Contributo Conferenza d'Organizzazione 2015

Circolo Roma Monteverde

L'assemblea degli iscritti del Camilla Ravera, dopo aver analizzato il documento proposto dal nazionale per la Conferenza d’Organizzazione, esprime il suo parere contrario. I punti che seguono non sono un’analisi meticolosa, ma il nostro contributo al dibattito su alcuni aspetti.

1. Si ritiene la Conferenza d’Organizzazione un passaggio importante per il partito, tanto dal punto di vista strategico che da quello politico. La struttura del partito, infatti, non è altro che la traduzione “pratica” della sua finalità politica. Per “fare” qualcosa serve anche individuare “come” farla.

2. La prima riflessione parte dall’analisi del regolamento: essendo le platee già definite, così come individuate dopo l’ultimo congresso, appare del tutto ridondante la richiesta di una discussione da parte dei circoli, a meno che questi non si esprimano favorevolmente. Qualsiasi proposta di emendamento o contributo, infatti, rimane fine a se stessa, a meno che non si riesca a trovare qualche formula pattizia o un membro del CPN che la faccia propria.

3. In generale il documento proposto, al di là delle dichiarazioni di intenti, ha più il sapore di un documento congressuale che di un documento sull’organizzazione. Infatti, gran parte delle parole sono spese per l’analisi storica e del contesto attuale, con riflessioni spesso criticabili (quella sull’astensionismo, per esempio) e a volte superficiali (come accostare i giovani di Madrid con quelli Hong Kong). Invece appare del tutto inopportuno, soprattutto perché inserito in questo contesto e con queste modalità di discussione, il riferimento al documento “Siamo a un bivio”, citato per inciso e dato per assodato, senza poi peraltro affrontare apertamente – indicando le relative conseguenze sull’organizzazione – il percorso individuato e affermato dalla segreteria nazionale in più occasioni (il doppio tesseramento, per essere più chiari, e la cessione di sovranità). Se da una parte si parla di rilanciare il partito, dall'altra si sottolinea che la sua funzione principale è quella di “mettersi al servizio” (nella costruzione dell'Altra Europa?). Ecco, forse il punto è proprio questo: il documento in generale pecca da un lato di ambiguità e dall’altro, quando affronta alcuni nodi in modo condivisibile, è del tutto insufficiente.

4. Nel documento si sottolinea l’importanza della presenza dei comunisti nei sindacati, nei movimenti e sul territorio. Cosa sacrosanta. Ma sembra limitante che il nostro compito all’interno di queste realtà organizzate esterne al partito sia solo quello di “ricomporre e far dialogare frammenti oggi divisi” e diventare dei “traduttori sociali”. Riteniamo che in quei contesti il nostro ruolo – il ruolo dei comunisti – dovrebbe essere quello di “fare egemonia” nel senso gramsciano del termine, e quindi ci saremmo aspettati almeno alcune indicazioni in questo senso. Sarebbe stato opportuno, per esempio, affrontare finalmente l'annosa questione che si ripresenta puntualmente quando qualche compagno è attivo in realtà esterne al partito: il suo ruolo dovrebbe essere quello di portare la posizione del partito in quel contesto e non l'inverso. Più in generale, il compito del partito dovrebbe essere quello di elaborare una sua linea per poi promuoverla attraverso gli iscritti in ogni ambito diverso dal PRC.
Aggiungiamo che prioritariamente il nostro ruolo dovrebbe essere quello di “ricomporre e far dialogare” tutti quelli che si dichiarano comunisti: alla manifestazione #maiconsalvini, per esempio, le bandiere rosse con falce e martello erano molte, ma non erano tutte nostre, assolutamente. Infatti, partendo dalla riflessione che la parola “comunista” sta sparendo, e che anche noi abbiamo in tal senso delle responsabilità, dovremmo lavorare tutti insieme per contrastare questa tendenza, soprattutto ora che più voci iniziano a sostenere pubblicamente l’efficacia dell’analisi marxista. Non è una questione di essere attaccati a un concetto “antico”, né una questione di settarismo: “comunismo” è la sintesi di un mondo. Certo, se la maggioranza di questo partito è la prima a esserne convinta, inutile parlarne oltre. Noi non lo siamo e per questo riteniamo opportuno, discutendo della nostra organizzazione, fare un passo indietro e ripartire dalla consapevolezza che il nostro essere frammentati è funzionale al capitale che diciamo di voler combattere...

5. Nonostante una parte del documento sia dedicato alle donne, l’analisi e le proposte ci sembrano incomplete e insufficienti: intanto non si menziona affatto il problema dell'aumento esponenziale dei casi di violenza, che offre invece interessanti spazi di intervento “operativo”; inoltre riteniamo che sia obsoleto (e poco comunista) ritenere che siano argomenti da affrontare “tra donne” e che sia paradossale, essendo il fattore “tempo” uno degli ostacoli principali alla partecipazione femminile in modo attivo e determinante, proporre nuovi organismi aggiuntivi.

6. Uno dei problemi importanti che abbiamo è sicuramente quello relativo ai giovani. L'errore fatto in passato è stato di considerarli parte del partito, ma allo stesso tempo esterni al partito (in tal senso è stata interpretata la loro autonomia) e a Roma, almeno, abbiamo visto quali sono stati i risultati. Ci sembra assurdo, quindi, che questo tema – così delicato – sia liquidato in poche battute, senza alcuna indicazione specifica se non quella che si organizzeranno: come prima cosa sarebbe opportuno chiarire che i giovani sono parte integrante del partito e dei circoli, alle cui attività dovrebbero contribuire.

7. Interessante la parte dedicata al "partito sociale": alla sua interpretazione più tradizionale (quella che ha dato vita ai gap e alle diverse forme di mutualismo e solidarietà) si aggiunge quella che riprende (sembrerebbe capire) il concetto di "fare società". Risulta poi, però, insufficiente: non ci sono indicazioni, se non quella – già presente in altri passaggi del documento – di “stare dentro i movimenti e le lotte”. E dispiace leggere che il fatto di “promuoverli” sia solo “eventualmente”: i comunisti dovrebbero, avendo una visione complessiva della società, essere in grado di valutare quali sono i contesti prioritari in cui muoversi attivamente, lanciano iniziative aggreganti.

8. Immaginare la struttura del partito "a progetto" non ha alcun sapore di "innovazione e rivoluzione", forse perché rispecchia un linguaggio che nel mondo del lavoro ha generato distorsioni e precarietà. Si ritiene che il concetto di "dipartimento" abbia ancora una sua importante funzione organizzativa, anche se in questo momento - visti i nostri numeri - andrebbero ripensati e accorpati. Invece sarebbe interessante far lavorare i circoli e anche le Federazioni a progetto: in tal senso più volte ci siamo detti, durante i direttivi, che sarebbe stato importante avere un'indicazione “centrale” dei temi prioritari su cui lavorare contemporaneamente in tutti circoli romani.
Quanto alla selezione dei compagni sulla base delle capacità e non su quella di appartenenza alle correnti sarebbe una cosa opportuna, logica e saggia. Ma appare come l'ennesima "buona intenzione" (quella di cui sono lastricate le vie dell'inferno): la maggior parte dei nostri dirigenti (e anche purtroppo dei nostri iscritti) sembra aver perso l'idea che prima di tutto siamo iscritti allo stesso partito, indipendentemente dai documenti ed emendamenti votati o non votati in fase congressuale. Ciò che viene da pensare è che forse l'appartenenza a questa o a quella corrente significhi l'adesione a idee di partito completamente diverse tra loro e incompatibili: se così fosse, non sarebbe più opportuno scoprire le carte e parlarsi chiaramente?

9. Proprio perché la formazione, lo studio è la cultura sono importantissimi, il paragrafo che dovrebbe affrontarne il valore strategico e gli strumenti organizzativi per praticarla, promuoverla e sostenerla fa, per essere gentili, tristezza (i saperi delle donne, la saggezza degli anziani, le Frattocchie e il Manifesto cadeau...).

10. L'autofinanziamento è un argomento fondamentale per la nostra sopravvivenza. Pensavamo, quindi, che il documento l’avrebbe affrontato proponendo più soluzioni; invece la proposta si basa fondamentalmente su due nuovi strumenti (il rid 2 x 1000), con proiezioni secondo noi poco vicine alla realtà. Ma soprattutto continua ad affermare il principio che si devono spremere sempre gli stessi limoni: gli iscritti, che dovrebbero contribuire economicamente per mantenere il circolo di appartenenza, la Federazione, poi il Regionale e in fine il Nazionale. Inoltre non sappiamo quanto la valutazione dei risultati desiderati sia stata fatta dopo quella della composizione “economica” dei compagni: dalla nostra esperienza sembrerebbe descritto un partito che non è il nostro! Bisognerebbe pensare, invece, a promuovere attività di autofinanziamento rivolte ai non iscritti: dalle feste (che dovrebbero essere ripensate dal punto di vista concettuale) ai banchetti (non quelli delle raccolta-firme, ma – per esempio – con magliette, spillette, riproduzioni di vecchi manifesti) alle iniziative nei circoli. Attività che siano anche funzionali a renderci visibili e a “fare società”.

11. Dulcis in fundo la comunicazione, lo strumento con cui si costruiscono gli imperi. Le righe sono 17, le uniche proposte sono: l'uso dei social network e il ritorno di Liberazione on line. Un documento sull’organizzazione avrebbe dovuto dare le linee guida su come il partito intende comunicare all’interno e – soprattutto – all’esterno. Anche in passato abbiamo avuto delle intuizioni che continuano a essere valide e innovative (come il tetto massimo delle pensioni): peccato che non abbiamo saputo comunicarle. Quanto al ritorno di Liberazione on line, è una dichiarazione e nulla più. Il giornale, per essere efficace, andrebbe ripensato. Non sarebbe più opportuno iniziare dandosi come obiettivo quello di unificare le varie riviste/giornali comunisti on line in un'unica pubblicazione?

Ci rendiamo conto di aver avanzato prevalentemente critiche, e non proposte. Vorremmo quindi concludere con qualche suggerimento organizzativo relativo ai circoli, perché questa è la realtà a noi più vicina.
Pensiamo che per ripartire sarebbe importante individuare le priorità sulle quali tutti i circoli, contemporaneamente, dovrebbero lavorare: in questo modo si riuscirebbero a concentrare gli sforzi e si otterrebbero dei risultati più significativi anche in termini di visibilità. Se, per esempio, la Federazione di Roma decidesse di lavorare sui problemi dell’abitare e si attivasse lo sportello casa in ogni circolo, il partito inizierebbe ad essere riconosciuto a livello cittadino come un referente valido su questo tema specifico. Inoltre lavorare sullo stesso tema in territori diversi, attivando un sistema di circolarità delle informazioni, darebbe la possibilità di analizzare casistiche maggiori e di perfezionare i nostri interventi.
Il Camilla Ravera, autonomamente, ci sta provando in modo più significativo da un paio di anni e i risultati stanno arrivando, lenti e inesorabili. I nostri “Venerdì di Camilla” sono nati per coinvolgere persone non iscritte e per inventare nuove forme di autofinanziamento, proponendo argomenti diversi – dall'uso terapeutico della cannabis alla “buona scuola” passando per la Rivoluzione d'ottobre e il Ludocomunismo liberato – in forma “leggera” abbinati a una seconda parte ludico-mangereccia. La formula funziona, anche se dobbiamo perfezionarla (per esempio riuscendo a fare una programmazione, dando una cadenza regolare per tipologia di appuntamento). Non riusciamo comunque a pagare l'affitto (ma le bollette sì e abbiamo anche comprato la stufa), ma i fan di Camilla sono aumentati nel tempo e la società civile apprezza molto.
Abbiamo anche attivato lo sportello casa e la battaglia contro le vendite delle case popolari (i nostri interventi fuori dal circolo con volantinaggi e assemblea nei lotti) ha fatto sì che le persone inizino a individuarci come referenti su questo argomento.
In entrambi i casi abbiamo sperimentato che è importante coinvolgere le persone, farle partecipare, che vuol dire chiedere il loro intervento anche nel fare le cose. E' un lavoro lento, difficile e faticoso: ma riteniamo che questa sia la strada.


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