Contributo Conferenza d'Organizzazione 2015
Documento finale Circolo “Che Guevara” di Cinisello Balsamo
La Conferenza d’Organizzazione del Circolo di Cinisello Balsamo dopo ampia discussione ritiene, fondamentale il rilancio e il rafforzamento del Partito a tutti i livelli.
La Conferenza di Organizzazione ha temi specifici di discussione e dibattito. In particolare, questi riguardano il rafforzamento e la riorganizzazione del partito, la democrazia di genere, il pluralismo interno, la relazione tra la libertà del dibattito
A tale proposito, nel documento nazionale si evidenzia la mancanza di un’attenta analisi dello stato del partito, dei suoi limiti e della relazione che sussiste fra tali limiti e la pratica politica e sociale promossa in questi anni, mentre le ragioni della crisi del partito vengono attribuite alle cause esterne oggettive.
Necessario e urgente è – a tale proposito – individuare la dimensione della crisi del partito e le cause della stessa, riflettere sullo stato del partito che vanno attentamente indagate.
Moltissimi circoli sono stati chiusi o più spesso si sono ridimensionati al punto da non essere più in grado di svolgere un’attività politica efficace sul loro territorio. La presenza del partito nei luoghi del conflitto si è ristretta anziché ampliarsi. Il rapporto con il sindacato si è drammaticamente ridotto. E’ venuta meno una solidarietà complessiva e sono emerse logiche di gruppo non sempre su basi politiche. E, infine, a tutto ciò ha corrisposto un calo della democrazia interna, con l’assenza di verifica dell’operato dei gruppi dirigenti, la crescente centralizzazione, il predominio, nella catena decisionale, di logiche correntizie spesso di maggioranza.
Perché ciò è avvenuto? E’ avvenuto perché il contesto è mutato? Sì anche per questo, ma non solo. Errori sono stati commessi e molto seri. Certo il problema non è recente. Nel lungo periodo le cause discendono da più fattori: dalla mancata formazione di una cultura politica omogenea, da un impegno sempre molto scarso sul consolidamento delle strutture di base, da uno stile di direzione poco inclusivo e unitario (sull’onda del quale si sono moltiplicate le scissioni), da un impegno inadeguato - e comunque poco strutturato - alla costruzione della presenza nelle organizzazioni di massa, da una linea ondivaga, da un rapporto con i movimenti equivoco.
Ma veniamo alle motivazioni riportate nel documento. Se è vero che le politiche liberiste, minando la tenuta stessa della coesione sociale, attraverso la diffusione di un individualismo di massa, hanno eroso le basi della costruzione del consenso, è altrettanto vero che questi mutamenti in corso da molti anni non sono stati valutati nella loro drammaticità, né hanno comportato un adeguamento significativo delle pratiche politiche. Si pensi all’assenza di un lavoro organizzato sul fronte del lavoro e di un impegno adeguato nell’attività sindacale, alla mancanza di un intervento sul precariato o di un’iniziativa sul pubblico impiego, sempre più bersagliato dai tagli allo stato sociale e dai processi di privatizzazione e di aziendalizzazione.
La questione della crisi della forma-partito e del suo conflitto coi movimenti va affrontata con grande attenzione. Il Partito ha rinunciato, in nome di un malinteso rispetto dell’autonomia dei movimenti, a svolgere un proprio ruolo significativo, finendo con l’essere relegato al ruolo di portatore d’acqua. Occorreva una pratica sì interna ai movimenti e limpidamente unitaria, ma nel frattempo tesa alla salvaguardia e alla valorizzazione della propria autonomia.
E’ mancata una proposta complessiva in grado di raccogliere il disgusto di massa, evitando che questo approdasse – come è spesso avvenuto – in un rifiuto qualunquistico della politica.
Il problema fondamentale che ora si pone, è l’indirizzo da assumere per intervenire sulla crisi del partito. L’indebolimento dell’organizzazione è tale che l’esigenza di una selezione dei compiti si pone a tutti i livelli. Per questo un’organizzazione per progetti è praticamente indispensabile. In questo la puntualizzazione contenuta nel documento coglie un elemento di verità, ma nelle istanze di livello superiore essa pone dei problemi se non si salda a un minimo di organizzazione per settori. Certamente non è possibile pensare di riproporre tutti i dipartimenti che fino ad ora hanno costituito il modello organizzativo, occorre un forte accorpamento, ma l’eliminazione tout court della struttura dipartimentale rischia di far prevalere una modalità organizzativa talmente informale da comportare una scarsa capacità di direzione politica e un profilo evanescente del partito, facendolo diventare il puro riflesso del contingente, anziché un soggetto capace di un punto di vista complessivo. Il punto, quindi, è quello di individuare alcune grandi priorità generali su cui incardinare pochi settori di lavoro e, all’interno di questi, gestire dei progetti. In tal senso esistono alcune priorità. Una è quella del lavoro-sindacato, un’altra è quella del sociale-welfare, un altro ancora è quella della cultura-formazione, esiste poi un’esigenza non eliminabile: quella di garantire la funzione organizzativa.
E’ chiaro che la dimensione istituzionale non può essere scorporata dall’attività del partito e ciò vale in primo luogo a livello dei circoli, il terreno delle politiche amministrative (anche se non può essere considerato l’unico ambito d’intervento) non può essere dismesso. Il circolo è e deve essere l'istanza fondamentale del partito e l’organo fondamentale è l'assemblea delle/degli iscritte/i.
Riflettere sul modello organizzativo non ha molto senso se da subito non si affronta il nodo del calo drammatico degli iscritti. Ciò significa l’esigenza di una campagna di proselitismo; ma questa, in ultima analisi, dipende dalla percezione a livello di massa di cos’è il partito, di quale sia il suo ruolo.
Non solo, nello stato di crisi in cui versa il partito, se non si promuove un processo di nuove adesioni favorendo la convergenza di altre forze che condividono la scelta comunista, vi è il rischio che non esista la massa critica necessaria a mantenerlo in campo.
Vi è oggi bisogno di un Partito capace di promuovere conflitto sui temi di fondo che riguardano il salario, il lavoro e la riduzione generalizzata dell’orario (a parità di salario), le pensioni, il diritto alla casa, la scuola, la sanità, l’inclusione sociale, i diritti per i migranti, contrastare le ideologie e le pratiche del razzismo, dell'antisemitismo, del fascismo e non solo di aderire ad iniziative promosse da altri soggetti.
Le retribuzioni in Italia sono tra le più basse d'Europa. Ci sono irrisolte questioni che vanno affrontate: il salario, il tema del lavoro, la sua estensione, la sua sicurezza, la lotta alla precarietà, la dimensione sessuata femminile dello sfruttamento e della precarietà, le forme inedite e generali con le quali vengono investite intere generazioni giovanili.
Per un partito comunista confrontarsi con la realtà sociale prodotta dalla crisi è doveroso, e costituisce parte decisiva della propria iniziativa politica volta al superamento delle cause strutturali che provocano le crisi periodiche del capitalismo globalizzato. La necessità di un moderno partito di massa è fondamentale e si contraddistingue dal suo agire politico e dagli obiettivi di radicamento nel sindacato, nelle associazioni, nei territori e nei luoghi di lavoro e dalla capacità di rivolgersi alle masse e ai grandi aggregati sociali.
Occorre ribadire la centralità della promozione e della partecipazione attiva del Partito alle iniziative di lotta contro lo sfruttamento a partire dal mondo del lavoro per allargare l’impegno su tutti gli aspetti della vita sociale delle persone.
Riteniamo, di conseguenza, che il rafforzamento del nostro Partito possa aiutare il tentativo di costruire un raggruppamento delle forze di sinistra e della sinistra diffusa in grado di dare risposte a chi sta pagando il prezzo più alto della crisi e delle politiche liberiste di questo Governo. Per raggiungere questi obiettivi non si può prescindere dal rilancio dei circoli che in buona parte resistono e seppur con scarsità di mezzi continuano con generosità a produrre azione politica.
Resta il problema di come finanziare il Partito. Certamente l’autofinanziamento costituisce un compito essenziale. Benché il finanziamento pubblico alla politica costituisca una risorsa per la democrazia e dunque vada considerato necessario, è evidente che vi è stata in passato un’enorme sottovalutazione di questo tema. Ciò detto, pensare di risolvere il problema della carenza di risorse, attraverso una contribuzione più regolare da parte degli iscritti appare del tutto insufficiente. La ragione banale sta nel fatto che un partito in cui la militanza si riduce e con essa il numero d’iscritti, non è in grado di far fronte a un autofinanziamento credibile. Il punto, allora, sta da un lato in una modalità di finanziamento che allarghi oltre al contributo dei singoli iscritti il reperimento delle risorse. Non considerare forme più ampie di finanziamento (dalle feste a iniziative fra le più varie) significa gravare interamente su un corpo politico già esausto. In secondo luogo, ed è l’aspetto fondamentale, solo un partito in cui torna la voglia di militare può affrontare il tema dell’autofinanziamento con un minimo di possibilità. E qui torniamo alle questioni precedenti. Se un partito perde la sua visibilità, se il suo ruolo si riduce, se la sua autonomia è fortemente condizionata, se i suoi campi di azione si restringono, è gioco forza che tenda a perdere la sua funzione di polo attrattore e inevitabilmente a perdere militanza.
Per ultimo la questione democratica. Essa è la prima delle questioni, perché un deficit democratico esiste in Rifondazione comunista. Parte dall’alto, dall’incapacità di garantire una gestione unitaria del partito. Le strutture di base del partito hanno visto progressivamente perdere una capacità d’influenza, finendo con l’essere punti terminali delle correnti organizzate centralmente. La soluzione del problema democratico richiede, dunque, da un lato il superamento delle gestioni maggioritarie e, dall’altro, la crescita dei poteri delle strutture di base, in special modo nel loro pronunciamento vincolante, in tutti i passaggi decisivi delle scelte del partito.
La Conferenza serve proprio a questo, ad adeguare il PRC ai suoi nuovi compiti: rafforzamento dell’opposizione all’austerità e al neo-liberismo, costruzione di pratiche utili alle lotte sociali e per la difesa dei diritti e dei bisogni.
Rafforzare Rifondazione, costruire la Sinistra di alternativa, mantenere la prospettiva dell’alternativa di sistema, cioè del socialismo, devono essere i nostri punti fermi.
Approvato a maggioranza