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          della Rifondazione Comunista Intervento di Sandro Targetti Un congresso decisivo per il futuro di 
		Rifondazione Comunista Lo stesso percorso della rifondazione comunista è 
		ben lontano dall’obiettivo che si era proposto di raggiungere, ovvero 
		quello di ricostruire un punto di vista teorico, un programma ed una 
		soggettività sociale e politica, capace di praticare una vera critica 
		dell’esistente e prospettare un’alternativa di sistema. Questo congresso nazionale di Rifondazione 
		Comunista rappresenta nell’attuale contesto, un passaggio decisivo per 
		il futuro ed il ruolo del PRC. La vittoria del No al referendum 
		costituzionale rappresenta una grande opportunità perché ha espresso il 
		disagio profondo per la situazione sociale del nostro paese, una sonora 
		bocciatura del governo Renzi ed il rifiuto anche solo intuitivo delle 
		politiche di austerità insieme alla volontà espressa dai settori più 
		coscienti di difendere la Costituzione. Questo voto ha evidenziato 
		inoltre la mancanza di consenso nei confronti del sistema politico e 
		dunque la sua vulnerabilità. Si apre una fase interessante che può 
		invertire la tendenza e aprire nuovi spazi per l’alternativa e per la 
		ripresa dei conflitti sociali. Tale obiettivo – facilmente comprensibile a livello di massa – è però incompatibile con le politiche di austerità dell’UE e con l’Euro (vedi art 81 sul pareggio di bilancio), divenuti la più evidente limitazione della sovranità popolare, come evidenziato dalla vicenda greca che ha dimostrato la irriformabilità di questa Europa e l’impossibilità di gestire “da sinistra” i diktat della Troika. Tutto ciò, insieme alla evidente crisi dell’Unione Europea ed alla possibile implosione dell’Euro, pone all’ordine del giorno il tema della rottura con i trattati e con questa Europa, da affrontare con percorsi e proposte concrete. All’interno di questa scelta di fondo, nel documento 2 “Rivoluzione, rifondazione: il partito che vogliamo”, vengono proposte al dibattito e si confrontano due tesi: in particolare la tesi B delinea una precisa strategia, collegando strettamente trattati e moneta. L’euro opera come una mano invisibile a dividere nazioni e popoli tra di loro ed al loro interno, svolgendo una funzione di gerarchizzazione tra paesi forti e paesi deboli nell’ambito delle politiche di austerità. L’obiettivo di uscire dalla UE e dall’Euro ha per noi un senso solo se strettamente collegato ad un piano di nuovo intervento pubblico in economia ed alla ripresa di un forte movimento di massa che sposti su basi anticapitaliste il tema della fuoriuscita, secondo un preciso programma di fase. Riduzione dell’orario di lavoro, difesa dei salari e delle pensioni con un sistema di indicizzazione che li tuteli dalla svalutazione, redistribuzione della ricchezza prodotta attraverso forme di reddito garantito, nazionalizzazione delle banche e dei principali settori industriali, riconversione ecologica delle produzioni, cancellazione del Jobs Act, della Riforma Fornero e ripristino dello Statuto dei lavoratori, autogestione delle aziende in crisi da parte dei lavoratori/trici, controllo popolare sui servizi, proprietà pubblica e uso sociale dei beni comuni e del patrimonio pubblico, blocco dei processi di svendita e di privatizzazione, tutela ambientale, prevenzione e messa in sicurezza dei territori, stop alle grandi opere inutili e dannose, diritto all’istruzione pubblica, alla casa ed alla salute. Rompere con questa Europa si rivela tanto più 
		urgente se si tiene conto del ruolo negativo finora svolto dall’UE sul 
		piano globale, un ruolo sostanzialmente interno alla vocazione 
		espansionistica ed aggressiva della Nato e degli USA. Ciò pone il tema 
		cruciale di nuove relazioni internazionali, di una diversa collocazione 
		e cooperazione internazionale, rispettose in modo rigoroso dell’art.11 
		della Costituzione: un diverso rapporto su base confederale tra popoli e 
		paesi europei, senza la gabbia della moneta unica, la costruzione di 
		un’unione euromediterranea, nuove relazioni con i BRICS. Rifondazione del partito e promozione di un ampio 
		schieramento sociale e politico, necessariamente alternativo al 
		centrosinistra, sono le due priorità, tra loro dialetticamente connesse, 
		su cui deve lavorare il PRC in questa fase, ricostruendo un effettivo 
		radicamento sociale.  Il profondo rinnovamento politico, culturale, di genere e generazionale, di cui il PRC ha urgente bisogno, è all’ordine del giorno di questo decimo congresso: sono questi i compiti decisivi e gli obiettivi di fondo che proponiamo con il documento 2 a tutte le compagne ed i compagni. Sandro Targetti  |