Comitato Politico Nazionale
30 - 31 ottobre 2004

Sintesi della relazione introduttiva di Fausto Bertinotti

Per la costruzione dell’alternativa di società

1. L'occasione del congresso
Dobbiamo sviluppare una discussione che tenga assieme due elementi difficilmente coniugabili: determinare una discussione che consenta una scelta chiara e senza ambiguità sulla strategia del partito e la sua linea politica, al tempo stesso, consentire una partecipazione aperta alla elaborazione di questa strategia anche riuscendo a travalicare steccati di appartenenze predefinite.

Chiarezza e partecipazione, quindi, debbono essere considerati i due punti fondamentali da tenere assieme nel dibattito. Ciò consentirebbe lo svolgimento di un congresso in cui si cominci a praticare una riforma del nostro agire politico e consentirebbe di determinare un accumulo di forze ed energie. Riteniamo che le regole che dobbiamo assumere per lo svolgimento del dibattito debbano essere assunte in funzione delle due esigenze suddette.

Non possiamo negare, infatti, che, a partire dallo scorso congresso e fino ad oggi, si siano accumulati troppi elementi di conflittualità e tensione interni al partito e ai suoi gruppi dirigenti dovuti, in gran parte, proprio a questa mancanza di chiarezza.

Il punto di diversità dal passato che dovremmo proporre nel nostro dibattito è il seguente: la rappresentanza di una posizione politica è legata ad una proposta compiuta, ovvero, senza una proposta complessiva non c'è rappresentanza organizzata.

Noi siamo andati offrendo con le 15 tesi una base di discussione per tutto il partito e intendiamo proporre quel testo alla commissione politica, che domani istituiremo, come base di discussione per la presentazione del documento congressuale da sottoporre alle iscritte e agli iscritti, dopo una fase di consultazione nel partito la più ampia e capillare possibile.

Se verificheremo una mancanza di accordo, saranno naturalmente presentati documenti alternativi che si confronteranno tra loro in un dibattito aperto e democratico.

2. Il cuore della proposta congressuale
Se possiamo definire un centro del nostro dibattito, lo definirei così: la costruzione dell'alternativa di società, ovvero rispondere a domande capitali della politica, chi vogliamo essere e per fare cosa. Per questo motivo, il dibattito sull'analisi di fase e la proposta politica si intreccia a una ricerca neoidentitaria, ovvero lo sviluppo della rifondazione comunista. Una discussione, quindi, che connette l'analisi politica e la cultura politica. Il centro del dibattito congressuale, quindi, non è la questione del governo. Quello, per noi, è un passaggio da valutare di volta in volta in funzione di una analisi della fase che facciamo. In alcune circostanze può presentarsi come passaggio utile o addirittura necessario. Il punto fondamentale, però, è che anche quel passaggio va visto in funzione della costruzione dell'alternativa di società. In altre parole, ruolo di governo o opposizione non sono per noi organizzabili secondo una gerarchia di valore, bensì rispetto alla funzione di costruzione dell'alternativa di società.

Siamo in un passaggio molto impegnativo. Non si può mettere in dubbio come il partito sia divenuto protagonista e attore decisivo della politica italiana. Noi dobbiamo affrontare e tentare di risolvere la contraddizione in cui siamo immersi. Da un lato la crescente capacità di determinare attenzione e consenso (l'andamento del consenso elettorale, la partecipazione alle feste di Liberazione, la presenza riconosciuta nelle lotte, l'interesse verso di noi di aree politiche e culturali importanti), dall'altro l'incapacità di far divenire questa accumulazione una forza nella vita interna del partito che sembra scorrere in maniera quasi impermeabile a questo protagonismo riconosciuto. Per superare questa contraddizione, non mi sembra esistano scorciatoie. E' necessario determinare tre condizioni essenziali: apertura e osmosi nel rapporto con il movimento; un dibattito politico impegnato tra di noi; procedere senza timori nella strada che si è deciso di intraprendere.

3. L'apertura di un nuovo ciclo
Siamo all'apertura di un nuovo ciclo: sociale, culturale, politico, economico, fuori dall'egemonia neoliberista e della guerra preventiva. Naturalmente, parliamo dell'apertura di un processo, di una inversione di tendenza, di una connotazione di periodo che si determina dalla crisi strategica del neoliberismo e della guerra.

In questo contesto, si colloca la questione della cacciata del governo Berlusconi. Il processo di apertura di questo ciclo passa, qui da noi, per questa strettoia. Dobbiamo avvertire il peso di una difficoltà reale. Senza questo passaggio, la domanda che viene dalla nostra gente, la possibilità vera di aprire un nuovo ciclo, rischia di infrangersi contro lo scoglio della mancata costruzione di questa alternativa. O si guadagna questa possibilità oppure si determina una regressione. In nome di quale ortodossia o di quale tutela dovremmo sottrarci a questa sfida? Questo ritrarsi determinerebbe una deriva, un ridursi (lo dico senza alcun intendimento spregiativo del termine) a setta che rinuncia a proporsi di influenzare i processi in atto. Al contrario, dobbiamo scegliere di provarci e, anche attraverso questa via, qualificare la crescita dei movimenti in questa fase dinamica.

4. La direzione del nostro cammino
Dobbiamo definire una rotta dei processi politici su cui intendiamo impegnarci. Queste sono le tre direzioni di lavoro che indichiamo:
- la costruzione dell'alternativa programmatica di governo;
- il processo costituente della sinistra di alternativa;
- la crescita della Sinistra Europea, nella consapevolezza che l'Europa rappresenta lo spazio minimo necessario per la costruzione dell'alternativa di società.

Su cosa poggia l'ipotesi della necessità e possibilità di questo passaggio? Su due condizioni essenziali: la crescita dei movimenti e il quadro di instabilità degli assetti determinati dalle classi dirigenti. La connessione di questi due elementi determina, assieme, la necessità e la possibilità di questo passaggio e dell'apertura di un nuovo ciclo. Naturalmente, rimane inteso che espungiamo dalla nostra analisi ogni determinismo, indichiamo, però, il determinarsi di una connessione di fattori che rende praticabile l'impresa.

Il movimento, come motore della trasformazione, per l'oggi e per il domani, è il centro della nostra politica. Il nostro obiettivo è contribuire alla sua crescita ed unificazione. Non ci sfugge, infatti, come sia in atto una controffensiva neoliberista che ne mette a rischio la possibilità di espansione e di incidenza. Siamo, quindi, in una fase difficile e delicata.

Un dibattito importante si è aperto.

Londra è stato per tanti aspetti un appuntamento straordinario, per la partecipazione ai dibattiti, per la presenza pluralistica di tante soggettività ma non possiamo sfuggire al manifestarsi di una inadeguatezza. Voglio essere chiaro su questo punto: l'inadeguatezza non riguarda solo il movimento, ci interroga tutti allo stesso modo, sindacati, partiti, il nostro tra questi.

E' necessario determinare una connessione. Per questo, avremmo vissuto come un valore positivo che, all'importante appuntamento della manifestazione per la pace di oggi, si fosse mantenuto senza rinvii quello della manifestazione contro la politica del governo del 6 novembre. Non solo perché le due manifestazioni sarebbero cresciute entrambe, anche nell'accumulo di forza, ma soprattutto perché occorre determinare un rapporto, una connessione tra il popolo della pace e quello dell'opposizione politica e sociale.

5. La crescita del movimento per la pace
Il partito della guerra è attraversato da una profonda crisi che emerge dal fallimento di tutti gli obiettivi dichiarati per la guerra e dalla crisi di consenso e di egemonia che lo attraversa. E' stata giusta la scelta fatta: alla spirale guerra/terrorismo, abbiamo opposto la radicalità del pacifismo e della cultura e politica della nonviolenza. Questi due elementi possono consentire la crescita di un profilo forte del movimento per la pace e costituiscono la condizione per una mobilitazione larga coinvolgente tutti i popoli della pace che interpreti e dia politicità a un bisogno di umanità diffuso ed eviti il riflusso dell'opinione pubblica.

Un percorso che passa da Londra alla mozione parlamentare delle opposizioni, alla manifestazione del 30 ottobre, all'iniziativa di una campagna europea.

Il ritiro delle truppe e una proposta di transizione democratica e assieme un intervento per affrontare i grandi squilibri e le fonti di instabilità che la guerra utilizza ma non risolve, anzi aggrava. Prima fra tutte la questione palestinese e giunga, anche da questa sede, un fraterno augurio di solidarietà al presidente dell'Anp, Yasser Arafat.

Il movimento per la pace è parte essenziale del nostro progetto così come la costruzione di un'Europa di pace.

Dobbiamo indagare il movimento, le reti diffuse, i semilavorati di straordinario interesse che queste hanno prodotto. Dobbiamo, inoltre, valorizzare la straordinaria coincidenza tra quelle e la nostra medesima elaborazione e pratica politica. Dobbiamo stare in quelle reti ma anche saper riportare quella ricchezza nel partito e nella sinistra europea.

6. La crisi del neoliberismo
La crisi delle politiche neoliberiste è strutturale ma noi non abbiamo proposto alcuna lettura semplificata. Abbiamo colto e proposto una lettura di quello che abbiamo definito "neoliberismo d'impresa", del tentativo, cioè, di riproporre l'impianto neoliberista, non come visione generale e pensiero dominante, ma come stato di necessità determinato dalla competitività e, allo stesso tempo, tentato di interpretare anche i mutamenti a breve. Il caso Alitalia è emblematico di questa condizione che tende ad allargarsi e rideterminare un arretramento dell'incisività del conflitto. Anche il complessivo arco delle opposizioni è apparsa in affanno, sfuocata, distratta, il rischio di una nuova crisi di fiducia nella possibilità di cambiamento incombente.

Già si delinea un'ulteriore modificazione dello scenario: il conflitto all'interno della maggioranza di destra si fa più acuto e lacerante, riguardando la corposa difesa di interessi differenti del blocco sociale di riferimento, la crisi di sfiducia nel rapporto tra le destre e il Paese si fa più profonda, come testimoniano anche i risultati delle elezioni parziali della scorsa settimana, la finanziaria appare sempre di più uno scottante banco di prova che mette a rischio la tenuta della maggioranza e crea ulteriori crisi di consenso rispetto alle evidenti tagli che propone allo stato sociale, attraverso la combinazione di varie misure (dai tagli agli enti locali, agli interventi devastanti sulla casa, la sanità ecc.).

Una crisi che assume particolare rilievo anche in Europa come dimostra il fallimento di Barroso e dove, per la prima volta, il parlamento europeo ha rotto la concertazione tra le principali forze politiche riuscendo a conquistare un nuovo protagonismo.

Il punto di fondo che proponiamo è che la crisi strategica del neoliberismo è tale da non riuscire più a determinare le condizioni di vincolo che influenzano e permeano le politiche concrete. Ripeto che questo processo di crisi non è senza risposta delle controparti, come infatti avviene secondo il modello che abbiamo definito "neoliberismo d'impresa".

Dallo sviluppo senza occupazione, si passa a una occupazione senza sviluppo, un lavoro "povero e impoverente". Si propone una nuova concertazione della sottrazione dei diritti e delle garanzie. Si propone, in sostanza una modalità generale di risposta di una società in declino.

Questo capitalismo va aggredito perché attacca il complesso dei diritti universali conquistati nel conflitto di classe dei decenni passati.

C'è un rapporto evidente tra questo attacco e la legge 30, le modifiche costituzionali votate dalle destre in parlamento e, addirittura, con parti importanti del trattato costituzionale europeo.

7. La crescita e l'unificazione dei movimenti
Non esistono scorciatoie. Questo attacco lo si può contrastare non singolarmente o con la resistenza di singoli pezzi, serve una risposta di sistema, con una replica dall'alto e dal basso, ovvero una combinazione di un intervento per concorrere alla crescita dei movimenti e della loro incidenza sulla politica e sulle scelte di governo. Il programma lo si costruisce in questa connessione. Per questo alla campagna contro la legge finanziaria è così importante connettere le mobilitazioni e i conflitti, per i contratti, per la difesa della scuola pubblica, quello promosso dalle varie associazioni per il reddito sociale, sulla casa e contro i tagli allo stato sociale che diviene elemento di fondo permanente della politica di bilancio con un corpo di emendamenti che possa individuare prime elementi di una piattaforma alternativa e di obiettivi praticabili.

Anche qui, il punto fondamentale consiste in quale processo di collegamento e di costruzione di progetti e obiettivi unificanti contribuiamo a determinare.

Il tema del governo individua una questione più profonda, quella del rapporto tra noi e la società, la questione complessiva del rapporto partito - società - governo - trasformazione. La differenza sostanziale rispetto alla fase precedente consiste nel fatto che, non per noi naturalmente, ma per il complessivo rapporto di forza nella società, il tema della trasformazione era derubricato. La questione della trasformazione torna all'ordine del giorno grazie all'affermazione del movimento dei movimenti che ha prospettato la costruzione di un nuovo mondo possibile e a causa della crisi di civiltà provocata dal fallimento del neoliberismo e della guerra.

La questione del governo è, per noi, traguardata a questo processo.

8. La costruzione di democrazia: primo punto del programma
Non chiediamo a un nuovo governo di definire il rapporto tra questo e la trasformazione sociale. Questo vale per noi e rappresenta l'asse della nostra ricerca e della nostra iniziativa.

Dobbiamo chiedere, invece, quale profilo programmatico intende assumere, qual è l'impianto del Paese che prefigura per i prossimi 10 anni. La sfida, in questo senso va capita, e va ben oltre la singola specificazione di punti singoli, riguarda la configurazione del Paese come al si vuole costruire e progettare e quali sono le forze sociali sulle quali si vuole fondare questa costruzione.

Per questo, ritorna come fondante il tema della costruzione di democrazia come asse fondamentale della coalizione di governo e, assieme a questo, il riconoscimento dell'autonoma dei movimenti e del conflitto sociale. A partire da questo profilo, passa la definizione dei singoli punti di programma.

Dobbiamo adeguatamente capire la novità di questa fase e assumere un'aspirazione alta, quella di determinare la trama e il tracciato di un nuovo corso.

La tesi che vorrei contestare, rispettandone la legittimità e anche la complessità del problema che pone, è quella per la quale sarebbe non praticabile questa impresa in un Paese europeo per il complessivo peso dei condizionamenti e del quadro internazionale che determinano una impermeabilità delle istituzioni.

Penso che il prevalere di questa linea avrebbe la conseguenza di sancire la marginalità del Partito e dei movimenti. Penso, al contrario, che processi, naturalmente tra loro diversi e tutti da indagare nelle contraddizioni che esprimono, si sono aperti in varie aree del mondo, penso all'America Latina e che l'avviarsi di esperienze originali in Europa aiuti complessivamente alla fuoriuscita dal dominio del neoliberismo e della guerra per aprire in concreto un nuovo ciclo.

9. La Sinistra Europea
Quello della costruzione della sinistra europea è stata per noi una discussione forte e contrastata. Forse, partire da un bilancio aiuta a comprendere meglio la validità di un'impresa. Possiamo dire che questo bilancio è lusinghiero. La Sinistra Europea cresce nel consenso e nel coinvolgimento di forze, si afferma in Europa come la forza più conseguente nel no alla guerra e nel rifiuto delle politiche neoliberiste. Segnalo che è l'unico soggetto politico europeo che, unitariamente e senza alcuna divisione, ha espresso un giudizio inequivoco contro il trattato costituzionale europeo e può conseguire, anche attraverso questa via importanti successi a partire da quei Paesi che sottoporranno il trattato a consultazione popolare.

Con la Sinistra Europea, la sinistra di alternativa costruisce uno strumento di elaborazione, proposta e iniziativa non minoritaria e la nostra stessa sfida di governo è agevolata da questa costruzione politica.

10. La sinistra di alternativa
La costruzione del soggetto politico della sinistra di alternativa è per noi momento di una innovazione politica che rappresenti una uscita da sinistra dalla crisi del movimento operaio. La sinistra di alternativa trova nell'elaborazione dell'ambientalismo critico, del pensiero della differenza di genere, nel pacifismo e nelle esperienze di democrazia diretta e partecipativa elementi fondanti di cultura politica e di nuove soggettività. La domanda, come si comincia?

La nostra disponibilità c'è stata sempre e in tute le sedi, l'abbiamo praticata con decisione e coerenza.

Noi diciamo che oggi serve un vero atto costituente attraverso l'autoconvocazione di tutte le forze politiche e loro componenti, delle varie realtà della sinistra sociale, delle organizzazioni e dei movimenti che condividono questo obiettivo e intendono stabilire una relazione e una collaborazione stabili.

L'apertura del Prc che abbiamo praticato in questi tempi è stata in questa direzione. Il nostro giornale ne è stato protagonista e la proposta, che dalla medesima direzione è venuta (e colgo l'occasione per ringraziare il compagno Alessandro Curzi e con lui la compagna Rina Gagliardi per il lavoro fatto in questi anni) di affidare la direzione di "Liberazione" a Piero Sansonetti è indicativa di questa disponibilità.

Elaborazioni programmatiche, lotte comuni, definizione di profilo di cultura politica e di capacità di innovazione, questo è il percorso da indicare.

Per questo abbiamo detto che la sinistra di alternativa si costruisce sul fare e con il fare e vanno messe al bando tutte le tentazioni di riduzione organizzativistica o alla sommatoria di ceti politici.

11. Rompere la separatezza
Il punto fondamentale che ci proponiamo è rompere la separatezza tra l'analisi della fase politica e la prospettiva strategica, in altre parole vogliamo affermare l'inscindibilità tra la pratica quotidiana e il progetto.

Tre culture politiche contribuiscono a questa nuova elaborazione:
* le culture del movimento, le critiche all'esistente della globalizzazione neoliberista a partire dalle conseguenze sulle vite delle persone, sull'ambiente, sulle relazioni tra i popoli e le culture;
* le culture della trasformazione, quelle marxiste della critica della società capitalistica e la costruzione di una teoria della trasformazione della società;
* le culture dell'autorganizzazione e dell'autogoverno, con la critica al potere e alla sua neutralità e l'elaborazione della nonviolenza come asse di questa critica.

Culture politiche che convergono, nelle loro differenze, a determinare un nuovo quadro di ricerca, di elaborazione, di innovazione della cultura e dell'azione politica. L'insieme di questo quadro di ricerca, elaborazione e pratica costituisce l'asse di una ridefinizione neoidentitaria del nostro partito, di una identità comunista orientata al tema grande della liberazione.

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