Comitato Politico Nazionale
28 - 29 giugno 2003

Il C. P. N. approva la relazione introduttiva. Esprime il ringraziamento alle elettrici ed elettori che hanno votato per i due referendum e per il PRC alle amministrative. Ringrazia altresì tutte le compagne e i compagni per l'impegno profuso in questi mesi di lavoro duro e appassionato. Questo lavoro è tutt'altro che disperso. Se infatti, come abbiamo subito detto, i referendum hanno perso, i quasi 11 milioni di "Si" espressi rappresentano un patrimonio importante da cui ripartire per la lotta per i diritti del lavoro e dell'ambiente. Naturalmente tutto il partito è impegnato a riflettere, a interrogarsi sulle ragioni della sconfitta. Su di essa ha influito il lunghissimo periodo di oscuramento e marginalizzazione della questione lavoro portato delle politiche neo liberiste. Il referendum non ha sfondato pienamente sulla condizione sociale; non è riuscito ad assumere una valenza attrattiva tale da modificare in modo egemonico gli orientamenti generali ed ad avere la meglio sulle indicazioni politiche. L'operazione tutta politicista dell'astensione ha pesato sul suo risultato. Questa operazione è stata agita da oltre il 90% dello schieramento politico con una convergenza del centro sinistra, che l'ha addirittura proposta e del centro destra. Ma la vittoria dell'astensione non è la vittoria del "No". Le interpretazioni date dalle varie forze astensioniste sono diverse e vanno dalle richieste di precarizzazione totale di Confindustria, alle affermazioni uliviste di perseguire i diritti per altra via.


Resta valida l'idea da cui era nato. Quella secondo la quale il miglior modo di difendere l'art. 18 si realizzava estendendolo a tutti creando così le premesse per nuove rigidità anche nei confronti del precariato. Dunque dobbiamo riflettere ed operare in termini di iniziativa di massa, a partire da un lavoro diffuso e capillare di inchiesta sui risultati del referendum, anche al fine di migliorare il nostro radicamento sociale. Dobbiamo valorizzare quanto è stato realizzato nel referendum in termini di costruzione di uno schieramento di forze sociali e politiche, importante nella sua ampiezza e nella capacità di coniugare unità e radicalità. Hanno operato e discusso insieme le principali organizzazioni di massa del Paese CGIL, FIOM, ARCI, Sindacati di base, Movimenti e parti importanti della sinistra. Questi referendum non sono stati affatto pensati come operazione politicistica - come qualcuno ha voluto far credere - ma come continuità rispetto alle lotte di massa dello scorso anno per consentire uno sbocco non contrapposto né alternativo agli scioperi e alle lotte. Mentre avanzava l'attacco al lavoro e alle sue condizioni, mosso intorno alla cancellazione dell'art. 18 e alla ulteriore precarizzazione, il referendum estensivo è stato un nuovo strumento da usare a fronte della sottrazione di democrazia rappresentativa del maggioritario.

Il risultato non è stato raggiunto. La lotta resta però tutta aperta, seppure assai più difficile. Non siamo in presenza della chiusura di un ciclo ma di una fase conflittuale di nuovo aperta. Il nuovo ciclo di lotte apertosi due anni fa, si scontra con l'offensiva dell'avversario, oggi caratterizzata dall'attacco in corso con i provvedimenti legislativi adottati o in via di approvazione (dalla Legge 30 all'848 bis) precedenti al referendum e che sarebbero stati sconfitti dal "Si" al referendum. Ciò rende evidenti e pesanti le responsabilità di chi, dicendo di contrastare tali provvedimenti, si è astenuto al referendum consentendo una riduzione dell'esercizio democratico quale mai era stata fatta.

Ma nonostante il fronte astensionista e l'oscuramento dei mass media di tutta la campagna referendaria, il fronte del "Si" conquista un consenso molto superiore a quello delle forze proponenti che equivale a circa 2/3 dei voti dell'intero schieramento Ulivo e Prc. Sono donne e uomini, lavoratrici e lavoratori che non si sono riconosciuti nell'appello astensionista per investire sui diritti. La responsabilità di contrastare le politiche di totale precarizzazione e di riprendere la strada per i diritti, chiama in causa direttamente coloro che si sono astenuti al referendum da posizioni che sostengono essere diverse da quelle del governo.

Perciò torna prepotentemente il bisogno di una stagione di lotte sociali a fronte di un attacco durissimo e complessivo che va dalla precarizzazione, alle pensioni, e di ricostruire un'idea di giustizia sociale nel Paese. L'impegno alla costruzione di un movimento di lotte, anche durevole, sulle questioni sociali, di dimensione nazionale ed europea proponiamo divenga il primo compito del Partito. La dura mancanza di risultati positivi che il referendum ha confermato costituisce la sfida principale di questa fase.

Anche il referendum ambientale è stato sconfitto ma con un significativo risultato dei "Si". I due referendum hanno marciato insieme a dimostrare una feconda e profonda convergenza tra diritti del lavoro e diritti alla salute e all'ambiente, vissuti da milioni di soggetti e come strada importante per una concezione altra dell'economia e della società. Anche in questo caso resta per tutti aperta la lotta generale e nei territori a fronte delle molteplici aggressioni portate al quadro legislativo e alla vita dei cittadini che richiedono cose diverse sull'elettrosmog, l'energia, le opere pubbliche contro il governo ma anche in contro tendenza rispetto a tante normative prodotte dal centro sinistra.

In particolare dobbiamo curare il mantenimento e lo sviluppo della rete dei comitati locali che rappresentano una risorsa preziosa. Ciò che si è costruito non va smantellato. Vanno consolidate le relazioni tra le forze che hanno sostenuto i referendum provando a costruire una agenda sociale a tutte le opposizioni e dare continuità alle mobilitazioni sociali espressesi attorno ai diritti, a partire dall'opposizione alla Legge 30 e alla riforma del mercato del lavoro per la difesa dello stato sociale e per i diritti dei migranti.


Nelle elezioni amministrative il PRC ha contribuito in modo decisivo ad alcune significative affermazioni in contro tendenza rispetto ai rapporti di forza verso il centro destra. Il nuovo clima partecipativo e di conflitto sociale determinato dal movimento nel suo insieme (no global, pace, sindacale, gli stessi girotondi) e la crescente avversione al governo Berlusconi hanno favorito per lo più un'affermazione di programmi locali solidali non dissipativi di spazi e luoghi pubblici con contenuti più avanzati. In questo quadro il risultato di sostanziale tenuta delle nostre liste acquista un significato particolarmente importante e interessante per le dinamiche politiche che può aprire.

Ci sono state positive affermazioni in particolare in alcune aree maggiormente attraversate da una nuova azione politica di fase e che perciò indicano una possibilità di espansione. Ci sono per altro alcuni risultati non positivi che vanno indagati con attenzione e senso di responsabilità. Il sistema maggioritario ha influenzato il comportamento elettorale e pesato sul risultato, rendendo più difficile la prova dove ci siamo presentati da soli e laddove è prevalsa la volontà del centro sinistra di escludere il Prc.

Questa linea tesa a marginalizzaare il PRC è oggi certamente minoritaria ma esiste e deve essere del tutto sconfitta. C'è comunque un problema di efficacia ed alternatività dell'azione del PRC che va innalzata e praticata soprattutto oggi che incontra nuovi spazi, anche a fronte di significative vertenze territoriali e di spinte del movimento volte a contrastare i processi di privatizzazioni che possono aprire contraddizioni e richiedono una capacità di azione coordinata e pratica di relazioni di massa.


La stagione del movimento non è esaurita. Anzi. Non si tratta di una enfatizzazione celebrativa ma di una opzione politica che richiede di continuare ad investire su di esso e sui suoi obiettivi di fondo e cioè contro il neo liberismo e la guerra ed a operare nel suo interno per farne forza costituente dell'altro mondo possibile.

Ci attendono appuntamenti fondamentali che si iscrivono nel vivo del conflitto sociale. Dal WTO ai fori sociali, continentali e mondiali. Si è cementata una relazione che ha reso possibile convergenze - che vanno ulteriormente rafforzate -in lotte come quelle dei referendum fino a poco tempo fa impensabili. Naturalmente il movimento non si trasforma ipso facto in dato elettorale. E sul rapporto tra movimenti, partiti, prove elettorali è utile continuare a riflettere. Il movimento è importante poiché è protagonista di una stagione di lotta che consente di riaprire in senso positivo le sorti dello scontro, al di là dei singoli momenti. Se la guerra lo sconfigge per il solo fatto di essersi fatta, ciò non di meno proseguono le iniziative come hanno dimostrato le manifestazione di Evian e Salonicco e si tiene aperto il fronte della pace permanente. Non c'è dubbio che siamo chiamati a contribuire al suo costituirsi su scala mondiale in nuova potenza sociale organizzata e per farlo dobbiamo continuare ad investirci. E' il movimento che consente di porsi il tema della riapertura della fase politica in modo dinamico e propositivo. Questo vale su scala mondiale ma anche qui in Italia.

In Italia le classi dirigenti del centro destra sono impegnate in un'opera di devastazione della costituzione materiale e formale. L'attacco sociale e quello alle regole marciano di pari passo e rappresentano le due facce di una stessa medaglia, quelle volte a sancire l'egemonia al di sopra e al di fuori delle regole dell'impresa e dei suoi uomini come portatori della "modernità". Se non si coglie il nesso tra i due attacchi non si riesce a rispondere efficacemente e si fa come fanno tanti dell'Ulivo che contestano Berlusconi nelle forme ma poi si astengono dal referendum con lui. Non c'è dubbio, però, che cresce un'insofferenza di massa ad entrambi gli aspetti dell'attacco che chiede l'apertura di un confronto con le forze dell'opposizione e la costruzione di una vasta opposizione sociale e politica.

Per questo proponiamo la costruzione di una campagna di mobilitazione autunnale, che saldi le questioni sociali - dall'opposizione alle leggi sulla precarizzazione, al sostegno della vertenza dei metalmeccanici, alla vicenda pensioni - con la difesa e l'allargamento degli spazi democratici. I soggetti che si sono mobilitati nella vicenda referendaria, sia per quanto riguarda le forze organizzate che per quanto riguarda i quasi 11 milioni di SI espressi, costituiscono il punto di partenza. Rappresentano l'articolazione concreta di cosa oggi è la sinistra antiliberista in Italia da cui partire per la costruzione di movimento. Le aspettative di massa contro le politiche del centro destra e le pratiche concretamente alternative avviate dai movimenti (fino al referendum) consentono di andare oltre e di affrontare la fase e il bisogno di alternativa ponendo il tema di un nuovo rapporto tra il PRC e quello che è stato fin qui l'Ulivo, prospettando una alternativa programmatica attorno ai contenuti nati dal vivo del conflitto e dell'opposizione sociale. Non un rapporto programmatico tra due, ma tra molti, plurale, aperto ai movimenti, con le modalità che essi decideranno di assumere. Questo percorso è facilitato dall'articolazione che l'azione del movimento ha determinato sul centro sinistra. Non un rapporto diplomatico e di vertice ma fondato sulle pratiche dell'opposizione, dei conflitti per sconfiggere le destre non solo politicamente ma anche socialmente.

Unità e radicalità sono la bussola che dobbiamo tenere. Ciò richiede un Partito protagonista del conflitto e della costruzione progettuale iscritto in una più larga sinistra alternativa che già vive nel movimento. Un Partito capace di innovazione, di pratica di conflitto e di apertura al confronto. Dall'ultimo Congresso possiamo dire che non vi è stato un eccesso di sperimentazione ma piuttosto un deficit di innovazione, in alcuni casi abbiamo un Partito chiuso in se stesso e attraversato da una preoccupante crisi di militanza. C'è un allarme da dare: dobbiamo cambiare rifuggendo da sterili richiami al nuovismo ma vincendo ogni resistenza puramente conservatrice. A ciò dobbiamo porre rimedio impegnandoci in questa direzione cercando anche di recuperare in un reale impegno unitario fuori da qualsiasi logica di spartizione correntizia quei contrasti esistenti nei gruppi dirigenti che quando non siano espressione di un dissenso politico risultano nocivi rispetto al pieno dispiegarsi dell'iniziativa del Partito. Si tratta di fare concretamente passi sul terreno della ricerca rifondativa del nostro pensiero, dei nostri comportamenti, sia sul piano politico che organizzativo e della nostra pratica collettiva. Ciò vale in ogni luogo del Partito, in ogni struttura. Questo nostro Partito ha diritto a una cura e un'attenzione che tutti noi siamo chiamati a dargli, le diversità e le articolazioni sono preziose ma non possono mai far venir meno la cura collettiva e la responsabilità verso di esso, anzi debbono spingerci ad essere tutti più efficaci. Ciò vale anche per il nostro giornale - Liberazione - nostra voce collettiva che va sempre più vissuto e diffuso, affrontando una larga discussione nel Partito sul suo ruolo e sulla sua fisionomia per portarlo all'altezza, come più generalmente il Partito alla nuova fase che siamo chiamati ad affrontare. Il CPN da mandato alla Direzione nazionale di individuare rapidamente i punti specifici su cui avviare l'innovazione ...

chiudi - stampa