sforzi e fatiche di rielaborazione critica e di verifica conoscitiva su dove ci porti quella o questa strada. La dimensione europea è per noi elemento costituivo della Sinistra Europea, segno della modernità del suo profilo politico programmatico e della sua identità culturale. Ma su di essa pesano le differenze dei partiti europei che hanno dato vita al progetto - vorrei ricordare che il percorso aperto e plurale che abbiamo intrapreso in Italia non ha corrispondenti negli altri Paesi; differenze spesso acute, come abbiamo potuto costatare nel grande e riuscitissimo convegno sul tema “Violenza e patriarcato” che El Fem (la rete femminista della SE) ha organizzato nei giorni scorsi a Trieste. Dibattito appassionato e grande partecipazione hanno contrassegnato l’incontro ma anche difficoltà di trovare linguaggi e riferimenti comuni tra le storie femministe che là si sono confrontate. Credo che a maggior ragione la cosa valga per i partiti nel loro complesso e credo che anche per noi, che pure ci siamo cimentati di più sul terreno dell’innovazioni, valga il gap tra “narrazione” dell’innovare e “pratica” del cambiamento. Continuiamo a non affrontare – mentre ormai è uno snodo ineludibile, proprio in ragione del percorso intrapreso per dar vita alla SE - il problema dei luoghi e delle modalità decisionali. Critichiamo il potere ma decidere non è una forma del potere? Chi decide, come decidere, in nome di chi decidere: siamo di fronte alla questione delle questioni.

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Ezio Locatelli
Usciamo da questo Comitato politico con una priorità e un impegno molto forte: far fronte alla campagna di disinformazione, di spaventamento che le destre e i ceti più abbienti stanno conducendo sulla legge finanziaria. Sapendo, per quanto riguarda una regione importante come la Lombardia, di un elemento di complicazione in più, rappresentato da manifestazioni di insofferenza nei confronti della finanziaria degli stessi vertici dell’Ulivo, in conseguenza della scelta di porsi sul terreno della rappresentanza eminentemente territoriale: l’autonomia della Lombardia, il regionalismo differenziato, il Partito democratico del Nord. Allora c’è davvero la necessità - senza sottacere difetti e limiti della finanziaria, che bisogna superare stando dentro il piano della battaglia politica e della mobilitazione sociale - di difendere il profilo distributivo, derivante in particolare dalla rimodulazione delle misure fiscali, perché è precisamente questo aspetto che è sotto tiro.
Detto ciò, condivido che noi abbiamo un problema di efficacia oltre che di rappresentanza. Con la finanziaria siamo soltanto all’inizio di un percorso accidentato fatto di spinte e controspinte cui far fronte, certo con il protagonismo dal basso della società e dei movimenti, ma anche con una soggettività politica adeguata. Sbagliato anteporre la crescita del partito alla costruzione della Sinistra europea. Le due cose, o stanno insieme, oppure rischiano di declinare. Per questo bisogna uscire da una fase di gestazione durata troppo a lungo, andando alla costruzione della Sinistra europea nei territori come fatto politico.

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Gianni Favaro
Non affronterò i temi sollevati dalla legge finanziaria sia perché ho molto apprezzato la relazione del compagno Zipponi sia perché, anche se si tratta di una legge diversa da quella che avremmo voluto, vedere finalmente i nostrani industriali scendere in piazza per protestare compensa tutte le perplessità di una manovra così pesante. Mi interessa invece provare a ragionare sulla proposta di costituzione della sezione italiana della sinistra europea. La relazione del compagno De Cesaris ha giustamente rafforzato e chiarito in modo ancora più netto che nel passato la proposta della costruzione della SE come una Confederazione di vari soggetti autonomi. Alcuni interventi sia in questo CPN e nella riunione ultima della nostra Direzione Nazionale sia da parte di alcuni nostri interlocutori esterni propongono invece di ragionare da subito sulla nascita di un nuovo soggetto dentro il quale anche il Prc si possa sciogliere. Penso che la proposta della confederazione sia fondamentale per dare vita alla SE così come che il Prc si rafforzi. Né mi convince l’idea che la Sinistra di Alternativa possa essere rappresentata dalla sommatoria dei partiti del fronte antiliberista. Penso che futura forza della SE passi attraverso al riconoscimento e la valorizzazione delle diversità dentro un comune progetto politico di cambiamento della società. L’esperienza fatta dal movimento No Tav che attorno alla difesa di un territorio aggredito ha saputo allargare ed unificare pezzi di resistenza sociale, sindacati, amministrazioni pubbliche e partiti in una comune proposta di un nuovo modello di sviluppo. Non è un caso che siano stati proprio i movimenti locali come il No Tav ad aver organizzato la bellissima manifestazione di sabato dimostrando così una visione generale e non localistica. Per queste ragioni penso sia indispensabile che la prossima conferenza di organizzazione sia un momento di riflessione sullo stato del Partito per un suo rinnovamento e il suo rilancio.

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Nicola Fratoianni
Il dibattito che stiamo affrontando sulla costruzione della sezione italiana della Sinistra Europea rischia di rimanere prigioniero di inutili banalizzazioni. La polemica sulla diluizione dell'identità comunista o addirittura sullo scioglimento di Rifondazione Comunista non esiste come ha chiarito ancora oggi la relazione del compagno De Cesaris. Dobbiamo invece concentrarci sulla natura del progetto politico e sugli strumenti con cui dargli gambe, pena la riduzione della nostra discussione ad una stanca contrapposizione nominalistica. Abbiamo detto più volte che la Sinistra Europea nasce in qualche modo a Genova e proprio per questo si configura come un tentativo di dare una risposta da sinistra alla crisi della politica. Io concordo con questa affermazione. E' per questo che credo sia necessario discutere innanzitutto sulla natura di questa crisi. La politica e soprattutto le sue forme organizzate entrano in crisi perché non sono più capaci di rendere vive ed efficaci le connessioni con la società. Cresce l'autoreferenzialità e con questa si rovescia il meccanismo di legittimazione delle classi dirigenti. Si determina un meccanismo di colonizzazione della società da parte della politica nel quale le soggettività organizzate divengono funzioni e propaggini di interessi particolari invece che strumenti di organizzazione di interessi collettivi. E' questa una dinamica che ha a che fare col potere e con la sua composizione. Naturalmente questo aspetto incide, e non poco, sia sulla nostra capacità di fare della Sinistra Europea qualcosa di più di una semplice aggregazione (comunque necessaria) capace di mettere assieme esperienze diverse sia sulla discussione sul nostro modo di essere organizzazione, sul nostro modo di funzionare. Da questo punto di vista non possiamo non vedere che mentre abbiamo prodotto innovazioni significative sul terreno della cultura politica proprio a partire dall'investimento nelle relazioni di movimento, non siamo stati capaci di fare altrettanto sul terreno delle pratiche e delle forme del nostro stare insieme e del nostro agire. Per evitare il rischio del politicismo e dell'ingegneria organizzativistica dobbiamo fare di questo tema l'oggetto di fondo di questa sfida politica e culturale che chiamiamo Sinistra Europea.

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Beatrice Giavazzi
La costituzione della sez. italiana della SE e la Conferenza di Organizzazione sono due passaggi che consideriamo ineludibili all’allargamento del blocco sociale e politico di nostro riferimento per il rilancio determinato della nostra iniziativa politica autonoma dal nostro impegno di governo. La SE nell’obiettivo che ci siamo dati, dovrà anche essere capace di competere al progetto del Partito Democratico tra le forze che compongono l’Unione. Nel dibattito del CPN aver esplicitato che alla proposta confederativa decisa per la SE, che garantisce l’autonomia politica ed organizzativa del Partito della Rifondazione Comunista così come degli altri soggetti costituenti, ne esista un’altra (A. Gianni) antitetica che prevede un progressivo superamento, nei fatti, del nostro partito, è da ritenersi un chiarimento del nostro dibattito interno. Ma, questa opzione, peraltro speculare a talune opzioni federative (anch’esse presenti) dal carattere prevalentemente politicistico, è da ritenersi pericolosa e da contrastare (finalmente) apertamente, proprio per il buon fine del progetto della SE, oltre che per le stesse idee fondanti della Rifondazione Comunista che consideriamo ancora progetto politico del tutto rispondente alla fase che attraversiamo. La Conf. D’Org., così come l’abbiamo proposta e decisa, che da questo CPN muove il suo percorso iniziale che si concretizzerà in un “canovaccio” di traccia da utilizzare nelle conferenze territoriali (circoli e federazioni) per definire il documento conclusivo del nostro impegnativo lavoro sul Partito, è la risposta più efficace da mettere in campo per un reale rinnovamento e rilancio della nostra organizzazione. Il rafforzamento delle forme organizzative che ci siamo dati, che con coraggio dobbiamo indagare ed analizzare, è cosa di cui tutti sentiamo oggi grande necessità, ma è anche condizione indispensabile al progetto di costituzione della SE, che necessiterà del concorso di tutte le nostre forze migliori, che sappiano da un lato rispondere, rifiutandole, alle cristallizzazioni delle mozioni congressuali di Venezia e dall’altro sapersi confrontare con le nuove forme dell’organizzarsi dei movimenti e delle forze sociali che oggi circondano o affiancano la nostra azione politica e che, nella SE, ne saranno compartecipi. Ogni estraneazione (altro cioè da un dibattito critico e plurale) da questo percorso, che dopo tanto tempo si presenta con una proposta largamente coinvolgente il corpo largo dei nostri iscritti e militanti e partecipativa dal basso, è da ritenersi perciò incomprensibile nell’ottica della volontà di crescita politica, organizzativa e di radicamento del nostro Partito.

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Domenico Jervolino
Sulla finanziaria. Mi sono già espresso con un articolo pubblicato da Liberazione del 13 ottobre sulle carenze della finanziaria in materia di università e ricerca, che contraddicono tra l’altro lo stesso programma dell’Unione, che avevamo contribuito a stendere. Su questo punto come su altri occorre un forte impegno a livello politico e sociale per ottenere cambiamenti. E’ un risultato che può essere ottenuto, così come siamo già riusciti ad operare correzioni importanti delle prime bozze di finanziaria. Questo linea rileva una ambiguità necessaria della fase presente, che però non può essere esorcizzata con la mera proclamazione degli obiettivi desiderati, che resterebbero nel cielo delle idee, ma deve diventare oggetto di una iniziativa a tutto campo. Come dice Walter De Cesaris con una frase che suona quasi evangelica, siamo nel governo, ma non del governo. Non si deve dare per scontato che nella dialettica dell’attuale coalizione debbano prevalere le tendenze di neoliberismo temperato o sociale, perché queste tendenze sono esse stesse contraddittorie e debbono misurarsi (come del resto noi dobbiamo misurarci) coi problemi reali del paese e della società contemporanea. Per questo – per restare nell’ambito dell’università e della ricerca – le nostre critiche e le nostre proposte (espresse in queste ore da una serie articolata di emendamenti) non sono solo nostre ma convergono con esigenze espresse da quel mondo, dagli studenti, ai precari, ai giovano ricercatori, fino alla conferenza dei rettori. Sulla Sinistra europea, condivido l’articolata relazione di De Cesaris. Partiamo da una necessaria pluralità di sensibilità e di culture, ma il punto di arrivo deve essere l’incontro e la fecondazione reciproca fra di esse, non il loro irrigidimento. Nella confederalità della Sinistra europea, sottolinerei il “con”, l’interazione, la contaminazione. Del resto alcuni dei “nodi” che sono stati individuati (per esempio la ricerca sul socialismo del XXI secolo) vedono già la cooperazione di compagni interni ed esterni a Rifondazione, cooperazione che del resto ci siamo sforzati di praticare anche nella vita del Dipartimento università e ricerca. Non si fonda una nuova forza politica senza un forte impegno culturale e senza una scelta strategica di fondo che è a mio avviso la ricerca delle vie per riattualizare la prospettiva del socialismo, in un quadro di democrazia avanzata e radicale, come risposta alla crisi della politica e alle contraddizioni della globalizzazione capitalistica. Senza questo respiro riusciremo al più a dar vita a una sommatoria di esperienze eterogenee o a una magari utile ma non sufficiente alleanza elettorale.

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Aurelio Macciò
Ho un’opinione diversa, sulla Finanziaria, da chi mi ha preceduto, il compagno Paolo Ferrero. Anche se colgo accenti diversi tra la sua esposizione e le dichiarazioni fatte a caldo dal presidente della Camera che parlò di “una svolta in direzione di una giustizia sociale tanto attesa”.
Della Finanziaria dobbiamo indagarne il segno di classe, capire in quale direzione di marcia sia inscritta. Io penso che risponda prevalentemente a due indirizzi:
i diktat della Banca Centrale Europea e l’assunzione del dogma dei parametri di Maastricht, quindi delle politiche neoliberiste;
le esigenze della grande borghesia e, nello specifico, della grande impresa. Un segno di classe preciso, quindi, che seleziona anche tra i diversi interessi e frazioni borghesi.
I pochi elementi positivi, come la parziale rimodulazione delle aliquote Irpef – che non fanno però nemmeno ritornare a prima di Berlusconi – vengono di gran lunga annullati da tutti gli altri capitoli: dai tagli agli Enti Locali (dove, in più, le addizionali all’Irpef non hanno natura progressiva) alla sanità, alla mancata soluzione al problema della precarietà, ecc.
E l’aumento dello 0,3 % per i contributi previdenziali per i lavoratori, non è forse aumento del cuneo fiscale? Viceversa, l’abbattimento del cuneo per le imprese, tutto giocato sull’Irap, non significano minori introiti per il fisco? Chi paga? Sul trasferimento del TFR inoptato all’Inps – su cui Felice Roberto Pizzuti ha scritto cose condivisibili su “il manifesto” – il capogruppo alla Camera propone di transitarvi addirittura il 100 %. Mi chiedo se si sa di cosa si parla!
Ma soprattutto è il percorso assunto dal PRC che delinea una sconfitta per il partito “di lotta e di governo”: dalla stabilizzazione del debito si è via via transitati alla proposta emendativa della “spalmatura”, infine a porre il limite dei 24 miliardi. Ci ritroviamo con una manovra di quasi 35 miliardi! E in un quadro, quello delineato nel DPEF, di una sequenza quinquennale impressionante di avanzi primari, fino alla previsione enorme di 84 miliardi nel 2011!
Il 4 novembre, che lo si voglia o no, si dialettizzerà oggettivamente con la Finanziaria. E non serve esorcizzare i problemi proponendo una manifestazione, come qui è stato detto, che non sia né a favore né contro il Governo.
I giudizi positivi dati sulla manovra, in particolare nei primi giorni, pesano come un macigno sulle stesse possibilità non dico di contrasto ma anche solo di recupero parziale degli effetti più nefasti della Finanziaria.

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Francesco Maringiò
Sulla Finanziaria: è stata pubblicata in concomitanza con lo sciopero dei giornalisti e questo ha creato molta confusione, visto che gli unici giornali (di destra) in edicola l’hanno descritta come una Finanziaria bolscevica. Col tempo, purtroppo, la verità si è dipanata sotto i nostri occhi e il rischio che corriamo è il consolidarsi di pericolose illusioni tra la nostra gente. Soprattutto poi se la Cgil da un lato, e il Prc dall’altro, si sbilanciano in commenti acriticamente positivi. Penso invece che al Prc spetti il compito di fare un’”operazione verità” che metta in luce gli aspetti positivi, ma anche quelli negativi di questa Finanziaria. A partire dalla famosa questione del cuneo fiscale: si tagliano i soldi al lavoro dipendente e li si ridistribuiscono per il 60% alle grandi imprese e per il restante 40% fra tutti: dipendenti, autonomi, addirittura agli evasori! Al contrario, in questo paese ci sarebbe invece bisogno di una grande operazione di giustizia sociale: prendere i soldi dai profitti e ridistribuirli al mondo del lavoro. E poi c’è l’art. 188 col quale si finanziano in automatico le missioni, senza il voto del Parlamento: neanche Berlusconi era mai arrivato a tanto! Per non parlare poi del vertiginoso aumento delle spese militari, a fronte dei pesanti tagli allo stato sociale. Ma la caratteristica di fondo di questa Finanziaria è il fatto che il Governo mantiene una maniacale osservanza dell’impianto economicista di Maastricht. Proprio per queste ragioni sbagliamo a farci percepire come i più convinti sostenitori di questa Finanziaria: così facendo ammorbidiamo la nostra capacità di mobilitazione e lotta, a partire dalla Manifestazione del 4/11 contro la precarietà e i tagli sociali.
Sulla Sinistra Europea me la cavo con una battuta: ho sempre evidenziato il fatto che, a livello europeo, questo progetto escludesse il grosso delle forze della sinistra anticapitalista e di alternativa. A quanto pare però al livello italiano va ancora peggio: il Prc è sempre più debole e malmesso ed i nuovi soggetti coinvolti sono in realtà ceto politico trito e ritrito, come Folena e Cossutta. Ma abbiamo bisogno veramente di questo, o di un forte, combattivo e moderno partito comunista?

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Leonardo Masella
Non condivido il giudizio positivo che emerge in prevalenza dalla posizione del Partito sulla finanziaria e più in generale sulla politica del governo, fondamentalmente subalterna alle compatibilità dei parametri liberisti di Maastricht. I veri ricchi se la ridono. In questo modo si uccide ogni possibilità, pur rimanendo nella maggioranza di costruire una mobilitazione nella società in grado di cambiare le tante cose che non vanno e si lascia il campo all’iniziativa populista delle destre e della confindustria. Proprio così si apre la strada alle ipotesi neocentriste o forse peggio al ritorno di Berlusconi. Facciamo in modo che la manifestazione del 4 novembre sia anche una critica alla finanziaria. Gravissimo è inoltre aver abbandonato la richiesta di ritiro dalla guerra in Afghanistan (che viola palesemente la Costituzione, diversamente fino ad oggi dalla missione in Libano), in contrasto con la volontà espressa da tutto il gruppo dirigente dopo il coraggioso dissenso degli 8 parlamentari e la eccezionale assemblea del 15 luglio. Come mai non si fa nulla per rilanciare il movimento contro la guerra ? Ritengo un suicidio, inoltre, la proposta di diluire di fatto Rifondazione Comunista nella Sinistra europea, mantenendogli cossuttianamente solo il nome, il simbolo e qualche altro specchietto per le allodole. Una più forte unità e mobilitazione di tutte le forze politiche, sociali, di movimento della sinistra di alternativa, di cui si sente una necessità enorme, ha bisogno del forte rilancio della rifondazione comunista, della rifondazione di un moderno partito comunista, non solo di nome ma soprattutto di fatto, capace cioè di essere dentro le diverse lotte contro il capitalismo in tutte le sue odierne e anche inedite manifestazioni (sfruttamento e alienazione dei lavoratori, mercificazione totalitaria, guerra, razzismo contro immigranti, devastazione ambientale, TV spazzatura, ritorno di valori maschilisti ecc.) .

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Marco Nesci
Condivido la relazione di Walter, credo che le sottolineature, specialmente quelli sull'esistenza e il potenziamento del partito, possano porre fine a illazioni e strumentalizzazioni. Sento invece il bisogno di approfondire analiticamente temi quali quello sulla crisi del movimento e in particolare sul nuovo movimento operaio, in relazione anche alla critica al potere che però a mio giudizio dovrà estendersi alla “gestione” del potere che nella sua natura attuativa si trasforma spesso in clientelismo addomesticatore del conflitto sociale. La finanziaria. Inutile e dannoso l'eccesso di valutazione positiva, così com’è sbagliato non riconoscere una discontinuità con il passato. La nostra iniziativa deve concentrarsi per modificare in meglio e per altri aspetti radicalmente, alcune parti di sostanza. Bene l'avvio di ridistribuzione del reddito attraverso l'imposizione, ma occorre evitare che le rigidità d'imposizione regionale e degli enti locali annullino ogni vantaggio. ( le addizionali ad esempio vanno rimodulate per scaglioni e con il criterio della progressività ).
Sugli enti locali il vero problema è il patto di stabilità, alcuni nuovi fondi sociali sono certamente positivi ( vedi la non autosufficienza) ma se non si esclude dal patto almeno la spesa sociale la compressione al bilancio stritola la stessa spesa sociale. Siccome non è credibile abolire il patto occorre agire almeno in questa direzione. I ticket sanitari vanno aboliti tutti, ma i più pericolosi sono quelli che prevedono l'automatismo di compartecipazione alla spesa farmaceutica nel caso di sforamento della spesa sui farmaci oltre il 13% da parte delle Regioni. Quelli sul pronto soccorso sono particolarmente odiosi ma già esistono in buona parte delle regioni. Ciò non ne riduce la gravità ma siamo in presenza di incrementi nella maggior parte dei casi. Sui farmaci invece il salasso può essere enorme. Si tratta di eliminarli tutti e comunque la battaglia politica deve condurci ad una abolizione integrale degli automatismi che impongono alle regioni l’introduzione di ticket.
L'indirizzo da assumere è quindi quello di migliorare il testo della finanziaria, dando maggiori e più adeguate risposte sociali alla devastazione prodotta su questo terreno dai governi precedenti.

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Gianluigi Pegolo
La legge finanziaria è emblematica delle ambiguità che percorrono l’attuale maggioranza di governo. Essa introduce una redistribuzione contenuta del reddito attraverso la modifica delle aliquote IRPEF e l’utilizzo, parziale, del taglio del cuneo fiscale per il lavoro dipendente. Questo provvedimento viene contrastato da altre misure, come quelle assunte in tema di sanità ed enti locali. A tale proposito, va evidenziato come sullo stato sociale l’indirizzo resti quello del contenimento della spesa sociale in un’ottica monetarista. Ciò vale, oltrechè per i settori citati, in prospettiva per la previdenza e per i servizi pubblici locali. L’impostazione liberista è particolarmente evidente nelle politiche per lo sviluppo. La principale misura, infatti, è quel taglio del cuneo fiscale che si tradurrà nella riduzione del costo del lavoro. Questa contraddittorietà della manovra spiega, in larga misura, l’insoddisfazione generale che l’accompagna, anche nell’elettorato del centro sinistra. Né dovrebbe sfuggire il rischio che si vada verso un allargamento della maggioranza, cooptando forze moderate o, peggio, attraverso la formazione di un governo di “larghe intese”. A questo punto occorrerebbe rafforzare l’intera sinistra di alternativa e sviluppare una forte iniziativa sociale. E invece la proposta avanzata dal partito – la costruzione del Sinistra Europea - appare del tutto inadeguata, sia perché limita le alleanze ad un segmento ridotto della sinistra di alternativa, sia perchè ipotizza la costruzione di una formazione a metà fra un partito e una struttura plurale che con ogni evidenza mette in discussione la stessa sopravvivenza del partito. Senza contare che l’identità spuria sulla quale dovrebbe fondarsi renderebbe assai arduo reggere la competizione con un eventuale Partito Democratico.

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Vincenzo Pillai
Siamo a un passaggio difficile in relazione sia alla costituzione della sinistra europea, sia alla finanziaria:1) Dobbiamo operare per rafforzare RC mentre contribuiamo alla costituzione di una CONFEDERAZIONE nella quale tutte le esperienze politiche che vi convergono abbiano pari dignità. Si tratta di rafforzare la nostra identità e, al contempo, sapere metterla in discussione, di ridefinire il nostro statuto e, al contempo, lavorare per la definizione di regole funzionali a un soggetto confederale di forze, con storie diverse, mai sperimentato prima, evitando che prevalgano spinte all’autoreferenzialità del ceto politico. E’ la ricerca della quadratura del cerchio, o quasi.
In quest’opera assume un ruolo importante la CONFERENZA DI ORGANIZZAZIONE che deve essere sostenuta anche da un forte investimento di risorse nella formazione all’agire politico dei nostri militanti.Vale certo la pena di impegnarsi in questo progetto anche perché non si può più prescindere dalla necessità di elaborare, anche a livello europeo, strategie ed iniziative sui temi dei diritti sociali, del lavoro e della pace. Come comunista sardo vedo in questo processo anche una possibile attualizzazione della questione sarda nell’ottica di un impegno per la costruzione di un’Europa dei popoli capace di valorizzare quelle peculiarità che i processi risorgimentali di formazione degli stati moderni hanno cercato di cancellare.2) Sulla finanziaria occorre fare una ampia campagna di informazione perché si comprenda che oggi abbiamo sostanzialmente solo bloccato (dobbiamo esserne consapevoli e orgogliosi) le strategie che hanno caratterizzato le scelte liberiste attuate negli ultimi quindici anni e che solo rimettendo in campo una forte e unitaria iniziativa di massa ( il 4 novembre deve essere il suo debutto) si può ottenere l’avvio di una nuova fase così da respingere il prossimo attacco alle pensioni e porre le basi per una finanziaria 2oo7 che costituisca la vera svolta di politica economica e sociale.

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Franco Russo
Nessuno esalta la manovra finanziaria, se non altro perché il vincolo del 3% di Maastricht è assunto come obiettivo di fondo, ma è indubbio che l’intreccio della pressione dall’alto e dal basso – che deve proseguire da qui alla fine dell’anno – ha fatto sì che la manovra non si concentrasse sul taglio delle spese, mentre la parte più consistente fosse quella sulle entrate. Di ciò si sono lamentati sia la Confindustria sia Draghi. Il passaggio del TFR alla Tesoreria che si avvarrà dell’Inps non soddisfa le nostre aspirazioni tese a innalzare i coefficienti di trasformazione per elevare le pensioni, pure si è aperta una breccia e soprattutto si è posto un ostacolo alla previdenza complementare. Mi domando: dobbiamo o no combattere il dumping sociale realizzato con le miriade di forme di precariato? Certo sui contributi più elevati per i lavori precari occorre continuare la lotta per impedire che si scarichino sul salario, e la manifestazione del 4 novembre è parte di questa lotta, così come di quella più complessiva per superare le leggi Treu e Maroni. Anche sui ticket sanitari c’è l’impegno del partito a battersi per la loro abrogazione. Siamo dunque in campo per portare avanti le nostre proposte: anche quella per sottrarre agli stanziamenti alla difesa (art. 113) risorse per sostenere le disponibilità finanziarie delle Regioni e degli enti locali. Anche l’annualizzazione del finanziamento delle missioni militare (art. 188) va cancellato.
Noi non seguiamo la teoria del governo amico, tanto che continuiamo a essere presenti nei vari ‘tavoli’ di movimento e nelle lotte, unica garanzia che SE non sia l’incontro di soli gruppi dirigenti. Dobbiamo costruire SE sui temi dell’altermondialismo e della critica al liberismo globalizzante. Occorre evitare due rischi, quello di riproporre il modello PCI anni ’50 : forte di legami sociali, ma integrato nella società capitalistica, anzi canale della ‘nazionalizzazione’ delle masse proletarie.
L’altro rischio è la proposizione di un partito del lavoro, che ucciderebbe tutta la molteplicità dei soggetti critici dell’ordine del capitale globale, riproponendo un egemonismo operaio ormai superato.

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Giovanni Russo Spena
Con la bella relazione di De Cesaris si delinea, finalmente, il percorso di costruzione della Sinistra Europea. Una soggettività politica che si costruisce "dal basso", dall'intreccio con il <<saper fare>> sociale e con il conflitto (è stata strategicamente rilevante, come critica dello sviluppo, la manifestazione delle comunità in lotta contro le grandi opere, portatrici di saperi collettivi, così come sarà decisiva la giornata del 4 novembre contro la precarietà), ma anche sapendo intrecciare un sistema di relazioni con i settori politici che rifiutano l'omologazione nel nuovo partito liberademocratico "di centro" (il Partito Democratico).
Due sono gli ineludibili punti fermi: Rifondazione Comunista è sede dell'innovazione e non viene sciolta; non deve però pensare la Sinistra Europea come annessione mascherata a Rifondazione.
Confederazione, sistema "a rete" saranno strumento anche di forte innovazione nella "forma partito". Un grande tema, centrale per un "europeismo antiliberista e popolare", da non sottovalutare, è la cittadinanza transnazionale, la mescolanza, il meticciato; il carattere, cioè, democratico e partecipato della società futura.

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Bruno Steri
L’entità della manovra finanziaria ha determinato inesorabilmente il segno complessivo della stessa: con simili dimensioni, risulta impossibile coniugare davvero rigore ed equità. Bisogna dire le cose come stanno : su questo la sinistra di alternativa ha subito una chiara battuta d’arresto. Vi sono certamente anche elementi da valorizzare. Ad esempio: la rimodulazione degli scaglioni fiscali, nel suo intreccio con l’aggiornamento delle detrazioni, indica nel metodo un’inversione di tendenza in direzione di una progressività del prelievo. Tuttavia i suoi concreti benefici per le fasce basse di reddito sono talmente esigui da essere praticamente già mangiati dal solo aumento delle bollette di luce e gas. Siamo purtroppo lontani dalla svolta promessa in campagna elettorale. Occorre che da questo Cpn arrivi un forte segnale di mobilitazione. A cominciare dalla costruzione della manifestazione del prossimo 4 novembre contro la precarietà e per il superamento della Legge 30 (altro impegno elettorale di cui nessuno sembra più parlare). Ma anche per contrastare i venti di controriforma delle pensioni che – evitati in sede di finanziaria – tornano subito a spirare, alimentati da incipienti pressioni concertative oltre che dalle puntuali direttive di Bruxelles. Per questo occorre un Prc all’altezza dei difficili compiti. L’imminente conferenza d’organizzazione dovrà porre mano ad un rilancio del partito, apprestare strumenti per il suo rafforzamento. Che il segretario nazionale abbia smentito ogni voce di “scioglimento” è un fatto positivo. Resta comunque il fatto che un partito può “sciogliersi” per così dire per decreto, ma anche per progressivo deperimento, appannamento dei suoi valori fondativi: questo è un rischio insito come un possibile esito del percorso di costituzione della Sinistra Europea. Ritengo che l’opzione di un rafforzamento di Rifondazione Comunista nel contesto di un coordinamento stretto e senza veti ideologici di tutte le forze della sinistra di alternativa (tutte quelle che sono scese in piazza contro la “guerra preventiva” e hanno promosso il referendum per l’estensione dell’art.18) sia sempre di più la prospettiva da perseguire.

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Marco Veruggio
Le critiche di Cremaschi e del Manifesto toccano nervi scoperti e d’altro canto anche i sondaggi dicono che la Finanziaria piace a un italiano su tre (e a un elettore dell’Unione su due). E che se si votasse oggi la CdL vincerebbe 50,3 a 49,1. E’ il risultato di una politica in cui per non essere “identitari” si diventa minoranza e ingoiando rospi per paura di Berlusconi lo si rinvigorisce. D’altro canto giudicare la Finanziaria “progressista” sulla base dei lamenti di Montezemolo è come stabilire, sulla base delle giaculatorie di Bush, che la bomba testata dalla Corea del Nord è veramente atomica. I sindacalisti dei padroni – si sa – hanno sempre di che lamentarsi, anche quando guadagnano.
Insomma difendendo il meno peggio si sta sempre peggio. E non se ne esce invocando ritualmente i movimenti: come si fa a mobilitare contro leggi su cui si dà un giudizio positivo? O forse si pensa ai movimenti come co.co.co. del Governo?
Non è andata peggio – certo! – non per merito di Prodi ma per la debolezza del suo progetto: un asse con Confindustria che ammicca ai lavoratori e alla piccola borghesia e finisce per scontentare tutti. Sicché il blocco sociale retrostante si sfalda. E noi siamo chiamati a decidere: farci trascinare a fondo o autonomizzarci? In Italia come in Germania o in Brasile c’è una spinta obiettiva, verso il centro, della sinistra liberale di governo, e di quella estrema all’opposizione. Per questo non ci serve una gamba sinistra dell’Unione. Mentre la “rifondazione socialista” di cui parla Mussi allude proprio a questo. O no?

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