Partito della Rifondazione Comunista
Conferenza nazionale d'organizzazione 2007

Forme nuove dell’organizzazione

Abbiamo innanzitutto valorizzato la modalità di lavoro praticata in questa conferenza, che ha incorporato per la prima volta la questione di genere.
Abbiamo cominciato ad utilizzare forme nuove di discussione, rimaste finora solo buone intenzioni.
Le compagne hanno posto il problema dei tempi e dei modi di discutere, chiedendo un superamento della ritualità e dell’astrattezza.

Nel nostro gruppo ci sono stati ventiquattro interventi, in molti casi propositivi.
Sono emerse indicazioni integrabili tra loro, rappresentative di sperimentazioni diffuse e ricche sulle forme espressive ed organizzative del partito.
Giovani compagne/i, hanno raccontato di occupazioni di spazi trasformati in luoghi dove il “fare società” si è concretizzato in un sistema di relazioni, che ha saputo aggregare altri/e ed in alcuni casi dare forza a lotte contro la precarietà.
Esperienze su cui fare ricerca, per individuare come l’organizzazione del partito può costruire nessi e ricadute sui territori interessati.
I temi del nostro dibattito sono stati quelli ricorrenti anche in molti documenti pervenuti dai circoli e dalle federazioni.
Alcune indicazioni possiamo assumerle subito, altre possono essere discusse ed eventualmente accolte dal CPN, altre ancora demandate allo statuto del prossimo congresso.

E’ stato proposto che si cominci da ora a lavorare per il nuovo statuto, con un gruppo nazionale, che lo riformuli alla luce delle nuove articolazioni organizzative maturate nel partito.
Da subito sono necessari verifiche e bilancio di alcuni organismi, a partire dalla funzionalità della direzione e dell’esecutivo nazionali.
La riflessione sull’organizzazione è iniziata dai circoli, i mattoni che formano la nostra casa comune: il partito che vogliamo rinnovare ed a cui dobbiamo prestare maggiore cura, tanto più in una fase in cui dobbiamo misurarci con nuove soggettività politiche, con realtà con cui interloquire ed in alcuni casi costruire spazi comuni.
Abbiamo assunto richieste di maggiore attenzione verso gli iscritti all’estero, con cui si rende necessario ristabilire una continuità di rapporto.

I circoli esteri possono organizzarsi in federazioni o in coordinamenti nazionali che, a loro volta, facciano parte di un coordinamento di circoscrizione elettorale ( Europa, Asia, ecc). Dove i circoli non possono istituirsi, perché proibito da leggi locali, è opportuno creare associazioni che raccolgano i compagni.
C’è l’esigenza di una maggiore attenzione e cura nel tesseramento, considerato troppo spesso come un aspetto secondario della vita dei circoli e non la forma concreta di adesione ad un progetto politico e ad una comunità.
La stessa questione dell’autofinanziamento deve partire da lì, se vogliamo valorizzare un aspetto irrinunciabile per l’autonomia del partito.
E’ bene che i circoli s’impegnino su temi specifici, sui quali possano coordinarsi tra loro, per dare più forza all’iniziativa, alla capacità di fare “vertenza”.
Possono essere creati coordinamenti tematici interprovinciali e regionali ed in questo caso formulati regolamenti da parte del CPN.
Molti hanno sostenuto la necessità dei circoli tematici, strumenti per soggetti accomunati anche dalla loro collocazione nella società, capaci di elaborare per i livelli nazionali del partito, i territori e le federazioni d’appartenenza, oltre di quella funzione vertenziale che deve caratterizzare la vita di tutti i circoli.

Fondamentale il rapporto tra questi circoli e le articolazioni territoriali, sia per impedire un ripiegamento di tipo parziale, sia per riversare su tutto il partito il lavoro prodotto.
Così i circoli aziendali, troppo spesso schiacciati tra funzioni parasindacali e problematiche astratte, dovrebbero fare un salto di qualità, assumendo temi che li colleghino con i soggetti sociali interessati.

Per rafforzare il rapporto centro-periferia, servono coordinamenti nazionali o di aree interessate a questioni specifiche tra i segretari di federazione; serve riqualificare il rapporto tra partito e livelli istituzionali, a partire da una maggiore trasparenza nella collocazione di chi lavora a supporto dei gruppi, da scegliere per le competenze e la partecipazione alla vita del partito.
Vanno modificati i meccanismi elettorali, anche per combattere la personalizzazione della politica che, oltre ad innescare degenerazioni, produce anche un grave limite alla partecipazione.
La verifica deve diventare a tutti i livelli il modo di valutazione per formare i gruppi dirigenti, per correggere limiti e distorsioni.
Vanno perciò stabiliti indicatori di funzionamento, sul tesseramento, sul consenso elettorale e nelle aggregazioni, sulla produzione di vertenze, su quanta inchiesta si mette in campo.

Inchiesta che deve essere efficace, per assumere una visione della realtà al di là delle impressioni, che ci può far scoprire, ad esempio, in che cosa consiste oggi la femminilizzazione di alcuni lavori, dove persino la sensibilità delle donne viene messa a “profitto”.
Le donne, precarie anche nella politica, necessitano di autorganizzazione a tutti i livelli. Incontri periodici possono servire a produrre modalità relazionali, da riversare poi su tutto il partito, ciò che chiamiamo democrazia di genere.
Sulla partecipazione delle donne alla politica, anche alla nostra politica, è necessario fare inchiesta, capire di più, cambiare molto.
Per fare e capire è necessaria formazione all’agire politico, con al centro proprio l’inchiesta.

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