Forme nuove dell’organizzazione
Abbiamo innanzitutto valorizzato la modalità di lavoro praticata
in questa conferenza, che ha incorporato per la prima volta la questione
di genere.
Abbiamo cominciato ad utilizzare forme nuove di discussione, rimaste finora
solo buone intenzioni.
Le compagne hanno posto il problema dei tempi e dei modi di discutere,
chiedendo un superamento della ritualità e dell’astrattezza.
Nel nostro gruppo ci sono stati ventiquattro interventi, in molti casi
propositivi.
Sono emerse indicazioni integrabili tra loro, rappresentative di sperimentazioni
diffuse e ricche sulle forme espressive ed organizzative del partito.
Giovani compagne/i, hanno raccontato di occupazioni di spazi trasformati
in luoghi dove il “fare società” si è concretizzato
in un sistema di relazioni, che ha saputo aggregare altri/e ed in alcuni
casi dare forza a lotte contro la precarietà.
Esperienze su cui fare ricerca, per individuare come l’organizzazione
del partito può costruire nessi e ricadute sui territori interessati.
I temi del nostro dibattito sono stati quelli ricorrenti anche in molti
documenti pervenuti dai circoli e dalle federazioni.
Alcune indicazioni possiamo assumerle subito, altre possono essere discusse
ed eventualmente accolte dal CPN, altre ancora demandate allo statuto
del prossimo congresso.
E’ stato proposto che si cominci da ora a lavorare per il nuovo
statuto, con un gruppo nazionale, che lo riformuli alla luce delle nuove
articolazioni organizzative maturate nel partito.
Da subito sono necessari verifiche e bilancio di alcuni organismi, a partire
dalla funzionalità della direzione e dell’esecutivo nazionali.
La riflessione sull’organizzazione è iniziata dai circoli,
i mattoni che formano la nostra casa comune: il partito che vogliamo rinnovare
ed a cui dobbiamo prestare maggiore cura, tanto più in una fase
in cui dobbiamo misurarci con nuove soggettività politiche, con
realtà con cui interloquire ed in alcuni casi costruire spazi comuni.
Abbiamo assunto richieste di maggiore attenzione verso gli iscritti all’estero,
con cui si rende necessario ristabilire una continuità di rapporto.
I circoli esteri possono organizzarsi in federazioni o in coordinamenti
nazionali che, a loro volta, facciano parte di un coordinamento di circoscrizione
elettorale ( Europa, Asia, ecc). Dove i circoli non possono istituirsi,
perché proibito da leggi locali, è opportuno creare associazioni
che raccolgano i compagni.
C’è l’esigenza di una maggiore attenzione e cura nel
tesseramento, considerato troppo spesso come un aspetto secondario della
vita dei circoli e non la forma concreta di adesione ad un progetto politico
e ad una comunità.
La stessa questione dell’autofinanziamento deve partire da lì,
se vogliamo valorizzare un aspetto irrinunciabile per l’autonomia
del partito.
E’ bene che i circoli s’impegnino su temi specifici, sui quali
possano coordinarsi tra loro, per dare più forza all’iniziativa,
alla capacità di fare “vertenza”.
Possono essere creati coordinamenti tematici interprovinciali e regionali
ed in questo caso formulati regolamenti da parte del CPN.
Molti hanno sostenuto la necessità dei circoli tematici, strumenti
per soggetti accomunati anche dalla loro collocazione nella società,
capaci di elaborare per i livelli nazionali del partito, i territori e
le federazioni d’appartenenza, oltre di quella funzione vertenziale
che deve caratterizzare la vita di tutti i circoli.
Fondamentale il rapporto tra questi circoli e le articolazioni territoriali,
sia per impedire un ripiegamento di tipo parziale, sia per riversare su
tutto il partito il lavoro prodotto.
Così i circoli aziendali, troppo spesso schiacciati tra funzioni
parasindacali e problematiche astratte, dovrebbero fare un salto di qualità,
assumendo temi che li colleghino con i soggetti sociali interessati.
Per rafforzare il rapporto centro-periferia, servono coordinamenti nazionali
o di aree interessate a questioni specifiche tra i segretari di federazione;
serve riqualificare il rapporto tra partito e livelli istituzionali, a
partire da una maggiore trasparenza nella collocazione di chi lavora a
supporto dei gruppi, da scegliere per le competenze e la partecipazione
alla vita del partito.
Vanno modificati i meccanismi elettorali, anche per combattere la personalizzazione
della politica che, oltre ad innescare degenerazioni, produce anche un
grave limite alla partecipazione.
La verifica deve diventare a tutti i livelli il modo di valutazione per
formare i gruppi dirigenti, per correggere limiti e distorsioni.
Vanno perciò stabiliti indicatori di funzionamento, sul tesseramento,
sul consenso elettorale e nelle aggregazioni, sulla produzione di vertenze,
su quanta inchiesta si mette in campo.
Inchiesta che deve essere efficace, per assumere una visione della realtà
al di là delle impressioni, che ci può far scoprire, ad
esempio, in che cosa consiste oggi la femminilizzazione di alcuni lavori,
dove persino la sensibilità delle donne viene messa a “profitto”.
Le donne, precarie anche nella politica, necessitano di autorganizzazione
a tutti i livelli. Incontri periodici possono servire a produrre modalità
relazionali, da riversare poi su tutto il partito, ciò che chiamiamo
democrazia di genere.
Sulla partecipazione delle donne alla politica, anche alla nostra politica,
è necessario fare inchiesta, capire di più, cambiare molto.
Per fare e capire è necessaria formazione all’agire politico,
con al centro proprio l’inchiesta. |