Partito della Rifondazione Comunista
X Congresso

Intervento di Gianluigi Pegolo

Il congresso del Prc: l’assoluta necessità di una "discontinuità" di linea

La situazione nella quale si colloca questo congresso è eccezionale per molti versi: siamo reduci da un referendum sulla Costituzione in cui il governo è stato battuto, sul piano economico e sociale continua una crisi serpeggiante che provoca un disagio diffuso. Tale disagio alimenta una spinta populista, spesso con connotati di destra, dall’Europa agli Stati Uniti. Sul piano interno il ridisegno della legge elettorale e la possibilità di elezioni anticipate movimenta il quadro politico lasciando aperte strade imprevedibili. In un quadro così complesso, il congresso di Rifondazione Comunista è chiamato a pronunciarsi su una linea chiara.
Qual è la sostanza delle divergenze politiche tra il documento 1, espressione della segreteria uscente, e il documento 2? La prima questione riguarda la valutazione sullo stato del partito. Consolarsi del fatto che il partito ancora c’è, come si fa nel documento 1, è davvero sconcertante. Se il partito non ci fosse più, non faremmo neppure il congresso! Il punto è la crisi in cui versa Rifondazione Comunista. Il tesseramento dai 130.000 iscritti del 1997 è arrivato nel 2015 a poco più di 17.000 e tutti i segnali indicano che nel 2016 siamo scesi ancora. A livello elettorale tutte le stime dei sondaggi ci danno intorno all’1%. Ma vi è qualcosa di ancora più preoccupante e cioè l’irrilevanza politica e sociale del partito. Rispetto a ciò non c’è nel documento 1 una minima riflessione, quasi che un declino continuo, giunto ormai al limite della sopravvivenza del partito, sia accettabile.
Proprio da quest’analisi dovrebbe sorgere un interrogativo circa l’efficacia della linea politica fin qui praticata e, invece, nulla di tutto questo è affrontato nel documento 1 in cui si dà per scontato che tutto è stato fatto per il meglio, che la linea era giusta e che non vi siano responsabilità. In realtà, il declino del partito è un effetto della linea praticata, che oggi sorprendentemente nel documento 1 viene riproposta come se nulla fosse. Sta qui il vizio fondamentale del documento di maggioranza: il continuismo. Questa linea, in buona sostanza, si è fondata sulla proposta della costruzione di un soggetto unico della sinistra e per conseguire questo risultato ha aperto a interlocuzioni ad ampio raggio, senza porre vincoli programmatici, salvo il richiamo (spesso disatteso dagli interlocutori) all’alternatività al Pd. I risultati sono stati una sequenza impressionante di fallimenti, dalla Federazione della sinistra, alla lista Ingroia, all’esito molto modesto dell’altra Europa, per finire alla rottura del processo di unità con SEL. In sintesi, sono emerse aggregazioni in larga parte fittizie, costruite su contenuti rabberciati, senza una vera volontà politica unitaria. Il risultato è che si sono squagliate di fronte ai primi ostacoli politici. La crisi politica e organizzativa di Rifondazione nasce da qui: un partito non ha prospettiva se il suo messaggio è unicamente quello del richiamo all’unità e il suo protagonismo politico e sociale è inconsistente.

Questa linea, insomma, politicista e tatticista, non ha dato risultati e, anzi, ha imposto al partito un atteggiamento subalterno. Il punto però è anche un altro. In sé la proposta della costruzione di un soggetto unico della sinistra non è credibile. Essa dà per scontato che esista una convergenza unitaria significativa, sulla base della quale sia possibile addirittura costituire un nuovo soggetto. In realtà, Sinistra Italiana ha tutt’altra aspirazione. Al massimo è disponibile ad assorbire altre forze, senza contare che vi è al suo interno una forte tentazione a ricostruire un asse col PD. Nei movimenti sociali c’è sì la ricerca di un interlocutore politico, ma nessuno sarebbe disponibile a confluire in un semi-partito, al massimo in un’alleanza, se vi fossero contenuti condivisi.
Che fare dunque? Occorre un percorso opposto. Non ha senso proporre la costruzione del soggetto unico della sinistra, bisogna invece lavorare su due versanti: la costruzione di un fronte di opposizione e una proposta per un’alleanza politica. Qui vien fuori la novità rappresentata dall’esito del referendum. Il riferimento generale è quello del passaggio dalla difesa all’attuazione della Costituzione. Il suo valore sta nel fatto che crea le premesse per una linea alternativa. Infatti, la Costituzione del ‘48, imperniata sulla centralità del lavoro, sul principio di eguaglianza e sulla possibile limitazione della proprietà privata in nome dell’interesse collettivo, oltre che su un assetto pluralista garantito da un sistema elettorale proporzionale, si pone oggettivamente contro la deriva iperliberista imperante in Europa e in Italia, e anzi favorisce l’estensione della partecipazione popolare, senza precludere la possibilità di forme estese di socializzazione in nome dell’interesse collettivo.
A partire da qui, si gioca la nostra scommessa per far crescere un movimento di opposizione a questo governo nel paese, da un lato, e per definire un accordo politico/elettorale che ci consenta di svolgere un ruolo nella ristrutturazione in corso a sinistra. Il primo compito del partito è quello di entrare nel dibattito sul tema dell’attuazione della Costituzione, impegnandosi a fondo nella costruzione di un fronte politico sociale ispirato a tale attuazione, che inevitabilmente viene ad assumere il ruolo di un movimento di opposizione. Temi ormai maturi a livello di massa sono: un sistema elettorale proporzionale, la sottrazione ai vincoli europei, a partire dalla rimessa in discussione dell’articolo 81 e del fiscal compact, una politica di piena occupazione, con l’appoggio dei referendum CGIL, la difesa del welfare pubblico (scuola, sanità e sistema previdenziale) In questo, ogni atteggiamento subalterno del partito va bandito. Il partito deve esplicitare le sue posizioni e svolgere un ruolo molto più attivo nei comitati per il no e nelle organizzazioni di massa.
Il secondo fronte d’iniziativa investe il tema dell’unità della sinistra. Non si tratta di un tema peregrino. Il punto fondamentale è che si deve partire dai contenuti e non dai contenitori. Vi è la necessità di convergenze reali, impegnative politicamente e accompagnate da comportamenti coerenti. Pe fare ciò è necessario sgombrare il terreno dalla proposta del partito unico. Proposta irrealistica che impatta con le volontà diverse di altri soggetti politici e che desta nei movimenti il timore di un’operazione strumentale di cooptazione. Va ricercata, invece, un’alleanza fra soggetti distinti. Occorre, quindi, esplicitare, innanzitutto, una proposta politico/programmatica, evitando lo schema perdente dell’aprire il confronto partendo da zero, nel tentativo di conseguire una qualsiasi unità. La proposta deve porre una discriminante politica (l’alternatività al PD e al PSE), deve definire una linea sul piano elettorale (alleanze di sinistra alternativa in tutte le realtà in cui esiste un sistema minimamente strutturato delle forze politiche), deve identificare contenuti che s’intreccino con quelli che qualificano il fronte sociale di cui si è detto, ma che necessariamente vadano anche oltre. Come: l’esigenza inderogabile ormai, alla luce degli ultimi fatti , del recupero di quote di sovranità nazionale in un’Europa che si sta decomponendo, l’introduzione di un reddito sociale, la riduzione dell’orario di lavoro.

Per fare tutto ciò Rifondazione Comunista deve mantenere un’interlocuzione ampia, ma partendo da sé e cioè rivendicando un punto di vista anticapitalista. Insomma, deve essere chiaro che in discussione non vi è solo un’opzione antiliberista (come il gruppo dirigente del partito ha ostinatamente riproposto, nell’illusione di allargare le interlocuzioni esterne), ma anche una anticapitalista e che questa ha piena legittimità. Il tema, per esempio, del ruolo dello stato, che non va confinato al piano redistributivo (tema affrontato molto ambiguamente nel documento 1), ma che va anche esteso alla gestione diretta delle attività finanziarie e produttive, non può essere omesso in un confronto.
In questa sua interlocuzione, Rifondazione Comunista deve guardare in più direzioni, l’unico interlocutore non può essere SI, e non per una pregiudiziale aprioristica, ma per l’incertezza che grava sulle prospettive politiche di questa formazione. Bisogna anche guardare a componenti di sinistra che si ritrovano nelle organizzazioni di massa e nei movimenti e anche alle forze dichiaratamente comuniste e anticapitalistiche che continuano a esistere in questo paese. Anzi, diviene incomprensibile che negli ultimi anni non si sia tentata alcuna interlocuzione con quest’area che, in fin di conti, ha molti punti in contatto con la cultura politica e l’elaborazione di Rifondazione. Il tema, quindi, dell’unità delle forze comuniste e anticapitalistiche non può essere derubricato, anche se non va inteso in termini ideologici. Le convergenze devono essere anche qui reali e non fittizie.
E’ quindi urgente che si attuino una correzione della linea politica e il rilancio del partito. La linea attuale riduce l’incidenza di Rifondazione Comunista sul piano sociale e politico e rappresenta una contraddizione rispetto al proposito di rafforzare il partito. Infatti, la confluenza di Rifondazione in un partito unico - cosa diversa sarebbe un’alleanza costruita su contenuti effettivamente condivisi –finisce inevitabilmente per favorirne il superamento. Per tutte queste ragioni la linea che ci viene proposta nel documento 1 è sbagliata, in primo luogo per la sua irrealizzabilità e la sua inconsistenza. Sarebbe stato ragionevole un congresso in cui i nodi fossero stati affrontati unitariamente, per esempio ricorrendo a un congresso a tesi, chiedendo a tutto il partito di pronunciarsi su come uscire dall’impasse in cui ci troviamo. Non lo si è voluto fare. Dobbiamo quindi scegliere la strada migliore per dare un futuro a questo nostro partito, che non può essere che quella di una discontinuità esplicita nella linea politica.

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