Comitato Politico Nazionale 21 - 22 gennaio 2006

Dichiarazioni di voto

Dichiarazione di voto contrario alla deroga prevista dall’art. 57 dello Statuto (vincolo di 2 mandati alle cariche istituzionali europee, nazionali e regionali).

Sulla deroga al secondo mandato esprimo la più netta contrarietà alla proposta di ricandidatura di tutto il gruppo parlamentare uscente, compresi i parlamentari che hanno già effettuato un secondo mandato.
La nostra carta delle regole della democrazia interna, lo Statuto, è stata oggetto di una brutta pagina dell’ultimo congresso. In quella sede si sono prodotti profondi stravolgimenti, tutti operati a colpi di maggioranza, senza una discussione preliminare nei congressi dei livelli inferiori e senza una discussione vera e qualificata in quello nazionale. Il punto della “eccezionalità” della deroga (cancellata al V congresso dopo una accalorata discussione vera nella quale fu bocciata dall’assemblea plenaria la proposta della maggioranza della Commissione Statuto che intendeva introdurla) oggi viene disatteso. Non ci sono oggi ragioni di eccezionalità per riconfermare tutto il gruppo parlamentare. Apriamo con questa decisione la strada dell’intangibilità dei gruppi istituzionali e creiamo un precedente pericoloso che determinerà un’idea che esistano nel partito “istituzionali di professione” con una divisione sempre più fissata nel rapporto partito/istituzioni. Mi chiedo, ad esempio, dato che sempre è possibile inventare cause di eccezionalità, come si comporterà il partito nelle future elezioni regionali rispetto a compagni che abbiano già effettuato due mandati, in presenza di leggi elettorali regionali che non contemplano il vincolo dei due mandati.

Beatrice Giavazzi

Dichiarazione di voto contrario ai criteri e alle liste per le candidature alle elezioni di Camera e Senato.

Una dichiarazione di voto contrario sia ai criteri che alle proposte, con motivazioni che aggiungo a quelle già espresse.
Per quanto riguarda il percorso per la definizione delle candidature ritengo inaccettabile che non sia stato omogeneo e trasparente, come molti interventi hanno sottolineato nel dibattito.
Esprimo un dissenso trasversale rispetto alle mozioni congressuali, quindi anche quella cui appartengo, sul criterio della territorialità. Voglio citare, ad esempio, la Sardegna dove, ad oggi, non è ancora stato eletto un segretario regionale stante la sostanziale parità di percentuale ottenuta dalla mozione 1 e la mozione 2. Ebbene, in quella regione sono stati candidati due compagni della mozione 1 e un indipendente dopo non si capisce quale percorso di consultazione. In Calabria, regione uscita da un lungo periodo di difficoltà in cui la mozione Essere Comunisti ha saputo superare il primo commissariamento regionale della storia del nostro partito rieleggendo gli organismi e il segretario regionale, non è presente alcuna candidatura espressa dal proprio territorio.
Inoltre, rilevo che in alcune regioni si è proceduto ad una consultazione a fronte di riunioni dei Comitati politici regionali e in altre no. In alcune ci si è fermati alla consultazione dei segretari o delle segreterie regionali saltando completamente i livelli di federazione, come vorrebbe lo statuto. Insomma, nessuna reale garanzia di percorso democratico e uguale per tutti.
Infine, sulle quote riservate alle donne il mio dissenso più convinto. Sono stanca di assistere, nei congressi, alla divisione delle compagne sulle quote riservate loro negli organismi e nelle liste elettorali. Personalmente continuo ad essere contraria alle quote ma totalmente impegnata al riconoscimento inconfutabile del valore politico della qualità della differenza delle donne nell’elaborazione del pensiero politico del nostro partito. Ancora una volta, però, finiti i congressi le quote, sancite per esplicito nello statuto, diventano un “pressappoco”. Dobbiamo addirittura ascoltare la soddisfazione di aver “sfiorato” il 40% e compiacercene. Ne deriva, come ho più volte dichiarato, l’impressione che le battaglie congressuali sulle quote delle donne sempre più spesso si rivelino per essere battaglie di potere, tese esclusivamente a ottenere una propria visibilità, quella delle “poche su molte”, quelle poche che, una volta garantite sono più disposte ad essere meno intransigenti sulle quote delle molte che farebbero volentieri il contrario.
Per quanto concerne il non rispetto dei criteri ritengo che la responsabilità debba essere totalmente assunta dalla maggioranza, che non può chiedere alle minoranze che rappresentano oltre il 41% del partito e cui viene assegnato complessivamente il 15% di rappresentanza parlamentare, il rispetto stretto dei criteri che, data questa premessa, ricade esclusivamente sulla maggioranza stessa.

Beatrice Giavazzi

Dichiarazione di voto contraria alle proposte di testa di lista

Ritengo le proposte delle teste di lista sbagliate poiché non tengono adeguatamente conto del pluralismo interno.
Alle minoranze che hanno raccolto democraticamente al Congresso il 41% dei consensi è stato riservato il 15% delle candidature.
Le liste elettorali sono, come lo Statuto, uno strumento nel quale deve potersi riconoscere tutto il Partito. Ci viene avanzata invece, ancora una volta, una proposta di maggioranza.
Accade così quanto già avvenne nel 1999 alle elezioni europee, nel 2001 alle elezioni politiche e nel 2004 nuovamente alle elezioni europee, quando le posizioni diverse da quelle della maggioranza non furono rappresentate.
In questi passaggi emerge un grave scarto tra le enunciazioni di principio, che tanto spesso risuonano in questo Partito a proposito del rispetto del pluralismo, e una dura realtà che le smentisce clamorosamente.
La proposta che viene avanzata è lesiva della democrazia interna. Essa dice al Partito e all’esterno che in Rifondazione Comunista non siamo tutti uguali, per cui vi è chi, forte di una maggioranza, può arrogarsi il diritto di prendere quasi tutto. In nessun’altra forza politica le minoranze vengono compresse in modo altrettanto pesante.
I Democratici di Sinistra, per fare solo un esempio, rispetteranno nella scelta dei candidati le percentuali congressuali delle varie minoranze. Noi non pretendevamo tanto (benché si sarebbe trattato del semplice rispetto di un diritto)! Ma un nesso, una qualche corrispondenza tra il peso politico delle minoranze e le percentuali nella scelta delle candidature quella lo chiediamo e crediamo sia stato un grave errore non averla riconosciuta.
Non basta.
Forzando lo Statuto, si è preteso di riconfermare tutti i parlamentari uscenti, alcuni dei quali hanno alle spalle già diverse legislature! Quanto agli altri criteri adottati per comporre le liste (sui quali non avevamo contrarietà di principio), ci è stato negato qualsiasi margine di intervento.
Riguardo alla scelta degli indipendenti ci è stato detto: «Lasciate perdere, i nomi li abbiamo scelti noi». Ciò ci ha impedito di avanzare proposte non certo meno prestigiose di quelle individuate dalla maggioranza. Non ci sembra giusto, e lo diciamo senza nulla togliere alla qualità di numerose candidature che apprezziamo molto.
Sulle scelte del gruppo dirigente nazionale non ci è stato chiesto alcun nominativo, come sarebbe stato giusto fare almeno in relazione ai coordinatori delle mozioni congressuali che fanno parte a pieno titolo del gruppo dirigente nazionale.
Infine, per le candidature territoriali, sono stati proposti compagni della sola maggioranza, come se sul territorio esistesse solo il 59% del Partito e l’altro 41% semplicemente non esistesse. È un fatto grave che materializza non solo al centro, ma anche nelle regioni e nelle federazioni una pesante discriminazione.
Anche in questo caso il messaggio che arriva è chiaro: «se hai sostenuto una posizione di dissenso non hai gli stessi diritti, devi sottometterti».
Questa modalità discriminatoria porta con sé non solo ingiustizie, ma anche effetti negativi. In molte regioni in cui il radicamento territoriale delle minoranze è molto forte o addirittura superiore a quello della maggioranza nazionale vi sono teste di lista della sola maggioranza! Si tratta di una decisione di cui forse non si è valutata attentamente la gravità.
Concludendo, con questa scelta per noi si pone – come già avvenne a Venezia quando si decise di modificare lo Statuto a colpi di maggioranza – un grave problema di democrazia interna nel nostro Partito.

Claudio Grassi, coordinatore nazionale “Essere Comunisti”

Dichiarazione di voto di Franco Grisolia al Cpn del 22/01/06 sulla proposta di teste di lista per le prossime elezioni politiche

Coerentemente con quanto fatto in sede di DN esprimo il mio voto di astensione sulla proposta . Non ne condivido infatti diversi aspetti. In particolare la riconferma in blocco, con deroga, dei parlamentari uscenti (su cui ho già votato contro nella votazione specifica) e la scarsa rappresentanza delle minoranze , e in questo quadro in particolare di Progetto Comunista.
D’altro canto prendiamo atto che nei confronti della storica corrente di opposizione di sinistra è venuta a cadere una preclusione fino ad oggi rigida e soprattutto cogliamo il fatto che è stato respinto l’assurdo tentativo di contrapporre alla candidatura di Marco Ferrando, ritenuta logica e naturale dalla stragrande maggioranza dei compagni di Progetto ( come espresso qui da un testo di sostegno sottoscritto dal 70% dei delegati della III mozione allo scorso congresso di Venezia, dall’80% dei componenti di Progetto nei comitati regionali e dal 90% di quelli dei comitati federali delle grandi città) di quella di un altro compagno, espressione di un gruppo di vertice che rappresenta nella nostra area congressuale solo una piccola minoranza. Grottesco poi il tentativo di presentare tutto ciò sotto una luce politica di “sinistra”, quando questi compagni fino a pochi giorni fa hanno fatto una pressante richiesta alla segreteria nazionale, senza il minimo coinvolgimento dell’area di Progetto, di inserimento del loro candidato al posto del compagno Ferrando , senza alcuna specificità politica particolare. E’ triste che compagni con cui si è lavorato per anni scendano per interessi di gruppo all’utilizzo di tali metodi, ma non è purtroppo la prima volta nella storia del movimento operaio. Per questo la difesa della democrazia rispetto a Progetto rappresenta la difesa della democrazia per tutto il partito.

Dichiarazione di voto contrario alla proposta di liste elettorali

Esprimiamo la nostra contrarietà alla proposta di liste elettorali avanzata dalla Segreteria nazionale per i seguenti motivi:
per la prima volta si apre la rappresentanza parlamentare anche alle minoranze. Ciò è in sé positivo: ma questo avviene in termini irrisori rispetto alla reale consistenza nel partito delle minoranze stesse;
ogni area congressuale ha assunto le proprie scelte con un dibattito nel quadro dirigente e tra i membri del Cpn. Solo per la Terza mozione (Progetto Comunista) la scelta è stata presa direttamente dalla Segreteria nazionale in accordo con l’ex portavoce (Ferrando), senza il consenso dei rappresentanti dell’area nell’organismo deputato alla scelta, il Cpn.

La candidatura al senato di Marco Ferrando non è stata discussa in nessuna riunione, locale o nazionale, dell’area. Ed essa registra nei fatti la contrarietà della maggioranza (10 su 17) dei membri del Cpn eletti al recente VI Congresso del Prc per Progetto Comunista in rappresentanza di oltre 3000 voti; la contrarietà dei coordinatori della mozione congressuale in 15 regioni; la contrarietà della quasi totalità del gruppo dirigente dei GC aderenti al documento; la contrarietà del direttore del giornale dell’area e della rivista dell’area; una larga e diffusa contrarietà fra i militanti, manifestatasi in queste ore con decine di e-mail e fax.
A questi fatti evidenti non si può rispondere (come invece hanno fatto Ferrando e Grisolia) con una specie di “raccolta di firme” in qualche città e regione: firme di compagni a cui non è stato detto del dibattito in corso e dei motivi alla base della contrarietà della gran parte del gruppo dirigente democraticamente scelto in un percorso congressuale. Soprattutto nel richiedere queste firme (comunque non rappresentative di 3000 sostenitori del documento) non è stato detto che il presupposto della candidatura di Ferrando al senato è la richiesta preventiva di un impegno a votare la fiducia al governo Prodi. Atto quest’ultimo, come è evidente, in contrasto con le fondamenta stesse della mozione congressuale di Progetto Comunista.
La maggioranza della rappresentanza in Cpn di Progetto Comunista ribadisce dunque la propria inflessibile opposizione alla deriva governista del Prc, chiamando tutti i militanti del partito a salvaguardare il progetto di fondo della rifondazione comunista: l’opposizione di classe per l’alternativa rivoluzionaria dei lavoratori.
Francesco Ricci
(Esecutivo nazionale)
Alberto Airoldi
Luca Belà
Patrizia Cammarata
Nicola di Iasio
Pia Gigli
Ruggero Mantovani
Antonino Marceca
Michele Rizzi
Fabiana Stefanoni
Valerio Torre
(Cpn)

Dichiarazione di voto relativa all'ordine del giorno sulla mozione anticomunista al Consiglio d'Europa (Presentata da Gennaro Migliore)

"Dichiaro il mio voto favorevole all'OdG, con un'essenziale precisazione. Il testo proposto riprende in larga parte un precedente OdG votato all'unanimità e convintamente da tutto il Comitato politico federale di Torino. Tuttavia sono state apportate alcune modifiche facenti riferimento ad una dichiarazione della Sinistra Europea che, al pari di altre forze comuniste interne al Gue, riteniamo non condivisibile. Ciò nonostante, in considerazione dell'importanza di un pronunciamento del Prc contro la mozione anticomunista in discussione all'Assemblea del Consiglio d'Europa, esprimo un voto favorevole."

Bruno Steri

Dichiarazione di voto sul documento politico di Franco Turigliatto e Claudio Grassi:

"Votiamo a favore degli impegni di iniziativa politica e di movimento indicati nell'odg a cui chiediamo di aggiungere la valutazione positiva sulla manifestazione delle donne a Milano il 14 gennaio e sull'imponente mobilitazione della Val di Susa. Sottolineiamo poi l'importanza della scadenza del 18 marzo contro la guerra in un contesto di guerra che continua, sia in Iraq che in Afghanistan e con posizioni sul ritiro delle truppe che appaiono o strumentali, come nel caso del governo, o ambigue, come quelle espresse dai vertici del centrosinistra.
Particolare importanza, infine, va data alla campagna elettorale che necessiterà di un buon programma del partito a cui intendiamo dare il nostro contributo.
Votiamo contro, invece, il giudizio positivo, per quanto moderato, sullo stato del programma dell'Unione che appare fortemente condizionato dal moderatismo prodiano reso più forte dal risultato delle primarie. L'azione del partito finora si è limitata a "ridurre il danno", non certo a prefigurare un'alternativa di società in un compromesso che, forse, può supportare un accordo elettorale per battere le destre ma non certo un accordo di governo".

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